Lìpsio, Giusto

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Umanista fiammingo (Overijssche, Bruxelles, 1547 - Lovanio 1606). Animato da un atteggiamento sincretistico, fu influenzato soprattutto da Tacito e da Seneca nell'elaborazione delle sue teorie sulla politica e sul rapporto tra questa e la morale; svolse inoltre una intensa attività filologica curando importanti edizioni di testi antichi.

Vita

Formatosi ad Ath presso i gesuiti poi a Lovanio, L. si orientò subito verso la filologia e la filosofia, pubblicando studi eruditi ed edizioni fondamentali. Dal 1570 fu a Roma per due anni, come segretario del cardinale di Granvelle; ebbe così modo di entrare in contatto con i maggiori rappresentanti del movimento culturale italiano e di frequentare assiduamente le biblioteche, perfezionando sui codici latini la propria cultura classica. Nel 1572 iniziò un viaggio in Germania e accettò una cattedra di storia nella nuova università luterana di Jena (1572-74); al breve soggiorno, amareggiato dall'ostilità dei colleghi, seguì un periodo di peregrinazione da Colonia ad Anversa a Lovanio, dove insegnò per breve tempo (1576); passò quindi all'università calvinista di Leida (1578). Questo fece pensare a una adesione al protestantesimo, ma si trattò invece di un esteriore accomodamento alle circostanze; infatti L., conciliatosi coi gesuiti, insegnò (dal 1592) storia a Lovanio.

Opere e pensiero

Complessa è la personalità di L. che, per la sua stessa erudizione e per l'influenza esercitata su di lui da Tacito e Seneca, si configura secondo un vago sincretismo di tipo erasmiano, ispirato da un universalismo stoicizzante. Questo atteggiamento si ripercuote nelle opere di carattere etico-politico (in partic., De constantia, 1584; e, principale, Politicorum sive civilis doctrinae libri sex, 1589) ove, in forma più precettistica che sistematica, affronta alcuni dei principali problemi della polemica post-machiavellica e tacitiana: così per i rapporti tra politica e morale cerca nella "prudenza" una via alla loro conciliazione (giustificando l'astuzia e la frode "prudentemente" mescolate alla virtù), e, per il "tiranno", si dichiara disposto più a sopportare un regime dispotico che ad ammettere il diritto alla rivoluzione; si pronuncia anche contro la tolleranza religiosa, ma poi nega che si debbano perseguitare gli eretici. Accenni questi che indicano la vasta problematica, spesso solo empiricamente risolta, che caratterizza l'opera di L. politico e lo pongono come un tipico esponente dell'età della Controriforma. Tra le sue innumerevoli opere di erudizione e di storia, si ricordi anche il Tractatus ad historiam Romanam cognoscendam utilis (1592). L'attività filologica di L. fu rivolta esclusivamente al mondo romano, e si esplicò in edizioni di testi e in dissertazioni di critica testuale e di antiquaria; fondamentali le sue edizionio di Tacito (1574), Valerio Massimo (1585), Seneca (1589-1605).

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