GIBELLI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 54 (2000)

GIBELLI, Giuseppe

Massimo Rossi

Nacque a Santa Cristina, presso Pavia, il 9 febbr. 1831 da Siro e Giuseppina Carnovali. Frequentò la facoltà di medicina dell'Università di Pavia, dove si laureò nel gennaio 1854 con una tesi sulla "scienza medica". Il 10 sett. 1855 sposò Costanza Mantegazza, figlia dell'educatrice e patriota Laura Solera Mantegazza: dal matrimonio nacquero i figli Raffaello e Camillo.

Dopo alcuni anni di esercizio della professione medica a Inverigo, scelse di dedicarsi alla ricerca botanica e fu nominato nel 1861 assistente all'orto botanico di quella città. Anche il G., quindi, come gli altri botanici italiani ed europei dell'epoca, era di formazione medica, dato che i corsi universitari di botanica si svolgevano all'interno della facoltà di medicina. Dieci anni dopo fu nominato assistente presso il laboratorio di botanica crittogamica, fondato a Pavia da S. Garovaglio nello stesso anno. Direttore della stazione agraria di Modena nel 1874, da quest'anno fino al 1879 fu anche professore straordinario di botanica presso la locale Università; nel 1879 successe ad A. Bertoloni sulla cattedra bolognese di botanica, che tenne fino al 1883. Dal luglio di quell'anno diresse, infine, il Museo e l'orto botanico di Torino.

Il G. iniziò come lichenologo a Pavia, collaborando e seguendo gli orientamenti di S. Garovaglio e specializzandosi nella sperimentazione, alla luce dei più recenti studi della scuola tedesca di S. Schwendener e H.A. De Bary, che conobbe nel corso dei suoi viaggi e con cui ebbe scambi di materiali scientifici. Dopo il primo lavoro Sugli organi riproduttori del genere "Verrucaria" (in Memorie della Società italiana di scienze naturali, I [1865], pp. 10-35), il G. continuò l'analisi della struttura dei licheni esaminando, insieme con il Garovaglio, vari generi e specie identificando le zoospore che si formano dentro i gonidi della Parmelia subfusca (Ricerche sulla genesi delle zoospore dai gonidi dei licheni, Firenze 1876). Veniva così a definire l'associazione - pur senza averne colto la natura simbiotica - del micelio dei funghi con i gonidi delle alghe.

Gli studi del G. nel campo della sistematica si collocano nel periodo in cui negli istituti botanici si stava diffondendo, lentamente, l'uso del microscopio a lenti acromatiche introdotto da G.B. Amici. Il contributo del G. alla sistematica può essere suddiviso in due filoni: l'uno relativo allo studio di singole specie, l'altro di classificazione generale della materia. Al primo appartengono gli studi già ricordati sui licheni, le ricerche sull'anatomia della Trapa natans e quelle sull'individuazione degli elementi utili per la classificazione dei trifogli italiani. Il secondo filone di analisi sistematica è legato a studi ed erborizzazioni decennali, che si concretarono in due opere di classificazione della materia, una di interesse locale, in collaborazione con R. Pirotta (Flora del Modenese e del Reggiano, in Atti della Società dei naturalisti di Modena, s. 3, I [1882], pp. 1-196), l'altra in collaborazione con V. Cesati e G. Passerini (Compendio della flora italiana, I-II, Milano 1867-86). Nel corso dell'Ottocento erano state elaborate le due prime flore italiane: la Flora Italica di A. Bertoloni (1833-54) e la Flora italiana, iniziata nel 1848 da F. Parlatore e terminata nel 1893 da T. Caruel. Alle grandi flore ottocentesche del Bertoloni e del Caruel, ancora caratterizzate dall'approccio tassonomico di derivazione linneana, si affiancò il Compendio del G., che curò in particolare la sistemazione e l'illustrazione dei generi, con i relativi sommari analitici. Tale opera segnò il passaggio in Italia, come ricorda R. Venanzoni, dalle flore descrittive a un tipo di flora analitica, con la presenza di speciali chiavi analitiche di riconoscimento per la determinazione precisa delle specie (117 tavole di mano del G. ne fornivano la raffigurazione completa e dettagliata), delle entità infraspecifiche, dei generi e delle famiglie.

Il G. rinnovò sostanzialmente l'orto botanico di Torino con la creazione di nuovi laboratori ed edifici e con l'arricchimento dell'erbario (con l'acquisizione di varie collezioni, oltre che del suo erbario personale, donato il 9 nov. 1894, ricco di 6000 specie con circa 20.000 esemplari).

Come patologo il G. iniziò nel 1875, su incarico del ministero dell'Agricoltura, lo studio della "malattia dell'inchiostro", che aveva colpito varie regioni italiane dove l'infezione si era largamente estesa, e, comparando piante malate e piante sane, poté definire importanti elementi analitici sui possibili agenti patogeni, quali le condizioni particolari del suolo e i parassiti animali e vegetali, pur senza arrivare a determinare quello reale, che fu individuato successivamente da L. Petri nella Blepharospora cambivora. Contribuì alla determinazione delle cause delle infezioni del gelso, scoprendo la vera struttura e natura del cosiddetto Protomyces violaceus - indicato sino ad allora come un fungo delle radici del gelso e causa del male del falchetto -, che dimostrò essere invece una fisiologica formazione lenticellare delle radici. Nel campo della nutrizione delle piante il nome del G. è legato alla scoperta - riconosciuta quale prima apparizione di nuovi concetti e descrizione di un nuovo fenomeno - delle micorrize, le positive simbiosi tra i delicati filamenti miceliari di alcuni funghi e le radici di specie arboree ed erbacee.

La convivenza tra ife dei funghi e radici, per la prima volta osservata e descritta dal G., fu definita dal botanico come "indigenato tollerato e tollerabile sulle radici del castagno sano" (Nuovi studi sulla malattia del castagno, detta dell'inchiostro…, Bologna 1882, p. 39).

Il G., analizzando le radici dei castagni per cercare l'origine della loro malattia, osservò come i peli radicali delle piante infette fossero avvolti da cuffie di delicate ife fungine. Più tardi constatò che lo stesso fenomeno si verificava anche sulle radici dei castagni non colpiti dalla malattia; giunse infine a scoprire sulle radici di quasi tutte le piante cupulifere (castagni, faggi, querce) costante diffusione di formazioni di micelio fungino. Successivamente, B. Frank in Germania sviluppò gli studi su tali simbiosi, da lui definite con il termine micorrize.

Il G. morì a Torino il 16 sett. 1898.

Socio ordinario dell'Accademia dei Lincei e dell'Accademia delle scienze di Torino, fu tra i promotori della Società botanica italiana (fondata a Firenze nel 1888) e vicepresidente della stessa nel triennio 1891-93. Per il rinnovamento nei metodi di ricerca introdotti nelle università dove svolse attività, per i risultati ottenuti in vari campi della botanica e per i molteplici allievi e continuatori dei suoi studi (R. Pirotta, O. Mattirolo, L. Buscaglioni, S. Belli) il G. è da considerarsi uno dei più illustri capiscuola tra i botanici italiani dell'Ottocento.

Vari botanici hanno dedicato al G. generi (Gibellia, P.A. Saccardo; Gibellina, G. Passerini; Gibellula, F. Cavara) e specie di piante (Verrucaria Gibelliana, S. Garovaglio; Melanomna Gibellianum, P.A. Saccardo; Lectosphaeria Gibelliana, P.R. Pirotta; Melanospora Gibelliana, O. Mattirolo; Gleosporium Gibellianum, F. Cavara; Euphorbia Gibelliana, P. Peola; Hieracium Gibellianum, S. Belli e A. Arvet-Touvet).

L'elenco completo degli scritti del G., 46 in totale, si trova in G. Mattirolo, G. G.: commemorazione, Torino 1899. Le opere più significative, oltre quelle già citate, sono: Sul "Protomices violaceus" Cesati e sulle lenticelle, in Archivio del Laboratorio crittogamico di Pavia, I (1873), pp. 15-25; Esperienze sulla propagazione artificiale dei corpuscoli del Cornaglia nel baco da seta mediante le foglie di gelso infette dalla "Pleospora herbarum", ibid., II (1874), pp. 1-20; Ricerche sulla genesi delle zoospore dai gonidi dei licheni, in Atti del Congresso internazionale di botanica, Firenze 1874, Firenze 1876, pp. 40-55; Nuovi studi sulla malattia del castagno detta dell'inchiostro, in Memorie della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, IV (1882), pp. 288-314; Rivista critica e descrittiva delle specie "Lagopus Koch", in Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, s. 2, XXXIX (1889), pp. 1-184 (in coll. con S. Belli); Le piante medicinali. Manuale di botanica medica ad uso dei farmacisti e degli studenti di medicina e farmacia, Milano 1889 (in coll. con P. Giacosa); Ricerche di anatomia e morfologia intorno allo sviluppo del fiore e del frutto della "Trapa natans", in Malpighia, IX (1895), pp. 1-61 (in coll. con F. Ferrero).

Fonti e Bibl.: Catalogue of scientific papers of the Royal Society of London, London 1867-94, VII, p. 769; O. Penzig, Die Krankheit der Edelkastanien und B. Frank's Mycorrhiza, in Berichte der Deutschen botanischen Gesellschaft, III, Berlin 1885, pp. 301 s.; P.A. Saccardo, La botanica in Italia, Venezia 1895, p. 82; A. Béguinot, Botanica, Milano 1938, pp. 14-16; G. Gola, Botanica, in Un secolo di progresso scientifico italiano, 1839-1939, IV, Roma 1939, pp. 111, 113, 121, 125 s., 136, 141; G. Gola - G. Negri - C. Cappelletti, Trattato di botanica, Torino 1951, pp. 603, 794, 955; G. Lazzari, Storia della micologia italiana, Trento 1973, pp. 266, 275, 304 s., 307; J.M. Trappe - S.M. Berch, The prehistory of mycorrhizae: A.B. Frank's predecessors, in Proceedings of the 6th North American Conference on mycorrhizae, Bend, OR, 1984, pp. 2 s., 8, 10; A. Ceruti - S. Scannerini, Il contributo dei botanici italiani alla micologia, in Pubblicazioni in occasione del centenario della Società botanica italiana, a cura di F. Pedrotti, Firenze 1988, pp. 367-389; E. Nardi, La botanica sistematica italiana negli ultimi cento anni (1888-1988), ibid., pp. 489, 491, 494; R. Venanzoni, Le flore d'Italia, ibid., pp. 534, 536; M. Raffaelli - M. Rizzotto, Cento anni di esplorazione floristica in Toscana e in Emilia Romagna, ibid., pp. 577 s.; G. Govi - A. Mattia, Progressi e sviluppi della patologia vegetale, ibid., p. 940; G. Moggi, Gli erbari in Italia dall'Ottocento a oggi, ibid., p. 965; P. De Luca, Gli orti botanici in Italia, ibid., p. 991.

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