LONGHI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 65 (2005)

LONGHI, Giuseppe

Rossella Canuti

Nacque il 13 ott. 1766 a Monza da Carlo Francesco, facoltoso mercante in seta, e da Cecilia Caronni.

Nel 1774, grazie a un beneficio ecclesiastico, entrò in seminario: prima a Celana, dove ricevette l'istruzione elementare, e in seguito a Monza e a Milano dove completò la formazione religiosa, letteraria e filosofica (G. L., 1766-1831…, p. 13, con ampia bibliografia). A Monza le inclinazioni artistiche del L., palesatesi nei rapidi ritratti di professori e compagni tracciati ovunque: su fogli, libri, muri del seminario o perfino incisi sui banchi di scuola (Longhena, p. 17), furono alimentate dal professore di lingua e letteratura greca ed ebraica A. Mussi, che orientò il giovane L. alla conoscenza dell'arte incisoria e allo studio delle opere dei grandi virtuosi del mestiere come A. Masson e G. Wille, dirigendolo nella prima produzione calcografica (del 1785 è la Madonna del dente, incisa a rotella e a punti: Milano, Castello Sforzesco, Civica Raccolta Bertarelli).

Lasciato il seminario milanese nel 1786 per tornare a Monza, il L., seppur costretto dalla famiglia a esercitare la professione paterna, continuò in privato a coltivare gli studi di disegno, anatomia, prospettiva e incisione, progredendo nella tecnica del taglio e in quella del puntinato applicata ai ritratti a penna.

Nel 1790 il padre barnabita F. Caronni, che lo aveva guidato nello studio della grafica di Rembrandt, si adoperò per iscriverlo tra i primi pensionati della scuola d'incisione all'Accademia di Brera, da lui stesso promossa e aperta in quell'anno sotto la direzione di V. Vangelisti. Nell'agosto, dunque, il L. si trasferì a Milano e prese alloggio presso A. Appiani, con il quale intrecciò una solida amicizia (Bertinelli - Fragonara, p. 127). L'abilità del L. nel realizzare ritratti miniati riscosse notevole successo tra le famiglie borghesi e aristocratiche.

In Accademia seguì i corsi di disegno tenuti da G. Traballesi, quelli di ornato di G. Albertolli e di scultura di G. Franchi. Nel 1792 incise il suo primo lavoro a bulino, un bellissimo Studio d'aquila, pubblicato a cura di Albertolli nel terzo volume della Collezione di elementi di ornato (1796). L'anno successivo compì il suo primo viaggio a Roma per studiare le opere di Raffaello, Giulio Romano, Michelangelo e Guido Reni. Nell'Urbe perfezionò il metodo di trasposizione delle opere dipinte nei toni obbligati del bianco e nero per la stampa, e approfondì gli studi d'anatomia presso l'ospedale di S. Spirito. Di nuovo a Milano, progettò e realizzò un tavolino mobile per intagliatori che sostituì il cuscinetto in uso fino a quel momento (lo strumento ottenne l'approvazione dell'Accademia di Vienna e fu premiato dalla Società patriottica di Milano).

Nel 1795, abbandonati i corsi di Vangelisti, iniziò la sperimentazione di più tecniche calcografiche per l'incisione di uno stesso soggetto; la tecnica mista, ardita in ambito neoclassico, fu applicata per la prima volta dal L. nel S. Girolamo con Crocifisso tra le mani (Milano, Gabinetto di disegni e stampe, Accademia di Brera).

L'anno successivo continuò gli esperimenti d'intaglio a genere libero su soggetti rembrandtiani, temi praticati fino alla fine del primo decennio dell'Ottocento e affiancati a incisioni dall'intaglio regolare (del 1799 è la traduzione a bulino del ritratto di Rembrandt in figura di s. Paolo, tela datata 1661 e vista dal L. a palazzo Corsini durante il soggiorno romano; incisione conservata nei Musei di Monza).

Con i Francesi a Milano (1796), l'incisione si rivelò il mezzo più idoneo per documentare le vittorie napoleoniche; e il prestigio del L. divenne tale che nel 1797 fu invitato a presiedere la Società di Pubblica Istruzione istituita da Napoleone Bonaparte. Sempre in quell'anno, l'incisore ricevette da A. Gros la commissione di tradurre su rame la tela raffigurante Napoléon à la bataille d'Arcole; il consenso raggiunto con quest'opera, realizzata a genere finito, procurò al L. l'invito a dirigere la scuola d'incisione, dopo il suicidio di Vangelisti avvenuto nel 1798.

Il L. mantenne la docenza per oltre trenta anni diffondendo il gusto per l'incisione di traduzione e instaurando con gli allievi stretti rapporti di amicizia e collaborazione (tra i suoi alunni furono G. Cozzi, A. Giberti, A. Prainpergher, F. e P. Anderloni e, dal 1800, anche P. Caronni).

Nel 1801 il L., insieme con Appiani e F. Rosaspina, fu inserito nella cerchia dei "trenta dotti" e invitato ai Comizi di Lione. In quell'occasione si recò a Parigi dove venne in contatto con artisti e incisori di primo piano come J.-L. David, F. Gérard, A. Dutertre, C.C. Balvay (Bervic), P.A. Tardieu e J. Wille (Bertinelli - Fragonara, p. 135). Tali relazioni, unite alla fama raggiunta come conoscitore e traduttore di Rembrandt, valsero al L. la commissione, da parte degli editori del Museo di Parigi, di riprodurre alcuni dipinti del pittore olandese, conservati nelle collezioni reali. Il progetto, unito a molti altri, costituì il fulcro della stretta collaborazione dell'artista con gli allievi dell'Accademia di Brera: tra i molti rami, due versioni del Filosofo in meditazione, incise nel 1803 rispettivamente da Caronni e Cozzi, ma entrambe dirette e terminate dal Longhi.

Vastissima, e numericamente e per tipologia di soggetti (di traduzione e d'invenzione), la produzione del L. durante i primi trent'anni del secolo XIX.

Nel 1809 tradusse ad acquaforte e bulino la Maddalena di Antonio Allegri detto il Correggio. Della stampa, famosa all'epoca per la qualità del chiaroscuro dell'incarnato, sono noti tre stadi: il primo con i soli nomi degli autori, il secondo con lo stemma, il terzo con i versi composti dal L. (Milano, Gabinetto di disegni e stampe, Accademia di Brera).

Il L., grazie alle elevate doti culturali e tecniche, divenne il rappresentante indiscusso degli ideali artistici dell'Accademia: un successo decretato ufficialmente nel 1810 con il titolo di cavaliere dell'Ordine della Corona di ferro ricevuto da Napoleone.

A quest'anno risalgono il suo approccio alla litografia applicata a due sole prove d'invenzione (una Testa di giovane donna con turbante e Susanna e i vecchioni, pubblicate a Milano dallo stabilimento litografico De Werz: G. L., 1766-1831…, p. 13), e l'idea dell'intaglio di una grande riproduzione del Giudizio universale di Michelangelo; su consiglio dell'amico Rosaspina ne commissionò il disegno a T. Minardi, il quale si impegnò a consegnare il lavoro nel 1813, ma disattese per oltre un decennio la consegna.

Apprezzato incisore, dal segno raffinato ed eclettico, il L. ebbe numerosi riconoscimenti ufficiali e cariche di socio onorario nelle accademie di Monaco (1815), Copenaghen (1823), di Francia a Roma (1824), di Vilna (1830) e fu aggregato all'Ordine Costantiniano di Parma (1830).

Dal 1811 al 1817, per incarico di Appiani, tradusse il ciclo pittorico dei Fasti, dipinto da questo nella sala delle Cariatidi a palazzo reale (distrutta durante i bombardamenti nel 1943). Le incisioni, realizzate dal L. insieme con gli allievi nelle dimensioni di un quarto dell'originale, costituirono per molto tempo l'unica documentazione dell'intervento di Appiani in palazzo reale (la riproduzione fotografica ebbe luogo solo tra il 1930 e il 1940).

In questi anni molti dei soggetti incisi ritraggono membri della famiglia Bonaparte (del 1812, Napoleone I con la corona di ferro: Milano, Castello Sforzesco, Civica Raccolta Bertarelli) e personaggi destinati ai diversi progetti editoriali del tipografo ed editore milanese N. Bettoni (tra il 1812 e il 1820, le Vite e ritratti di illustri italiani e la collezione dei Cento uomini illustri di ogni paese). Il L. diresse molte di queste iniziative documentarie continuando a coinvolgere gli allievi nelle realizzazioni. Tra i ritratti disegnati e incisi interamente dal L. è quello di Michelangelo (1815: Musei di Monza) del quale redasse anche la relativa biografia che costituisce il terzo scritto ufficiale dell'artista insieme con i Discorsi accademici tenuti a Brera sulla pittura (1807), e sul bello artistico (1814: G. L., 1766-1831…, p. 60). In un momento in cui le correnti romantiche intervenivano polemicamente nel dibattito relativo al concetto del bello, manifestando l'esigenza di elaborare temi patriottici con nuove modalità espressive, il L., avvicinandosi alle dottrine di F. Milizia, si espresse con equilibrio a favore di un'idea di bello relativo, inteso come giusta proporzione delle forme.

L'amore del L. per le lettere si espresse inoltre in componimenti poetici spesso abbinati ai soggetti delle sue incisioni (come, per esempio, al ritratto del fratello dell'artista G.B. Longhi, 1814).

Dal 1816 iniziò la raccolta dei materiali destinati alla redazione della Calcografia (La calcografia propriamente detta ossia l'arte d'incidere in rame coll'acqua-forte, col bulino e colla punta, Milano 1830), opera ideata in due parti e destinata alla didattica, comprendente sezioni storiche, teoriche, tecniche, oltre ai discorsi pronunciati e a una ricognizione del patrimonio di stampe prodotte e raccolte nell'Accademia.

Nel 1820, per seguire la tiratura della stampa dello Sposalizio della Vergine di Raffaello (dipinto giunto a Brera nel 1806), il L. si recò a Firenze presso la stamperia di L. Bardi, e qui venne a contatto con la pittura di sir Thomas Lawrence, del quale si applicò a tradurre il Ritratto di lady Burghersh e di suo figlio; l'opera, di straordinario pregio, fu pubblicata nel 1823 da Bardi con il titolo Le delizie materne. Da Firenze proseguì poi per Roma per incontrarsi con l'amico A. Canova e verificare lo stato del lavoro di Minardi per il Giudizio universale. Ma il disegno di questo gli fu consegnato tre anni più tardi, e solo nel 1829 il L. decise di trasporlo su due rami distinti iniziandone l'incisione. Contemporaneamente attese alla realizzazione delle Tre età dell'uomo (piccola incisione detta anche delle Trenta teste), da allegare al volume della Calcografia.

Colpito da ictus alla vigilia di Natale del 1830, il L. morì a Milano il 2 genn. 1831 (G. L.…, p. 75).

Lasciò incompiuti vari suoi lavori: del Giudizio fu terminato il solo rame superiore, mentre le Trenta teste furono condotte a termine dall'allievo C.M. Borde. La prima parte della Calcografia, pur recando la data 1830, fu pubblicata poco dopo la sua morte.

Il volume, seppure incompiuto (la parte dedicata alla didattica rimase allo stato progettuale), si presenta come un'opera di largo respiro e detta, per primo in Italia, norme organiche per soprintendere l'incisione di riproduzione. Tutta l'attività teorica e pratica del L. è infatti inserita in un contesto storico in cui il mercato editoriale, dalla seconda metà del secolo XVIII sempre più fiorente, necessitava di illustrazioni specializzate nei più diversi ambiti (dal ritratto, alle piante prospettiche, all'arte, alla botanica, all'anatomia ecc.). Contro la volontà di ridurre la stampa a una mera resa dell'originale, il L. opera un distinguo: all'incisione di riproduzione riconosce alta qualità tecnica (che sottende abilità e doti eccezionali) quando, a favore della riproduzione esplicita del modello, la personalità dell'artista-incisore non emerge; a quella indirizzata al collezionismo e al mercato attribuisce invece piena autonomia di linguaggio rispetto alle altre espressioni artistiche.

Fonti e Bibl.: F. Longhena, Notizie biografiche di G. L., Milano 1831; G. Beretta, Commentario delle opere e opinioni del cavalier G. L., Milano 1837; A. Caimi, Delle arti del disegno e degli artisti nelle province di Lombardia dal 1777 al 1862, Milano 1862, pp. 137-140; A. Melani, Nell'arte e nella vita, Milano 1904, p. 284; P. Ciceri, G. L., calcografo celebre, in Rivista di Monza, XIII (1935), 1, pp. 14-20; A. De Witt, La collezione delle stampe. R. Galleria degli Uffizi, Roma 1938, ad ind.; G. Casati, L., Caronni, Appiani, in Rivista di Monza, XVII (1939), 5, pp. 6-8; C. Alberici, La scuola d'incisione dell'Accademia di Brera nel periodo neoclassico, in Arte lombarda, V (1960), 1, pp. 102-114; F. Mazzocca, Vicende e fortuna grafica dei fasti napoleonici di Andrea Appiani, in Mito e storia nei fasti di A. Appiani. La traduzione grafica di un ciclo pittorico scomparso, a cura di M.E. Tittoni, Roma 1986, pp. 17-26; S. Massari - F. Negri Arnoldi, Arte e scienza dell'incisione, da Maso Finiguerra a Picasso, Roma 1994, p. 261; E. Bertinelli - M. Fragonara, G. L. e il dibattito sull'incisione agli inizi dell'Ottocento, in Rass. di studi e notizie, XXIII (1996), 20, pp. 127-193; G. L., 1766-1831 e la scuola d'incisione dell'Accademia di Brera, a cura di A. Crespi, Monza 1999; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 356.

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