MANZINI, Giusto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)

MANZINI, Giusto (Giusto di Andrea)

Francesco Sorce

Nacque con ogni probabilità a Firenze nel 1441 dal pittore Andrea di Giusto.

La data di nascita si ricava da un documento catastale del 1457 (Gaye, p. 212) in cui il M. dichiara di avere sedici anni e di essere, insieme con i due fratelli minori Giovanni e Andrea, orfano di entrambi i genitori.

Parte del profilo biografico del M. è ricostruibile in base a una sua breve nota manoscritta - oggi irreperibile - trovata da G. Gaye, che la trascrisse nell'Ottocento. Dalla "memoria" del M. si evince che egli svolse il suo apprendistato presso Neri di Bicci, alla bottega del quale si aggregò come garzone nel 1458. La notizia risulta confermata da Le ricordanze dello stesso Neri (p. 101), in cui egli attesta l'ingresso del M. tra i suoi aiuti dal 13 nov. 1459 (1458 stile fiorentino), dopo un accordo siglato il 19 ottobre dello stesso anno.

Il 15 nov. 1460 il maestro rinnovò il contratto con il M. pattuendo un compenso di 18 fiorini, che dovevano aggiungersi ai 12 concordati per il periodo precedente (Neri di Bicci, p. 129). Tra il 28 luglio e il 2 ag. 1460 - è ancora Neri di Bicci a ricordarlo (p. 130) - il M. lavorò per Filippo Lippi, impegnato nella realizzazione delle Storie di s. Stefano e s. Giovanni Battista per il coro della cattedrale di S. Stefano di Prato. Il lasso di tempo molto ridotto - contrariamente a quanto spesso si è affermato - legittima tuttavia l'ipotesi di un incarico assai modesto per il giovane M., che tornò presto nella bottega del maestro per terminare il suo discepolato nei primi mesi del 1461 (p. 158).

Secondo quanto riporta Milanesi (in Vasari, III), che non suffraga la notizia con riscontri verificabili, nel 1460 il M. era iscritto alla compagnia dei pittori fiorentini.

Il M. attesta nei suoi ricordi di aver lavorato per un anno come maestro indipendente dopo aver concluso il periodo del tirocinio, accennando peraltro in modo generico all'esecuzione di molte opere, e di essere quindi entrato tra i collaboratori di Benozzo di Lese (Benozzo Gozzoli) nell'impresa decorativa della cappella del coro di S. Agostino a San Gimignano. Egli rammenta altresì di essere rimasto per tre anni nel cantiere al fianco di Benozzo.

La notizia che il M. prese una bottega in affitto dallo spedale di S. Maria Nuova a Firenze il 1° marzo 1465 ha indotto Padoa Rizzo (2003, p. 141) ad avanzare la proposta di una retrodatazione dell'inizio del ciclo agostiniano, in genere collocato nel 1464, verso la fine del 1462. Anche la definizione degli interventi del M. nel vasto complesso delle Storie di s. Agostino si fonda sulla sua testimonianza diretta. A lui si devono, tra l'altro, le Sante raffigurate nello sguancio della finestra, oggi perdute, quattro degli Apostoli affrescati nell'intradosso dell'arco, "due per lato bassi", la maggior parte dei fregi ornamentali e "la prima storieta hanno la volta" (Gaye, p. 212). Il riferimento piuttosto vago a quest'ultimo lavoro - verosimilmente il più ampio all'interno della cappella - non ne permette l'individuazione sicura. Padoa Rizzo (2001, p. 7) ha suggerito di interpretare la nota, sia pure senza addurre argomenti risolutivi, in rapporto alle due scene della parete di fondo collocate immediatamente sotto la volta. Le due storie, raffiguranti S. Agostino e l'eretico Fortunato e la Visione di s. Agostino, presentano tuttavia un notevole grado di omogeneità stilistica rispetto alle altre zone della decorazione, mentre le parti spettanti sicuramente al M. non sembrano fornire appigli sufficienti a delineare con chiarezza un profilo artistico attraverso il quale valutare la sua eventuale autografia in rapporto alla coppia di episodi. Ciò deve indurre una certa cautela nell'accogliere la congettura attributiva.

Durante il soggiorno a San Gimignano si situa inoltre la partecipazione del M. alla realizzazione degli affreschi del tabernacolo dei Giustiziati presso il ponte dell'Agliena a Certaldo, oggi conservati nella chiesa annessa al palazzo vicariale.

Il M. rammenta espressamente la circostanza come l'ultimo momento del suo sodalizio con Benozzo, al quale si tende ad ascrivere se non altro l'impostazione generale delle scene (Padoa Rizzo, 2003, p. 179). Anche in questo caso, a ogni modo, risulta difficile isolare il contributo del M., che dovette spartire la responsabilità della decorazione almeno con un altro artista, identificato di recente, in forma dubitativa, con Giovanni di Mugello.

La Crocifissione con la Vergine e Giovanni Evangelista, raffigurata su una delle pareti esterne, comunque, esibisce alcuni tratti comparabili, secondo Bernacchioni (Tabernacolo…, p. 96), con l'unica opera documentata del M. di un certo rilievo, l'affresco con S. Antonio Abate in trono fra i ss. Egidio e Iacopo realizzato sulla facciata della chiesa di S. Maria a Peretola e attualmente conservato all'interno della stessa chiesa, consentendo di ipotizzare per il dipinto di Certaldo un suo impegno non del tutto marginale.

Il 9 giugno 1466 fu stipulato il contratto per l'opera di Peretola, che prevedeva l'obbligo di iniziare i lavori il 1° luglio successivo e l'accordo per un pagamento di 18 lire d'oro (Giglioli, p. 269).

L'affresco, molto rovinato e di cui sono andate perdute alcune parti previste nel documento, è di qualità assai mediocre e, piuttosto sorprendentemente, non presenta moduli stilistici prossimi a quelli di Benozzo. Ciò peraltro costituisce un indizio indiretto del fatto che il M. a San Gimignano dovette adeguarsi pedissequamente alla maniera del capobottega, cosa che rende ulteriormente complessa l'individuazione di parti delle Storie di s. Agostino accostabili alla sua mano.

Il 30 maggio 1468, secondo una carta d'archivio di cui riferisce Colnaghi (p. 170), il M. lasciò in deposito 167 fiorini allo spedale di S. Maria Nuova al momento di intraprendere un viaggio a Roma. Del soggiorno romano, tuttavia, non si conserva alcuna traccia.

Lo spedale di S. Maria Nuova, da cui dipendeva la chiesa di Peretola, impiegò il M. diverse volte tra gli anni Sessanta e Settanta per lavori di modesta levatura.

Il 3 ott. 1470, nell'ambito di tali impegni, fu pagato per le finte specchiature marmoree affrescate sotto lo Sposalizio della Vergine di Domenico di Bartolomeo da Venezia (Domenico Veneziano) nella cappella del coro di S. Egidio (1439-45), chiesa dello spedale. I dipinti del M. sono oggi conservati con i lacerti dell'opera di Domenico nel cenacolo di S. Apollonia (Bernacchioni, 2000, pp. 231 s.).

Nel 1472 il M. compare ancora nelle Ricordanze di Neri di Bicci (pp. 338, 389) in rapporto a una serie di opere intagliate che un certo don Romualdo di Candegli aveva dato da dipingere allo stesso Neri. Dalla nota non è però inferibile con precisione il ruolo del M. nella transazione.

Nella portata al Catasto del 1480 il M. dichiarò di possedere una bottega specializzata nella pittura di gessi e di altri oggetti d'uso domestico, affermando inoltre di essere sposato con una monna Lucrezia e di avere due figli (Colnaghi, p. 170; Bernacchioni, 2000, p. 233).

La conoscenza di tale specializzazione contribuisce a spiegare l'esiguità del catalogo di sue opere su tavola e su muro. La quasi totalità di dipinti a lui assegnati dalla critica fino alla metà del Novecento, del resto, è stata recentemente ascritta con maggiori argomenti ad altri artisti di area toscana e in particolare a Domenico di Francesco detto Domenico di Michelino. Lo stesso Berenson (p. 92) del resto, nel redigere l'elenco di dipinti riuniti sotto il nome del M., avvertiva che quel nucleo di opere, senz'altro omogeneo, poteva essere genericamente attribuito a un seguace del Pesellino (Francesco di Stefano), influenzato da Domenico di Francesco e Benozzo di Lese. Nella prospettiva di una razionalizzazione delle liste più antiche quindi deve essere espunta dall'inventario dei lavori del M., tra l'altro, la Pietà con i ss. Francesco e Maddalena, assegnatagli da Milanesi (in Vasari, III), da riferire piuttosto a Pier Francesco Fiorentino, che con ogni probabilità eseguì l'affresco nel 1484 (Bernacchioni, Certaldo…). Anche l'Annunciazione della Collezione Jarves nella Yale University Art Gallery, che è ricondotta al M. da Sirén, è più plausibilmente attribuibile a un pittore vicino al Pesellino. Nel 1487 egli dipinse un cero per la Compagnia di S. Zanobi di S. Maria del Fiore a Firenze.

Al 1494 risale l'ultima notizia che lo riguarda, contenuta nelle "memorie" trascritte da Gaye (p. 213): in quell'anno il M. ricorda di essere stato testimone della cacciata di Piero de' Medici da Firenze.

Non si conosce la data della morte del M., che secondo Milanesi (in Vasari, III) va posta nel 1498.

Fonti e Bibl.: Neri di Bicci, Le ricordanze (10 marzo 1453 - 24 apr. 1475), a cura di B. Santi, Pisa 1976, pp. 101, 129 s., 158, 338, 389; G. Vasari, Le vite…(1568), a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 89 s.; III, ibid. 1880, p. 54 n. 4; Carteggio inedito d'artisti dei secoli XIV, XV, XVI, a cura di G. Gaye, I, Firenze 1839, pp. 211-213; O.H. Giglioli, La pila battesimale di Mino da Fiesole nella chiesa di S. Maria a Peretola e le pitture di Giusto di Andrea di Giusto, in Rivista d'arte, III (1905), 12, pp. 267-269; O. Sirén, A descriptive catalogue of the pictures in the Jarves Collection belonging to Yale University, Oxford 1916, pp. 101-105; A.M. Ciaranfi, Domenico di Michelino, in Dedalo, VI (1926), pp. 526-528; D.E. Colnaghi, A Dictionary of Florentine painters, London 1928, pp. 169 s.; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, XI, The Hague 1929, pp. 627-631; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. Florentine school, I, London 1963, pp. 92 s.; P. Dal Poggetto, Arte in Valdelsa, Firenze 1963, pp. 55 s.; C. Seymour jr., Early Italian paintings in the Yale University Art Gallery, New Haven-London 1970, p. 139; F. Petrucci, in La pittura in Italia. Il Quattrocento II, Milano 1988, pp. 650 s.; A. Bernacchioni, Le botteghe di pittura: luoghi, strutture e attività, in Maestri e botteghe. Pittura a Firenze alla fine del Quattrocento (catal., Firenze), a cura di M. Gregori - A. Paolucci - C. Acidini Luchinat, Cinisello Balsamo 1992, pp. 23, 25; A. Turner, in The dictionary of art, XII, London-New York 1996, p. 765; D. Cole Ahl, Benozzo Gozzoli, Cinisello Balsamo 1997, pp. 140, 153; A. Bernacchioni, Tabernacolo de' Giustiziati, in Benozzo Gozzoli in Toscana, a cura di A. Padoa Rizzo, Firenze 1997, pp. 92 s., 96; Id., Certaldo. Palazzo Pretorio, in Arte e committenza in Valdelsa e Valdera, a cura di A. Padoa Rizzo, Firenze 1997, p. 35; Id., Le vicende pittoriche della chiesa di S. Maria a Peretola nel Quattrocento, in Arte musica spettacolo, I (2000), pp. 223-236; A. Padoa Rizzo, Pittura, architettura e scultura nelle storie agostiniane di Benozzo Gozzoli, in Benozzo Gozzoli. Le storie di s. Agostino a San Gimignano. Atti del Convegno…, San Gimignano… 1998, a cura di R. Cardini - A. Padoa Rizzo - M. Rigoliosi, Roma 2001, pp. 6 s.; Id., Benozzo Gozzoli. Un pittore insigne, "pratico di grandissima invenzione", Cinisello Balsamo 2003, pp. 141 s., 144 s., 147, 179; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 227.

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