PASCALI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PASCALI, Giuseppe

Mariantonietta Picone Petrusa

PASCALI, Giuseppe (Pino).Nacque a Bari il 19 ottobre 1935 da Francesco, funzionario di polizia, e da Lucia Pomodoro.

A Bari frequentò il liceo scientifico che abbandonò per iscriversi a Napoli al liceo artistico, che completò nel 1954. Trasferitosi a Roma nel 1955, si diplomò all’Accademia di belle arti nel 1959; qui nella scuola di scenografia, attraverso Toti Scialoja, che era stato poco prima negli Stati Uniti, conobbe le esperienze più innovative di artisti americani come Jackson Pollock e Robert Rauschenberg o di italiani come Alberto Burri e cominciò a usare materiali come bitume, petrolio, smalti, sabbia, diluenti alla nitro e ad applicare tecniche come il collage, la pittura materica, le colature (il cosiddetto dripping), o le ‘muffe’. Dal 1958, per potersi mantenere, iniziò a collaborare con il mondo della pubblicità televisiva e cinematografica: prima con la Incom, subito dopo con la Lodolofilm (1958-68), poi come grafico e aiuto-sceneggiatore alla RAI. Questo settore della sua attività, a lungo ignorato dagli studi con la sola eccezione di Sandra Pinto (1969), compare regolarmente nelle sue mostre, a partire da quella di Anna D’Elia (Bari, Pinacoteca provinciale, 1983) fino alle grandi retrospettive, come quella al Musée d’art de la ville de Paris del 1991 o quella di Napoli a Castel Sant’Elmo del 2004.

Nel campo della pubblicità, Pascali è stato animatore, grafico, creativo, sceneggiatore, scenografo televisivo, fotografo e finanche attore per clienti come Algida, Cirio, Alberti, Camerino, Ferrovie dello Stato, Squibb, Autoservizi Maggiore, Agip. Tale produzione, di cui oggi restano disegni, story-board e filmati in collezioni private, è importante per comprendere alcune qualità fondamentali di Pascali, presenti anche nelle opere considerate ‘maggiori’: innanzitutto l’ironia e i giochi linguistici, evidenti anche in molti titoli delle sue sculture almeno in parte di derivazione dada (Bachi da setola o Ponte lavatoio, per esempio, con riferimento ai materiali di cui erano costituite); la sua vocazione teatrale e performativa, dimostrata, oltre che da vere e proprie performances come quella che nel 1965 accompagnava l’opera Requiescat (nella mostra dedicata a Corradino di Svevia; ora a Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, GNAM), o dall’azione del film di Luca Patella SKMP2 (1968), anche dalle numerose fotografie in cui l’artista, spesso travestito, si era fatto riprendere accanto ai suoi lavori; la propensione a utilizzare un linguaggio visivo semplificato, talvolta geometrizzante, connesso a un irresistibile istinto narrativo, favolistico e ludico.

Negli anni di formazione sperimentò curiosi assemblaggi, spesso riutilizzando, da vero bricoleur, pezzi di scarto. Di queste opere, per lo più distrutte, come l’Araba Fenice o l’Angelo vigile, esistono oggi solo delle fotografie (Pino Pascali, 1983, ed. ampliata, 2010, p. 161). Dopo alcune mostre giovanili, fatte con i compagni di Accademia, la sua attività espositiva più importante iniziò con una personale a Roma presso la galleria La Tartaruga nel 1965 dove presentò, insieme con i monumenti della romanità (Ruderi su prato e Colosseo; rispettivamente Roma, GNAM, e Reggio Emilia, coll. Maramotti) rimpiccioliti, i Pezzi anatomici di donna (fra cui La gravida, Roma, MACRO, Museo d’Arte Contemporanea; Primo piano labbra e Torso di negra, entrambe a Roma, GNAM; Omaggio a Billy Holiday, Torino, Galleria d’arte moderna), ingigantiti e realizzati mediante pannelli a muro con tele estroflesse: opere a metà fra pittura e scultura, come i Gobbi di Burri, ma con uno o due colori, stesi in modo uniforme e impersonale, secondo un’estetica pop.

Al 1965 risale anche l’inizio di una sua intensa attività espositiva all’estero: fra le mostre collettive ricordiamo quelle del 1965 e del 1966 al Casino municipal di Cannes (L’Art actuel en Italie), ancora nel 1966 al Museo Rodin di Parigi (Troisième Exposition International de sculpture contemporaine) e alla VI Annuale Porec, Jugoslavija-Italij, mentre nel 1967 partecipò alla V Biennale di Parigi (con presentazione di P. Bucarelli), alla IX Biennale di San Paolo del Brasile, all’Expo 67 di Montréal e alla mostra Contemporary Italian Art di Tokyo; nel 1968 fu presente all’esposizione Young Italians (Boston, Institute of contemporary art; New York, Jewish Museum). Tenne anche varie personali all’estero: nel 1967 a Colonia (Galerie Ars Intermedia) e a Essen (Galerie Thelen); nel 1968 a Parigi (Galerie Alexandre Jolas).

Sempre a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta prese a frequentare altri artisti giovani come Salvatore Venditelli, poi diventato uno scenografo d’avanguardia, Ettore Innocenti, Jannis Kounellis, conosciuti tutti in Accademia, ma anche Sergio Lombardo, Eliseo Mattiacci, Cesare Tacchi, Maurizio Mochetti, e soprattutto Renato Mambor con cui strinse una forte amicizia. Erano gli artisti della cosiddetta ‘Scuola di Piazza del Popolo’ che negli anni Sessanta gravitavano con Mario Ceroli e Mario Schifano intorno a due gallerie: La Tartaruga di Plinio De Martiis e L’Attico di Fabio Sargentini.

Nel 1965 il Living Theatre fece una tournée in Italia, e Pascali ne fu molto colpito. Nello stesso anno realizzò la serie delle Armi (tra cui il Cannone Bella ciao, passato in un’asta Christie’s nel 2005; la Contraerea, Roma, coll. Franchetti; il Missile colomba della pace, Toyota, Municipal Museum of art) che non convinsero De Martiis, ma che, su segnalazione di Michelangelo Pistoletto, furono accettate da Gian Enzo Sperone che le espose nel 1966 nella sua galleria torinese.

Le armi-giocattolo, del tutto inoffensive, con il loro perfetto illusionismo affidato alla verniciatura in tinta mimetica che uniformava i vari oggetti del bricolage, esorcizzavano la stessa idea della guerra e mettevano a fuoco, secondo una logica magrittiana, il complesso rapporto che c’è nell’arte fra realtà e finzione.

La serie successiva, esposta in due mostre all’Attico nel 1966, fu quella della Decapitazione degli animali, realizzata con tela monocroma bianca tesa su centine di legno, una tecnica a metà fra scenografia e aeromodellismo.

L’uso del bianco doveva contribuire a rendere credibili queste da lui definite ‘finte sculture’, che nelle loro sagome semplificate avevano più di un debito con il mondo del fumetto o dell’illustrazione pubblicitaria, con una singolare, ironica mescolanza di cultura ‘alta’ e ‘bassa’.

Con la medesima tecnica realizzò anche Pellicano (Roma, coll. Gavazza), Grande rettile (Livorno, Museo civico G. Fattori), Cascate (Strasburgo, Musée d’art moderne et contemporain) e Mare (Osaka, Museum of modern art), un’opera ambientale, con onde schematizzate risultanti da moduli quadrati bianchi centinati su cui la tela si adagia con una forma concava e su cui cade un fulmine nero.

Il tema del mare, legato ai ricordi della sua infanzia a Polignano, tornava in un’istallazione in cui utilizzò l’acqua vera, 32 mq di mare circa (Roma, GNAM), esposta nel 1967 a Foligno nella storica mostra Lo spazio dell’immagine. Il ricorso ai materiali della natura, annunciato in un’intervista di Carla Lonzi (1967), aveva caratterizzato anche le opere presentate un mese prima alla galleria L’Attico nella mostra Fuoco Immagine Acqua Terra (con presentazione di Maurizio Calvesi), considerata oggi una delle tappe dell’arte povera, prima che Germano Celant ne coniasse il nome. Pascali vi aveva esposto 9 mq di pozzanghere (Bari, Pinacoteca provinciale), 1 mc di terra, 2 mc di terra (entrambe a Roma, GNAM), tutte opere dove l’elemento naturale entrava in dialettica con la forma geometrica: una risposta tutta europea alla freddezza impersonale della minimal art americana; tali opere furono riproposte in occasione della mostra presso la galleria La Bertesca di Genova (1967, Arte povera – Im-Spazio, presentazione di Germano Celant) e alla galleria Jolas di Milano in una personale in due tempi (1967 e 1968, con presentazioni di Cesare Brandi e Giulio Carlo Argan), dove figuravano accanto ad alcune ‘finte sculture’ e ai più recenti Campi arati e Canali di irrigazione (entrambi a Roma, GNAM).

Stimolato dalla riscoperta di Giacomo Balla, e da una mostra del 1966 di animali vivi e impagliati tenuta da Richard Serra alla galleria romana La Salita, Pascali procedeva nella sua fantasiosa e a volte favolistica ‘ricostruzione dell’universo’ approdando alle opere costruite con lana d’acciaio esposte in parte, insieme con i Bachi da setola (Roma, coll. Sargentini), alla galleria L’Attico nella personale del 1968 (Trappola, Londra, Tate Modern; Ponte, New York, MoMA, Museum of Modern Art) e in parte nella Biennale di Venezia del 1968 (Ponte lavatoio, Vaduz, Kunstmuseum Liechtenstein; Tela di Penelope, Liane, Cesto, tutte a Roma, GNAM). In questa Biennale scossa dalla contestazione giovanile, nella quale Pascali fu premiato post mortem, le opere in lana d’acciaio facevano parte di una vera e propria personale insieme con Le penne di Esopo (Parigi, Centre Georges Pompidou) e con lavori ricoperti di pelo acrilico (Pelo, Contropelo, Roma, GNAM; Solitario, Milano, coll. Prada). In pelo acrilico realizzò anche Vedova blu (Vienna, Museum Ludwig), un enorme ragno – che richiamava Black widow, uno stabile di Alexander Calder – esposto nella mostra Arte povera + azioni povere (Amalfi, Arsenali, 1968).

Morì a Roma, per un incidente in motocicletta, l’11 settembre 1968.

Dopo la sua morte si sono organizzate numerose retrospettive, a partire da quella presso la GNAM di Roma del 1969, a cura di Palma Bucarelli. Il suo intenso rapporto con la natura fu sancito dalla mostra La povertà dell’arte (1968; Bologna, galleria De Foscherari) e dalla sua azione nel film SKMP2 dell’amico Luca Patella, l’ultima opera prima della morte, nonché dalla sua presenza in numerose collettive postume, fra cui si possono ricordare: Conceptual art-Arte povera-Land art (Torino, Galleria civica d’arte moderna, 1970); Arte povera (Monaco, Kunstverein, 1971); la Biennale di Venezia Dalla natura all’arte. Dall’arte alla natura (del 1978); Identité italienne (Parigi, Centro Georges Pompidou, 1981); Coerenza In Coerenza, dall’Arte povera al 1984 (Torino, Mole Antonelliana, 1984); le mostre sull’arte povera tenute a Madrid e a New York nel 1985; la mostra itinerante Zero to infinity: Arte povera 1962-1972 (Londra, Minneapolis, Los Angeles, Washington, Roma 2001-2003); infine, tutte le esposizioni volte alla ricostruzione storica degli anni Sessanta in Italia.

Nel 1969 i genitori istituirono un Premio Pino Pascali che si è tenuto fino al 1979, per poi essere ripreso nel 1997. A partire dalla donazione di un suo gruppo di opere al Comune di Polignano a Mare da parte della famiglia è nato nel 1998 un Centro comunale di arte contemporanea, che nel 2010 è diventato la Fondazione Pino Pascali.

Fonti e Bibl.: C. Vivaldi, Pascali, presentazione (catal., galleria La Tartaruga), Roma 1965; A. Bonito Oliva - M. Fagiolo, Mambor-Pascali, presentazioni (catal., Libreria Guida), Napoli 1966; V. Rubiu, Pascali: il mare (catal., galleria L’Attico), Roma 1966; U. Kultermann, Nuove dimensioni della scultura, Milano 1967 (ed. tedesca Tübingen 1967), passim; C. Lonzi, Carla Lonzi e Pino P. Discorsi, in Marcatré, V (1967), 30-33, pp. 238-245, ripubblicato in frammenti in Autoritratto, Bari 1969, pp. 11, 16, 23, 55, 69, 79, 99, 191, 193 s., 201, 286, 304, 325 s., 338, 357 s., 366, 378 s., e in V. Rubiu, Pascali, Roma 1976, pp. 156-160; F. Menna, Una mise en scène per la natura, in Cartabianca, I (marzo 1968), pp. 2-5; P. Pascali, Io la contestazione la vedo così, in Bit, III (giugno 1968), ripubblicato in Pino P., a cura di A. D’Elia, Bari 1983, p. 66; M. Volpi Orlandini, Intervista a Pino P., in Tecniche e materiali, in Marcatré, VI (maggio 1968), 37-40, p. 73; M. Calvesi, Ceroli, Kounellis, Marotta, Pascali: 4 artistes italiens plus que nature (catal., Parigi), Milano 1969, pp. 70-91; S. Pinto, Pascali nella storia dell’arte italiana dal 1956 ad oggi, supplemento a D’Ars Agency, (maggio 1969), ripubbl. in Pascali. Il mare ecc. (catal., Roma), a cura di M.V. Marini Clarelli - L. Velani, Milano 2005, pp. 112-131; P. Bucarelli, Pascali... (catal., Bari), Roma 1973; M. Calvesi, Avanguardia di massa, Milano 1978, pp. 67, 104-106, 109-113, 116, 123-125, 154-157, 169, 178, 217, 245; Pino P., a cura di A. D’Elia, Bari 1983 (ed. nuova e ampliata, Milano 2010); G. Celant, Arte povera. Storie e protagonisti, Milano 1985, pp. 30-33, 65, 72-74, 109, ripubblicato in Arte povera. Storia e storie, Milano 2011; F. D’Amico - S. Lux, Pino P. (1935-1968) (catal.), Milano 1987; Pino P.: ponti sull’acqua (catal., galleria L’Attico), con testi di A. Bonito Oliva, V. Rubiu, Roma 1988; Pensieri spaziali. Coletta, Gastini, Icaro, Mattiacci, Nagasawa, Nunzio, Pascali (catal., Cagli), a cura di F. D’Amico - F. Gualdoni, con la collab. di Luigi Ballerini, Ravenna 1989; Pino P. (catal.), a cura di M. Brouwer (con testi di C. Lonzi, M. Calvesi, A. Boatto, F. Sargentini, B. Còra, L.M. Patella, J. Van Straaten), Otterlo 1991; Pascali performer (catal., galleria L’Attico), a cura di F. Sargentini, Roma 1991; Pino P.: la reconstrucción de la naturaleza. 1967-1968 (catal.), con testi di G. Celant, A. Imponente, V. Rubiu, A. Soldaini, Valencia 1992; L. Caramel, Pino P. (catal., galleria Arte 92), Milano 1993; F. Facilla, Pascali: un’intervista inedita del ’68, in OttoNovecento, I (1996), 1, pp. 57-62; Pino P. La reinvención del mito mediterráneo (1961-1968) (catal., 2001-2002), con testi di O. Hurtado, S. Pinto, L. Velani, Madrid 2001; C.C. Bakargiev, Arte povera, London 2002, pp. 31 s., 37, 140-143, 262-265; F. Sargentini - C. Dandrieu et al., Il pensiero selvaggio: Fautrier, Nagasawa, Nunzio, Pascali, Ragalzi (catal.), Roma 2002; L. Gavioli, Natura: da De Chirico a Renoir, da Pascali a Boetti, 1910-1999 (catal.), Matera 2004; F. Gualdoni - S. Lodolo, Pino P. Lavori su commissione e pubblicitari (catal.), Livorno 2005; Pino P. lavori per la pubblicità (catal., Firenze 2006-2007), con scritti di C. Frittelli, M. Calvesi, C. Lodolo et al., Siena 2006; R. Branà, Pino P., 40 anni dopo 1968-2008 (catal.), Polignano a mare 2008; Pascali 1935-1968, Leoncillo 1915-1968: due artisti a confronto (catal.), a cura di L. Velani - M. Tonelli - G. Carandente, Spoleto 2008; M. Tonelli, Pino P.: il libero gioco della scultura, Milano 2010; Pascali. Catalogo generale delle sculture 1964-1968, a cura di M. Tonelli (con scritti di F. Sargentini e V. Rubiu), Roma 2011; Pino P. Ritorno a Venezia. Puglia arte contemporanea (catal., Venezia), a cura di R. Branà - G. Caroppo, Modugno 2011; E. Bergantino - R. Romito, Pino P. Mediterraneo metropolitano, Parma 2012; L. Pratesi - D. Ferraria, Pino P. L’altro Pascali. Un itinerario attraverso le opere per il cinema e la televisione (catal., Pesaro), Cinisello Balsamo 2012; C. Lodolo, 32 anni di vita circa: Pino P. raccontato da amici e collaboratori, Poggibonsi 2012; V. Rubiu, Vita eroica di Pascali, Roma 2013.

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