MAZZULLO, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MAZZULLO, Giuseppe

Francesca Franco

MAZZULLO (Marzullo), Giuseppe. – Nacque a Graniti (in provincia di Messina) il 15 febbr. 1913 da Rosario Marzullo, capomastro, e da Giovanna Malita.

I postumi di una brutta caduta gli impedirono di seguire le orme paterne; frequentò le scuole elementari e andò a bottega da un sarto che, nel 1923, seguì a Taormina. Si spostò poi a Roma, dove studiò per breve tempo alla scuola serale di nudo dell’Accademia inglese. Nel 1930 si iscrisse alla scuola di scultura dell’Accademia di belle arti di Perugia, dove si esercitò nel disegno dall’antico e dove, nel 1931, decise di cambiare il proprio cognome da Marzullo in Mazzullo. Tornato in Sicilia, incentrò la propria ricerca sul disegno dal vero: lo studio dei valori chiaroscurali rivelava già la ricerca del tutto tondo, che nel 1933 prese forma nella Pazza (cera, bronzo: Messina, collezione Racchiusa), inviata nel 1935 alla II Quadriennale nazionale d’arte di Roma. Risalgono a questi anni le prime commissioni pubbliche: i monumenti ai Caduti in guerra di Francavilla di Sicilia e di Gaggi (1936 circa), nonché il superamento, insieme con Mirko Basaldella, Pietro Ruggeri e Oddo Aliventi, del concorso per i bassorilievi in marmo destinati ai palazzi dell’INPS (Istituto nazionale previdenza sociale) all’E42 di Roma. Roma contro Cartagine fu il tema del suo bozzetto, scolpito in marmo nel 1941 a Carrara, dove il M. conobbe A. Martini, che fu un punto di riferimento della sua ricerca plastica.

Il pannello, già di ascendenza martiniana nel suo debito verso la tradizione scultorea italiana gotica e quattrocentesca, fu restaurato senza l’approvazione dell’autore nel 1953 e collocato in occasione della Mostra dell’agricoltura.

Di medesima ascendenza arcaicizzante è il bassorilievo Maternità e infanzia (Faenza, Museo internazionale della ceramica), con cui vinse nel 1942 il IV concorso nazionale della ceramica. Nel frattempo, nominato professore di plastica all’Istituto d’arte di Roma, il M. si era trasferito nella capitale, partecipando nel 1939 con due disegni alla III Quadriennale nazionale d’arte. Durante l’occupazione tedesca e nel dopoguerra la sua casa di via Sabazio, n. 34, divenne un importante punto d’incontro per artisti, poeti e critici d’arte, frequentato da R. Guttuso, R. Melli, R. Vespignani, C. Zavattini, che avrebbe voluto farne la sede di un giornale, G. Ungaretti, C. Vivaldi, M. Venturoli. Nel 1945 la galleria La Margherita organizzò la sua prima personale.

Presentato da L. Bigiaretti, il M. espose alcune opere del 1944-45 in cera e in bronzo, di ispirazione verista e dal modellato nervoso, attento alle incidenze della luce e alla volumetria delle forme, che lo portarono all’attenzione della critica. In particolare, il Ritratto di Sebastiano Carta, Concetta (bronzo, 1945: Taormina, Fondazione Mazzullo) e il pingue Idolo (bronzo, 1945: Roma, collezione P.D. Ferrero) segnarono il passaggio da un impressionismo memore di M. Rosso ai linguaggi neoespressionisti e neocubisti diffusi nell’ambiente romano degli anni Quaranta.

L’accostamento alle tendenze internazionali fu ribadito dalle opere esposte sia nel 1947 alla galleria Il Secolo di Roma (si ricordano: Ritratto di Mariolina, Donna accovacciata, Baccante, Donna incinta, in bronzo) sia nel 1948 alla Rassegna nazionale di arti figurative di Roma (Figura accovacciata e Nudo, in gesso): divise tra valorizzazione della forma umana e semplificazione per piani del soggetto. A questo momento vanno riferiti il bassorilievo (disperso) in bronzo per il salone d’ingresso della stazione sanitaria dell’aeroporto di Roma-Ciampino (1949) e quello in ceramica (andato anch’esso disperso) per il bancone del caffè Irrera a Messina (1950 circa). Questa esperienza fu presto superata dall’incontro con il neorealismo di ispirazione sociale guidato da Guttuso alla XXV Biennale di Venezia del 1950 (Donna che sventra il pesce, bronzo: Berlino, Kunst Galerie). Lo stesso Guttuso firmò nel 1951 la presentazione della personale del M. alla galleria Il Pincio di Roma, che raccoglieva l’evoluzione ultima della sua ricerca: dalla Maternità postcubista del 1948 (bronzo: collezione Candeloro) al sintetico realismo della Cucitrice del 1951 (bronzo: Messina, collezione Falzea), dal segno meticoloso dei primi disegni a quello deciso e secco degli studi di braccianti.

Dieci di questi, compiuti nella cooperativa agricola di Mezzana (in provincia di Ravenna), furono pubblicati insieme con uno scritto del M. nel volume Braccianti di Romagna (Roma 1951). Sono da riferirsi alla medesima esperienza le sculture Testa di bracciante (bronzo, 1951) e Bracciante (terracotta, 1953) esposte, rispettivamente, nelle due successive edizioni della Biennale veneziana, dove il M. inviò anche, nel 1952, Particolare della strage (gesso) e Dormiente (bronzo: New York, World House Gallery) e, nel 1954, il gruppo Alluvione in Calabria (in gesso e in bronzo).

Alla VII Quadriennale nazionale d’arte di Roma del 1955, dove ottenne il premio della Provincia, il M. inviò due bronzi, Ritratto di Concetta e Nella zolfara, e tre prime interpretazioni in pietra di soggetti già noti: La madre (1954: Salerno, collezione Volpe), Nudo, Dormiente. Seguì l’invito alla collettiva «Scultura italiana del XX secolo», curata nel 1957 da G. Carandente e da P. Bucarelli a Messina (Danzatrice e Dormiente del 1952, in bronzo).

Il M. approfondì una più articolata visione spaziale e dinamica della figura umana non solo nei bronzetti, ma attraverso la sperimentazione di materiali diversi, come il legno e la pietra, che segnò la sua partecipazione all’VIII Quadriennale di Roma del 1959. Presentata da F. Ulivi, la sala personale del M. riuniva opere quali: Inizio (o Passo) di danza (legno, 1958), tesa in un linearismo affine ai coevi, essenziali disegni a china; Niobe (pietra: Milano, collezione Guffanti), memore della Pietà Rondanini nella picchiettatura delle superfici; Estate I e II (legno, 1958: Taormina, Fondazione Mazzullo).

La II Biennale internazionale di scultura di Carrara, invece, che includeva tutte opere in pietra (Donna incinta del 1958; Ragazza e due Nudi del 1959) e una sola in legno (Adolescente del 1959), sancì ufficialmente la preferenza ormai accordata dal M. alla pietra grezza della Tolfa.

La considerazione di una materia da aggredire e l’influenza delle coeve ricerche informali lo spinsero allora a liberarsi da ogni fedeltà naturalistica e a conquistare una più concisa severità d’immagine. Nacquero così opere di esasperata sommarietà, come Testa (1958: Messina, palazzo del Municipio) e Adolescente (1958: Roma, Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea), Donna che si scalda (arenaria, 1959: Taormina, Fondazione Mazzullo), rinchiusa nel blocco che la contiene, e il Gufo (1960: Milano, collezione Mondadori), risolto nell’incavo di un masso.

Ottenuta nel 1959 la cattedra di scultura all’Accademia di Roma, il M. avviò negli anni Sessanta un’intensa ricerca, inaugurata dalle illustrazioni per l’edizione dei Canti di G. Leopardi curata da R. Frattarolo (Roma 1962) e dai pannelli in rame sbalzato commissionati da Michele e Giancarlo Busiri Vici per la sala da pranzo Ritz del transatlantico «Raffaello», varato nel 1963 dall’Italia navigazione (dispersi).

Si delineava così una ricerca contrassegnata dalla maggiore audacia d’immagine di figure aspre e scabre (L’oratore, 1963: Roma, collezione Di Piero), che scartavano sia la poetica romantica del frammento sia i gorghi dell’informale materico, per imporsi come ritrovamenti archeologici o fossili scolpiti dalla natura. Quanto il nuovo stile dovesse al «non finito» e alle torsioni di Michelangelo è testimoniato dal tema, più volte ripetuto, dei Fucilati (1962-66), in cui ricordi della lotta partigiana riaffioravano attraverso la lezione dei Prigioni.

Esposte nel 1965 alla IX Quadriennale nazionale d’arte di Roma (Fucilazione: Musei Vaticani, Collezione d’arte religiosa moderna) e alla IV Biennale internazionale di scultura di Carrara (Fucilazione 1 e 2, 1964: Taormina, Fondazione Mazzullo), queste sculture erano portatrici di un senso drammatico della vita, rilevato da N. Ponente nella monografia del 1966 e ricollegato da M. Venturoli alla tradizione figurativa cristiana (Uomo moderno uomo di ogni tempo, in Le Arti, giugno 1966, poi in Galleria, 1972, p. 207), trovando immediato riscontro nel premio della VII Biennale nazionale d’arte sacra di Bologna del 1966 (Crocifisso, bronzo su croce d’argento), nonché una più lontana conferma nelle illustrazioni per le Laudi di Iacopone da Todi (Iacopo Benedetti; introduzione di G. Petrocchi, Roma 1971). Lo stesso Venturoli, presentando la sala personale del M. alla XXXIII Biennale di Venezia, sottolineò il ruolo giocato dalla poetica dell’«oggetto trovato» e dall’insegnamento del cubismo di A. Modigliani nelle deformazioni dei lavori più recenti: da La Natura (1961) alla testa di Cavallo (1966: collezione privata), dal Grande nudo (1962) a Capra (1964), già premiati all’VIII Biennale di San Paolo del Brasile nel 1965.

Dopo la medaglia d’oro del Senato della Repubblica (Busto di B. Croce, 1966-67), nel 1967 l’istituto di storia dell’arte dell’Università di Pisa diretto da C.L. Ragghianti organizzò una sua personale di grafica con più di sessanta disegni, e il Comune di Messina una vasta antologica con opere che andavano dal 1930 al 1967. Nel 1968 il M. fu tra gli artisti invitati alla mostra di scultura italiana ordinata dalla Quadriennale nell’ambito della II Exposition internationale du petit bronze di Parigi (Femme nue debout, 1960-61: Roma, collezione Carlesi; Femme se deshabillant). La mostra, itinerante, curata da F. Bellonzi, si protrasse fino al 1975, passando nel 1971 anche a Milano (Donna che si lava, bronzo, 1952; Gatto, pietra, 1963). Il successo internazionale arrivò però con le personali al Bauzentrum di Amburgo e al Musée Rodin di Parigi (1970), dove il Musée d’art moderne de la Ville de Paris acquisì Adolescente (pietra, 1965: un’altra versione è a Messina, palazzo del Municipio). Sia la personale ordinata dall’Istituto italiano di cultura al Cairo nel 1972 sia l’antologica del 1974 organizzata dalla Galleria comunale d’arte contemporanea di Arezzo esposero accanto a sculture e disegni un nutrito gruppo di litografie. Nella seconda metà degli anni Settanta, quando più frequenti si fecero i soggiorni a Graniti, nacque un nuovo ciclo di lavori in pietra lavica e in granito.

Assecondando la durezza di queste materie, le sculture acquistarono profili geometrici e stilizzazioni quasi astratte, memori della scomposizione cubista (Monumento a Salvatore Pugliatti, 1977: Messina, Grande Camposanto), ma anche della scultura romanica o egizia, come mostrano le quindici solenni sculture realizzate a Fiumefreddo dopo il 1973. Cinque di queste furono esposte nel 1977 alla Camera di commercio di Messina e tre comparvero nell’ampia retrospettiva dedicata al M. in palazzo dei Normanni dal Comune di Palermo, che gli commissionò anche una medaglia in bronzo raffigurante una Maternità per la II Rassegna nazionale del sacro nell’arte contemporanea del 1978.

Al 1979 datano le illustrazioni per il volume Dal diario (1945-47) di P.P. Pasolini, di cui L. Sciascia firmò l’introduzione (Roma-Caltanissetta 1979). Nel 1981 venne pubblicato (Roma-Caltanissetta) un libro di ricordi del M., Storie dell’Alcantara, con la prefazione di M. Grasso. Sempre quell’anno, in seguito alla donazione alla città di Taormina di una trentina di opere, il palazzo dei duchi di Santo Stefano divenne sede di una fondazione intitolata al Mazzullo. Qui furono esposte anche opere successive non incluse nella donazione, come il Partigiano del 1979 (pietra lavica), simile a un Cristo contemporaneo, Saffo del 1980 (granito) o Aspasia del 1987 (ossidiana), caratterizzate da forme più arrotondate e levigate. La mostra allestita a Roma, nel complesso di S. Michele a Ripa, coronò nel 1988 la carriera del M., comprendendo anche la serie ultima delle tempere.

Il M. morì a Taormina il 25 ag. 1988.

Fonti e Bibl.: Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Arch. bioiconografico, b. Mazzullo; N. Ponente, G. M., Roma 1966; F. Bellonzi, G. M., in Civiltà delle macchine, XVI (1968), 6, pp. 43-48; Fascicolo dedicato a G. M., a cura di I. Tognelli - M. Savini, in Galleria, XXII (1972), 5-6, pp. 187-307; G. M., testimonianze di Fortunato Bellonzi, Franco Costabile, Roma 1974; Le pietre di M., a cura di P.-M. Grand, Roma 1976; S. D’Arrigo, Catalogo della Mostra antologica dell’opera di G. M., Palermo 1977; G. M., a cura di G. Carandente, Roma 1982; G. Quadriglio, G. M. e le sue «pietre», in Nuovi Quaderni del Meridione, XXIV (1986), 95-96, pp. 287-291; C. Terenzi, G. M. sculture e disegni 1930-1987 (catal.), a cura di G. Carandente, Roma 1988; E. Bruzzi, La Saffo di M., Bergamo s.d. [ma 1988]; G. Resta - G. Quatriglio - L. Barbera, Fondazione Mazzullo, Caltanissetta-Roma 1988; F. Grasso, G. M. dalla pietra la vita, in Kalós, 1990, n. 3, suppl., pp. 1-32; M. disegni 1932-1988 (catal., Taormina), a cura di L. Barbera, Messina 1995; A.M. Comanducci, Diz. illustrato dei pittori…, III, pp. 1968 s.; A. Barracelli, in L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani, III, pp. 222 s.

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