GEROLA, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GEROLA, Giuseppe

Gian Maria Varanini

, Nacque il 2 apr. 1877 ad Arsiero (Vicenza), da Domenico e da Augusta Cofler, in una famiglia di tradizioni risorgimentali di Rovereto. Nella cittadina della Val Lagarina trascorse l'infanzia; compiuti gli studi liceali a Desenzano, si orientò per gli studi universitari - non diversamente da altri giovani trentini della sua generazione - verso il Regno d'Italia, frequentando il primo anno di lettere a Padova (1894-95); passò poi a Firenze all'Istituto superiore di studi storici, ove si laureò nel 1898 acquisendo una solida formazione storico-filologica.

In un cenno autobiografico redatto attorno al 1930, considerava il paleografo Cesare Paoli il suo principale maestro giovanile, e gli affiancava il diplomatista e storico berlinese Paul Scheffer-Boichorst, i cui corsi seguì tra il 1898 e il 1899 in un semestre di perfezionamento nella capitale tedesca. Altri sei mesi, pure importanti per la sua formazione, il G. li trascorse a Friburgo in Brisgovia, ove accostò il medievista Heinrich Finke e manifestò per la prima volta quell'interesse per la storia dell'arte e dell'architettura, che avrebbe poi caratterizzato tutta la sua carriera, scientifica e professionale.

Il G. diede presto prova di febbrile operosità scientifica nel campo della storia politico-istituzionale e culturale. Ancora studente, fra il 1896 e il 1898 pubblicò lavori significativi sui rapporti fra l'Impero germanico e l'Italia nel Trecento, svolse ricerche dantesche (un'indagine di un certo pregio documentario), pose mano a una campagna d'archivio per lo studio delle compagnie di ventura nel Trecento italiano (una sua ampia ricerca su fra' Moriale fu edita qualche anno più tardi).

Il possesso di un sicuro metodo filologico e la capacità di padroneggiare tanto un diploma imperiale, quanto una cronaca, quanto fonti archivistiche di ogni genere, restarono per il G. - anche quando passò ad occuparsi di storia della pittura, della scultura, dell'architettura, o di restauro - una risorsa e un ancoraggio irrinunciabili. Nel suo habitus scientifico, mai abbandonato, sono due facce della stessa medaglia lo studio delle fonti documentarie e l'analisi estetica di un'opera pittorica, la lettura di Agnello Ravennate in funzione dell'approfondimento delle conoscenze sui monumenti bizantini, oppure la ricerca delle testimonianze d'archivio per progettare una campagna archeologica o un restauro.

La carriera scientifica del G. ebbe una svolta nel 1899, quando su indicazione dell'archeologo classico (come lui di origine roveretana) Federico Halbherr fu incaricato dall'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti di svolgere una campagna di studi a Creta, allo scopo di rilevare le tracce monumentali e artistiche della dominazione veneziana, ricerca cui non era estranea una prospettiva lato sensu politica condivisa dal G. (che nel 1912 avrebbe svolto anche una campagna di studio a Rodi e nelle isole del Dodecaneso allora conquistate dall'Italia, sfociata nei volumi I monumenti medievali delle Tredici Sporadi, Roma 1914-15, sui quali si vedano gli studi di L. Ciacci). A Creta, in due anni e mezzo (inizi 1900 - luglio 1902), il G. raccolse un materiale vastissimo, edito poi nell'arco di quasi un trentennio (fra il 1905 e il 1932) in quattro monumentali volumi, che gli valsero nel 1933 il premio Mussolini conferitogli dall'Accademia d'Italia. Fu dunque l'impresa che gli permise di affinare una sensibilità e una competenza per il fatto architettonico, e implicitamente per i problemi del restauro, che avrebbe messo a frutto nei decenni successivi.

Al rientro in Italia il G. trovò abbastanza facilmente collocazione professionale nel settore dei musei e della conservazione delle opere d'arte, ove proprio allora si affacciava la nuova generazione di funzionari e storici "scientificamente" formati, per lo più allievi di Adolfo Venturi. Il G. poté mettere a frutto, oltre alle varietà delle competenze acquisite, anche una straordinaria energia e una indiscutibile attitudine organizzativa. Prima sede del G. fu il Museo di Bassano del Grappa, da lui diretto dal settembre 1903 alla fine del 1906, ove mostrò una significativa attenzione ai temi della conservazione del patrimonio monumentale (Bassano camuffata, Bassano 1906) e fondò il Bollettino del Museo, che ebbe caratteristiche di rivista scientifica oltre che di strumento di lavoro interno; a seguito dell'inventariazione del patrimonio artistico, il G. fu indotto ad approfondire tematiche di storia della pittura che in precedenza aveva affrontato solo occasionalmente, soprattutto in riferimento alle opere dei Da Ponte.

Analoghe iniziative il G. assunse durante la direzione (1907-10) del Museo civico di Verona: innanzitutto, riordino della pinacoteca e creazione di una nuova rivista (Madonna Verona. Bollettino del Museo civico di Verona, fondato nel 1907) che si avvalse della collaborazione di eruditi e storici veronesi (C. Cipolla, L. Simeoni, G. Biadego) e non (tra i quali P.O. Kristeller, T. Borenius, A. Venturi).

Per ciò che concerne le sue ricerche di storia della pittura, la scuola rinascimentale veronese gli offrì molti stimoli, concretizzatisi nei numerosi saggi intitolati Questioni storiche d'arte veronese e più tardi sviluppatisi in riflessioni anche metodologicamente interessanti sui limiti di un attribuzionismo divinatorio e meramente stilistico (cfr. Le attribuzioni delle opere d'arte in rapporto con la scuola pittorica veronese, in Atti dell'Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, IV [1918]). Né è un caso che, quando prese il campo un'estetica puramente idealistico-valutativa, il G. abbia abbandonato la storia della pittura, per rifugiarsi di nuovo nei territori di ricerca e di applicazione più consoni alla sua formazione culturale di base (oltre ai problemi del restauro, la numismatica, la sfragistica, l'epigrafia medioevale, l'araldica, ecc.) o per esplorarne di nuovi. Del soggiorno veronese va ancora ricordato l'emergere di una viva sensibilità per la ricerca artistica contemporanea, che il G. non avrebbe più rinnegato.

Passato nel 1909 all'amministrazione statale come ispettore effettivo della soprintendenza, il G. fu promosso, grazie agli strettissimi rapporti con il direttore generale delle Belle Arti Corrado Ricci, alla direzione della soprintendenza ai Monumenti della Romagna, con sede a Ravenna, proprio allora creata. Fu soprattutto ai monumenti altomedioevali della città che il G. dedicò il suo impegno, approfondendo ora i problemi tecnici e teorici del restauro dei mosaici e delle architetture (a proposito, ad esempio, delle soluzioni da adottare nel ripristino, mediante materiali di collegamento "neutri", di una tessitura muraria): S. Vitale, S. Apollinare Nuovo, mausoleo di Galla Placidia, battistero degli Ariani. Connessa con queste iniziative fu la fondazione e l'organizzazione del Museo nazionale e la pubblicazione della rivista Felix Ravenna (dal 1913). Né vanno dimenticati il restauro di S. Mercuriale di Forlì e le questioni relative alla chiesa di Polenta, nella quale il G. mise in discussione la ricostruzione "carducciana" e "nazionale" eseguita nell'ultimo decennio dell'Ottocento.

Il G. restò a Ravenna sino al 1920, ma almeno dal 1916-17 egli coltivava progetti diversi, redigendo inventari di "beni culturali" trentini in vista di un complessivo riordino del patrimonio culturale della sua regione d'origine, al quale porre mano dopo la guerra.

Dopo gli studi giovanili, del resto, anche nel quindicennio 1900-15 trascorso fra Creta e Bassano, Verona e Ravenna, il G. non aveva mai trascurato le indagini sulle vicende politico-istituzionali, culturali e artistiche del territorio trentino, soprattutto con riferimento al Medioevo. Particolare importanza ha il filone, ininterrotto, degli studi sui Castelbarco, la grande famiglia signorile che domina la storia della Val Lagarina fra il XII e il XV secolo; ma si possono individuare facilmente anche altri percorsi di studio: il rapporto fra l'Impero tedesco e il Trentino tra Medioevo ed età moderna, la cultura italiana in Trentino, la dominazione veneziana nel Trentino meridionale nel Quattrocento e le sue tracce monumentali, i principi vescovi trentini nei secoli XI-XII. Praticamente tutte le riviste trentine dell'anteguerra - da Tridentum ad Alba trentina, dagli Atti dell'Accademia roveretana degli agiati alla Rivista tridentina - ospitarono il G. come collaboratore, recensore, schedatore; né egli aveva mancato di discutere, sin dagli anni Dieci, di organizzazione museale del Trentino.

Non stupisce dunque che immediatamente dopo la guerra il G. sia stato "comandato" per impulso del Ricci a sovrintendere - in diretto collegamento con il Governatorato provvisorio italiano insediatosi nel Trentino conquistato - alla tutela dei beni artistici e archeologici (nonché bibliografici ed archivistici) della città e della regione. Tra il novembre 1918 e il 1921, grazie anche alla conoscenza del tedesco e ai rapporti che da tempo aveva con non pochi studiosi austriaci, egli condusse difficilissime trattative a Innsbruck e Vienna e portò a termine con successo il fondamentale recupero, oltre che di qualche pezzo monumentale, dei beni archivistici e bibliografici trentini conservati Oltralpe da più di un secolo, missione che il G. considerò sempre una delle più gloriose e meritorie della sua vita. La nomina a dirigente dell'ufficio regionale per i Monumenti, le Belle Arti e le Antichità (marzo 1920) - poi trasformato nel dicembre 1923 in soprintendenza all'Arte medioevale e moderna in Trento (con competenza territoriale estesa all'Alto Adige) - ne fu la logica conseguenza. Sede della nuova istituzione fu il castello del Buonconsiglio, ove era stato giustiziato Cesare Battisti, che diveniva così il "luogo" della memoria storica di Trento italiana.

La grande impresa del restauro (anzi della "redenzione") del grande e complesso edificio divenne dunque per molti anni, sino al 1933, uno degli impegni principali del G. e dei suoi collaboratori (fra i quali l'architetto Antonino Rusconi, che fu poi suo successore alla soprintendenza). Il G. si diede l'obiettivo di riportare il castello alle condizioni in cui si trovava al momento della conclusione dei lavori da parte del principe vescovo Bernardo Cles, verso il 1536. Il G. lo perseguì alla sua maniera: cioè sulla base di una strenua ricerca d'archivio, nella quale ebbe la fattiva collaborazione di eruditi tirolesi come H. Semper (che già da ben prima della guerra si occupava della questione) e C. Ausserer. L'approfondimento della storia del manufatto fu infatti la base per un restauro filologicamente ineccepibile, che non arretrò neppure di fronte a scelte drastiche, alle quali non mancheranno critiche. In questi anni il G. appare significativamente in contatto con autorevoli esponenti della "cultura del restauro" italiana, come Gustavo Giovannoni, oltre che con figure dell'architettura contemporanea, non solo localmente importanti, come Ettore Sottsass senior (Chini). Meno note sono le scelte tecniche operate dal G. nel restauro degli apparati scultorei e pittorici.

L'attività di studioso e di soprintendente svolta dal G. a partire dal 1923 fu varia e complessa. Dal punto di vista della ricerca riemergeva il G. erudito poliedrico, che si occupa di documentazione altomedioevale trentina come di numismatica, di agiografia trentina, di araldica e di iconografia come di urbari e catasti medioevali. È stato ad esempio giustamente osservato (da E. Chini) che il G., da tempo lontano da interessi storico-estetici, nei primi anni Trenta affidò a un valente giovane come Antonio Morassi lo studio stilistico dei cicli splendidi dei Dossi, del Romanino e del Fogolino restaurati nel castello del Buonconsiglio: il che non significa che egli non portasse negli stessi anni documentati contributi alla riscoperta di affreschi del pieno o tardo Medioevo, in Alto Adige come a Verona.

Partecipe del clima culturale "nazionale" dell'Italia degli anni Venti e Trenta, il G. seguì inoltre con attenzione, in quanto studioso e funzionario, i problemi legati alle vicende politiche e linguistiche dell'Alto Adige, non senza aderire al regime. Posizioni esplicite nel delicato campo dei rapporti con la cultura tedesca e la minoranza sudtirolese sono tuttavia evidenti soprattutto in alcuni scritti tardi, del 1937 e del 1938; e il G. mantenne comunque, in vari aspetti della sua attività di soprintendente (ad esempio per ciò che concerne il rapporto fra architettura e contesto storico-ambientale), un certo equilibrio e una certa attitudine critica, oltre a difendere rigorosamente il patrimonio artistico e architettonico del territorio. Va detto comunque che questa ultima fase della sua attività deve ancora essere approfondita in modo adeguato nelle fonti archivistiche.

Morì il 21 settembre 1938, a Trento.

Fonti e Bibl.: Una parte cospicua dell'archivio personale del G. è conservata (in attesa di riordino) presso la Biblioteca del convento francescano di S. Bernardino a Trento (un sommario cenno descrittivo in G.M. Varanini, Formazione e percorsi di un erudito trentino tra Otto e Novecento: G. G. tra medievistica, archeologia e storia dell'arte (1895-1910), in La ricerca archeologica nel Mediterraneo: P. Orsi - F. Halbherr - G. G., Rovereto 1991, pp. 104-106); altro materiale, relativo soprattutto alla spedizione archeologica a Creta, si trova presso l'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, a Venezia. Per altro materiale si vedano gli archivi degli istituti da lui diretti, in particolare: Archivio del Museo e Biblioteca di Bassano del Grappa; Archivio del Museo civico di Castelvecchio. Per il materiale relativo al G. conservato in Roma, Archivio centrale dello Stato, Direzione generale Antichità e Belle Arti, cfr. i contributi di R. Romanelli, qui sotto citati.

Una bibliografia completa e molto accurata (855 voci dal 1896 al 1941, contro le 666 della bibliografia compilata da P.M. Tua alla morte del G. ed edita in Archivio veneto, LXVIII [1939], pp. 259-288) è stata redatta da E. Chini, Scritti di G. G. Trentino-Alto Adige, I, 1896-1920, in Studi trentini di scienze storiche, sez. II, LXVII-LXVIII (1988-89 [ma 1995]), pp. XXIII-LXXIX (il volume successivo, in due tomi, LXIX [1990], 1-2, ristampa un'ampia selezione dei contributi del G. relativi alla regione trentino-tirolese). Fra gli studi dedicati al G., a parte quelli compilati vivo l'autore in occasione del conferimento del premio Mussolini (come C. Piovan, G. G., in Studi trentini di scienze storiche, XIV [1933], pp. 97-102, e A. Morassi, G. G., in Trentino. Rivista della Legione trentina, X [1934], pp. 5-14), resta fondamentale il contributo, evocativo ed efficace oltre che documentato, di G. Fogolari, Commemorazione del m.e. prof. G. G., in Atti dell'Istituto veneto, XCVIII (1938-39), pp. 51-95 (parzialmente ristampato in Id., Alcuni scritti d'arte, Trento 1974, pp. 109-115); cfr. poi i necrologi di G.B. Emert, G. G., in Studi trentini di scienze storiche, XIX (1938), pp. 333-335; R. Salvini, G. G., in Rivista d'arte, XX (1938), pp. 419-422; P.M. Tua, G. G., in Archivio veneto, LXVIII (1939), pp. 251-259; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", S. Samek Ludovici, Storici, teorici e critici delle arti figurative, 1800-1940, Roma 1942, pp. 167-174; inoltre M. Sandonà, Il castello del Buon Consiglio a Trento. A proposito del suo grande restauro 1920-1930. Note critiche, Trento 1954, passim. Molti gli studi recenti: F. de Gramatica, Il fondo bibliotecario di G. G. nella Biblioteca del Museo provinciale d'arte, in Biblioteche e archivi, Trento 1983, pp. 239-251; E. Petrini, Il Bollettino del Museo civico di Bassano (Veneto) 1904-1914, in Bollettino del Museo civico di Bassano, n.s., III-VI (1987-88), pp. 9-19; S.A. Curuni - L. Donati, Creta veneziana. L'Istituto veneto e la missione cretese di G. G.: collezione fotografica 1900-1902, Venezia 1988, passim; S.A. Curuni, Creta e le isole Sporadi: attualità dell'opera di G. G. in Grecia, in Il progetto di restauro. Interpretazione critica del testo architettonico, a cura di N. Pirazzoli, Trento 1988, pp. 59-85; N. Urbini, G. G.: studi e restauri di monumenti ravennati, ibid., pp. 53-57; R. Codroico, G. G. a Trento: soprintendente e uomo di cultura, ibid., pp. 87-92; L. Ciacci, L'urbanistica di G. G. a Rodi. Tra archeologia e storia, in Storia urbana, XIV (1990), 52, pp. 107-135; M. Martignoni, Sottsass e il Trentino: gli anni Venti, in Ettore Sottsass senior architetto, Milano 1991, pp. 61, 63; S.A. Curuni, G. G. storico, studioso dei monumenti greci, in La ricerca archeologica nel Mediterraneo: P. Orsi - F. Halbherr - G. G., Rovereto 1991, pp. 53-73; G.M. Varanini, Formazione e percorsi, cit., pp. 73-106; E. Chini, Aspetti dell'attività di G. G. primo soprintendente a Trento, ibid., pp. 107-114; L. Ciacci, Rodi italiana 1912-1923. Come si inventa una città, Venezia 1991, pp. 48-56, 61-65, 78-83; A. Grimoldi, Restauri a Verona: cultura e pubblico 1866-1940, in L'architettura a Verona dal periodo napoleonico all'età contemporanea, a cura di P. Brugnoli - A. Sandrini, Verona 1994, pp. 169-174; F. de Gramatica, La scultura cinquecentesca del castello del Buonconsiglio nel recupero di G. G., in Un museo nel castello del Buonconsiglio. Acquisizioni, contributi, restauri, a cura di L. Dal Pra, Calliano 1995, pp. 287-316; G. Gullino, L'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti dalla rifondazione alla seconda guerra mondiale (1838-1946), Venezia 1996, pp. 140-145, 150, 153, 188, 202, 204, 209, 323-339, 401, 536, 548 s.; R. Romanelli, Reimpiego, tradizione e innovazione nell'architettura medievale di Ravenna, in Arte medievale. Periodico internazionale di critica dell'arte medievale, s. 2, X (1996), pp. 31-36, 38 s., 41-44; G.M. Varanini, G. G. e il castello del Buon Consiglio. Il documento e il monumento, in Il castello del Buon Consiglio, a cura di E. Castelnuovo, II, Trento 1996, pp. 321-331; A. Pedna, Il mestiere del sovrintendente, in Studi trentini di scienze storiche, sez. II, LXXII-LXXIII (1993-94 [ma 1997]), pp. 71-88; R. Romanelli, G. G. fra Ravenna e Trento. Restauro, architettura e "arte nova", ibid., pp. 89-140; A. Turella, Rinnovamento nella tradizione: il progetto di G. G. per una "nuova architettura trentina" (1920-1928), ibid., pp. 141-186.

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