BAINI, Giuseppe Giacobbe Baldassi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 5 (1963)

BAINI, Giuseppe Giacobbe Baldassi

Raoul Meloncelli

Nacque a Roma il 21 ott. 1775 da Antonio, sarto di origine veneziana, e da Caterina Nesi, senese. Rimasto orfano in giovanissima età, fu affidato dal padre alla Casa degli orfani presso S. Maria in Aquiro, dove ricevette la sua prima educazione. Un suo zio, Lorenzo, noto a Venezia e a Roma come compositore, lo iniziò forse agli studi musicali; con certezza si sa soltanto che quando il B. entrò, per concorso, nel seminario romano, il 21 ott. 1788, per studiare lettere, filosofia e teologia, si dedicò anche allo studio della musica sotto la guida di un religioso portoghese, don Stefano Silveyra, noto maestro di canto piano, il quale lo avviò alla polifonia.

Le sue prime esperienze musicali risalgono agli anni giovanili, quando, per il forte desiderio d'imparare la musica, si esercitava anche sulle composizioni di autori antichi o meno, contravvenendo con ciò alla severa regola del seminario, che vietava agli allievi di leggere ogni musica non gregoriana. I suoi progressi furono tali, che già dal secondo anno di retorica era in grado di dirigere, in assenza del maestro, il coro nella messa cantata alla chiesa di S. Ignazio.

Nel 1794 diede una prova delle sue doti musicali allorché, in occasione della cappella cardinalizia all'oratorio interno del collegio inglese per la festa di s. Tommaso di Canterbury, il 29 dicembre, si unì nascostamente ai cantori pontifici e fu notato sia per la bella voce sia per la sicurezza mostrata nelle entrate, benché inesperto della pratica di musica polifonica. Per desiderio e incoraggiamento degli stessi cantori pontifici il B., che era dotato di una voce di basso di grande volume e buona estensione (poteva giungere naturalmente dal do del basso secondo spazio - e non dal mi bemolle sotto alle righe - fino al sol del tenore), il 2 marzo 1795 venne accettato nella Cappella Sistina, dopo aver superato alcuni inevitabili contrasti nel seminario. Tuttavia, il rettore del seminario, Andrea Lauri, aveva dovuto testimoniare, fra l'altro, che il B. "... insuper Cantus Gregoriani scientia ita pollere, ut ceteris adiumento sit et incitamento" (Biblioteca Apostolica Vaticana, mss., Cappella Sistina Diario n. 218 cc. 5v, 22v, 23r, 92r). Entrato a far parte della Cappella pontificia, approfondì lo studio del canto con Saverio Bianchini, uno dei più anziani tra i bassi. Nel frattempo terminò gli studi religiosi. L'8 sett. 1798 il B. uscì ordinato sacerdote dal seminario e si ritirò dapprima, per breve tempo, nella casa paterna, poi a Castel Sant'Elena (Perugia) presso un amico. Ai primi di ottobre del 1799, però, fece ritorno a Roma e studiò per un anno, secondo l'Alfieri, con l'organista G. B. Batti e poi con lo zio Lorenzo, allora minorita alla chiesa dei SS. Apostoli.

Giunto a Roma il nuovo papa Pio VII il 3 luglio 1800, la Cappella pontificia riprese la sua normale attività e il B. vi godette di notevole stima e prestigio. Nel 1802 volle intensificare lo studio del contrappunto con il maestro G. Jannacconi, di cui divenne amico ed erede artistico.

Da questo momento il B. dedicò le sue ricerche, i suoi studi e, si può dire, la sua stessa vita alla figura di Giovanni Pierluigi da Palestrina, autore già da lui prediletto fin dagli anni del seminario e del quale, per consiglio dello Jannacconi, iniziò la raccolta e la messa in partitura di tutte le opere.

Intanto le sue prime composizioni nello stile palestriniano - quasi l'unico che abbia praticato costantemente fino agli ultimi anni -, alcune brevi regole di contrappunto per uso dei cantori pontifici e la fama del suo insegnamento gratuito lo fecero conoscere e apprezzare a tal punto che quando, dopo il concilio imperiale del 1811, il ministro francese dei Culti, conte F. J.-J. Bigot de Préameneu, incaricato da Napoleone della riforma della Chiesa dell'Impero, affidò la parte musicale ad Alexandre Choron, questi scelse il B. come direttore generale della musica ecclesiastica. Ma egli rifiutò per due volte l'offerta, adducendo motivi familiari e di salute e giustificandosi col fatto che da tempo aveva abbandonato la composizione.

In realtà, l'atteggiamento del B. era dovuto alla sua assoluta fedeltà al papa e alla Chiesa, e fino al ritorno di Pio VII a Roma (24 maggio 1814) egli volle occuparsi soltanto dei suoi doveri di sacerdote. Da diversi anni, infatti, era stato nominato maestro delle Scuole cristiane degli Ignorantelli a Trinità de' Monti, poi direttore supremo, e aveva cura d'anime a S. Silvestro in Capite.

Tornato Pio VII a Roma, il B. ebbe dal papa l'incarico di fiducia di ricollocare, al palazzo del Quirinale, tutto l'archivio musicale della Cappella pontificia, che era stato trasportato alla Biblioteca vaticana. Divenuto, inoltre, nel 1816, segretario puntatore della riorganizzata Cappella pontificia, il 28 dicembre dello stesso anno il B. fu acclamato maestro dai suoi colleghi e circa tre anni dopo, il 25 ag. 1819, all'unanimità, ancora, fu eletto "pro-camerlengo" dal collegio dei cantori pontifici (v. Bibl. Apostolica Vaticana, mss., Cappella Sistina Diario n. 232, cc. 99r-v, 102v; Cappella Sistina Diario n. 235, c. 20r-v).

Dal 1820 in poi il B. figura nei Diari della Cappella Sistina sempre come camerlengo e questa carica elettiva, avente per le costituzioni apostoliche dignità abaziale del collegio e funzione annua, fu invece per il B., per volere dei colleghi, continua fino alla morte. Il 2 dic. 1841 Gregorio XVI lo confermava camerlengo e direttore perpetuo del collegio dei cantori pontifici, dopo averlo nominato il 28 novembre cameriere di onore in abito paonazzo (v. ibid., mss., Cappella Sistina Diario n. 257,c. 55 v).

Probabilmente si devono far risalire al 1816 - o anche prima - e la carica non nominale di direttore della Cappella, spettante secondo le costituzioni al decano dei bassi, ottenuta certo dal B. per i suoi meriti, e la istituzione delle due "Accademie" settimanali (una specie di scuola, dal B. appunto istituita, per esercitare nel canto i cappellani pontifici) che si tenevano nella sua stessa casa.

La fama del B. si era ormai molto diffusa e se dall'allontanamento da Roma di Pio VII (10 giugno 1809) aveva abbandonato la composizione per riprenderla dopo il ritorno a Roma dello stesso papa, non aveva trascurato, però, gli studi di erudizione musicale. La prima delle sue opere erudite è la Lettera sul mottetto a quattro cori dell'abate Marco Santucci, coronato a Lucca dall'Accademia Napoleonica come lavoro di nuovo genere, pubblicata (s. l.) nel 1806, nella quale egli ribadisce ironicamente che la presunta novità era in realtà impostata su principî risalenti al sec. XV, per i quali si avevano esempi di musica perfino a quarantotto voci e in dodici cori. Nel 182o Luigi Bonaparte, che voleva liberare il verso francese dalla rima, gli sottopose alcune questioni, alle quali il B. rispose pubblicando a Firenze il Saggio sopra l'identità de' ritmi musicale e poetico (l'opera non è priva di interesse, ma risente della scarsa conoscenza della lingua francese del suo autore, che, non potendo approfondire alcuni problemi, si è limitato a delinearli semplicemente).

Nel 1821 il B., che continuava ad occuparsi assiduamente del Palestrina, si fece promotore di una sottoscrizione per l'edizione completa delle opere palestriniane, ma l'esito fu quasi negativo in Italia e in Francia. Una buona occasione per appoggiare la sua iniziariva altrove gli fu fornita quasi certamente nel 1822 dalla visita a Roma del re di Prussia Guglielmo Federico III. Fu infatti, per l'interessamento dell'ambasciatore di Prussia presso la S. Sede, il barone Christian Karl Josias von Bunsen, che gli editori Breitkopf e Härtel di Lipsia vennero incaricati di assumere l'edizione delle opere del Palestrina, ma l'affare non fu concluso né con loro né con l'editore K. Proske di Ratisbona. Il 15 nov. 1825, forse per desiderio di Leone XII, la Congregazione di S. Cecilia presentava al papa la domanda di concedere il permesso al B., che non era "ne aggregato ne riunito" alla Congregazione stessa, "... di assistere con il suo voto all'esame de Maestri per animare così li Giovani al vero studio del contrapunto, assistiti da un sì celebre conoscitore del vero stile ecclesiastico..." (v. ibid., mss., Cappella Sistina Diario n. 241, cc. 95r-v, 134-136). Il B. accettò la nomina di esaminatore e compose anche un libro di temi per gli esami; cercò, inoltre, sempre di sedare la rivalità fra la Cappella pontificia e la Congregazione di S. Cecilia. Abbandonò, tuttavia, per correttezza, il suo incarico nel 1830, dopo aver vinto la controversia sorta fra la Congregazione di S. Cecilia e alcuni cantanti, non autorizzati dalla stessa Congregazione, che avevano eseguito una messa alla chiesa degli Scalpellini a Tor de' Specchi sotto la direzione di un cantore pontificio non appartenente alla Congregazione (dalla quale, appunto, erano esenti i cappellani pontifici).

Il 12 giugno 1826 il B., che fu uno dei primi a vagheggiare la fondazione in Roma di una severa scuola di musica per i ragazzi, rivolgeva al papa un Voto circa l'erezione della scuola di canto nella Casa d'Industria esistente alle Terme di Massimiano detto [sic] Diocleziane e progetto di un Conservatorio di musica (cfr. de La Fage), ma questo suo disegno, pur avendo ottenuto subito l'approvazione del papa, non fu realizzato.

Un precedente voto del 23 ag. 1822, inviato dal B. al cardinale E. Consalvi relativo ad una medesima istanza del maestro Valentino Fioravanti, ebbe soltanto l'esito di una classe di solfeggio all'Istituto S. Michele.

Nel 1828 il B. condusse a termine e pubblicò a Roma in due volumi l'opera sua più cara e alla quale fu giustamente legata la sua fama: la monumentale biografia del Palestrina, intitolata Memorie storico-critiche della vita e delle opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina. Ad essa il B. aveva atteso per circa trent'anni, in mezzo a difficoltà di ogni genere, soprattutto di ricerche, con un entusiasmo e un trasporto veramente sorprendenti, che fanno perdonare in parte le numerose lacune e le inesattezze notate dalla critica moderna. L'opera ha un'importanza grandissima, perché il B., oltre a fornire per primo un quadro approfondito e esauriente della personalità palestriniana, ha tracciato una storia della musica sacra risalente alle origini.

Con criteri eruditi, ma non pedanti, egli affronta problemi di storia musicale, che dalle manifestazioni della musica ecclesiastica dei primi secoli, attraverso il Medioevo e il Rinascimento, giungono alle esperienze più interessanti della scuola romana. Inoltre, per la vasta erudizione che informa tutta l'opera, sono riportati alla luce musicisti prima ignorati e si sono risolti dubbi e difficoltà di carattere sia teorico sia pratico. Molto importanti appaiono ancor oggi le osservazioni sulle origini e lo sviluppo della musica sacra e le citazioni bibliografiche su numerosi compositori noti e sconosciuti. Spesso i vari argomenti sono integrati da lunghe note e osservazioni tratte dai registri della Cappella pontificia, dalle memorie di G. O. Pitoni e da altri documenti autentici esistenti negli archivi della Cappella Sistina. La critica è concorde nel riconoscere al B. una profonda e perfetta conoscenza degli stili musicali e la sapiente abilità nell'affrontare con disinvoltura problemi critici di notevole difficoltà, e ancora il grandissimo merito di avere per primo intrapreso un'analisi completa di tutta la produzione palestriniana, pur rimproverandogli una certa ampollosità e una tendenza a divagare su argomenti che esulano talvolta dal campo dell'attività artistica del Palestrina.

Dopo questa sua fatica, alla quale avrebbe voluto far seguire la pubblicazione delle opere palestriniane, il suo sogno più ambizioso, la salute del B. cominciò a deperire.

Venerato da tutta la corte pontificia per la sua probità, e amato dal popolo di Roma, il B. trascorse gli ultimi anni laboriosi della sua vita nella più completa austerità e riservatezza, malgrado le numerose nomine a membro d'onore conferitegli dalle più importanti Accademie d'Europa ("... la mia prima e principale carriera è sempre stata quella dello stato ecclesiastico...", scriveva nel 1837 al segretario dell'Accademia reale di Belle Arti di Berlino che gli aveva comunicato la nomina onorifica della sezione musicale; uguali nomine ricevette il B. dalle Accademie di Musica di Svezia nel 1827, Filarmonica di Vienna e Filarmonica di Roma nel 1836, di S. Luca di Roma nel 1838, di Stuttgart nel 1839, e a membro corrispondente degli Stabilimenti scientifici e letterari di Francia nel 1840).

Il B. morì a Roma il 21 maggio 1844, lasciando tutti i suoi libri e le sue opere alla Biblioteca Casanatense (ove tuttora si trovano), ad eccezione di alcuni volumi, specialmente le opere a stampa del Palestrina e quelle da lui stesso trascritte in partitura, che furono per disposizione dell'erede fiduciario trasportate nell'Archivio pontificio.

La perdita del B. lasciò un vuoto sentito ovunque, ma in modo particolare nella Cappella pontificia per la quale il B. era stato l'animatore tenace e il custode intransigente delle più pure tradizioni musicali e delle costituzioni e decreti del collegio. La sua mentalità, sebbene fosse un poco ristretta sotto certi aspetti (significativo a tale proposito è l'incontro con G. Spontini, che progettava una riforma della musica sacra: giunto a Roma nel novembre del 1838, egli infatti si rivolse al B. per appoggio e collaborazione, ma vide fermamente respinto il progetto da questo, che non si fidava di una riforma maturata, diceva, in quei paesi protestanti [Prussia] dai quali lo Spontini proveniva, mentre la scuola romana aveva dato e continuava a dare sempre esempi e modelli di musica sacra, ai quali bastava richiamare l'esecuzione moderna) e lo inducesse a errori di valutazione nei riguardi della musica del suo tempo e soprattutto di quella strumentale, che non volle mai praticare e insegnare, gli permise tuttavia di far convergere felicemente le sue forze e possibilità su quell'unico genere che a lui interessava di coltivare: la musica sacra tradizionale della Cappella Sistina. Quanto la storia della musica debba al B. proprio riguardo alla figura del Palestrina, già è stato detto. Soltanto due anni dopo la sua morte il sacerdote P. Alfieri pubblicava una scelta (quasi completa) delle opere palestriniane nella Raccolta di musica sacra (Roma 1841-46, Pittarelli, 7 voll.) che con tanto amore e accuratezza di programma il B. aveva intrapreso. Espertissimo delle musiche polifoniche dei maggiori maestri della scuola romana e dei loro stili, trasmise questo suo amore e questa sua dottrina ai suoi allievi (fra i quali si ricordano N. Cartoni, J. A. La Fage, O. Nicolai) e il suo influsso fu notevole anche nella Germania cattolica per tutto il sec. XIX: dal B. imparò il Proske e attraverso il Proske l'insegnamento del B. si estese ai cori di Ratisbona, Monaco, Colonia, Magonza, ecc. Pregevole compositore di musica ecclesiastica, il B. tuttavia non sorpassò i suoi contemporanei per valentia straordinaria; fra le sue numerose opere si ricordano qui le migliori: il motetto Oremus pro Pontifice Pio (21 marzo 1815), l'inno Te Deum a otto voci diviso in due cori (1815), il salmo Confitebor a otto voci (1816), il salmo Miserere a sole dieci voci, composto per desiderio di Pio VII ed eseguito, durante la Settimana Santa, nel 1821, alternato con quelli di G. Allegri e T. Bai, la sequenza Dies irae a sette voci (1825), il bellissimo motetto Apparuit Dominus Salomoni (6 febbr. 1837) e infine un Benedictus gregoriano a sei voci con coro (1837). Resta inoltre il materiale da lui raccolto per una ideata Storia della Cappella pontificia mai compilata e pubblicata.

Fonti e Bibl.: Biblioteca Apostolica Vaticana, mss., Cappella Sistina Diario n. 260, cc. 26v, 28r-31r, 46v, 52v, 53r-v, 82r-84r; Notizie del Giorno, n. 21, giovedì 23 maggio 1844, p. 1; A. M. Carcano, Cenni biografici intorno a Monsignor D. G. B., in Diario di Roma, 3 sett. 1844, pp. 3 s.; G. De Ferrari, Biografia di monsignor D. G. B., in Giorn. arcadico di scienze, lettere ed arti, CXXXI (Roma 1850), pp. 328-392; P. Alfieri, Biografia di Monsignor G. B., in Gazzetta musicale di Milano, XII(1856), nn. 20, 23, 26, 27, 30, 32, 34, 35, pp. 153-155, 177 s., 201-203, 209-211, 236 s., 251 s. 260 s., 265-267; J. A. La Fage, Notice sur la vie et les ouvrages de J. B., in Essais de diphthérographie musicale, Paris 1864, pp. 17-60 e passim (v. Indice,pp. 546-548); G. Gaspari, Catalogo della Biblioteca del Liceo musicale di Bologna, I, Bologna 1890, p. 192; II, ibid. 1892, pp. 34, 174, 344, 371; F. X. Haberl, Zum 50. Todesjahre von J. B. Eine biographische Skizze..., in Kirchenmusikalisches Jahrbuch, IX(Regensburg 1894), pp. 77-85; A. Cametti, Cenni biografici di G. P. da Palestrina compilati nell'occasione del III centenario della sua morte, Milano 1895, pp. 135 s.; J. Killing, Kirchenmusikalische Schätze der Bibliothek des Abbate Fortunato Santini, Düsseldorf s. d. [ma 1910], pp. 3-5, 12, 169, 475; A.Cametti, Memorie storico-critiche della vita e delle opere di G. P. da Palestrína. Prima ristampa con note ed aggiunte di..., in La critica musicale, I, Firenze 1918, pp. 25-27; G. Stanghetti, Nota biografica su G. B. (1775-1884), in Note d'Archivio per la storia musicale, I, 3-4 (1924), p. 290; K. G. Fellerer, Der Palestrinastil und seine Bedeutung in der vokalen Kirchenmusik des achtzehnten Jahrhunderts. Ein Beitrag zur Geschichte der Kirchenmusik in Italien und Deutschland, Augsburg 1929, pp. 198, 213 s., 357, 358; M. Bontempelli, Pseudo-centenario Palestrina), in Passione incompiuta, Milano 1958, pp. 244-247; J. M. Llorens, Cappellae Sixtinae Codices musicis notis instructi sive manu scripti sive praelo excussi, Città del Vaticano 1960, passim (v. Indice,pp. 502 s.); F. J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, I, Paris 1866, pp. 223-225; R. Eitner, Quellen-Lex. der Musiker, I, pp. 307 s.; G. Grove's Dict. of music and musicians, I, London 1954, pp. 357 s.; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, I, coll. 1089 s.

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