ODDO, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ODDO, Giuseppe

Franco Calascibetta

ODDO, Giuseppe. – Nacque a Caltavuturo, nelle Madonie, il 9 giugno 1865 da Antonio, medico, e da Giuseppa Comella. Era il secondo di dieci figli, l’ultimo dei quali, Bernardo, fu anch’egli chimico e allievo del fratello maggiore.

Si iscrisse all’Università di Palermo nel 1884 e si laureò prima in chimica, il 5 agosto 1889, e poi in medicina e chirurgia, il 10 luglio 1891. Dapprima preparatore per la cattedra di chimica generale ricoperta all’epoca da Emanuele Paternò, divenne subito dopo assistente, mantenendo l’incarico col nuovo professore Alberto Peratoner, subentrato a Paternò quando questi si era trasferito a Roma.

Nominato professore straordinario all’Università di Cagliari nel dicembre 1897, Oddo venne promosso a ordinario con decreto ministeriale del 16 gennaio 1902, a seguito del giudizio estremamente lusinghiero della commissione presieduta da Stanislao Cannizzaro. In particolare, vi si menzionavano i lavori di crioscopia realizzati utilizzando come solvente l’ossicloruro di fosforo, particolarmente adatto a studiare sostanze che in acqua tendevano a decomporsi.

Nel 1902 cominciò una corrispondenza con William Ramsay, che aveva da poco individuato i gas nobili, e preconizzò che tra essi quelli a massa atomica più elevata potessero dar luogo a composti, sulla base di analogie di comportamento che si riscontravano tra i gruppi di elementi nel sistema periodico. Ramsay condivise questa ipotesi, che trovò però conferma sperimentale solo a partire dal 1962. Un’altra speculazione di Oddo, enunciata nel 1907 nell’ambito di studi sulla struttura delle molecole, fu ipotizzare che un atomo di idrogeno potesse legarsi contemporaneamente a due atomi polivalenti, idea che in qualche modo anticipava il concetto di legame idrogeno. Ricordiamo ancora le sue osservazioni circa la abbondante presenza nel pianeta di due elementi, ossigeno e silicio, entrambi a peso atomico multiplo di quattro, idee da cui discese la regola ancor oggi nota come di Oddo Harkins sulla maggiore abbondanza di nuclidi a numero atomico pari. Tali intuizioni testimoniano se non altro la sua vivacità e il suo coraggio nel cimentarsi con problematiche indubbiamente all’avanguardia.

Nel 1905 decise di spostarsi dalla sede di Cagliari e partecipò al concorso come straordinario all’Università di Pavia, decisione che comportò di fatto una momentanea retrocessione nel suo status universitario; il ministero respinse infatti il suo tentativo di far bandire nella città lombarda un posto da ordinario di chimica. Ottenne tale promozione solo alla fine del 1906, dopo mesi burrascosi in cui ebbe modo di chiudere per alcuni giorni l’istituto lamentando mancanza di strutture e di personale, di inimicarsi gli assistenti già presenti in sede e di ricevere per tutto ciò una nota di deplorazione ministeriale.

Restò a Pavia fino al 1917 e da lì, iniziata la prima guerra mondiale, cercò di dare il suo contributo alla mobilitazione inviando al ministero della Guerra un documento contenente una serie di proposte per mezzi di difesa e offesa, quali per esempio un corpetto per proteggere le parti vitali dei soldati, una maschera strutturata in maniera da imitare la struttura nasale, proiettili adatti a rompere i reticolati a distanza. Nelle ultime pagine della memoria, lanciava pesanti accuse contro quei chimici italiani di origini tedesche, in particolare Giacomo Ciamician e Peratoner, che riteneva inadatti a far parte delle istituite commissioni belliche.

Nel 1917 ottenne il trasferimento a Palermo in maniera abbastanza inusuale, tramite lo scambio di cattedre con Giorgio Errera, che accettò di lasciare la città siciliana anche perché aveva appena subito una grave aggressione notturna. Rimase in quell’università fino al 1935, quando venne messo forzatamente in pensione in base a una legge appena approvata che stabiliva il collocamento a riposo dei professori al compimento del settantesimo anno di età e aveva anche l’obiettivo di allontanare gli ultimi docenti di origine liberale.

A Oddo, anche per il suo temperamento sicuramente poco accomodante, non erano mancate anche negli anni palermitani occasioni di scontro con le autorità locali e col ministero, in particolare nel periodo del trasferimento dell’istituto chimico nella sede di via Archirafi, che seguì con attenzione, curando la sistemazione dei locali, la nuova collocazione delle suppellettili, la funzionalità delle strutture. Il suo rigoroso controllo lo portò a scontrarsi col direttore amministrativo, che accusò apertamente di connivenza con le ditte a cui erano stati appaltati i lavori, ciò che gli valse anche in questo caso una lettera di biasimo del ministro per il contegno poco riguardoso tenuto col rettore e con i funzionari dell’università. In un’altra occasione, nel 1931, vietò l’accesso alla biblioteca dell’istituto ad Antonio Sconzo, un suo ex assistente dirigente di una ditta di esplosivi, e questi presentò un esposto al ministero in cui Oddo veniva accusato di una mentalità appartenente a «tempi fortunatamente tramontati» (Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Istruzione Pubblica, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Personale docente: G. O.).

Negli anni palermitani si dedicò a ricerche di carattere applicativo volte allo sviluppo di un’industria chimica siciliana. Il primo dei campi su cui rivolse la sua attenzione fu l’uso dei minerali solfiferi. Già nel 1907 aveva sostenuto la possibilità di costruire forni adatti per la simultanea produzione di zolfo e acido solforico, procedimento che avrebbe consentito la piena utilizzabilità del minerale siciliano, la cui estrazione era andata in crisi già dalla fine del XIX secolo per la concorrenza subita dall’acido solforico ottenuto per combustione della pirite. Questa proposta, presentata più volte anche nei decenni successivi, non trovò però alcuna applicazione. Appena giunto a Palermo, mise in cantiere un altro progetto, lo sfruttamento di un ampio giacimento di sali di sodio, potassio e magnesio in un sito vicino a Enna. Dopo un accurato studio geochimico, prese contatti con i proprietari dei terreni che costituirono nel 1918 una società di cui Oddo divenne consulente. L’impresa fallì nel 1928 ma Oddo ripropose la validità delle sue intuizioni anche nel 1936, durante il periodo autarchico, e poi ancora dopo, quando alla caduta del fascismo assunse di nuovo per qualche anno incarichi professionali. Fu infatti nominato direttore dell’Istituto di chimica applicata da una commissione anglo-americana preposta al primo riordino delle strutture educative siciliane. Dopo la sua morte, lo sfruttamento industriale dei minerali potassici del giacimento proseguì con qualche successo fino al 1990 e oltre, cessando per problemi legati allo smaltimento dei residui e al loro impatto ambientale.

Morì a Palermo il 5 novembre 1954.

Opere:Oddo scrisse oltre 150 tra articoli e libri, di cui i più importanti sono: L’ossicloruro di fosforo come solvente in crioscopia, in Gazzetta chimica italiana, XXXI (1901), pp. 138-145; Sulla mesoidria, ibid., LII (1922), pp. 42-56; Sul potere di combinarsi del cripton e dello xenon: due lettere inedite del prof. W. Ramsay, ibid., LXII (1932), pp. 380-395; Frequenza degli elementi e costituzione del nucleo degli atomi. Nota II. Venti anni nella storia di un’osservazione e di un’ipotesi, ibid., LXIII (1933), pp. 355-380; Alcuni problemi di chimica industriale e mineraria in Sicilia, Palermo 1940.

Fonti e bibl.: Palermo, Archivio storico dell’Università, Personale docente: G. O. Necrologi e biografie: E. Mameli, G. O., in La chimica e l’industria, XXXVII (1955), pp. 220-223; L. Paoloni, I progetti di G. O. per lo sviluppo dell’in-dustria chimica in Sicilia, in Rend. dell’Accademia nazionale delle scienze detta dei XL. Memorie di scienze fisiche e naturali, CXV (1997), pp. 371-390.