giustificazione
editoria
Nelle
religione
In teologia, l’opera di Dio che, mediante la sua grazia, rende giusto l’uomo.
Il problema teologico della g., intimamente legato a quello della grazia, si sviluppa con questo soprattutto dalle polemiche del 4° sec. tra Agostino e Pelagio, e attraversa i secoli per divenire centrale nelle polemiche dell’età della Riforma e poi ancora in M. Baio e Giansenio fino alle moderne correnti teologiche cattoliche e protestanti. Il termine g. nella Bibbia ha un duplice senso: per il primo, fondamentalmente giudaico o giudeo-cristiano, giustificare equivale a «dichiarare giusto» chi già lo è in base all’osservanza della Legge; per l’altro, che si incontra soprattutto in s. Paolo, giustificare, riferito a Dio, significa render giusto il peccatore. È attorno a questo secondo significato soteriologico che si aprirono le polemiche teologiche, implicando la g. il rapporto tra Dio e l’uomo e il problema della salvezza di questo. Contro Pelagio, che nella sua concezione ottimistica nega la necessità all’uomo della grazia per essere giustificato e salvato, si oppone Agostino per il quale, essendo la natura umana irrimediabilmente corrotta dal peccato di Adamo, è necessaria la grazia per trasformare la natura umana e, giustificandola, renderla degna di partecipare all’opera redentrice del Cristo. Nel Medioevo si precisa ulteriormente la nozione di grazia e con essa quella di g.: per s. Tommaso la g. dell’empio si compie per opera della grazia abituale, ma è necessario che a questa cooperi la fede e la libera scelta di tendere a Dio.
A motivi paolini e agostiniani intende riallacciarsi Lutero: se, come scrive