MONTALENTI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)

MONTALENTI, Giuseppe

Ernesto Capanna

– Nacque ad Asti, il 13 dic. 1904, da Paolo e da Ida Bertola.

Il padre, magistrato di elevato ruolo ad Asti, proseguì una tradizione familiare di giuristi, non seguita dal M., appassionato naturalista fin dall’adolescenza. Come egli stesso soleva raccontare, questa passione gli era stata tramandata dal nonno, notaio, esperto naturalista ed entomologo. Conclusi gli studi liceali, si iscrisse ai corsi di scienze naturali dell’Università di Torino ma, nel 1923, si trasferì all’Università di Roma a seguito del padre, promosso a più alto incarico.

Il fascino e la rinomanza di G.B. Grassi fu certamente fattore di grande richiamo per il giovane M. e sotto la sua guida, nell’istituto di anatomia comparata, iniziò il lavoro di tesi sulla fisiologia delle termiti, tema affrontato da Grassi già nel 1888 durante la sua permanenza nell’Università di Catania e che aveva ripreso in quegli anni, indirizzando su di esso anche gli studi degli allievi.

Il M. si laureò nel 1926 e dopo la morte del maestro fu nominato assistente da F. Raffaele, titolare della cattedra di zoologia. Proseguì gli studi sull’anatomia e fisiologia delle termiti e dei protozoi polimastigini loro simbionti, con importanti osservazioni di biologia di quei peculiari insetti. Il contesto problematico affrontato dalla scuola di Raffaele era però essenzialmente l’embriologia sperimentale, a quei tempi il punto più avanzato della ricerca biologica. Di conseguenza il M. si perfezionò con varie permanenze all’estero presso laboratori all’avanguardia nel settore: dapprima nel 1929 a Montpellier, nel laboratorio diretto da E. Bataillon, dove realizzò la partenogenesi in lamprede; poi (1930 e 1931) negli Stati Uniti, in laboratori di vertice nel campo dell’embriologia sperimentale, a Chicago, presso F.R. Lillie e nel prestigioso Woods Hole Marine Biology Laboratory.

Questo periodo, durante il quale fu prima assistente e poi aiuto nell’istituto di zoologia di Roma, fu segnato da brillanti risultati nell’analisi sperimentale dello sviluppo; da quelli condotti sui processi della fecondazione e dela partenogenesi della lampreda, della quale indagò anche le potenze regolative dei primi blastomeri, a quelli sugli anfibi, dei quali analizzò i processi della determinazione del sesso in condizione di parabiosi e l’embriogenesi negli ibridi interspecifici nel genere Bufo. Le questioni della determinazione della sessualità lo orientarono già dal 1933 ai problemi della genetica, che affrontò in un modello sperimentale di grande complessità, quello della ereditarietà della colorazione delle penne negli uccelli, in cui a fattori schiettamente genetici si sovrappongono processi epigenetici. Il materiale sperimentale fu convenientemente scelto in una linea particolare di polli (i Plymouth Barred Rocks), che presentano nelle penne un disegno a barre alterne, bianche e pigmentate. Tale modello genetico fornì in seguito spunti rilevanti per l’interpretazione di processi di espressione genica. Può sembrare insolito, per l’odierna visione settoriale e specialistica dei differenti distretti della moderna biologia, l’evolversi degli interessi di ricerca del M. dalla fisiologia e sistematica degli insetti, attraverso l’embriologia sperimentale, alla genetica. Non si dimentichi però che, nell’epoca in cui si formò come biologo, tali aspetti appartenevano tutti a un unico contesto problematico, che includeva citologia, embriologia, genetica e, come sintesi, l’evoluzione. Alla fine degli anni Trenta il M. era ormai affermato come genetista, sì da poter dare alle stampe il primo manuale italiano di genetica (Elementi di genetica, Bologna 1939, riedito e ristampato, col titolo Introduzione alla genetica, fino al 1971), sul quale si formarono intere generazioni di biologi italiani.

Nel 1937 il M. era passato come aiuto nell’istituto di zoologia dell’Università di Bologna, diretto da A. Ghigi, dove rimase fino al 1939. Vincitore per due volte del concorso per la cattedra universitaria, nel 1939 fu assunto come capo reparto per la zoologia presso la Stazione zoologica di Napoli, diretta da R. Dohrn. In precedenza, a più riprese dal 1927 fino a tutti gli anni Trenta, il M. aveva frequentato come borsista i «tavoli di ricerca» della Stazione, così che la nomina alla responsabilità degli studi zoologici della grande istituzione internazionale di Napoli fu accolta con grande favore.

L’anno successivo la facoltà di scienze dell’Università di Napoli gli conferì l’incarico dell’insegnamento di genetica, che tenne per vent’anni senza trascurare i suoi compiti presso la Stazione zoologica, alla quale il M. rimase sempre profondamente legato, dagli anni difficili della guerra e delle occupazioni, prima tedesca e successivamente anglo-americana, della città di Napoli. Di quel periodo tratteggiò la memoria in un articolo (Vicende della Stazione zoologica negli anni di guerra, in Pubblicazioni della Stazione zoologica di Napoli, XX [1945], pp. 75-89), nel quale emergono con partecipata emozione le difficoltà e la successiva rinascita dell’«Acquario», come popolarmente a Napoli era nota la Stazione.

I venti anni trascorsi dal M. a Napoli coincisero con la sua grande produzione scientifica nei settori della genetica, della biologia marina e dell’embriologia sperimentale. A ciò contribuì un ampio stuolo di allievi, sia studenti dell’Università di Napoli sia borsisti presso la Stazione zoologica, attratti dalla sua fama. Né sono da trascurare le collaborazioni con ospiti eccellenti, italiani e stranieri, della Stazione. Tra i tanti risultati scientifici che ottenne, la maggiore notorietà gli venne dagli studi sulla genetica della talassemia, condotti con gli ematologi E. Silvestroni, I. Bianco e il suo allievo M. Siniscalco (G. Montalenti et al., Frequency of Mycrocythaemia in some Italian districts, in Nature, CLXV [1950], pp. 682-684; Further data on genetics of Mycrocythaemia, in Annals of Eugenics, XVI [1952], pp. 299-314), per la rilevanza intrinseca degli studi di base e per la loro applicazione alla prevenzione di questa grave malattia genetica, di non trascurabile frequenza nelle regioni italiane già malariche. Questa correlazione della frequenza dell’allele per la talassemia con il morbo malarico, è conseguenza della resistenza che le emazie degli eterozigoti microcitemici offrono al plasmodio della malaria.

Un altro importante aspetto del M. fu quello di studioso del pensiero evoluzionistico, cui dedicò un’importante serie di monografie (la più nota, L’evoluzione, Torino 1965, ebbe numerose edizioni); curò la traduzione delle principali opere di Darwin, corredate sempre da sue prefazioni ricche in dottrina e in originalità, e fornì alcune sintesi storiche (Charles Darwin, Roma 1982; Il darwinismo in Italia, in Belfagor, XXXVIII [1983], 1, pp. 65-78). Questa fu però solo una parte, benché rilevante, degli interessi del M., che fu anche storico e filosofo della scienza. Già nei tardi anni Venti, poco più che ventenne, aveva dato diversi contributi ed era stato redattore capo di Archeion, allora la più importante rivista italiana di storia della scienza, diretta da A. Mieli; seguirono una traduzione italiana annotata del Prodromo di una dissertazione sui corpi solidi naturalmente inclusi in altri corpi solidi di N. Stenone (Roma 1928) e Gabriele Falloppia anatomico e medico (ibid., 1932), in cui pose in risalto gli elementi che portarono alla rinascita e al rinnovamento culturale scientifico italiano. In occasione del secondo centenario della nascita di L. Spallanzani presentò la figura del grande biologo in un volume ancor oggi ritenuto fondamentale (Lazzaro Spallanzani, Milano 1928; rifuso in Lazzaro Spallanzani: le origini della biologia sperimentale, Roma 1981) e in altri contributi (Le ricerche di Spallanzani sulla respirazione, in Boll. della Società italiana di biologia sperimentale, XV [1940], 1, pp. 98-115). Dopo molti altri saggi, il M. trovò un punto alto di sintesi nella collaborazione alla Storia delle scienze coordinata da N. Abbagnano, per la quale compilò l’intero primo tomo (Storia della biologia e della medicina, Torino 1965) del terzo volume.

Tra i lavori successivi si possono ricordare inoltre: La biologia nella storia naturale di Plinio (in Giornata Lincea indetta nella ricorrenza del 19. centenario della eruzione del Vesuvio, Roma 1983, pp. 35-51); L’evoluzione del concetto di specie. Da Aristotele a Dobzhansky (in Il problema biologico della specie, a cura di M. Benazzi, Pisa 1985, pp. 13-30); Ulisse Aldrovandi (in Storia illustrata di Bologna, a cura di W. Tega, VI, San Marino 1987, pp. 221-240).

Il prestigio di scienziato che il M. aveva acquisito in sede internazionale negli anni Cinquanta gli valse l’importante incarico internazionale dapprima di segretario generale (1953-58) e poi di presidente (1958-61) della International Union of Biological Sciences (IUBS).

Nel 1961 la facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali dell’Università di Roma lo chiamò alla cattedra di genetica, con l’esplicito intento di costituire ex novo un istituto e una scuola, fino allora colpevolmente assente dall’ateneo romano. Tale impegno si concretò nel dicembre del 1963 con l’inaugurazione dell’istituto di genetica. Il M. fondò quindi un’altra scuola, plasmando altri giovani entusiasti attratti dalla sua fama e dal suo carisma di maestro.

Egli li indirizzò ai settori della genetica di punta, dalla citogenetica di Drosophila alla citogenetica umana, che i nuovi metodi e le acquisizioni sulle sindromi malformative neonatali avevano in quegli anni reso di grande attualità. Né il M. trascurò le linee già affrontate a Napoli con brillanti risultati, come quelle della genetica della talassemia e della genetica e citogenetica di crostacei.

Nel 1968, in un periodo particolarmente difficile per le università italiane e in particolare per quella romana, il M. fu eletto preside della facoltà di scienze; assolse il compito con fermezza ed equilibrio.

Quelli romani furono gli anni della maturità del suo pensiero scientifico; egli guidò gli allievi nella ricerca sperimentale, ma rivolse il suo più personale sforzo intellettuale ai problemi della cultura, come assertore tenace della sua unitarietà (fu anche condirettore della rivista Scientia). Dopo un’ampia sequela di studi sull’evoluzione del pensiero scientifico pre- e postdarwiniano dedicò il suo ultimo lavoro alla filosofia della natura in Kant: La finalità dei fenomeni biologici e la sua interpretazione causale (in Kant e la finalità della Natura: a duecento anni dalla «Critica del giudizio», Atti del convegno …, Padova 1990, pp. 9-26).

La figura del M. genetista e filosofo della scienza non è completa se si trascura quella dell’appassionato naturalista. Quando assunse responsabilità istituzionali, si volse con grande autorevolezza ai problemi della conservazione della natura.

Fu infatti promotore e presidente, a partire dal 1970, della commissione del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) per la Conservazione della natura e delle sue risorse; durante la sua presidenza dell’Accademia nazionale dei Lincei diede nuovo indirizzo e nuovo impulso alla commissione Lincea per lo studio dei problemi dell’ambiente e le calamità naturali. Per sua iniziativa, durante il primo mandato di presidente, la commissione Ambiente dell’Accademia organizzò la prima Giornata dell’ambiente, istituita dalla conferenza ONU On the human environment (Stoccolma 1972), dedicata a seminari e dibattiti, puntualmente ripetuti in sede Lincea il 5 giugno di ogni anno. Altro grande progetto naturalistico, la cui paternità spetta al M., fu quella relativo a un Museo nazionale di scienze naturali, presentato nel 1968, mentre presiedeva la commissione dei Lincei per i Musei naturalistici, orti botanici e giardini zoologici. Si trattava di colmare una lacuna che la storia politica italiana aveva creato nel settore della museologia scientifica: quando nascevano i grandi musei naturalistici in Europa e nelle Americhe, l’Italia mancava di un’unità nazionale e ciascun Regno pre-unitario aveva costruito la propria realtà museale scientifica. Nonostante l’impegno profuso dal M., il progetto non poté essere realizzato: tuttavia il coordinamento e lo sviluppo dei musei scientifici rimane tuttora un obiettivo importante della Commissione per i musei naturalistici e i musei della scienza che, mutato il nome, ancora persegue le linee da lui tracciate.

Il M. fu particolarmente legato all’attività dell’Accademia nazionale dei Lincei: socio dal 1951, tra i primi eletti dopo la rifondazione postbellica, ne fu presidente per due mandati, dal 1981 al 1985. Promotore di molteplici iniziative accademiche si prodigò con grande impegno civile nella Commissione per la difesa dei diritti dell’uomo e nel Gruppo di lavoro per la sicurezza internazionale e il controllo degli armamenti.

Membro di altre prestigiose accademie italiane (quella dei XL, la Pontaniana di Napoli, e l’Istituto lombardo di scienze e lettere), fu anche socio straniero della R. Accademia delle scienze di Svezia, della Linnean Society di Londra, della New York Academy of sciences. Deve essere inoltre ricordato il lungo e fattivo rapporto con l’Istituto della Enciclopedia Italiana. La sua collaborazione iniziò già nel 1930 come redattore, per i volumi dal V al XXXV, della sezione di zoologia; curò poi le Appendici II (1938-48) e III (1949-60). Ebbe un importante ruolo anche nell’organizzazione del Dizionario enciclopedico Italiano e del Lessico universale Italiano; fu membro, infine, del comitato direttivo dell’Enciclopedia del Novecento e, dal 1975 alla morte, del consiglio scientifico dell’Istituto.

Il M. morì a Roma il 2 luglio 1990.

Fonti e Bibl.: Biografie e bibliografie degli accademici lincei, Roma 1976, pp. 441-445; B. Battaglia, G. M., in Atti della Acc. nazionale dei Lincei. Rendiconti Lincei. Scienze fisiche e naturali. Supplementi, s. 9, III (1992), pp. 3-49; Giornata Lincea in ricordo di G. M., Roma, 10 febbr. 2005 («Atti dei Convegni Lincei», 228), Roma 2006 (alle pp. 51-67: G. Modiano, M.: il suo ruolo nella nascita del capitolo sugli adattamenti genetici alla malaria); F. De Sio, Genetica e cooperazione internazionale. Il contributo di G. M. alla biologia italiana, in Medicina nei secoli, n.s., XVIII (2006), 1, pp. 135-158; B. Continenza, M. e l’evoluzionismo, ibid., pp. 159-166.

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