UNGARETTI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)

UNGARETTI, Giuseppe

Stefano Colangelo

UNGARETTI, Giuseppe. – Nacque l’8 febbraio 1888, ad Alessandria d’Egitto, da Antonio e da Maria Lunardini, entrambi di origine contadina, provenienti dai dintorni di Lucca.

Antonio, insieme con un fratello, era emigrato in Egitto prima del 1869, per lavorare nei cantieri del canale di Suez. Preceduto da un fratello, Costantino, nato nel 1880, Giuseppe crebbe con l’aiuto di una balia sudanese, di nome Bahita, e di un’anziana donna di nome Anna, delle Bocche di Cattaro.

Dal 1897 Ungaretti frequentò l’Istituto don Bosco; poi, dal 1904, l’École suisse. Nel collegio salesiano affrontò le prime letture di Giacomo Leopardi; nella scuola svizzera, invece, ebbe i primi contatti con il Mercure de France, dove poté conoscere Baudelaire, Poe, e soprattutto Mallarmé e Nietzsche, tradotto da Henri Albert. Con lui studiava un giovane alessandrino di origine libanese, Moammed Sceab, di un anno più grande: entrambi simpatizzarono per l’idea anarchica, molto diffusa ad Alessandria. Ungaretti collaborò al Risorgete! Settimanale di propaganda atea, già attivo tra il 1907 e il 1909, e fu redattore per L’Unione della democrazia, dal gennaio 1908 al dicembre 1910.

Appassionato alla storia e alla multipolarità culturale di Alessandria, Ungaretti divise i suoi primi interessi con due fratelli, Jean-Léon e Henri Thuile e nella biblioteca della loro casa poté immergersi in lunghe letture e meditazioni: i Thuile collaboravano alle ricerche su un porto di età pre-tolemaica, presso Pharos: nell’immaginario di Ungaretti, più tardi, il «porto sepolto».

Trasferitosi al Cairo verso la fine del 1909, cominciò a collaborare con il Messaggero egiziano scrivendo di lettere italiane, per lo più, segnalando – tra l’altro – le Revolverate di Gian Pietro Lucini e appassionandosi a Giovanni Papini e all’attività della Voce. I primi scritti creativi, due novellette che definì Bizzarrie, apparvero il 9 e il 15 gennaio 1910; sempre per il Messaggero cominciò anche l’esperienza di traduttore, con la novella Silence di Edgar Allan Poe.

Nell’autunno del 1912 Ungaretti partì da Alessandria per Brindisi, con destinazione finale Parigi: a Firenze incontrò Giuseppe Prezzolini e Piero Jahier; a Milano il pittore Carlo Carrà. Lasciò l’Italia con una lettera di raccomandazione scritta da Prezzolini a Salvatore Piroddi, incaricato di guidarlo nella capitale francese. A Parigi fu accolto da Moammed Sceab, che vi si era stabilito due anni prima, e da Christian Zervos, già nel gruppo della rivista letteraria Grammata. Iscritto alla Sorbona, apprezzò le lezioni di letteratura di Gustave Lanson e quelle del filologo Joseph Bédier. Conobbe, fuori dall’Università, molti artisti e letterati, soprattutto grazie a Louise Ricou, che teneva un salotto in boulevard Raspail, tra cui lo scultore Constantin Brancuşi e, soprattutto, Guillaume Apollinaire.

Ai primi del 1913 Ungaretti aveva già conosciuto Francis Jammes, Paul Fort e il futuro genero di quest’ultimo, il pittore Gino Severini, nonché Charles Péguy, direttore dei Cahiers de la Quinzaine, Georges Sorel e il filosofo Confucio Cotti; poté ammirare Picasso e Henri Rousseau, e frequentare le Soirées de Paris, il mensile diretto da Apollinaire e da André Salmon; nel salotto di Elémir Bourges incontrò anche Marcel Proust.

Il 9 settembre 1913 Moammed Sceab si tolse la vita: la prima poesia del Porto sepolto, In memoria, segnò l’irreparabilità di quella cesura. Sempre nel 1913, in Italia, Papini e Ardengo Soffici, entrambi già in rapporti con gli ambienti parigini, si separarono dalla Voce di Prezzolini per fondare Lacerba. Soffici incontrò Ungaretti a Parigi nella primavera del 1914, durante l’esposizione dei futuristi italiani, cui parteciparono Filippo Tommaso Marinetti, Aldo Palazzeschi, Soffici, Umberto Boccioni, Carrà e Alberto Magnelli; in questa occasione, Ungaretti mostrò a Palazzeschi i suoi primi versi.

Laureatosi alla Sorbona discutendo una tesi su Maurice de Guérin, tornò quindi in Italia per abilitarsi all’insegnamento nelle scuole; preparò l’esame in Versilia, dove aveva ritrovato un gruppo di anarchici capitanato da Enrico Pea (tra cui il pittore Lorenzo Viani e il poeta Ceccardo Roccatagliata Ceccardi); ma fu a Milano che trovò un impiego come insegnante di francese. Nel novembre del 1914 manifestò a Prezzolini l’intenzione di arruolarsi; scriveva intanto a Papini, proponendogli una traduzione francese delle sue opere da affidare a Jean-Léon Thuile; e gli inviava alcune poesie – le prime pubblicate in Italia – che uscirono su Lacerba tra il 7 febbraio e l’8 maggio 1915.

Il 22 maggio 1915 fu chiamato alle armi e assegnato al 53° reggimento di fanteria Vercelli: fu però inviato all’ospedale militare di Biella «per inabilità ai servizi militari». Il 23 ottobre si unì alla 2ª compagnia del reggimento, e arrivò in zona di guerra con il 19° fanteria, 8ª compagnia, brigata Brescia, alle pendici del monte San Michele, sul Carso. Il 31 marzo 1916 uscì sulla Voce la poesia Lindoro di deserto.

Dal fronte Ungaretti stabilì rapporti epistolari con Gherardo Marone, ispanista, editore, promotore culturale e traduttore, che aveva fondato a Napoli una rivista letteraria mensile, La Diana, attiva dal 1915 al 1917; il 14 luglio gli confidò il progetto di pubblicare «un migliaio di versi», trascrivendogliene appena sette, intitolati Il Porto sepolto. Il libro fu stampato però a fine 1916 grazie all’interessamento del tenente Ettore Serra, classe 1890, conosciuto da Ungaretti in un turno di riposo a Versa; da lui ritirò le 80 copie del libro, il 16 dicembre, portandole con sé nella licenza di Natale trascorsa a Napoli, ospite di Marone.

La prima recensione al Porto sepolto uscì il 4 febbraio 1917 nel Resto del Carlino, per l’autorevole firma di Papini; nello stesso mese Marone elogiò il libretto sul mensile Cronache letterarie; ancora Papini, in marzo, lo presentò sul Mercure de France; e sulla rivista Nord-Sud Apollinaire tradusse una poesia.

Nel frattempo i soldati in possesso di un titolo di studio furono obbligati, nella primavera del 1917, a frequentare un corso per allievi ufficiali: Ungaretti fu trasferito alla 43ª compagnia presidiaria, 58ª divisione, XIII Corpo d’armata, per l‘addestramento; ma poiché il suo titolo di studio era stato conseguito all’estero, la frequenza del corso era facoltativa, e pertanto rimase un semplice fante.

A ottobre 1916 La Riviera ligure, la rivista di Ceccardi, Mario Novaro e Camillo Sbarbaro, pubblicò Giugno, seguita da una sezione intitolata Intagli, con nuovi testi. Ancora, l’Antologia della Diana, in circolazione a fine 1917, ospitò Il ciclo delle 24 ore, dedicato a Papini. Sempre a Papini, Ungaretti aveva anticipato, a ottobre, un’idea narrativa dal titolo Le avventure di Turlurù: ma la ritirata di Caporetto, tra il 24 ottobre e il 9 novembre, non gli permise di portarla a termine.

Nel febbraio-marzo 1918, fu dapprima a Brescia, poi a Parma e infine a Roma, presso l’ospedale militare del Celio; per tornare poi al fronte, sul versante francese. Di qui scrisse, a maggio, a Giuseppe Raimondi, direttore della rivista La Raccolta, dicendogli di voler mettere insieme nuove sezioni di testi e su quella rivista pubblicò Atti primaverili e d’altre stagioni. Durante la battaglia di Bligny, culminata nella notte tra il 14 e il 15 luglio, Ungarettti fu sfiorato da una scheggia alla tempia, rischiando la vita; Soffici, che allora era un ufficiale distaccato presso il comando d’armata, agevolò il suo trasferimento fuori dalla zona di guerra, a Parigi.

Insignito della Croix de guerre, a cavallo dell’armistizio del 9 novembre, Ungaretti si unì al Sempre Avanti..., periodico delle truppe italiane in Francia. Nel giorno dei festeggiamenti per la fine della guerra, apprese la notizia della morte di Apollinaire.

A Parigi continuò a lavorare a un nuovo libro, pubblicandone alcuni testi in diverse riviste, e collaborando con Littérature, fondata da Philippe Soupault, Louis Aragon e André Breton, e L’Action di Florent Fels e Marcel Sauvage. In questi mesi il giornalista militante Benito Mussolini lo assunse come corrispondente del Popolo d’Italia, ove lavorò per circa un anno, prima di curare, dall’aprile del 1920, la rassegna stampa francese per l’ambasciata italiana. In primavera si consolidò il progetto della nuova raccolta destinata all’editore Vallecchi, con il titolo definito a fine anno di Allegria di naufragi. Il 12 agosto 1919 Ungaretti fu congedato dall’esercito con il grado di caporale.

Dopo un breve soggiorno a Lucca, in agosto, e l’incontro con la redazione del Popolo d’Italia a Milano – Mussolini incluso –, Ungaretti riprese a Parigi la sua vita, piena di stimoli, ma anche di difficoltà economiche. Nel palazzo dove abitava conobbe una giovane insegnante, Jeanne Dupoix, con cui si unì in matrimonio il 3 giugno 1920 (e che sposò, poi, anche con rito religioso poco prima che morisse, il 10 gennaio 1958); nello stesso palazzo risiedevano Bernard Groethuysen e Jean Paulhan e aveva lo studio Giorgio de Chirico.

Quando, all’inizio del 1921, Jeanne rimase incinta, cambiarono casa: in estate il nascituro, chiamato Jean-Claude, morì soffocato dal cordone ombelicale. Ebbero in seguito altri due figli: Anna Maria (detta Ninon), nata il 17 febbraio 1925, e Antonio, nato il 9 febbraio 1930 e morto il 20 novembre 1939 a causa di un’appendicite diagnosticata in ritardo.

Alla fine dell’anno i coniugi si trasferirono a Roma, dove Ungaretti fu impiegato presso l’ufficio stampa del ministero degli Esteri; iniziò la collaborazione con Emilio Cecchi e con La Ronda; nell’estate del 1923 pubblicò il Porto sepolto, curato da Serra; nel marzo del 1924, da Jacques Rivière, direttore della Nouvelle Revue française, ebbe l’incarico di ricevere Paul Valéry a Roma.

Nella primavera successiva, Ungaretti fu designato quale rappresentante in Italia della Nouvelle Revue française; nel febbraio del 1926, il poeta e traduttore belga Franz Hellens, direttore del Disque vert, gli organizzò un ciclo di letture nelle Fiandre e nei Paesi Bassi. In aprile divenne consulente del trimestrale letterario Commerce, finanziato dalla contessa Marguerite Caetani e curato da Valéry, Léon-Paul Fargue e Valery Larbaud (alla rivista, multinazionale e multilingue, collaboravano anche Paulhan, Saint-John Perse, Thomas Stearns Eliot, Hugo von Hofmannsthal e Dimitri Mirskij). Ungaretti vi contribuì con una sorta di antologia della letteratura italiana, dal Trecento alla contemporaneità, e vi fu inserito come autore, nella primavera del 1925 e nell’estate del 1927.

Al 1926 data una foto che ritrae Ungaretti in duello, con tanto di pubblico e padrini, di fronte a Massimo Bontempelli, fondatore di 900, con il quale il poeta era venuto alle mani nel caffè Aragno, a Roma, dopo avere criticato un suo progetto di rivista italo-francese.

Ai primi di dicembre, ad Alessandria d’Egitto, morì la madre. Alla fine di giugno del 1927 il poeta, sempre in difficoltà economiche per l’insistita precarietà nel lavoro, si trasferì con la famiglia a Marino, in una casa più grande ed economica. La visita compiuta al monastero di Subiaco, durante la settimana santa del 1928, ospite dell’amico Francesco Vignanelli, già anarchico poi frate benedettino, segnò l’iniziò della conversione di Ungaretti al cattolicesimo, di cui fu prima testimonianza l’Hymne à la Pitié, uscito nel dicembre del 1928 nella Nouvelle Revue française.

Per tutto il 1929, Ungaretti continuò a collaborare con diversi quotidiani e periodici: Il Tevere, soprattutto, ma anche Il Resto del Carlino, Il Popolo d’Italia e L’Italia letteraria. Tradusse, inoltre, l’Anabase di Saint-John Perse, pubblicata due anni dopo su Fronte, e pubblicò sul Tevere alcune traduzioni tratte da William Blake. Tra aprile e giugno lavorò sull’opera di Lautréamont per L’Italia letteraria, e a fine anno iniziò la collaborazione con La Gazzetta del popolo, che dette vita a numerosi viaggi e reportages, confluiti poi nel Povero nella città (Milano 1949) e nel Deserto e dopo (Milano 1961).

L’editore milanese Preda pubblicò nel 1931 un suo nuovo libro di poesie: L’Allegria. Fu l’anno del ritorno in Egitto, raccontato nella Gazzetta del popolo in dodici articoli. Seguirono nel 1932 i viaggi in Corsica, a Montecassino, poi a Pompei e a Napoli. Come traduttore, Ungaretti si accostò a Luís de Góngora: tale attività fu poi raccolta in Traduzioni (Roma 1936) e Da Góngora e da Mallarmé (Milano 1948). Alla fine dell’anno arrivò invece un libro nuovo di poesie, Sentimento del tempo, edito nel 1933 da Vallecchi a Firenze, e da Novissima a Roma.

Nello stesso 1933, Ungaretti divenne traduttore e curatore per la collana Quaderni di Novissima, cominciando a tentare la via dell’insegnamento accademico. In primavera, tenne una lezione presso la Scuola Normale superiore di Pisa che lo riempì di soddisfazione, mentre la nuova rivista Mesures, fondata da Henri Michaux, Groethuysen e Paulhan, lo accoglieva nella direzione. Seguì un viaggio in Puglia; poi, nel giugno del 1935, in Etruria. Nel 1936 i Quaderni di Novissima pubblicarono una nuova edizione dell’Allegria e del Sentimento del tempo. Poco dopo, Ungaretti accolse l’invito del governo argentino a partecipare agli Incontri Europa-America Latina di Buenos Aires. Durante quel viaggio gli venne offerta una cattedra di letteratura italiana da parte dell’Università di San Paolo del Brasile. Sempre nel 1936 morì ad Alessandria il fratello Costantino, rimasto in Egitto ad amministrare una fabbrica di prodotti chimici.

Il 20 febbraio 1937 Ungaretti, con la sua famiglia, si imbarcò per San Paolo; a marzo iniziò i suoi corsi all’Università trattando di letteratura medioevale, Dante, Petrarca; e poi, di Manzoni e Leopardi, e della metrica. All’inizio del 1939 Ungaretti tornò in Italia: fu probabilmente durante quel breve soggiorno che venne arrestato per avere pubblicamente criticato le leggi razziali fasciste. Rilasciato per intervento di Mussolini, poté ripartire verso San Paolo. Seguirono mesi di doloroso e profondo silenzio, dopo la prematura scomparsa del figlio. Poi alcune conferenze di letteratura a San Paolo, a partire dall’ottobre del 1941. Nel 1942, quando il Brasile entrò in guerra a fianco degli alleati, Ungaretti fece ritorno a Roma.

Nel 1942 concordò con Mondadori la pubblicazione della sua opera completa, con il titolo Vita d’un uomo, curata dall’amico e commentatore Giuseppe De Robertis. Il 29 ottobre diventò professore di letteratura italiana moderna e contemporanea, «per chiara fama», all’Università di Roma. Prese servizio in dicembre e tenne la prolusione inaugurale il 29 gennaio 1943. Tra il 1943 e il 1944 i corsi si interruppero, e il 31 luglio 1944 Ungaretti venne sospeso dall’insegnamento, per effetto dei decreti di epurazione antifascista. Riassunto il 1° agosto 1945, rimase a insegnare fino al 1958.

Nel dopoguerra uscirono altre traduzioni: da poeti brasiliani e dai sonetti di Shakespeare; nell’agosto del 1946, progettò per Vallecchi una nuova opera, definita «melodramma», su spunti elaborati fin dagli anni Trenta e riveduti senza sosta; l’anno dopo pubblicò, per Mondadori, Il dolore (Milano 1947), nel quale riversò i lutti, i silenzi e le meditazioni di dieci anni. Nel 1950 uscirono altri due libri: La terra promessa. Frammenti (Milano; libro-cantiere intorno ai motivi del viaggio, della maturità, del ritorno a un’origine ritrovata), e quello che può considerarsi il vertice delle traduzioni ungarettiane: la Fedra di Racine (Milano).

Alla fine del 1951, Ungaretti scrisse il Monologhetto, destinato al Terzo programma della radio (e uscito a stampa in Paragone); subito dopo pubblicò Un grido e paesaggi (Milano 1952) presso l’editore Schwarz, con disegni di Giorgio Morandi; a luglio del 1953 partì per la Spagna, su invito dell’Università di Salamanca, insieme con Carlo Emilio Gadda; a maggio del 1954 si fecero concrete le possibilità di una candidatura al premio Nobel, caldeggiata anche da Eliot.

Fu intanto pubblicata una nuova edizione francese delle opere, intitolata Les cinq livres, per cura di Jean Lescure e verso la fine dell’anno Ungaretti partecipò a un convegno di poeti annesso al premio San Pellegrino, dove presentò Andrea Zanzotto. L’anno dopo partecipò a un’iniziativa dell’editore Vanni Scheiwiller in sostegno di Ezra Pound, detenuto al St. Elizabeths Hospital di Washington. In quei giorni Ungaretti lavorò a un libretto commissionatogli da Luigi Nono, tratto dal Diario di Anna Frank, destinato a essere però sostituito dai Cori di Didone, sempre musicati da Nono.

Nel dicembre del 1958 il poeta incontrò a Cervia una giovane traduttrice forlivese, Jone Graziani, con cui tenne una corrispondenza erudita e amorosa fino al 1964. Nel 1959 tornò in Egitto insieme a Leonardo Sinisgalli, direttore di Civiltà delle macchine. Poi, con Paulhan e Jean Fautrier – presentatogli dallo stesso Paulhan – fece un viaggio intorno al mondo, passando per il Giappone e per Hong Kong. Tra i progetti di quegli anni che videro la luce Il taccuino del vecchio (Milano 1960).

Nel 1962 gli Ultimi cori per la Terra promessa uscirono nella rivista francese Tel Quel per iniziativa di Francis Ponge; nel 1963 Ungaretti fu eletto presidente della Società europea di cultura e in quella veste visitò l’Unione Sovietica, pellegrino alla tomba di Boris Pasternak; nel 1964 partì per New York, invitato dalla Columbia University a parlare di Leopardi.

Nel 1965 uscì a Parigi la traduzione delle prose di viaggio, intitolate À partir du désert, tradotte da Philippe Jaccottet; l’anno dopo Ungaretti tornò sul Carso, pronunciando il discorso Il Carso non è più un inferno; visitò poi la Biennale di Venezia, entusiasmandosi per l’opera di Alberto Burri; tornò quindi in Brasile, dove conobbe Bruna Bianco, poetessa ventiseienne di origini piemontesi, con la quale tenne un epistolario amoroso fino al 1968; all’inizio del 1967 andò in Israele con Leone Piccioni, riportandone suggestioni poi confluite nelle lettere a Bruna; nel 1968 tradusse per la RAI - Radio televisione italiana alcuni passi dell’Odissea, che recitò in televisione tra aprile e giugno; tornò ancora, quell’anno, in Brasile, quindi andò in Perù, per ricevere le lauree honoris causa a San Paolo e a Lima.

Nel maggio del 1969 Ungaretti si recò presso l’Università di Harvard, per leggere e commentare la propria poesia («nessuna università italiana me lo ha mai chiesto», aveva scritto a Prezzolini) e visitò ancora New York. Il 20 luglio seguì con i giornalisti di Epoca lo sbarco sulla Luna. Qualche mese prima aveva incontrato un nuovo amore, la giovane «capricciosa» di origine croata Dunja Glamuzina Belli, da lui accostata, in Croazia segreta, al ricordo di Anna, la donna delle Bocche di Cattaro conosciuta da bambino ad Alessandria. Dunja fu la dedicataria dell’ultima poesia di Ungaretti, L’impietrito e il velluto, composta a Capodanno del 1970 e uscita in una plaquette illustrata da Piero Dorazio. All’inizio dell’anno Ungaretti tornò negli Stati Uniti, per ricevere un premio dall’Università dell’Oklahoma. Una broncopolmonite lo costrinse a un ricovero a New York.

Tornato in Italia, dopo una convalescenza a Salsomaggiore, si trasferì a Milano, dove morì improvvisamente nella notte tra il 1° e il 2 giugno 1970.

I funerali furono celebrati il 4 giugno a Roma, nella chiesa di San Lorenzo fuori le Mura. La salma fu tumulata nel cimitero del Verano.

Opere. Il volume Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, inaugurò la collezione I Meridiani Mondadori nel 1969. Seguirono: Vita d’un uomo. Saggi e interventi, a cura di M. Diacono - L. Rebay, Milano 1974; Album Ungaretti, a cura di P. Montefoschi, con un saggio biografico di L. Piccioni, Milano 1989; Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, a cura di P. Montefoschi, Milano 2000; la riedizione Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura e con un saggio introd. di C. Ossola, Milano 2009; Vita d’un uomo. Traduzioni poetiche, a cura di C. Ossola - G. Radin, Milano 2010.

Per le edizioni critiche si vedano: L’Allegria, a cura di C. Maggi Romano, Milano 1982; Aggiornamento dell’ed. critica dell’Allegria, a cura di C. Maggi Romano, Firenze 1990; Sentimento del tempo, a cura di R. Angelica - C. Maggi Romano, Milano 1988; il saggio preliminare in D. De Robertis, Per l’ed. critica del «Dolore» di Ungaretti, in Studi di filologia Italiana, XXXVIII (1980), pp. 310-323; i 40 sonetti di Shakespeare, a cura di R. Terreni, Bologna 2009.

Per le concordanze: Concordanza delle poesie di Giuseppe Ungaretti, a cura di G. Savoca, Firenze 1993; Concordanza delle traduzioni poetiche di Giuseppe Ungaretti, a cura di G. Savoca - A. Guastella, Firenze 2003.

Tra le opere riproposte, oltre ai Meridiani, si segnalano: Vita d’un uomo. 106 poesie, a cura di G. Raboni, Milano 1966; Il Porto sepolto, a cura di C. Ossola, Milano 1981; Per conoscere Ungaretti. Antologia delle opere, a cura di L. Piccioni, Milano 1986; Poesie e prose liriche. 1915-1920, a cura di C. Maggi Romano - M.A. Terzoli, Milano 1989; Il povero nella città, a cura di C. Ossola, Milano 1993; Filosofia fantastica. Prose di meditazione e d’intervento (1926-1929), a cura di C. Ossola, Torino 1997; Il Porto sepolto (1922). Un libro inedito, a cura di F. Corvi, Milano 2005; Conversazioni radiofoniche con J. Amrouche (in francese: Propos improvisés, Paris 1972), a cura di H. Zirem - F. Calabrese, Potenza 2017.

Fonti e Bibl.: Per una introduzione generale: L. Piccioni, Per conoscere U., Milano 1971; C. Ossola, G. U., Milano 1975; A. Cortellessa, U., Torino 2000; A. Saccone, U., Roma 2012; Id., G. U., in Il contributo italiano alla storia del pensiero. Letteratura, Roma 2018, pp. 630-636.

Sulla biografia: L. Piccioni, Vita di U., Milano 1979; Id., Ungarettiana. Lettura della poesia, aneddoti, epistolari inediti, Firenze 1980; W. Mauro, Vita di G. U., Milano 1990; S. Zoppi Garampi, Le lettere di U. Dalle cartoline in franchigia all’inchiostro verde, Roma 2018.

Per una bibliografia su Ungaretti in particolare si vedano: R. Frattarolo, Lungo tempo ungarettiano. Materiali di studio, Roma 1989; Bibliografia, a cura di A. Cortellessa, in Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, a cura di P. Montefoschi, cit., pp. 1565-1632; M. Migliorati, U. per il terzo millennio. Bibliografia 2000-2005, in Testo, XXVIII (2007), 53, pp. 101-124.

Per la corrispondenza: Lettere a un fenomenologo, Milano 1972 (dirette a Enzo Paci); Lettere a Soffici 1917-1930, a cura di P. Montefoschi - L. Piccioni, Firenze 1981; Lettere a Enrico Pea, a cura di J. Soldateschi, Milano 1983; G. Ungaretti - G. De Robertis, Carteggio 1931-1962, introd., testi e note a cura di D. De Robertis, Milano 1984; la raccolta, a cura di F. Livi, U., Pea e altri. Lettere agli amici egiziani. Carteggi inediti con Jean-Léon e Henri Thuile, Napoli 1988; Lettere a Giovanni Papini, 1915-1948, a cura di M.A. Terzoli, Milano 1988. E inoltre: la corrispondenza con Jean Paulhan (Correspondance 1921-1968, a cura di J. Paulhan - L. Rebay - J.Ch. Vegliante, Paris 1989); Lettere a Giuseppe Prezzolini, a cura di M.A. Terzoli, Roma 2000; Lettere a Giuseppe Raimondi (1918-1966), a cura di E. Conti, Bologna 2004; il Carteggio con Alessandro Parronchi, curato dallo stesso Parronchi, Napoli 1992; la Correspondance tra Ungaretti e Philippe Jaccottet, a cura di J.F. Tappy, Paris 2008; e ancora, quella con J. Lescure, Carteggio (1951-1966), a cura di R. Gennaro, Firenze 2010; l’epistolario con Carlo Betocchi, Lettere 1946-1970, a cura di E. Lima, Firenze 2012; le Lettere a Marguerite Caetani, a cura di S. Levie - M. Tortora, Roma 2012. Si segnalano, infine: L’allegria è il mio elemento. Trecento lettere con Leone Piccioni, a cura di S. Zoppi Garampi, Milano 2013; Lettere dal fronte a Mario Puccini, a cura di F. De Nicola, Roma 2014; Da una lastra di deserto. Lettere dal fronte a Gherardo Marone, a cura di F. Bernardini Napoletano, Milano 2015; Lettere a Bruna, a cura di S. Ramat, Milano 2018.

Tra gli approfondimenti critici: L. Rebay, Le origini della poesia di G. U., Roma 1962; L. Anceschi, Da U. a D’Annunzio, Milano 1976; G. Cambon, La poesia di U., Torino 1976; G. Guglielmi, Interpretazione di U., Bologna 1989; M. Barenghi, U.: un ritratto e cinque studi, Modena 1999; F. Livi, Un “Affricano a Parigi”. Saggi sulla poesia di G. U., Roma 2016; G. Savoca, Naufragio senza fine. Genesi e forme della poesia di U., Firenze 2019.

Tra i volumi miscellanei e i periodici si vedano almeno: gli Atti del Convegno internazionale… 1979, a cura di C. Bo et al., Urbino 1981; U. e la cultura romana, Atti del Convegno… 1980, a cura di R. Tordi, Roma 1983; G. U. 1888-1970. Atti del Convegno internazionale di studi, Roma… 1989, a cura di A. Zingone, Napoli 1995; U. La biblioteca di un nomade, a cura di A. Andreoli, Roma 1997; Il verri, 2000, n. 13-14, numero speciale: Su U.; La Revue des études italiennes, 2003, n. 1-2, numéro spécial: G. U. Culture et poésie; Tra grido e sogno. Forme espressive e modelli esperienziali nell’«Allegria» di G. U. Atti del Convegno, Friburgo… 2014, a cura di U. Motta, Bologna 2015.

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