AROMATARI, Giuseppe degli

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 4 (1962)

AROMATARI, Giuseppe degli

Alberto Asor-Rosa

Nacque ad Assisi il 25 marzo 1587 da Favorino e Filogenia Paolucci. Seguendo l'esempio del padre e quello del più noto zio paterno Raniero, dal quale fu educato negli anni dell'adolescenza, studiò medicina, dapprima a Perugia, poi a Montpellier, infine a Padova, dove ebbe come maestri E. Rudio e il famosissimo Girolamo Fabrici d'Acquapendente.

La prima notorietà venne però all'A. da una contesa di carattere tipicamente letterario. Egli, che probabilmente aveva nutrito fin da giovinetto interessi critici e poetici, trovò modo di irrobustirli e di arricchirli nell'ambito del fiorente Studio padovano, con la frequentazione assidua di eccellenti studiosi di filosofia, quali P. Beni e C. Cremonini. Quando A. Tassoni, già noto come scrittore e polemista, pubblicò le sue Considerazioni sopra le rime del Petrarca col confronto dei luoghi de' poeti antichi di varie lingue (Modena 1609), nelle quali, pur prendendo a obbietto intenzionale di polemica il fenomeno del petrarchismo piuttosto che il Petrarca stesso, finiva però per coinvolgere in una condanna di gusto, spesso ingiusta, molte rime del poeta trecentesco, il giovane A. ebbe l'ardire di replicare con uno scritto intitolato Risposte di G. degli A. alle Considerazioni di A. Tassoni sopra le Rime del Petrarca,Padova 1611.

In quest'opera l'A. prendeva in considerazione e difendeva soltanto i primi dieci sonetti del Canzoniere - ciò che limita alquanto la validità della sua polemica -, ma entro questi confini, e pur tenendo presente che egli non esce mai da un'impostazione di carattere retorico-aristotelico, parecchie delle sue osservazioni sono esatte. Senonché, come il difetto di Tassoni era stato quello di guardare al Petrarca attraverso il petrarchismo, così il difetto di A. fu di ignorare che la polemica del suo avversario si indirizzava soprattutto al petrarchismo, e su questo piano, in cui essa trovava la sua maggiore validità, andava eventualmente combattuta e confutata.

Il Tassoni, naturalmente, non poteva tacere, e diede fuori di lì a poco, con una rapidità di cui si fece vanto, gli Avvertimenti di Crescenzio Pepe da Susa a G. degli A. intorno alle Risposte date da lui alle Considerazioni del Sig. A. Tassoni sopra le Rime del Petrarca, Modena 1611 (da osservare che in quest'opera il Tassoni inaugura un tipo di titolo allusivo ed ironico, ripreso poi dallo stesso A. e straordinariamente diffuso nella letteratura polemica del Seicento: qui, ad esempio, Crescenzio si contrappone a Giuseppe, che in lingua ebraica vale "aumento"; Pepe ad Aromatari; Susa ad Assisi nel senso dantesco di "ascesi").

In quest'opera il Tassoni si finge amico dell'A., avvisandolo che per ora il critico modenese non ha intenzione di rispondergli, ma, qualora si decidesse a farlo, toccherebbe alcuni punti, intorno ai quali egli si sente in grado di fornirgli degli "avvertimenti". Il materiale di indagine non si è in realtà molto arricchito rispetto alle Considerazioni,anche perché il bollente temperamento del Tassoni comincia già a spostare il terreno della polemica sul piano personale. Egli insinua infatti che il suo contraddittore non sia che un semplice portavoce dei suoi maestri padovani, e in particolare del celebre Cremonini. È difficile giudicare oggi se questa accusa, la quale fece scalpore ai suoi tempi e godette di largo credito, corrisponda a verità oppure no. È però abbastanza logico pensare che l'A., giovane di appena ventidue anni quando apparvero le Considerazioni, non dovette rimanere immune dall'influenza che le discussioni con i suoi maestri, certamente provocate dalla pubblicazione di quell'opera, esercitarono su di lui; ed è anche probabile che nella sua presa di posizione non sia estraneo l'atteggiamento di un ambiente che era stato messo in subbuglio dalla pubblicazione, l'anno precedente, di Parte dei quesiti, delibazione dei Pensieri diversi del Tassoni, tenacemente e profondamente antiaristotelici. Nel contempo, le prove successive dell'A., le testimonianze efficaci del suo ingegno e un certo piglio impetuoso e drastico, proprio dello schematismo giovanile, che si può ravvisare nel suo tono polemico, fanno pensare che vi sia stato da parte sua un contributo originale al dibattito.

Di nuovo l'A. impugnò la penna e scrisse i Dialoghi di Falcidio Melampodio in risposta agli Avvertimenti dati sotto nome di Crescenzio Pepe a G. degli A. intorno alle Risposte fatte da lui alle Considerazioni del Sig. A. Tassoni sopra le rime del Petrarca,Venezia 1613 (G. Rossi attesta che alcuni esemplari dell'opera portano la data del 1612, altri, in maggior numero, del 1613, pur trattandosi certamente della medesima stampa; per spiegare questo fatto il critico avanza due ipotesi: che si tratti di una semplice svista del tipografo, corretta durante il corso della stampa; ovvero, che l'A., anticipando intenzionalmente in alcuni esemplari la data di pubblicazione, abbia voluto scansare l'accusa, già altra volta mossagli dal Tassoni, di essere un lento compilatore delle sue opere). In questo titolo, il nome Falcidio rivela chiaramente la sua origine da "falce" e Melampodio è parola greca che significa "elleboro", rimedio efficace contro la pazzia. Adesso anche il tono dell'A. comincia a farsi personalistico e veemente.

Non c'è da stupirsi se il Tassoni non cedette l'ultima parola, e questa volta la sua replica prese l'aspetto di un vero e proprio assalto guerreggiato: infatti, nella Tenda rossa, Risposta di Girolamo Nomisenti ai Dialoghi di Falcidio Melampodio, Francfort [Modena] 1613 (dove G. Nomisenti è presentato come un servitore del Tassoni, che questi volle far figurare come autore di una delle sue opere, a maggior scorno dell'A., giudicato indegno di un interlocutore migliore; e la Tenda rossa è una specie di simbolo minaccioso, che il Tassoni espone seguendo l'esempio del famoso re Tamerlano, dopo aver rizzato quella tenda bianca, simbolo di pace, che erano gli Avvertimenti,e in attesa di spiegarne una nera, simbolo estremo di distruzione e di morte), lo scrittore sostituisce ai capitoli e ai paragrafi termini come "bolzonate", "saette", "picche", "giavellotti", "moschettate", "zagagliate", "stoccate", sotto i quali spera di travolgere e sommergere l'Aromatari.

La polemica giunse così al suo ultimo stadio, anche perché il Tassoni insinuò nelle sue violentissime espressioni verbali minacce più concrete, anche se velate. Pare che l'A. scrivesse ancora una risposta, ma fu indotto a non divulgarla per sollecitazione dei suoi famigliari e amici.

Successivamente l'A. si trasferì a Venezia, dove dimorò per circa cinquant'anni (fino all'anno della sua morte, che cade nel 1660), dedicandosi con sempre maggiore partecipazione alla sua professione di medico e alle sue ricerche scientifiche. Il perdurare di un interesse letterario e linguistico è però dimostrato dalla pubblicazione, che egli curò sotto il nome di "Subasiano", di una Raccolta degli autori del ben parlare,apparsa a Venezia nel 1643 in parecchi volumi. Essa comprende scritti di Dante, Tolomei, Varchi, Bembo, G. F. Fortunio, A. Acarisio, Demetrio Falereo, Giusto Lipsio, Ermogene, Cassiodoro, s. Agostino e molti altri; ed è in sostanza una specie di enciclopedia del sapere linguistico e rettorico, divisa sistematicamente in cinque parti: "Della favella nobile d'Italia", "Barbarismi e solecismi", "Degli stili ed eloquenza", "Della rettorica", "Dell'eloquenza sacra". L'A. vi partecipò personalmente con alcuni trattatelli, fra cui spicca il Breve discorso del Subasiano intorno al Barbarismo (vol. IV, pp.1-10).

L'unica opera di carattere scientifico che l'A. abbia lasciato è la Disputatio de rabie contagiosa, cui praeposita est epistola de generatione plantarum ex seminibus, qua detegitur in vocatis seminibus contineri plantas vere conformatas, ut dicunt, actu, Venetiis 1625 e poi Francofurti 1626 (detta epistola si trova inserita anche fra le Epistolae selectae di G. Richter, Norimbergae 1662, e in J. Junge, Opuscola botanico-physica, ex recensione M. Fogelii et J. Vagetii, cum eorumdem annotationibus..., Coburgi 1747). Interessante è soprattutto la seconda parte, riguardante la generazione delle piante dai semi. In sostanza, l'A. si oppone alla dottrina della generazione spontanea e sostiene la nascita della pianta dal seme. Con audace precorrimento, inoltre, egli afferma che le qualità germinative del seme sono concentrate in una piccola parte di esso e che tutto il resto serve al nutrimento di questo embrione, non diversamente da come avviene per il tuorlo nelle uova.

Bibl.: L. A. Muratori, Vita del Tassoni, premessa alla Secchia rapita,Modena 1744, passim; Memorie di G. Aromatari, letterato medico naturalista, raccolte e ordinate da L. Leonelli, Assisi 1887 (contiene fra l'altro la Vita dell'Ecc.mo Sig. G. degli A. Dottor medico fisico Scritta dal Reverendo Sig. G. B. De Fabris, Venezia 1661); O. Bacci, Le "Considerazioni sopra le Rime del Petrarca" di A. Tassoni, con una notizia bibliografica delle lettere tassoniane edite e inedite, Firenze 1887, pp. 10-21; L. Alessandri, G. degli A. difensore del Petrarca contro A. Tassoni - Cenno storico, in Atti d. Accad. Properziana del Subasio, II(1904), pp. 121-168; G. Rossi, Saggio di una bibliografia ragionata delle opere di A. Tassoni,Bologna 1908, p. 42; A. Belloni, Il Seicento, Milano s.d. [ma 1947], p. 246. Un semplice accenno in P. Pizzorni, I medici umbri lettori presso l'Università di Perugia, in Bollettino d. Deputazione di storia patria per l'Umbria, XLVII (1950), p. 69.

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