PASOLINI DALL'ONDA, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PASOLINI DALL'ONDA, Giuseppe

Gian Luca Fruci

PASOLINI DALL’ONDA, Giuseppe. – Nacque a Ravenna l’8 febbraio 1815 dal conte Pier Desiderio e da Amalia dei conti Santacroce.

In controtendenza rispetto alle tradizioni della sua antica casata, di origine romagnola ma con dimora anche a Roma, il nonno Giuseppe (1733-1814) aderì al nuovo ordine napoleonico e affidò l’educazione del figlio Pier Desiderio (1782-1839), avuto dal secondo matrimonio con la giovane imolese Teresa dei conti Codronchi, allo zio arcivescovo Antonio Codronchi, esponente di rilievo delle élites ralliées al primo console Bonaparte, poi re-imperatore Napoleone I. Pier Desiderio fu consigliere generale del Dipartimento del Rubicone nel 1813 e, nonostante gli incarichi di podestà di Ravenna dal 1814 al 1815 e di consultore di Legazione dal 1816 al 1821, «rimase poi per tutta la vita napoleonico nelle opinioni; non rifiniva dal lodare e dal rimpiangere le leggi del Regno Italico, ed a’ suoi tempi fu sempre in voce di liberale» (Pasolini, 1915, I, p. 23).

Orfano di madre a tre anni, Giuseppe crebbe nel clima di nostalgia familiare per il bonapartismo, rafforzato dal rinnovato impegno patriottico del padre, presidente del governo provvisorio di Ravenna e deputato all’Assemblea nazionale delle Province unite italiane di Bologna nel corso della rivoluzione del 1831, alla quale presero parte nelle Romagne anche i fratelli Napoleone Luigi e Carlo Luigi Napoleone Bonaparte, figli di Luigi, ex re napoleonide d’Olanda. Nel 1829, abbandonato per motivi di salute il collegio dei gesuiti di Reggio nell’Emilia, dove gli fu impartita una formazione classica, il giovane Pasolini rientrò nella campagna ravennate per condurvi una vita più salutare. Qui si divise fra la continuazione privata degli studi, in particolare agronomici sotto la guida del barone e amico di origine elvetica Elie-Victor-Benjamin Crud, la partecipazione sentimentale alle avventure politiche paterne e la gestione delle tenute che Pier Desiderio gli andava progressivamente affidando per prepararlo ad assumere la guida del casato. In questo apprentissage rientrò anche una serie di viaggi di formazione che Pasolini intraprese a partire dal 1833, recandosi prima in Toscana, a Roma e a Napoli, dove tra la fine del 1834 e l’estate del 1835 studiò scienze naturali con il botanico Giovanni Gussone, il minerologo Leopoldo Pilla e lo zoologo Arcangelo Scacchi da Gravina, poi all’estero dall’aprile 1836. Fu a Parigi, dove assistette alle sedute della Camera dei deputati dalla tribuna del corpo diplomatico e al clamore suscitato dall’attentato dell’ex militare repubblicano Louis Alibaud contro il re Luigi Filippo. In seguito si recò a Londra e in Belgio, dove la mattina del 18 settembre 1836 visitò la piana di Waterloo colmo di ammirazione e di trasporto verso la figura di Bonaparte e la leggenda napoleonica. Il tour proseguì sulle rive del Reno, poi in Svizzera, dove visitò non solo Berna e Ginevra, ma anche cime e ghiacciai alpini in omaggio al suo personale Sturm und Drang. Rientrato nella penisola alla fine del 1836, lo aspettava un percorso di accreditamento pubblico che iniziò con l’incarico di rendere omaggio, in rappresentanza del Comune di Ravenna, al cardinale Luigi Amat di San Filippo e Sorso, nominato nel novembre 1837 legato della provincia con facoltà straordinarie anche per Bologna, Ferrara e Forlì.

Nel giugno 1839 Pasolini fu sconvolto dalla morte del padre. Dopo un periodo molto difficile, lo aiutarono a superare il lutto anche le nuove amicizie strette, fra Mantova e Torino, con l’allora ufficiale dell’artiglieria sabauda Alfonso La Marmora e, a Firenze, con il più anziano marchese Gino Capponi e con il giovane conte Luigi Guglielmo de Cambray-Digny, al quale rimase legato sia personalmente sia politicamente per tutta la vita.

Questa rete di rapporti, che attraversava i confini degli antichi Stati italiani, si consolidò il 22 ottobre 1843, quando Pasolini sposò Antonia, detta Antonietta, Bassi, nipote di Gabrio Casati e colta esponente dell’aristocrazia milanese, con la quale ebbe quattro figli: Pier Desiderio (1844-1920), studioso di storia e custode delle memorie familiari; Enea (1846-1869), ufficiale dell’esercito sabaudo impegnato nella terza guerra d’indipendenza (1866) e nella repressione del brigantaggio in Calabria; Amalia (1847-1848) morta prematuramente a Roma di febbre perniciosa; Angelica (1854-1919), raffinata animatrice nella villa di Fonte all’Erta, a Firenze, di un frequentato salotto intellettuale e politico, oltre che prima traduttrice italiana di The jungle book, Il libro della giungla, di Joseph Rudyard Kipling.

Dopo il matrimonio, e un nuovo soggiorno a Parigi, Pasolini si stabilì con la consorte nell’antica villa di Montericco, un tempo appartenuta ai Codronchi, presso Imola. Lì ebbe modo di approfondire la conoscenza del cardinale Giovanni Maria Mastai Ferretti, vescovo della città romagnola, con il quale strinse un rapporto di stima e di amicizia alimentato da lunghe conversazioni sulla necessità di riforme per lo Stato pontificio e intorno ai best seller politici di Cesare Balbo, Massimo d’Azeglio e Vincenzo Gioberti, che a metà degli anni Quaranta andavano strutturando il discorso del liberalismo moderato italiano, propugnato convintamente da Pasolini e dalla moglie.

Convocato a Roma nel marzo 1847 dall’amico cardinale, diventato l’anno prima Pio IX, nell’agosto dello stesso anno Pasolini fu nominato membro della Consulta di Stato in rappresentanza di Ravenna e nel febbraio 1848 entrò nel governo pontificio, per la prima volta aperto a ministri laici, in qualità di responsabile per il Commercio, l’agricoltura, l’industria e le belle arti. Nel marzo successivo, alla vigilia dell’emanazione dello statuto costituzionale che da tempo egli perorava presso il papa, fu confermato nel nuovo ministero laico. Su sua raccomandazione entrò ai Lavori pubblici anche l’amico personale e politico Marco Minghetti, con il quale si dimise il 29 aprile 1848 a seguito dell’allocuzione papale che ritirava l’esercito pontificio dalla guerra nazional-patriottica. Intenzionato inizialmente a partire insieme a Minghetti per il quartier generale di Carlo Alberto di Savoia, Pasolini, su consiglio di Diomede Pantaleoni, decise di rimanere a Roma e accettò la nomina nell’Alto Consiglio, di cui assunse la vicepresidenza. Giocò, quindi, un ruolo rilevante nell’ascesa al potere di Pellegrino Rossi, giurista ed ex ambasciatore della Francia orleanista, che Pasolini e il suo gruppo liberale moderato avevano individuato nell’estate del 1848 come lo statista, in gioventù murattiano, al quale affidare la guida del governo costituzionale dopo la rottura fra il presidente del Consiglio Terenzio Mamiani della Rovere e il sovrano pontefice. Dopo l’assassinio di Rossi (15 novembre 1848), Pasolini si rifiutò di sostituirlo a causa dell’indisponibilità di Pio IX ad accettare un ministero che avesse per programma la partecipazione all’auspicata ripresa della guerra antiaustriaca e sperimentò la contraddittorietà, se non l’impossibilità, di una linea liberale costituzionale di fronte alla fuga a Gaeta del papa-re, il 24 novembre. Ritiratosi ad Albano, diversamente da Minghetti, fece ritorno a Roma, dove per lealtà al sovrano decaduto assistette da spettatore alle elezioni a suffragio universale (maschile) per l’Assemblea costituente degli Stati romani del gennaio 1849, pur riconoscendone il relativo successo di partecipazione e manifestando dubbi sulla legittimità politica della scomunica comminata ai votanti. Due giorni dopo la proclamazione della Repubblica romana (9 febbraio 1849), Pasolini partì per la Toscana, dove, a Pisa, fu raggiunto dal suocero Paolo Bassi, ex podestà di Milano. Si stabilì poi a Firenze, nei cui dintorni acquistò, nel giugno 1850, la villa e la tenuta di Fonte all’Erta, diventata allora la seconda dimora di campagna della famiglia, che consolidava così la sua vocazione a valicare continuamente le frontiere degli antichi Stati italiani.

Fra ripresa degli studi, cura delle terre e conversazioni privilegiate con Minghetti, di frequente ospite in casa Pasolini, il soggiorno toscano si protrasse fino al 1855, quando il papa lo convocò ripetutamente a Roma per riprendere il filo di un dialogo mai veramente interrotto, ma dal quale Pasolini rimase politicamente molto deluso. Ciononostante, nel quadro di un impegno di servizio accettò, alla fine del 1857, la carica di gonfaloniere di Ravenna. Avvicinatosi al conte di Cavour, conosciuto a Torino per il tramite di La Marmora, e alla soluzione sabauda dell’unità d’Italia, patrocinò convintamente la rivoluzione del 1859, ma per i suoi rapporti con il papa non poté accettare la candidatura all’Assemblea nazionale delle Romagne. Rifiutata la dittatura di Parma e Piacenza offertagli dall’amico Luigi Carlo Farini, si occupò intensamente di questioni amministrative e di iniziative modernizzatrici come l’abolizione delle dogane intermedie fra le province dell’Italia centrale in procinto di unirsi al Regno di Sardegna e la progettazione di una strada ferrata fra le Romagne e la Toscana.

Nel marzo 1860 fu nominato senatore e nell’autunno dello stesso anno governatore di Milano in sostituzione di Massimo d’Azeglio, iniziando una brillante carriera di ‘alto funzionario politico’ che lo portò a ricoprire la carica di prefetto di Torino sia nel 1862 sia nel 1864, poi di commissario regio a Venezia nel 1866. Nel frattempo, dopo avere ricevuto – senza successo – l’incarico di formare un proprio governo alla caduta di Urbano Rattazzi, fu ministro degli Affari esteri con il governo Farini dal dicembre 1862 al marzo 1863.

Durante il breve mandato si dedicò alla stipula di importanti trattati di commercio, fra cui quello di libero scambio con la Francia imperiale, e al tentativo di risolvere la questione di Venezia; impegno che reiterò, come agente della diplomazia ufficiosa, tra il 1863 e il 1864 durante ripetute missioni a Londra presso il leader liberale e amico lord John Russell e a Parigi, dove incontrò tre volte l’imperatore Napoleone III facendo leva sui legami di comunanza politica fra le loro due famiglie, risalenti alla fine del Settecento e sulla partecipazione dell’allora giovane principe alla rivoluzione romagnola del 1831.

Dopo il voto espresso in Senato a favore dello spostamento della capitale a Firenze, il 10 dicembre 1864 Pasolini si dimise da prefetto di Torino non senza manifestare profonda amarezza per i moti di settembre che non era stato in suo potere prevenire, dal momento che l’ordine pubblico della capitale dipendeva direttamente dal ministero dell’Interno e non dalla Prefettura, che presiedeva esclusivamente alla Provincia. Rifiutata l’offerta di nuovi incarichi politico-amministrativi a Firenze e a Napoli, Pasolini intendeva ritirarsi dalla vita pubblica, ma nell’ottobre 1866 non poté opporre diniego al presidente del Consiglio Bettino Ricasoli che lo volle a Venezia per gestire l’unione della città e del suo territorio al Regno d’Italia, oltre che ad accogliere insieme a lui il re Vittorio Emanuele II. L’ingresso spettacolare del sovrano in laguna, insieme ai notabili locali e nazionali, a bordo di una «splendida lancia tutta oro e colori che pareva un tempio galleggiante» (Pasolini, 1915, II, p. 65) fu ampiamente diffuso sia dalle principali riviste illustrate europee del tempo, sia da pittori patrioti come Girolamo Induno, che dedicò, in presa diretta, all’evento una grande pala (oggi conservata presso il Museo del Risorgimento di Milano). Lasciato l’incarico nell’aprile 1867 a seguito del ritorno al potere di Rattazzi, con il quale da ‘esponente integrale’ della Destra storica non riteneva di poter collaborare, Pasolini si divise fra le sue tenute in Romagna e quelle in Toscana. Non rinunciò, tuttavia, a partecipare attivamente alla vicenda politico-amministrativa di Firenze in qualità di membro di importanti commissioni e di consigliere comunale, carica alla quale era stato eletto a partire dal 1865 nelle liste dell’Associazione liberale impegnata a nazionalizzare la rappresentanza municipale della nuova capitale.

Gli ultimi anni della sua vita furono funestati da due gravi lutti. Il 17 aprile 1869, dopo lunga malattia contratta sulla Sila, morì a Pisa il figlio Enea, mentre il 30 aprile 1873 a Firenze si spense la moglie Antonietta, la cui salute precaria era stata definitivamente minata dalla perdita del secondogenito. Ritiratosi nei possedimenti romagnoli della Coccolìa, Pasolini trovò conforto nello studio delle Scritture e in quella fede «ardente e viva in Dio creatore» (Pasolini, 1915, II, p. 286) che caratterizzava il suo profilo – non inusuale per gli esponenti della Destra storica – di liberale profondamente cattolico. Mentre il dolore lo consumava, trascorse l’autunno del 1874 a Varese, dove il figlio Pier Desiderio si unì in matrimonio a Maria Ponti, discendente di una dinastia di imprenditori tessili, per poi fare ritorno nel Ravennate insieme alla figlia Angelica, che nel febbraio 1876 sposò il conte Giuseppe Rasponi dalle Teste. Quest’evento contribuì, insieme all’intervento personale del sovrano e di Giovanni Codronchi, suo parente e segretario generale del ministero dell’Interno, a convincere Pasolini ad accettare, infine, la presidenza del Senato che ripetutamente Minghetti, preoccupato per lo stato d’animo dell’amico, gli aveva offerto negli ultimi due anni affinché coronasse degnamente la sua lunga carriera politica. Entrato in carica il 6 marzo 1876, dopo essere stato già vicepresidente della Camera alta dal 1863 al 1865, assistette con disappunto alla sconfitta della sua parte politica a seguito della defezione della componente toscana e all’ascesa al potere della Sinistra. Benché la sua salute si facesse viepiù precaria, non si sottrasse, nell’estate del 1876, a un ultimo viaggio londinese per presentare ufficialmente, da autentico old english gentleman, ai numerosi amici britannici la figlia da poco maritata. Nell’autunno successivo, contro il parere dei medici, si sottopose a un estenuante viaggio di rappresentanza per registrare – in qualità di ufficiale di stato civile della famiglia reale – l’atto di morte della principessa Maria Vittoria, duchessa d’Aosta ed ex regina di Spagna, deceduta l’8 novembre 1876 a Sanremo, e partecipare alle sue esequie, che ebbero luogo a Torino nella basilica di Superga.

Rientrato molto provato a Ravenna, Pasolini vi morì, assistito dai familiari, il 4 dicembre 1876.

Fonti e Bibl.: L’archivio della famiglia Pasolini dall’Onda è custodito dai discendenti a Ravenna e notificato alla Soprintendenza archivistica per l’Emilia-Romagna. Una parte del carteggio di Pasolini con la figlia Angelica è nel Fondo Angelica Pasolini dall’Onda, conservato a Firenze presso il Gabinetto G.P. Vieusseux - Archivio contemporaneo Alessandro Bonsanti. Necrologi: Il Ravennate, 6 dicembre 1876; Gazzetta di Torino, 7 dicembre 1876; Morning Post, 18 dicembre 1876. Inoltre: M. Minghetti, Miei ricordi, I-III, Torino 1888-1890, ad ind.; P.D. Pasolini, G. P. 1815-1876. Memorie raccolte da suo figlio, I-II, 4a ed. nuovamente accresciuta dall’autore, Torino 1915; Carteggio tra Marco Minghetti e G. P., a cura di G. Pasolini, I-IV, Torino 1924-1930; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, V, Milano 1932, pp. 169-171; F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari 1951, pp. 124, 181, 220, 328, 376; A. Moscati, G. P., in I Ministri del Regno d’Italia, II, Napoli 1957, pp. 6-26; A. Torre, G. P. nel Risorgimento fino all’annessione delle Romagne, in Il Risorgimento e Carlo Luigi Farini. Rassegna trimestrale di studi, II (1960), 3, pp. 68-76; Id., G. P. e la politica estera italiana, in Almanacco ravennate, VI (1960), pp. 407-460; N. Pasolini dall’Onda, Documenti relativi ad un ministero mai formato (dicembre 1862), in Rassegna storica del Risorgimento, LIII (1966), 3, pp. 469-477; R.P. Coppini, L’opera politica di Cambray-Digny, sindaco di Firenze e ministro delle finanze, Roma 1975, pp. 140 s.; A. Appari, G. P., in Il Parlamento italiano 1861-1988, III, Milano 1988, pp. 345 s.; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, I, Senatori del Regno di Sardegna, s.v., http:// notes9.senato.it/ web/senregno.NSF/P_l?OpenPage (10 ott. 2014).

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