PATANIA, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PATANIA, Giuseppe

Davide Lacagnina

– Nacque a Palermo il 18 gennaio 1780 da Giacinto, «confettiere e sarto», discendente dall'omonimo artista attivo ad Acireale nel XVII secolo, e da Giuseppa D’Anna, cugina di Vito D’Anna, fra i maggiori frescanti siciliani del XVIII secolo (Riccobono, 1993).

Nonostante l’illustre ascendenza, sembra che i genitori non abbiano voluto assecondare la precoce vocazione artistica del figlio. Secondo quanto riportano i più antichi biografi, fu una zia paterna a intercedere presso un non altrimenti precisato «modellatore di figurine, e di ornati di desert da tavola» (Gallo, seconda metà sec. XIX, 2005, p. 301), perché il giovane Patania ricevesse i primi rudimenti del mestiere. Solo più tardi, grazie all’intervento dell’architetto Salvatore Attinelli, amico di famiglia, fu accolto nello studio di Giuseppe Velasco. L’apprendistato s’interruppe nel 1795, a causa di una lite fra i due. Patania continuò allora a studiare da autodidatta, frequentando occasionalmente le lezioni dell'Accademia del nudo di Palermo (Vigo, 1836).

Assai lacunose sono le notizie sui primi anni di attività. Di questa stagione sono note alcune collaborazioni come scenografo, ornatista, decoratore d’interni e progettista d'apparati effimeri, e forse anche come attore (Meli, 1875). Le prime commissioni certe datano al 1797, ma si riferiscono a opere oggi non più esistenti (Bruno, 1993).

Bisogna attendere il 1803 per il più antico dipinto firmato: il Ritratto di Giovanni Meli, già nella collezione di Agostino Gallo e oggi in collezione privata palermitana (Bruno, 1993, cat. I.1, alla cui numerazione d’ora in poi si fa riferimento per le altre opere citate e in catalogo). Nel 1804 Patania è documentato a Maó, nell’isola di Minorca, dove decorò, con Stefano Cotardi, alcuni ambienti della ca n’Oliver, su commissione di Llorenç Oliver, ricco mercante e armatore minorchino (Sintes Espasa - Hernández Gómez, 2002). Nel 1805, di ritorno dalle isole Baleari, verrebbe a collocarsi il suo soggiorno a Napoli, di cui testimoniano le fonti più antiche. A questa circostanza va forse riportato il Ritratto del principe di s. Antimo giovinetto nelle vesti di Apollo proveniente dalla collezione Ruffo e oggi nel Museo nazionale di S. Martino a Napoli (Napoli, 2001). Rientrato a Palermo, Patania non se ne allontanò più, a causa di una non ben identificata malattia (Gallo, 1867).

A una collaborazione con l’architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia sono legate, negli stessi anni, la commissione di una tela con S. Calogero nella cappella della Real Casina di caccia di Ficuzza (I.6), in provincia di Palermo, e la decorazione di alcuni saloni di palazzo Belmonte-Riso nel capoluogo isolano: gli affreschi, andati perduti sotto i bombardamenti del 1943, sono noti soltanto da alcune riproduzioni in bianco e nero (Bruno, 1993, p. 23, figg. 6-8).

Agli anni 1807-15 datano le decorazioni nella Palazzina cinese e nel Palazzo dei Normanni di Palermo (Barbera, 1991): due interventi mai del tutto chiariti, rispetto alla loro reale consistenza, e dalla cronologia piuttosto controversa. In realtà, la proposta iniziale di un contributo maggiore da parte di Patania, accanto a quello dei pittori Velasco e Vincenzo Riolo, nella decorazione della sala della Regina al terzo piano nella Palazzina cinese (Accascina, 1939, 1982; Paolini, 1973; Bruno, 1993), era stata già esclusa da Giuffrè (1987) e, sulla base di accertamenti documentali, anche da Riccobono (1989, scheda 40). Tuttavia, è possibile immaginare una presenza di Patania all’interno del cantiere in subordine al più anziano maestro Velasco e più tardi, nel decennio 1815-25, forse anche nella decorazione della sala d'Ercole nel Palazzo reale, dapprima come suo collaboratore e poi come maestro autonomo nella decorazione della sala Pompeiana (I-97).

L'intonazione classicista della prima produzione di Patania è stata variamente ricondotta, oltre che all’insegnamento di Velasco, all’influenza della pittura di Riolo e degli interessi archeologici dell’irlandese Robert Fagan, pittore e console generale del Regno Unito in Sicilia dal 1809 al 1814, sullo sfondo di un’assonanza, in vero piuttosto generica, con il neoclassicismo lombardo di Andrea Appiani (Paolini, 1973; Bruno, 1993 e 1996). Tuttavia, in assenza di riscontri puntuali sulle fonti visive e sulle relazioni realmente intrecciate da Patania nel corso della sua attività, è bene ridimensionare questi apporti alla luce di una più equilibrata contestualizzazione del pittore in ambito locale. Per le stesse ragioni appaiono del tutto fuorvianti i riferimenti alla pittura di John Flaxman e di Friedrich Overbeck (Gallo, seconda metà sec. XIX, 2005) o taluni precorrimenti di cultura preraffaelita proposti più di recente (Riccobono, 1993).

Piuttosto discontinua, per quantità e qualità, risulta l’attività dei primi due decenni del XIX secolo; non solo per la fisiologica dispersione delle opere giovanili, ma anche per il carattere ondivago dei riferimenti culturali ostentati. Se nei ritratti prende corpo la maniera più morbida di un romanticismo dalle cromie piene e dalla luminosità calda, costruito su un gioco sapiente di trasparenze e velature (del 1807 è l’Autoritratto nella Galleria d'arte moderna di Palermo (I-2); del 1812 il Ritratto di Tommaso Gargallo nella Biblioteca arcivescovile alagoniana di Siracusa (I-7); del 1814 il Fanciullo con coniglio nella Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, I-8), i dipinti sacri eseguiti nello stesso periodo rivelano ora una felice grazia ancora tutta settecentesca (Allegoria della Redenzione, datato e firmato 1818, nella chiesa della badia nuova di Palermo, I-10), ora un più asciutto e stereometrico impianto d'incerta impronta neoclassica (Presentazione di Maria Vergine al tempio, ante 1817, nella chiesa di S. Maria della Croce di Regalbuto, in provincia di Enna, I-9), ora lo stanco registro neo-secentesco della pala d’altare controriformata (nei due dipinti con la Trasfigurazione e S. Basilio nella chiesa del collegio di S. Basilio a Randazzo, nella provincia di Catania, I-11 e I-12).

Nel 1821 Patania ricevette da parte di Agostino Gallo la commissione della serie dei ritratti dei siciliani illustri, cui attese fino al 1844. La collezione, concepita per la casa-museo di Gallo, è oggi ospitata nella cosiddetta galleria dei ritratti, o famedio dei siciliani illustri, della Biblioteca comunale di Palermo, cui pervenne per lascito testamentario nel 1874 (Bullettino, 1873-1874).

Dagli appunti manoscritti di Gallo (seconda metà sec. XIX, 2005) si ricavano molte informazioni sui committenti e i collezionisti di Patania: si scopre così, ad esempio, un cospicuo nucleo di dipinti di soggetto mitologico e letterario, con una predilezione per temi danteschi, ariosteschi, shakespeariani e manzoniani, realizzati fra il 1828 e il 1829, di proprietà del barone Vaginelli (Gallo, seconda metà sec. XIX, 2000a). Alcuni di essi, transitati dapprima nella collezione dell'avvocato Girolamo Di Martino e da lì nelle raccolte del Museo nazionale, sono conservati, dal 1936, nella Galleria d’arte moderna di Palermo (Leone, 2007).

Nel corso degli anni Venti le commissioni per ritratti e opere di soggetto storico si alternarono a quelle per dipinti sacri: al 1824 datano ad esempio il Ritratto del marchese Pietro Ugo delle Favare per la sala dei Viceré del Palazzo dei Normanni e il Martirio di s. Placido per la cattedrale di Nicosia (Riccobono, 1989, scheda 41). Il decennio registra un successo montante che culminò, nel 1828, con il riconoscimento del titolo di cavaliere dell’Ordine di Francesco I e, nel 1830, con la nomina a membro della Commissione di antichità e belle arti della Sicilia insieme al principe Giuseppe Lanza Branciforte di Trabia, al duca Domenico Lo Faso Pietrasanta di Serradifalco e allo scultore Valerio Villareale. In questo nuovo ruolo, Patania fu incaricato di dirigere gli interventi di conservazione dell’affresco del Paradiso di Pietro Novelli nel palazzo Sclafani di Palermo (Giuffrida, 1981), forte anche di un interesse per la pittura del Monrealese documentato dalla realizzazione di diversi studi d’après e di alcune copie (Riccobono, 1990), che vanno ad aggiungersi ad altre da antiche maestri, e in particolare da Tiziano e da Correggio, di cui dà notizia Gallo (seconda metà sec. XIX, 2000a).

Al «1830 circa» (Longo, 2011) è riferito l’affresco con Ruggero d'Altavilla e Roberto il Guiscardo che ricevono le chiavi della città di Palermo sulla volta della sala Gialla del Palazzo dei Normanni: terzo ‘quadro’ di un più vasto programma iconografico, con interventi, oltre che di Patania, di Riolo e di Giovanni Patricolo, inteso a celebrare la conquista della Sicilia da parte dei Normanni e in cui riflettere la gloria della dinastia francese dei Borbone sull'isola. Più verisimilmente l'esecuzione dell’affresco, su iniziativa di Francesco I, succeduto al padre nel 1825, va circoscritta fra l'ascesa al trono del sovrano e la nomina del pittore a cavaliere dell'Ordine di Francesco I nel 1828.

Opere degli anni Trenta sono conservate nel Museo regionale di Trapani: il Ritratto della regina Maria Cristina delle Due Sicilie del 1833 (I-109), il Ritratto del generale Giovan Battista Fardella del 1836 (I-124) e un dipinto, non firmato e non datato, con L’apparizione dell’ombra di Samuele, già assegnato a Patania da un antico inventario manoscritto del Museo e proposto come opera autografa in prima battuta da Mondello (1881) e più di recente da Barbera (1997), che ne ipotizza una datazione fra il 1820 e il 1830.

Un attento riesame merita la vasta produzione grafica riferita a Patania, in considerazione della discontinuità di stile di scrittura sui fogli conservati nel Gabinetto disegni e stampe di Palazzo Abatellis e raccolti in un unico corpus da Bruno (1993, II-1/242), in cui le occorrenze del nome di Patania in calce ai fogli – con calligrafie apocrife, postume, e in molti casi anche evidentemente dissimili – più che l'autografia dell’artista, attestano semmai la pratica attribuzionistica su cui si esercitavano i primi estimatori e collezionisti della sua opera grafica nel corso dell’Ottocento.

Dal 1813 Patania fu chiamato a illustrare alcune edizioni a stampa di poemi di Giovanni Meli: Quattro stagioni, La fata galante e Don Chisciotte (1814) e Egloghe (1815) (Pottino, 1940). Inoltre, grazie all’interesse del figliastro Giuseppe Bucalo residente a Parigi (nel 1832 Patania ne aveva sposato la madre Narda, rimasta vedova), l’artista ebbe modo di essere apprezzato anche in Francia, da dove gli venne commissionata la traduzione grafica di alcuni episodi del romanzo Les aventures de Télémaque di Fénelon: ne rimangono otto incisioni all’acquaforte nel Gabinetto disegni e stampe di Palazzo Abatellis, mentre non c’è alcuna evidenza che sia andato mai in porto il progetto di un’edizione a stampa, pure annunciata sul periodico palermitano La Cerere nel gennaio del 1846 (Gallo, seconda metà sec. XIX, 2005).

Nel corso degli anni Quaranta furono ancora numerose le commissioni per ritratti e pale d’altare, in particolare per la provincia di Trapani e segnatamente per le città di Alcamo e di Calatafimi, in cui si consolidò una pratica di bottega che non contemplava grandi novità o picchi di particolare interesse nel confronto con gli anni precedenti.

Unico riconoscimento degno di nota nell’ultimo decennio di vita di Patania è l’elezione, nel maggio del 1841, a membro onorario della National Academy of Design di New York (Bruno, 1993, Appendice documentaria, p. 246).

Morì a Palermo il 23 febbraio 1852.

Fonti e Bibl.: L. Vigo, G. P., in Il Vapore, III (1836), pp. 253-256; A. Gallo, Notamento alfabetico di pittori, e musaicisti siciliani, ed esteri che hanno lavorato pure per la Sicilia ricavato in parte in rari mss. dal Mongitore nella biblioteca del Senato in Palermo…, (seconda metà sec. XIX), trascrizione e note di M.M. Milazzo - G. Sinagra, presentazione di M. Salerno, Palermo 2000a, pp. 53 s.; Id., Notizie intorno agli incisori siciliani… (seconda metà sec. XIX), trascrizione e note di A. Anselmo - M.C. Zimmardi, Palermo 2000b, p. 91; Id., Autobiografia (seconda metà sec. XIX), trascrizione, saggio introduttivo e note a cura di A. Mazzè, Palermo 2002; A. Gallo, Parte seconda delle notizie di pittori e mosaicisti siciliani ed esteri che operarono in Sicilia (seconda metà sec. XIX), Palermo 2005, p. 292 s.; Id., Sugli scrittori moderni di Storia della Sicilia, in Prose miscellanee sulla letteratura, storia, critica belle arti ed archeologia, Palermo 1867, p. 78; Bullettino della Biblioteca comunale di Palermo (1873-1874), n. 3, pp. III-XII; G. Meli, Sulle arti del disegno in Sicilia nel secolo XIX, in Atti dell’Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo, V (1875), pp. 1-13; F. Mondello, La Biblioteca e la Pinacoteca Fardelliana in Trapani, in Nuove Effemeridi Siciliane, 1881, p. 262.

U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, Leipzig 1932, p. 291; M. Accascina, Ottocento siciliano. Pittura (1939), Palermo 1982, pp. 28 s., 147 s. (con bibliografia); F. Pottino, Le arti belle e Giovanni Meli, in Studi su Giovanni Meli nel II centenario della nascita 1740-1940, Palermo 1940, p. 535; [P.] Sgàdari di Lo Monaco, Pittori e scultori siciliani dal seicento al primo ottocento, Palermo 1940, pp. 102 s.; A.M. Comanducci, Dizionario…, IV, Milano 1973, p. 2375; M.G. Paolini, Sulla mostra di inediti siciliani a Palermo, in Bollettino d'Arte, s. 5, LVIII (1973), pp. 181-184; R. Giuffrida, Aspetti della politica dei beni culturali in Sicilia nella prima metà dell'ottocento: il problema del restauro degli affreschi di palazzo Sclafani, in BCA Sicilia, II (1981), pp. 21-31; Pittori siciliani dell'800, a cura di I. Mattarella, Palermo 1982, pp. 10 s.; M. Giuffrè, Neostili e cineserie nelle fabbriche del real sito ai Colli, in R. Giuffrida - M. Giuffrè, La palazzina cinese e il museo Pitrè nel parco della Favorita a Palermo, Palermo 1987, pp. 85 s.; S. Riccobono, in XIV Catalogo di opere d’arte restaurate (1981-1985), Palermo 1989, pp. 160-170, schede 40-41; Ead., Novelli e l'Ottocento, in Pietro Novelli e il suo ambiente (catal.), Palermo 1990, pp. 115-132; G. Barbera, in La pittura in Italia. L'Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, II, Milano 1991, p. 954; I. Bruno, G. P. Pittore dell'Ottocento, Caltanissetta-Roma 1993 (con bibliografia); S. Riccobono, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, II, Pittura, a cura di M.A. Spadaro, Palermo 1993, pp. 397 s. (con bibliografia); G. Barbera, Su due dipinti ottocenteschi del Museo Pepoli: aggiunte al catalogo di G. P. e di Natale Carta, in Miscellanea Pepoli. Ricerche sulla cultura artistica a Trapani e nel suo territorio, a cura di V. Abbate, Trapani 1997, pp. 263 s.; G. P. nelle collezioni del museo (catal.), a cura di A. Purpura, Palermo 1998 (schede di R. Sinagra); E. Bénézit, Dictionnaire…, X, Paris 1999, p. 626; Napoli e dintorni, Milano 2001, p. 331; G. Sintes Espasa - Á. Hernández Gómez, La tradició clàssica en la decoració de residències a Maó, Maó 2002, pp. 39 s.; F. Leone, in Galleria d'arte moderna di Palermo. Catalogo delle opere, a cura di F. Mazzocca - G. Barbera - A. Purpura, Cinisello Balsamo 2007, pp. 102 s., schede III.1-III.7; P. Longo, La cultura figurativa nel palazzo reale di Palermo. Le pitture murali e la quadreria, Palermo 2011, pp. 54 s.

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