GOLA, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 57 (2001)

GOLA, Giuseppe

Gaspare Mazzolani

Nacque a Novara il 26 febbr. 1877 da Carlo e da Guglielmina Ricca, in una agiata famiglia della borghesia provinciale. Compì gli studi medi a Roma e a Novara; seguì poi, a Torino, i corsi della facoltà di medicina e chirurgia, e si laureò nel 1900, dopo aver frequentato il laboratorio di farmacologia diretto da P. Giacosa, del quale fu assistente per un anno. Poco dopo, nel 1902, conseguì anche la laurea in scienze naturali, con internato nell'istituto botanico del Valentino, ove O. Mattirolo, proveniente dall'Università di Firenze, era da poco succeduto a G. Gibelli. Ivi rimase prima come assistente e, successivamente, come aiuto e libero docente, per quasi un ventennio, svolgendo un'intensa attività scientifica e didattica, in cui gli interessi botanici si allargavano alle tecniche di applicazione e utilizzazione delle piante, all'economia e alla pratica agraria e forestale, anche ai fini di una migliore documentazione e interpretazione delle osservazioni e degli sviluppi teorici.

Le ricerche del G. si svolsero in quattro campi della botanica: la sistematica e la vegetazione, l'epaticologia, l'ecofisiologia e la fisiologia biochimica; ma furono gli ultimi due settori di ricerca, e specialmente il quarto, a caratterizzarne la produzione scientifica.

L'attività del G. fu accusata di una certa eterogeneità per il ricorrere e il mescolarsi di temi diversi. Ma tale aspetto dell'impegno scientifico del G. era connesso con la circostanza che egli lavorava in un'area della ricerca ove gli studi fisiologici ed ecologici, all'inizio del secolo, si sviluppavano faticosamente e con ritardo rispetto ad altri paesi, con mezzi assai limitati e in spazi marginali degli istituti botanici, dediti ancora quasi esclusivamente a ricerche di floristica e tassonomia. Negli ultimi decenni del sec. XIX, come annotava A. Béguinot a proposito dello sviluppo della botanica italiana, il principale ammodernamento era consistito nell'uso del microscopio, strumento che assorbì la maggior parte del tempo e dell'energia dei ricercatori.

Nell'istituto torinese il G. trovò un ambiente favorevole al perfezionamento e alla valorizzazione delle sue attitudini di ricercatore: buoni erano il laboratorio, le attrezzature, la biblioteca, integrata peraltro da importanti biblioteche accademiche cittadine; notevole era l'erbario generale e ricco quello regionale; favorevole la compresenza di tre generazione di studiosi, con i maestri G. Gibelli, O. Mattirolo e S. Belli, con i giovani, tra cui L. Buscaglioni ed E. Ferrari, e uno stuolo di studenti e botanofili: un insieme affiatato, che si valeva nell'istituto della più liberale ospitalità per tutti gli orientamenti di ricerca e che era attivo nell'esplorazione della flora piemontese. Assiduo nelle erborizzazioni e negli studi di botanica classica, il G. era però soprattutto interessato alle osservazioni bio-ecologiche.

In quel periodo comparvero edizioni fortemente innovative di noti trattati quali Pflanzenphysiologie di W. Pfeffer (I-II, Leipzig 1897-1901) e Lehrbuch der ökologische Pflanzengeographie di E. Warming (Berlin 1902), che determinarono una profonda trasformazione della fisiologia vegetale, ponendo le basi della chimica fisiologica e della ecologia sperimentale. A queste opere si ispirò il G., maturando una mentalità di ecologo che si sarebbe mantenuta in tutta la sua attività. Ricerche su piante rare e critiche della flora piemontese e sulle avene piemontesi della sezione Avenastrum Koch gli permisero di accumulare una messe di dati che avrebbe pubblicato molti anni dopo in tre monografie sulla vegetazione della Val Maira. Contemporaneamente si occupava anche di sistematica delle Epatiche, campo in cui si era cimentato anni prima il Mattirolo. Ebbe a sua disposizione copiosi materiali esotici inviati o portati a Torino da viaggiatori in terre lontane (nel Ruwenzori, nelle isole Canarie, in Etiopia, in Terra del Fuoco, in Kenia, in Katanga), che alimentarono una ragguardevole produzione tassonomico-geo-botanica.

Già da studente di medicina, quando frequentava l'istituto di farmacologia per imparare tecniche e metodi della ricerca chimica fisiologica, il G. si era occupato della funzione di alcuni composti del ferro nella digestione artificiale, laureandosi con una tesi sul comportamento del mercurio nell'organismo (Il comportamento del mercurio nell'organismo, in Giorn. dell'Acc. medica di Torino, LVIII [1900]).

Fin dal 1902 il G. mise in luce la presenza nei tessuti a più intensa attività metabolica di aminoacidi solforati riferibili al sistema cistina-cisteina, anticipando di parecchi anni consimili ricerche che portarono nel 1929 F.G. Hopkins all'isolamento del glutatione e a metterne in risalto la particolare importanza nella respirazione intracellulare. Riprendendo i lavori di Mattirolo e Buscaglioni sulle Leguminose, studiò sui semi di oltre 400 specie la biologia dei tegumenti, dimostrando che il passaggio delle soluzioni saline attraverso di essi è regolato, oltre che dalla presenza di strati di cellule a pareti pectinizzate e in parte sclerificate, dall'esistenza di una membrana anista semipermeabile, situata nella parte più profonda del tegumento, e tanto bene individuata da potere essere isolata e utilizzata come un piccolo osmometro applicandola all'estremità di un tubo di vetro. Alla biologia dei semi il G. portò altri contributi, studiandone l'attività respiratoria durante la quiescenza: a questo argomento dedicò più tardi, tra il 1920 e il 1925, altre ricerche, sulla presenza di composti chimici nei tegumenti seminali di alcune Centrosperme e la respirazione dei semi durante la maturazione dei frutti.

Tra i lavori di fisiologia sono da ricordare quelli sulla funzione respiratoria delle piante palustri e acquatiche in genere, legate alle condizioni di anaerobiosi di organi vegetali e di semi quiescenti affondati nel limo delle paludi o in acque lentamente defluenti, in ambiente, cioè, ove la respirazione intramolecolare, con i conseguenti processi di ossidoriduzione, permette di superare condizioni di anossia. Il G. mise qui in evidenza lo svolgersi di un metabolismo fermentativo (nella respirazione intramolecolare la molecola dello zucchero dava come prodotto finale alcool etilico e anidride carbonica, formando quindi una molecola ridotta e una ossidata). Ciò si verifica, per esempio, nei semi di Trapa natans allorché germinano in primavera e utilizzano l'amido di riserva nei tessuti, decomponendolo prima per via fermentativa e, quando poi cessa la deficienza di ossigeno, con normale processo respiratorio.

Un altro fenomeno proprio degli ambienti acquatici riguarda la funzione che composti organici del ferro, talora associati con altri del manganese (presenti nei tessuti superficiali di vari frutti e di vecchie radici di piante acquatiche cui conferiscono una colorazione rosso-violacea) esercitano come trasportatori di ossigeno. Il G. studiò nelle piante superiori la presenza di composti organici come tannati, derivanti da combinazione di tannini con ferro legato labilmente a molecole organiche o, al contrario, come composti in cui il ferro è così stabilmente legato da non essere riconoscibile se non dopo l'incinerazione della frazione organica.

Nel 1915-19, riprendendo ricerche precedenti, isolò per primo, in tessuti di piante superiori, composti organici ferropirrolici, cioè con anello tetrapirrolico avente al centro un atomo di ferro (come nell'emoglobina), studiandone la localizzazione e l'importanza nei processi enzimatici e respiratori. Si trattava, com'è facile vedere, di anticipazioni sul significato che hanno nei processi respiratori delle piante i composti ferropirrolici poi chiamati citocromi.

Forse i due lavori più originali e importanti del G. furono gli Studi sui rapporti tra la distribuzione delle piante e la composizione fisico-chimica del suolo (in Annali di botanica, III [1905], pp. 455-512) e il monumentale Saggio di una teoria osmotica dell'edafismo (ibid., VIII [1910], pp. 275-615), ai quali altri seguirono sulla composizione del terreno agrario, sul terreno forestale ecc.; in queste memorie è esposta una nuova concezione tendente a chiarire il problema, da tempo dibattuto, dei nessi tra la distribuzione geografica delle piante e la natura dei terreni sui quali crescono. Il G. fermò l'attenzione sulla concentrazione molecolare e ionica nei liquidi circolanti nel terreno, in quanto la tensione osmotica dei sali disciolti nelle soluzioni del terreno ha un significato rilevante nello stabilire il carattere edafico del suolo, e quindi il tipo di vegetazione che vi può crescere. In questa "teoria osmotica" lo studio pedologico è integrato da quello ecologico e fitogeografico. Il G. distinse i terreni in aloidi, molto mineralizzati con pressione osmotica elevata, e geloidi, a mineralizzazione limitata con pressione osmotica bassa e in numerose varianti. Nei terreni geloidi la pressione osmotica si mantiene sempre bassa e poco variabile (terreni eustatici con concentrazione stabile delle soluzioni), mentre nei terreni aloidi la pressione osmotica può essere più o meno elevata, ma soprattutto largamente e rapidamente variabile (terreni anastatici con concentrazione labile). Secondo il G. la prima distinzione dei terreni (in aloidi e geloidi) permette di definire il meccanismo dei rapporti fra terreno e organismi vegetali, la seconda (in stabili e labili) indica il carattere edafico delle stazioni rispetto alle singole specie vegetali. Con queste definizioni, le differenze fino allora in uso di piante calcicole e silicicole, alicole e umicole, psammofile e pelofile risultavano poco corrispondenti al rapporto effettivo tra terreno e piante; e, in particolare, cessava di avere significato la nozione di pianta indifferente, apparendo giustificata la diversa reazione edafica delle specie vegetali in climi e substrati differenti. Il G. fu il primo in Italia a cercare di interpretare le comunità vegetali su basi strettamente autoecologiche. La teoria osmotica dell'edafismo fu discussa specie in relazione alla concezione dell'azione chimica del terreno. All'estero, i lavori del G. furono tradotti e largamente recensiti da C. Roux (in Le probl. de l'édaphisme… Récents travaux des botan. italiens. Exposition des mémoires du doct. G. G., Lyon 1919) e da F. Cawers (in Journal of ecology, II [1914], pp. 209 ss.).

Molti anni dopo J. Braun Blanquet ricordò nella seconda edizione della sua Pflanzensoziologie (Zürich 1951) che al G. risale la prima applicazione delle ricerche di chimica colloidale a problemi geobotanici. Il quasi contemporaneo avvento della dottrina dell'acidità del terreno insieme con l'introduzione del metodo colorimetrico permettevano la rapida, facile e abbastanza precisa determinazione del pH edafico e fecero lasciare in disparte il criterio osmotico. La teoria osmotica dell'edafismo segnò comunque una tappa, in senso tendenzialmente fisico, nell'interpretazione del fattore suolo come elemento determinante della distribuzione geografica delle piante.

Il primo conflitto mondiale allontanò il G. per alcuni anni dalla ricerca scientifica. Destinato come capitano medico all'ospedale militare di Ancona, vi diresse il laboratorio di batteriologia e i servizi igienici. Vincitore, nel 1920, del primo concorso a cattedra del dopoguerra, il G. fu per un anno professore a Cagliari. L'anno successivo veniva chiamato dalla facoltà di scienze dell'Università di Padova a succedere al micologo P.A. Saccardo, scomparso nel 1920. Non riprese le esperienze sulla sua teoria osmotica, neppure dopo la pubblicazione della classificazione chimico-colloidale dei terreni di G. Wiegner (Boden und Bodenbildung, Leipzig 1924); convinto, pur avendo preso atto dell'interesse e della praticità dei nuovi metodi, del parallelismo, quanto a risultati pedologici, fra le determinazioni osmotiche e quelle ionometriche.

Gradito alla facoltà padovana fu l'indirizzo fisico-ecologico del G. che ottenne mezzi per attrezzare i laboratori e arricchire e diversificare la biblioteca, da molti anni specializzati per la micologia sistematica e la storia della botanica. Per oltre un decennio attese a un ampio programma di riconversione e al tempo stesso, di conservazione dell'istituto. Fu così ordinata e predisposta per la facile consultazione la grandiosa collezione micologica del Saccardo (ricca di 18.500 specie con circa 70.000 esemplari) con l'annessa biblioteca tematica. Fu accresciuto l'erbario, al quale era affiancata una notevole collezione di consultazione generale, e incrementato l'erbario regionale delle Venezie attraverso doni e acquisti di importanti collezioni, tra cui gli erbari e la biblioteca algologica Forti e gli erbari Ugolini del 1930, Pfaff del 1935, Pampanini del 1936. Fu accuratamente schedata la biblioteca generale: furono demolite alcune vecchie costruzioni e sostituite con nuovi edifici in modo da rendere laboratori, biblioteca e spazi didattici moderni ed efficienti, pur conservando al tutto un certo aspetto monumentale; nell'orto fu effettuato il totale rifacimento dell'impianto idrico e furono incrementate le collezioni di piante.

Di questo periodo padovano, sono gli Studi sul ricambio dei composti ternari delle piante del clima mediterraneo (Padova 1923), frutto di osservazioni compiute a Cagliari e sul monte Argentario su oltre 500 specie di piante e su specie rare del Piemonte, i lavori sulla nutrizione dei meristemi e l'ingiallimento dei tessuti vecchi, sulle relazioni tra sviluppo delle muffe e materiali igroscopici delle piante, sul plancton dell'atmosfera e le pollinosi sugli ibridi fra le tre specie di pini utilizzate per rimboschire le dune nei dintorni di Grado, sui danni provocati dalle gelate del 1928, sulla protezione della flora montana ecc. Altri scritti toccarono problemi pratici dell'agricoltura, trattati come applicazioni dalla fisiologia vegetale. Il G. ebbe infatti uno stretto rapporto prima con la cattedra ambulante di agricoltura, poi con l'ispettorato agrario, che le successe, e per anni fu consulente e consigliere per ciò che concerneva sperimentazioni su piante e terreno, su coltivazioni, produttività, miglioramento genetico e fenomeni di resistenza.

Curò anche la divulgazione scientifica. Già a partire dal 1906 e per circa 10 anni aveva collaborato all'Enciclopedia dichimica di I. Guareschi, con articoli come L'acido cianidrico ed i glucosidi cianogenetici nel regno vegetale (XXIII, Torino 1906), Clorofilla (XXIX, ibid. 1913), Biochimica vegetale (Nuova Enciclopedia di chimica, XIII, ibid. 1916). Fu autore, per la botanica, degli Elementi di biologia (in collab. con P. Pasquini, Firenze 1938); e per sua iniziativa, con la collaborazione di G. Negri e C. Cappelletti, la letteratura botanica italiana fu dotata del primo Trattato di botanica (Torino 1936; nuove edizioni 1946 e 1951). Dopo aver lasciato l'insegnamento attivo il G. si dedicò alla preparazione del volume La vita delle piante (ibid. 1951), in cui illustrò con grande perizia molti aspetti della vita vegetale.

Il G. ricoprì importanti cariche accademiche nell'Università padovana: fu preside della facoltà di scienze e prorettore dal 1940 al 1943, rettore dal 1943 al 1949 e commissario della facoltà di agraria da lui voluta. Dal 1927 socio dell'Accademia dei Lincei, fu presidente dell'Accademia di scienze, lettere ed agricoltura di Padova dal 1941 al 1947, socio corrispondente delle accademie delle scienze di Torino e di Bologna, e di vari altri sodalizi.

Il G. morì a Padova il 25 luglio 1956.

Opere, oltre quelle citate nel testo: Lo zolfo ed i suoi composti nell'economia delle piante, in Malpighia, XVI (1902), pp. 268-393; XVIII (1903), pp. 467-481; Ricerche sui rapporti tra i tegumenti seminali e le soluzioni saline, in Annali di botanica, III (1905), pp. 59-100; Sulla respirazione intramolecolare delle piante palustri, in Atti dell'Acc. delle scienze di Torino, s. 2, XL (1905), pp. 664-669; Species novae in excelsis Ruwenzori in expeditione ducis Aprutii lectae, in Annali di botanica, V (1907), pp. 271-276; Studi sulla funzione respiratoria delle piante acquatiche e palustri, ibid., pp. 441-537; La vegetazione dell'Appennino piemontese, ibid., XI (1913), pp. 189-338; Epatiche dell'Abissinia, ibid., XIII (1914), pp. 59-75; Sulla presenza nelle piante di composti ematoidi di ferro, I, in Rend. della R. Acc. dei Lincei, cl. di scienze fis., mat. e naturali, s. 5, XXIV (1915), 1, pp. 1239-1243; II, ibid., 2, pp. 289-294; III, ibid., XXVIII (1919), pp. 146-150; Contributo alla conoscenza delle Epatiche del Katanga, in Nuovo Giornale botanico italiano, n.s., XXVII (1920), pp. 244-250; Le epatiche raccolte dal dr. De Gasperi nella Terra del Fuoco sud occidentale, ibid., XXIX (1922), pp. 162-173; Sulla riflessione di radiazioni UV per parte di alcuni organi vegetali, ibid., XXXIV (1927), pp. 143-156; I caratteri della vegetazione della Valle Maira (Alpi Cozie), in Studi sulla vegetazione del Piemonte, Torino 1929; Due piante rare per la flora piemontese, in Nuovo Giornale botanico italiano, n.s., XXXVII (1930), pp. 398-401; Le piante vascolari della Val Maira (Alpi Cozie), in Atti del R. Istituto veneto di scienze e lettere, XCII (1933), pp. 1284-1335; XCIII (1934), pp. 507-566; Il plancton dell'atmosfera e le pollinosi, in Nuovo Giornale botanico italiano, LIII (1946), pp. 669-678.

Fonti e Bibl.: Necr. in Accademia nazionale dei XL. Annuario generale, IX (1958), pp. 137-143; Atti dell'Accademia delle scienze di Torino, XCIII (1958-59), pp. 597-610; Annuario dell'Univ. di Padova, 1956-57; Rend. dell'Acc. dei Lincei, classe di scienze fis., mat. e naturali, XXII (1957), pp. 680-700; Annali di botanica, XXV (1957), pp. 379-389; 100 anni di fisiologia vegetale in Italia, in Giornale botanico italiano, 1988, 2° del centenario, pp. 247-281; A. Béguinot, Botanica, Milano 1938, ad indicem.

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