GLADIATORE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

Vedi GLADIATORE dell'anno: 1960 - 1994

GLADIATORE

Red.

Si suole attribuire agli Etruschi, come d'altronde attestano i monumenti rimastici - pitture, urne funerarie ecc. - l'origine degli spettacoli gladiatori. Per tale periodo questo nome è improprio, essendo il loro contenuto funerario ed i protagonisti prigionieri o schiavi, costretti a combattere in occasione di funerali di illustri cittadini per soddisfare con il loro sangue i Mani del personaggio. Nel caso particolare erano detti bustuarü e le lotte si svolgevano nel momento in cui il cadavere era deposto sul rogo (bustum).

L'uso passò poi in Campania, dove assunse anche diverso carattere, poiché le lotte si svolgevano talvolta durante i festini, a divertimento dei convitati, e quindi nel Lazio ed a Roma, fissando gli storici la data del 264 a. C., allorquando per la prima volta furono celebrati da Marco Decimo in onore del padre Bruto Pera. Da allora, durante il III ed il II sec. a. C., gli spettacoli, dati a scopo funerario ed a titolo privato, divennero sempre più frequenti e sempre più grandiosi, suscitando entusiasmo e passione al punto tale da essere infine annoverati tra quelli pubblici (anno 105 a. C.; consoli P. Rutilio Rufo e C. Manlio).

Dalla loro origine, prendono e conservano il nome di munus; munera sono infatti chiamati gli spettacoli gladiatori che si differenziano da quelli circensi e teatrali detti ludi, per lo spirito che li animava, l'origine, il carattere, l'organizzazione. La destinazione funebre permase ancora e munera funebri furono celebrati da Cesare, da Q. Cecilio Metello Scipione, Fausto Silla, Augusto, Tiberio, Germanico e Claudio (sino al tempo di Domiziano, per opera del quale i munera privati furono aboliti).

Gli spettacoli gladiatorî da Roma rapidamente si diffusero in Italia e poi nelle province sia occidentali che orientali, come dimostrano l'esistenza degli anfiteatri, in cui essi si svolgevano (in Oriente avevano luogo - sembra - più sovente nei teatri) ed i monumenti ad essi connessi (pitture, rilievi, iscrizioni, bronzi, terrecotte, vetri, ecc.), che ne proclamano quella stragrande popolarità e passione che conquistò popolo ed imperatori. Essi comportavano - è ovvio - una grande organizzazione, regolata dalle leges gladiatoriae, la cui importanza si rifletteva anche nelle lotte politiche, divenendo mezzo per accattivarsi il favore della folla. Vi erano dunque regolari munera pubblici, altri dati dagli imperatori medesimi ed infine quelli offerti gratuitamente dal privato, dall'editor muneris, per molteplici ragioni: funerali, nascite, dediche di monumenti, vittorie, ecc.

Per assoldare i combattenti, l'editor si rivolgeva al proprietario (lanista) della truppa dei g., riuniti in familiae: erano questi criminali, condannati a morte, ai lavori forzati, schiavi, uomini liberi, ingenui e affrancati, i quali da volontarî (auctorati) divenivano g. legitimi (e sono designati con il loro prenome e gentilizio). Venivano alloggiati ed addestrati da doctores o magistri in una scuola, ludus (esistevano scuole imperiali a Roma, delle quali la maggiore era il ludus magnus presso il Colosseo, a Pompei - ludi Iuliani, Augustiani, Neroniani - e a Capua, scuole municipali e private). Erano divisi in categorie o classi, caratterizzate dal tipo di armatura e dal genere di combattimento.

Intorno ad essi molto si è scritto, ma ben poco è definibile con sicurezza. Per l'età repubblicana, non molto in verità sappiamo. Le armature dovettero essere varie, soggette a rapide trasformazioni, più o meno arbitrarie ed individuali, inizialmente più vicine alle armature di guerra del popolo, da cui il combattente proveniva, quale prigioniero di guerra o schiavo.

Con Augusto avviene il definitivo riordinamento delle classi gladiatorie, i cui caratteri vengono fissati stabilmente. Al periodo successivo alla codificazione augustea ci si riferisce sempre parlando delle varie categorie.

Le fonti, le iscrizioni ed i monumenti sono ovviamente la base della loro identificazione, per alcune delle quali esiste la certezza, per altre si possono solamente avanzare delle ipotesi. Tuttavia un'indagine più approfondita, con uno studio complessivo dei monumenti e con una comparazione di questi con le iscrizioni, non è escluso che potrebbe portare a dei risultati per quanto concerne il mondo occidentale, quali sono stati conseguiti dal Robert per il mondo orientale.

Possiamo distinguere con certezza: il reziario (retiarius), che, privo di elmo e di ocrea (schiniere), vestito di subligaculum, tenuto dal balteus (cintura) ha il galerus fissato alla spalla sinistra con l'ala che gli difende il volto e, come arma di offesa impugna il tridente, il pugnale e la terribile rete.

Il trace (thraex) col capo coperto da elmo a larghe tese e cimiero, ed ambedue le gambe difese da alte ocreae, imbraccia con la sinistra il piccolo scudo (parmula), sia rettangolare o quadrato che rotondo e concavo, e con la destra stringe una corta spada diritta o ricurva (sica); il braccio destro è difeso da manica.

Conosciamo altri combattenti, armati di elmo, grande scudo, manica, spada e oc rea (talvolta sostituita da breve placca), che lottano con il reziario, con il trace e con un guerriero della medesima classe. Essi vengono variamente chiamati: secutor, murmillo, provocator, oplomachus (il termine samnes, sannita è ormai da espungere decisamente dalla terminologia sia occidentale che orientale).

Contro le numerose definizioni, tra loro contrastanti, usate nel passato, si ritiene ora opportuno adoperare per essi e per quelli che indossano armatura pesante il termine generico di "g. armato pesantemente", non potendoli designare con un preciso termine antico. Pur mantenendo tale prudenziale, generica denominazione, tuttavia è da ritenersi che si possa giungere attraverso un esame più accurato ad una definizione di alcuni di essi.

Infine abbiamo notizie anche dell'esistenza di altre classi, quali il dimachaerus, veles, essedarius, eques, laquearius, scissor, andabata, paegniarius, sagittarius; di ciò si dirà successivamente. Non è inopportuno ora fare un breve cenno dello svolgimento di un combattimento gladiatorio, per una comprensione dei monumenti che lo rappresentano nelle diverse fasi.

Il munus, molto atteso e desiderato dalla folla appassionata a tale genere di spettacolo, era annunziato con i programmi, tracciati sui muri delle case e degli edifici pubblici (sono noti quelli rinvenuti a Pompei) o con volantini (libellus munerarius), nei quali venivano dichiarati la ragione della festa, il nome dell'editor e quindi dato l'elenco dei nomi dei g. che vi partecipavano, con l'indicazione delle famiglie, cui appartenevano, e la specificazione delle loro armi. Non mancavano anche interessanti precisazioni per altri elementi propri dello spettacolo, quali la presenza dei velarî per procurare ombra agli spettatori.

Dopo le cerimonie della vigilia con la cena libera, si arrivava nel pomeriggio all'inizio dello spettacolo, il quale si apriva con la processione o pompa e l'ingresso dei combattenti nell'arena. Dopo la prolusio degli esercizî con armi inoffensive (arma lusoria) e il saluto all'editor, aveva principio il vero e proprio combattimento con arma pugnatoria, passate precedentemente all'esame ed al controllo (probatio armorum). Il segnale era dato dal suono degli strumenti (tuba, lituus, tibia, cornus, hydraulus), che accompagnavano poi la lotta. Conosciamo in parte i termini riferentisi alle varie fasi dell'incontro che le scene, rappresentate nelle varie raffigurazioni, illustrano.

Nel mondo greco la terminologia è formata in piccola parte dalla traduzione, per lo più dalla trascrizione del termine latino. Il g. sconfitto, cede le armi (arma submittere, decumbere, manum tollere), chiede grazia (missio) all'editor mentre il vincitore attende la risposta; se è favorevole viene lasciato libero (missus), se contraria (vertere pollicem) porge coraggiosamente la gola alla spada (ferrum recipere), mentre la folla grida "iugula, iugula!". Mentre il morto viene portato via dagli inservienti, passando per la porta libitina il vincitore riceve la palma o la corona (questa nel mondo greco). Nel caso in cui la lotta procede a pari merito, ambedue sono stantes missi. I risultati dei combattimenti venivano quindi pubblicati, ponendo accanto al nome di ciascun personaggio alcuni segni: P(eriit); ⊖(ανώς), (è il theta nigrum); M(issus); V(icit). Vi era indicato con un numero o con le palme o corone la serie delle lotte sostenute nel corso della carriera e quella delle vittorie, precedute da C, 〈, Ↄ (coronarum).

L'entusiasmo suscitato da questi personaggi è documentato dalle scritte acclamatorie e la fama raggiunta da alcuni di essi, quali Carpophorus, Philodemus, Antiochus, Hermes, Petraites, Spiculus, Columbus, Calamus, diffusa attraverso le riproduzioni delle loro gesta. Si dicono puellarum decus, suspirium; per essi scoppiano risse e tumulti, come vediamo nel gustoso quadro pompeiano con Pompeiani e Nucerini che si scontrano e si azzuffano sulle gradinate dell'anfiteatro e nel campo intorno.

Questi spettacoli, che spesso assunsero forme cruente e spietate, avversati da pagani (Seneca) e cristiani, furono formalmente interdetti nel 404 dall'imperatore Onorio. La voce munus rimase alle venationes (v. caccia).

La grande fama ed il favore popolare, acquistati da questo genere di spettacolo, trovano riscontro nei numerosi documenti, oltre che letterarî ed epigrafici, anche figurati. Di questi ultimi figurati dobbiamo cercare i prototipi nelle pitture, che accompagnavano gli annunzi collocati sulle pareti di edifici pubblici e privati, fatte eseguire dagli editores. Tale costume risale almeno al II sec. a. C. Sappiamo da Plinio (Nat. hist., xxxv, 52) di un C. Terenzio Lucano, che dette un munus e lo fece rappresentare su tavola esposta nel nemus Dianae. Un gran numero di pitture furono eseguite non solo a Roma, ma nei municipî per ordine degli imperatori, dei magistrati e dei ricchi privati. Ad Anzio (Plin., loc. cit.) un liberto di Nerone fece dipingere sulle pareti dei portici un munus celebre, in cui tutti i personaggi, i g. e gli inservienti, erano raffigurati fedelmente. Un'iscrizione di Benevento ricorda i munera di un magistrato che li fece riprodurre su tavole, poste nella basilica e sotto un portico della città.

Per l'età repubblicana, riflesso di queste raffigurazioni e preziose testimonianze, sono le pitture tombali osco-campane di Capua, di Nola, Cuma e Paestum, le scene sui vasi italioti e la pittura scoperta sulla parete della fauce nella Casa del Sacerdos Amandus a Pompei con combattimento tra due guerrieri e due cavalieri, indicati con iscrizioni osche, databile al principio del I sec. a. C. Allo stesso periodo circa appartiene il rilievo di Amiternum con scena di monomachia certamente tra bustuari, dato il carattere funerario del monumento, vestiti con corazza come guerrieri, armati di lancia ed assistiti da due inservienti.

I privati usano ornare con scene di lotte le loro case, come il signore della Casa del Sacerdos Amandus la fauce, Trimalchione l'atrio (Petr., Sat., xxix), e le loro tombe, quasi a voler godere ancora da morti quello che sulla terra costituiva uno dei loro maggiori diletti (tomba dell'edile C. Vestono Prisco in Pompei; tomba sulla via Latina in Roma; tombe a Kerč; a Cirene).

In Pompei si conservano ancora resti di pitture con trofei di armi gladiatorie nel ludus gladiatorius o con scene di lotta tra g. armati pesantemente e traci: esempî se pure modesti tuttavia immediati, spontanei, vivaci. Queste pitture si allineano in parte con la tradizione compositiva pittorica romana contemporanea, in parte stanno nella scia della produzione popolare.

Il soggetto non è stato accolto ed esaltato soltanto dalla pittura, ma anche nel mosaico e nella scultura, e quindi passato nei mille rivoli della produzione minore ed artigiana, nei piccoli bronzi, nei manici di oggetti, sui vasi, nelle terrecotte, sulle lampade, sui vetri. Accanto sta la lunga serie delle stele funerarie con le immagini sia dipinte che in rilievo.

Perché possa intendersi, quest'ampia produzione deve essere riordinata, divisa in gruppi a seconda della diversa natura e destinazione, ciascuno di questi comportando ovviamente una propria particolare tipologia ed inserendosi in una diversa corrente stilistica.

Ne possiamo distinguere i principali:

1) le opere eseguite espressamente per conto del munerarius, sia con destinazione pubblica per annunziare, per commemorare lo spettacolo ed esaltare il suo gesto, sia per ornare la sua abitazione o la sua tomba;

2) le opere eseguite per conto del g., sia onorarie che funerarie. Quest'ultima classe è la più numerosa;

3) le opere comprendenti anche graffiti, rilievi, pitture eseguite dalla mano del popolo, espressione immediata dei suoi sentimenti (esempi numerosi a Pompei), le quali fanno riferimento a ben precisi avvenimenti o personaggi;

4) le raffigurazioni con carattere puramente decorativo, specialmente frequenti nei piccoli oggetti, quali lucerne, vasi sigillati. In particolar modo ricordiamo le graziose figurine di gladiatori in terracotta, in bronzo, in avorio ed infine le scene di lotta sui bicchieri di vetro, tra cui quelli di Begram, di Copenaghen, la tazza di Gubbio e i vasi di Chavagnes e di Chambery, che per la presenza di nomi possono anche riunirsi al n. 3. Non possiamo non comprendere in questo anche le parti di armatura (elmi, schinieri, ecc.), rinvenute principalmente a Pompei, riccamente ornate con figurazioni, documento quanto mai reale di vita gladiatoria.

Nella determinazione dell'appartenenza ad uno o all'altro dei gruppi stabiliti vale, come si è detto, la tipologia figurativa. Si riferiscono al secondo gruppo, oltre che le iscrizioni dedicatorie, onorarie e funerarie, le quali frequentemente mostrano i simboli di vittoria e le armi del gladiatore cui l'iscrizione appartiene, anche le stele funerarie, in cui compare la figura dell'atleta. Egli indossa l'armatura, eseguita fedelmente, al completo, che lo palesa appartenente ad una delle varie categorie, solo in rari casi, come vedremo, esplicitamente dichiarata nell'iscrizione. Nel concetto di glorificazione la sua immagine è resa sempre isolata, stante; talvolta è atteggiata in una mossa di combattimento. Un'altra maniera lo esprime in lotta con un avversario a ricordo delle sue imprese in genere o con riferimento ad una ben determinata vicenda, come nel rilievo del cosiddetto dimachaerus da Amisos a Bruxelles.

Tra i più noti rilievi con la dichiarazione della categoria è il rilievo di M. Antonius Exochus, trace. Per il secutor molto importante e quello di Urbicus del Museo del Castello in Milano, insieme coi rilievi da Saittai e da Tessalonica. Vi notiamo un elmo di forma globulare con piccola cresta sfuggente; la mancanza di visiera e di elementi sporgenti e decorativi, la calotta aderente al capo e semplicissima lo differenziano nettamente da quello dei traci e degli oplomaci, forniti di cresta e penne, e lo rendono particolarmente adatto alla lotta con il reziario, non offrendo appigli alla terribile rete. Esso ritorna costante in tutti i combattenti che affrontano il reziario. Pertanto, basandoci su questo elemento, possiamo identificare tutti quei g. armati pesantemente, forniti di tale elmo, che compaiono sui rilievi isolati, come avversarî del reziario. Questi sono oltre il secutor, il contraretiarius, lo iaculator ed il pulsator, rappresentato in lotta in una interessante scultura dalla Tracia; sebbene alcuni di questi nomi siano anche ritenuti più che indicazioni di particolari armature, definizioni di modi di combattere. Altro avversario del reziario è il murmillo, che si oppone anche al trace, all'oplomaco, al provocator e ad un altro murmillo. Per esso abbiamo il rilievo di Leningrado, di cui manca purtroppo una precisa e completa edizione. Si può ricordare a tal proposito un graffito di Pompei, che mostra, vincitore di Aptonetus, trace, Spiculus, mur(millo) con scudo rettangolare, elmo con cresta, privo di ocrea, sembra, e con sole fasce alle gambe.

Nel Museo Capitolino è la stele di Anicetus con la figura e la qualifica di provocator, armato di breve scutum rettangolare, alta ocrea, spada ed elmo e sul petto una piastra o corazza, così come si ritrova di forma analoga in un rilievo di Cizico con la qualifica di προ[βο]χάτορ del g. Εὐπρέπεc.

La presenza inconsueta sul petto, di regola scoperto, di una difesa simile ad una piastra, ornata con gorgonèion, si riscontra in altri rilievi (di Durazzo, di Herakleia, da Coo, da Efeso e, dove la coppia dei due lottatori ha eguale armatura, nei rilievi del Tevere, di Pompei, di Civitavecchia, probabilmente in quello da Amisos a Bruxelles, e nel mosaico di Zliten).

Altre particolarità notate tra i g. sono: lo scaeva, mancino che tiene lo scudo nella destra ed ha l'ocrea alla gamba sinistra (rilievo di Durazzo e di Coo); la presenza della tunica che ritroviamo nei reziari, nei traci e in altri combattenti con pesante armatura oltre che in una determinata classe di g., ancora non ben definita: particolarità per le quali il Meyer (op. cit., p. 17, n. 2) avverte: ne quis putet omnia in armaturis ita stata fuisse ut exceptio non daretur.

Il gruppo delle stele gladiatorile sia d'Oriente che d'Occidente ovviamente rientra nella produzione popolaresca artigianale. Quindi possiede quello stile semplificativo e disegnativo, cui si riducono solitamente le forme, e nel contempo l'accuratezza nel rendere ogni particolare, esigenza peraltro sentita per la necessità di indicare la classe attraverso l'armatura. È uno stile umile, rozzo, talvolta espressivo ed efficace.

Ad essa si oppone la produzione precisata nel primo gruppo, sia per lo stile che per la diversa tipologia. Ad illustrazione degli annunci con gli elenchi dei g. partecipanti e per eternare il ricordo del grande avvenimento, sono impiegati oltre che la pittura, come si è visto, parallelamente anche i rilievi, che possiedono quindi valore sia commemorativo che funerario.

Tra gli esempî più completi e significativi è la raffigurazione che si svolge sull'architrave e sul frontone di un tempietto funerario, a Chieti, di un Lusius Storax, datato ad età claudia, e caposaldo, pertanto, per lo studio dell'arte provinciale italica. Sulla fascia dell'architrave sono scolpiti i varî gruppi di g. che partecipano al munus, còlti nei momenti più importanti o indicativi. Iniziando da sinistra (e non viceversa, come secondo il Ghislanzoni), apre la serie la coppia con tunica e scudo rotondo, che compare sempre all'inizio dei combattimenti (mosaici di Zliten, Kreuznach, Reims, Madrid, sui rilievi di Pompei, su lucerne), di categoria ancora non ben definita, sebbene tanto discussa. Quindi seguono traci e armati pesantemente sino ad un gruppo all'estrema destra di quattro lottanti a chiasmo. Domina nel mezzo delle scene, tutto isolato, un g. dal capo nudo e dalle lunghe chiome agitate, forse un personaggio famoso, come la posizione lo denuncia. Nel timpano è raffigurata la tribuna su cui siede l'editor, circondato su due o tre file dalle autorità e dalla folla che si agita nell'entusiasmo; agli angoli i musici visti di schiena o di profilo.

Per ragioni sia topografiche che di stile, accanto al monumento chietino si pone il rilievo da Amiternum con la scena della processione (pompa) che precedeva i munera. Il carro della vittoria è seguito dalla teoria delle statue delle divinità, portate su baldacchini, togati, musici, ed infine i g.: un reziario, un suo avversario e da ultimo un gruppo composto di quattro personaggi, disposti su due file, a chiasmo. Infatti il primo e l'ultimo, il secondo e il terzo possiedono uguale armatura, avendo questi, dal capo scoperto, vestito di tunica, un pedum nella mano sinistra (la destra non è visibile), quelli dal capo ugualmente scoperto vestiti con un gonnellino e con galerus, un uncino metallico nella destra e nella sinistra un pedum. Sono da identificare non come laquearii, per i quali si ha solo la testimonianza molto insufficiente di Isidoro (Orig., xviii, 56) ma quali paegniarii, come il Déchelette giustamente ha visto in un rilievo della Collezione Kestner e in frammenti di terra sigillata e come compaiono nel mosaico di Nennig, se pure con alcune varianti, nei rilievi Hanburg e di Pompei.

Inseriti nella medesima corrente d'arte provinciale italica possiamo ancora menzionare l'interessante fregio di Pescorocchiano, i grandi frammenti di Corfinio, Benevento, Sepino, di Monteleone Sabino, di Civitella S. Paolo, facenti parte di ampie scene che adornavano i monumenti.

In Pompei, oltre al fregio della tomba di Umbricius Scaurus, molto importante, datato agli ultimi anni di Claudio e ai primi di Nerone, ma purtroppo ora quasi del tutto perduto, va ricordato il grande rilievo marmoreo diviso in tre zone. Nella superiore è la pompa con la probatio armorum, in basso una venatio, al centro cinque scene di lotta. Da sinistra: due tunicati con scudo rotondo nel secondo gruppo alcuni servi sorreggono il vinto; domina al centro un vincitore che sta per abbattere il vinto supplice in ginocchio; seguono due paegniarii (?) assistiti da servi ed infine un combattente che colpisce mortalmente con la spada il fianco dell'avversario.

I due g. vestiti di corazza squamata del rilievo di Civitella S. Paolo, ritornano nel bel rilievo di Monaco, che dall'altro si distingue-contro il Weickert che li ritiene pertinenti-per misura e stile: il primo secco, duro, schiacciato, provinciale, l'altro armonico, possente, in cui i personaggi sono composti statuariamente e vengono realizzate posizioni complesse, come nel vinto seduto e girato sotto il vincitore proteso, mentre dinanzi due tibicines, vestiti di fluenti vesti, danno fiato alle lunghe trombe. Al rilievo di Monaco sembra appartenere il frammento di Budapest, che comprende un g. vestito di corazza squamata dinanzi ad un maestro di campo, databile per la pettinatura ad età augustea o giulio-claudia.

Nei rilievi gladiatorî non compare una simile armatura tranne che nei controreziari. Ma c'è da tener presente che i rilievi in genere e la nomenclatura nota sono di età imperiale, e che, dopo l'ordinamento augusteo, le varietà delle armature proprie del periodo repubblicano non dovettero spegnersi recisamente. Da ciò nascono difficoltà di identificazione. Un'armatura uguale indossa un personaggio nel rilievo di Villa Torlonia con scena di lotta con belva.

Nel rilievo di Civitella S. Paolo dobbiamo sicuramente scorgere la rappresentazione di un munus funebre per la presenza di una prefica dai capelli sciolti, in atto di lamento, volta verso una scena, perduta, che comprendeva probabilmente il feretrum. È spontaneo il richiamo al rilievo con la pompa funebre pure da Amiternum databile alla fine dell'età repubblicana o al massimo augustea.

La presenza di una donna tra g. ritroviamo nei rilievi del Palazzo Camuccini a Cantalupo in Sabina, in cui questo ed altri particolari (come un personaggio, posto tra i tibicines e i g., che tiene nella mano destra protesa, penzoloni per le zampe posteriori, una lepre) non hanno esegesi completamente chiara. Le figure sono allungate, dalle membre magre e slanciate; il disegno è fine, chiaro, accurato nel modellato dei corpi. Stilisticamente l'interessante rilievo è vicino al puteale di Civita Castellana, al quale si unisce anche per la cronologia di età cesariana, e richiama inoltre il rilievo più tardo di Bologna (2a metà del I sec. d. C.), in cui i combattenti hanno lo scudo ovale come nei rilievi di Venafro, Durazzo, Maastricht, nel fregio della tomba di Scauro e nel mosaico di Zliten.

La composizione delle scene non si svolge come si è visto nei citati rilievi soltanto su un'unica fascia ma in forma più complessa si dispone anche in due o più zone sovrapposte, divise da un listello. Frequentemente si riscontra questo tipo in Oriente. Non ne mancano esempi in Occidente, tra i quali possiamo menzionare quelli del Museo delle Terme, provenienti dalla Via Appia e da Via Arenula, del Museo Nuovo Capitolino e di Venafro.

Per quanto essi possano essere considerati nella composizione il corrispondente della pittura narrativa, di cui abbiamo frammenti di età repubblicana (Roma, Museo Nuovo dei Conservatori), tuttavia quanto noi conosciamo sembra databile - almeno per l'Occidente - ad un'età piuttosto avanzata, nel II-III sec. d. C., in base allo stile ed al ductus. Si viene quindi a stabilire in questo genere di monumenti una linea di evoluzione compositiva.

Così come sulle pareti le pitture, nei pavimenti i mosaici, mostravano uguali scene, disposte secondo schemi propri a questo genere decorativo. Inserite in una composizione geometrica, le scene si frazionano in figure singole, come nel mosaico di Reims, o in gruppi di due, come nei mosaici di Nennig e di Kreuznach. Quali emblemata occupano il centro dell'ambiente, come probabilmente il mosaico di Coo e i due di Madrid, esaltanti, in scene sovrapposte, l'uno la vittoria di Astianax su Kalendio reziario, l'altro Symmachius che uccide Maternus e Habilis. Nel mosaico di Zliten, tra i più belli del genere, le scene invece si svolgono continue, nei due tratti opposti di una fascia che borda un grande vano, alternate da rappresentazioni di venatio. Per ciascuna banda sono cinque coppie che lottano al segnale della tromba e al suono di un organo sotto il vigile controllo degli arbitri: ora la battaglia è serrata, ora un colpo è parato da una difesa guardinga (s. Aurigemma, op. cit., fig. 96); qui la lotta è conclusa ed il vincitore, trace, è poggiato alla lancia fiero e pomposo (s. Aurigemma, op. cit., fig. 95), mentre il vinto chiede grazia. Interessante la rappresentazione sul fondo delle lettighe per il trasporto dei morti. Il mosaico, a colori, di grande finezza, viene solitamente datato alla 2a metà del I sec. d. C.

Da ultimo menzioniamo il grande mosaico policromo di Villa Borghese, in cui i munera gladiatoria trovano la loro più fastosa esaltazione; proveniente da Tuscolo, raffigura scene di venatio e gladiatorie, viste su più piani come svolgentisi sull'ampio campo dell'arena. Lottano due a due reziari e g. armati pesantemente; uno è nell'atto di inseguire l'avversario, l'altro è colto nel momento di dare il colpo finale al vinto steso riverso a terra; chi giace già morto, chi esulta per la vittoria. Utile da un lato per la fedeltà nei particolari delle armature, dall'altro, malgrado le arbitrarie spezzature e il cattivo restauro, conserva ancora tutta la sua originaria grandiosità. Si noti la figura di Aestivus supino a terra, di scorcio ed il gruppo con Bellerofons in ginocchio, visto di schiena, che sta per pugnalare Cupido, reziario. Sebbene l'esecuzione sia certamente inferiore al disegno da cui deriva, tuttavia il mosaico di Villa Borghese, databile alla seconda metà del III sec. d. C., resta uno dei maggiori monumenti conservatici dell'arte del tardo periodo. Nei suoi colori corruschi e nella sua pompa fastosa può esser preso a simbolo di quella esaltata, incontenibile passione dei Romani per le lotte sanguinose dell'anfiteatro, che solo agli inizî del V sec., dopo contrasti, cessarono.

Monumenti considerati. - Per gli anfiteatri: G. Forni, in E. A. A., i, 1958, s. v. Anfiteatro. Per il ludus magnus: Bull. Gom., lxv, 1938, pp. 246 ss.; Palladio, iii, 1939, p. 37; A. v. Gerkan, Grenzen u. Grossen der Vierzehn Regionen Roms, in Bonner jahrb., 1949, p. 53. Monumenti in Pompei: iscrizioni: A. Mau, Iscrizioni Gladiatorie di Pompei, in Röm. Mitt., v, 1890, p. 38 ss.; CI. L., iv, 1421, 1422, 1474, 1733, 2387, 2508. Graffiti: R. Garrucci, Graffiti di Pompèi, 2a ediz., 1856; graffito con Aptonetus: id., op. cit., tav. xiii, I; A. Deville, Histoire de la verrerie dans l'antiquité, Parigi 1873, tav. l. Pitture: Casa del Sacerdos Amandus: A. Maiuri, Le pitture della casa del "Sacerdos Amandus", Roma 1938, p. 3 ss., fig. 5 a, 5 b. Pittura con la rissa: G. E. Rizzo, La pittura ellenistico-romana, Milano 1929, tav. cxcviii. Tomba di Vestono Prisco: G. Spano, La tomba dell'edile C. Vestorio Prisco in Pompei, in Mem. Lincei, s. vii, vol. iii, fasc. 6, 1943, p. 255 ss., fig. 5. Casa dello Scultore: A. Maiuri, Una nuova pittura nilotica a Pompei, in Mem. Acc. Lincei, s. viii, vol. vii, 1957, p. 77, tav. viii, 2. Trofeo d'armi nel ludus gladiatorius: R. Garrucci, in Bull. Arch. Napoletano, N. S., i, 1853, p. 114 ss., tav. vii, 13; Dict. Antiq., s. v. Gladiator, fig. 3570. Altre pitture: S. Reinach, Rép. Peint., p. 285, 5, 6; 288, i; V. Spinazzola, Pompei alla luce degli scavi nuovi di Via dell'Abbondanza, Roma 1953, p. 171 5., fig. 211-212.

Rilievi: tomba di Umbricius Scaurus: F. Mazois, Les ruines de Pompej, Parigi 1824, i, p. 49 s., tav. xxxii; Dict. Ant., s. v. Gladiator, fig. 3575; C. I. L., iv, tav. 1182. Rilievo marmoreo: B. Maiuri, in Rend. Linc., 1947, vol. ii, fasc. 11-12, p. 491, tav. i. Per le armature (schinieri ed elmi) gladiatorie: A. Ruesch, Guida illustrata del Museo Nazionale di Napoli, p. 414 ss.; A. e B. Maiuri, Das Nationalmuseum in Neapel, 1958, pp. 16o-161.

Per i nomi e la fama dei g. e per le passioni a tali spettacoli: Svetonio (Nero, 30, 2; 47, 3) ricorda al tempo di Nerone un famoso murmillo di nome Spiculus; Trimalchione (Petron., Sat., xxix) ha nel suo atrio "Iliada et Odyssian et Laenatis gladiatorium munus" e vuol far scolpire sulla sua tomba (Petr., Sat., lxxi) "... Petraitis omnes pugnas, ut mihi contingat tuo beneficio post mortem vivere". Per pitture: O. Vessberg, Studien zur Kunstgeschichte der römischen Republik, Lund-Lipsia 1941, p. 38 s., n. 149; P. Friedländer, op. cit., p. 258; S. Ferri, Plinio il Vecchio, Roma 1946, p. 139. Iscrizioni di Benevento: C I. L., ix, 1666 Dessau, 5068. Per pitture tombali e vascolari: F Weege, Oskische Grabmalerei, in Arch. Jahrb., 1909, p. 133 ss.; L. Malten, Leichenspiel und Totenkult, in Röm, Mitt., 1923-24, p. 300 ss.; P. Couissin, in Rev. Arch., 1930, ii, p. 270 ss.; P.C. Sestieri, Il Nuovo Museo di Paestum, 1955. Rilievo con monomachia da Amiternum (L'Aquila, museo): foto Alinari 36102; F. Weege, op. cit., p. 153, fig. 24; Mostra Rom. Cat., xxx, 4, calco; D. Faccenna, Rilievi gladiatori, in Bull. Com., lxxvi, 1956-58, p. 66, tav. vii. Per i più antichi tipi di g. vedi anche K. A. Neugebauer, Der älteste Gladiatorentypus, in Berliner Museen, lxi, 1940, p. 7 ss.; K. A. Neugebauer, in Arch. Anz., Lv, 1940, 6o8 ss.; C. Weickert, Gladiatoren-Reliefs der Münchener Glyptothek, in Münchener Jahrbücher der bild. Kunst, 1928, p. 23 ss. Tomba sulla via Latina,: S. Reinach, Rép. Peint., p. 287, 2. Tomba in Kerĕ: S. Reinach, Rép. Peint., p. 284; L. Robert, op. cit., n. 47 a. Tomba a Cirene: L. Robert, op. cit., n. 69 a. Per gli oggetti minori: P. Friedländer, op. cit., p. 259 ss. Bicchiere di Chavagnes: A. Deville, Histoire de la verrerie dans l'antiquité, Parigi 1873, p. 42 ss., tav. XLIX a. Bicchiere di Chambery: W. Fröhner, La verrerie antique, Le Pecq 1879, p. 67 s., tav. xxi, 92. Bicchieri di Begram (Kābul, museo): J. Hackin, Dél. Afgh., ix, 1939, tav. xiv, xv, ivi bibliografia per i bicchieri di Copenaghen. Tazza di Gubbio: Bull. Com., 1939, iv, Bull Mus. Imp., p. 82 ss., fig. 8. Rilievo di M. Antonius Exochus: Dict. Ant., s. v. Gladiator, fig. 3583; G. I L., vi, 10194 = Dessau, 5088. Rilievo di Urbicus (Milano, Museo del Castello): C. I. L., v, 5933; Dict. Ant., s. v. Gladiator, fig. 3576 b; P. J. Meier, in Bull. Inst., 1884, p. 16o; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Gom., 1949-50, p. 53, fig. 5. Rilievi da Saittai: L. Robert, op. cit., p. 135; id., in Hellenica, viii, 1950, pp. 65, 66, tav. xii, 3; xiii, 1-2. Rilievi da Salonicco (Istanbul, museo): L. Robert, op. cit., p. 12, tav. xxii. Rilievi con il controreziario: L. Robert, op. cit., tav. xiii, n. 46; tav. xiv, n. 299. La scultura a tutto tondo dalla Tracia raffigura ᾿Επιπτᾶc πουλσάτωρ, vincitore di un reziario; tra i due è l'arbitro e dietro un pilastro con organo: L. Robert, in Hellenica, vii, 1949, p. 135 ss., tav. xviii; l. Colin, Secutor et iaculatorpulsator; vocables techniques de l'arene, in Mnemosyne, s. iv, vol. vii, fasc. I, 1954, p. 44 s.; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 43. Per il Murmillo: L. Robert, op. cit., p. 68, nota 7; id., in Hellenica, iii, p. 36; vii, p. 148; C:I.L., iv, n. 2508. Rilievo col Murmillo (Leningrado, museo) Dict. Ant., S. v. Gladiator, fig. 3586; L. Robert, op. cit., n. 30; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, note 30, 31. Rilievo di Anicetus (Roma, Museo Capitolino): P. J. Meier, in Bull. Inst., 1884, p. 158; C.I.L., vi, 10183; D. Faccenna, in Bull. Com., 1956-58, p. 5, nota 7. Rilievo di Cizico (Istanbul, museo): L. Robert, op. cit., p. 226 ss., n. 291, tav. xix; Mendel, Cat., 1914, iii, n. 1062, disegno; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1949-50, p. 4, note 7, 13. Rilievo di Durazzo: P. Couissin, Guerriers et gladiateurs sannites, in Rev. Arch., xxxii, 1930, p. 242, fig. 10; L. Robert, op. cit., p. 76, n. 4. Rilievo di Eraclea: L. Robert, op. cit., p. 169, n. 153, tav. xxi. Rilievo da Coo (Rodi, museo): Glara Rhodos, i, 1928, p. 93, fig. 74; L. Robert, op. cit., p. 190, n. 189. Rilievo da Efeso (Berlino, museo): L. Robert, op. cit., p. 198, n. 210, tav. VI. Rilievo da Efeso: L. Robert, op. cit., p. 199, n. 212, tav. xl. Rilievo da Efeso (Vienna, museo): D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, nota 16. Rilievo dal Tevere (Roma, Museo Nazionale): D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 6o. Rilievo di Civitavecchia (Civitavecchia, Museo Civico): S. Bastianelli, Il Museo Civico di Civitavecchia, in Latina Gens, x, 1932, n. 9, p. 20, fig. 3; id., Il Museo Civico, 1932, p. 9, n. 132. Rilievo da Amisos (Bruxelles, Musée du Cinquantenaire): F. Cumont, Studia Pontica, iii, n. 7; id., Catalogue des sculptures et inscriptions antiques des Musées Royaux du Cinquantenaire, 1913, 2a ed., n. 80, foto; P. Graindor, Marbres et textes antiques d'époque imperiale, 1922, pp. 15 ss., tav. ii, fig. 4; L. Robert, op. cit., p. 72; p. 30 ss., n. 79; id., in Hellenica, v, p. 98, tav. xii; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, nota 7. Nel vincitore è stato identificato un dimachaerus, classe a sé o, come pensa il Robert, un particolare modo di combattere. Mosaico di Zliten: S. Aurigemma, I mosaici di Zliten, Roma-Milano 1926, pp. 151, 161, fig. 96; pp. 163, 173, fig. 6; p. 175, fig. 108 a sinistra; p. 175 e nota. Per la tunica vedi Spano, op. cit., p. 259, nota 6; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, note 67, 96. Per il tempietto funerario di Lusius Storax (Chieti, Museo Nazionale): E. Ghislanzoni, Il rilievo gladiatorio di Chieti, in Mon. Ant. Lincei, xix, 1908; G. Rodenwaldt, in Arch. Jahrb., 1940, p. 38 ss., fig. 16 a, p. 33; L. Robert, in Hellenica, iii, p. 135 ss.; id., in Hellenica, vii, p. 149, nota 3, tav. xix; id., in Hellenica, VIII, 1950, p. 50, nota 2; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, nota 101 (ivi bibliografia). Rilievo di Amiternum (Chieti, Museo Nazionale): F. Fornari, in Not. Scavi, 1917, p. 332; J. Scott Ryberg, Rites of the State Religion in Roman Art, in Mem. Am. Acc. in Rome, xxii, 1955, p. 101 ss., tav. xxxii, fig. 50 a, p. 99 s., tav. xxxii, fig. 48 b; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 63. Rilievo Kestner: W. Henzen, Musiv. Burg., p. 114, tav. vii, 10; Dict. Ant., s. v. Gladiator, fig. 3588. Per raffigurazioni su terra sigillata: C. Leemans, in Rev. Arch., ix, 1852, p. 86; J. Déchelette, Les gladiateurs pegniaries, in Rev. Arch., 1904, p. 308 ss., figg. 3-5. Rilievo Hanburg (Ventimiglia, Museo Archeologico): C. Laviosa, in Rivista Ingauna e Intemelia, n. s., xi, 1956, n. 2, p. 40 s., fig. 20. Rilievo da Pescorocchiano (Roma, Museo Nazionale): D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 62. Rilievo di Corfinio (Corfinio, museo): D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 62. Il rilievo comprende la parte inferiore di due traci opposti tra loro. Esso richiama un altro rilievo esistente nel Museo della Civiltà Romana a Roma, con due traci in lotta: D. Faccenna, in Bull. Com., 1956-58, p. 15., tav. i, databile alla prima metà del I sec. d. C. Rilievi di Benevento (Museo Provinciale): D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 55 ss., figg. 5-9; 1) con due busti, 2) con un busto volto a sinistra, 3) con la parte inferiore di due g. affrontati, 4) con un busto di reziario. Le prime tre sculture sono databili al I sec. d. C.; l'ultima è più tarda. Rilievi di Sepino (Sepino, Antiquarium): D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 50 ss., tavv. vi, vii (ivi bibliografia). Sono quattro, ciascuno con una scena di combattimento tra trace e avversario armato pesantemente, tra trace e g. armato pesantemente, tra reziario e avversario armato pesantemente, tra due traci. Databili al I sec. d. C. Rilievo di Monteleone Sabino (Monteleone Sabino, chiesa di S. Vittoria): D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 74, fig. 15. Rilievo di Civitella S. Paolo (Civitella S. Paolo, palazzo abbaziale): C. Weickert, art. cit., p. 115; E. Ghislanzoni, art. cit., c. 590 ss., figg. 18-19; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 59 s., tav. v. Rilievo di Monaco (Monaco, museo): D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 69, tav. i. Rilievo di Budapest (Budapest, museo): A. Hekler, Die Sammlung antiker Skulpturen, Budapest, 1929, p. 115 s., n. 1o6 s.; F. W. Göthert, Zur Kunst der römischen Republik, 1931, cap. viii, p. 55 ss.; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 70, fig. 14. Rilievo di Villa Torlonia: Matz-Duhn, Antike Bildwerke in Rom, 1882, iii, 350; Bull. Com., 1942, Bull. Mus. Imp., fig. a p. 165. Calco al Museo della Romanità; rilievo con pompa funebre da Amiternum (L'Aquila, museo): Foto Moscioni 21974; F. Cumont, Récherches sur le symbolisme funeraire des Romains, Parigi 1942, p. 239, tav. xix; Cat. Mostra Aug., lxi, 52, calco; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 72 (ivi bibliografia). Rilievi di Cantalupo Sabino: U. Tarchi, L'arte nell'Umbria e nella Sabina, 1, tav. ccxliii. Calchi nel Museo della Romanità: D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, pp. 72 ss., tavv. iv, v. Puteale di Civita Castellana (Civita Castellana, Duomo): R. Herbig, Römisches Basis in Civita Castellana, in Röm. Mitt., 1927, p. 129 ss. Rilievo di Bologna (Bologna, Soprintendenza): S. Aurigemma, in Historia, vi, 1932, p. ss., fig. I. G. A. Mansuelli, in Emilia Romana, Ist. St. Romani, 1941, p. 147 ss., n. 13, tav. x, fig. 22; S. Ferri, in Boll. d'Arte, 1949, p. 3 ss., fig. 9; Cat. Mostra Augustea, xxix, 58, p. 476, calco. Rilievo di Maastricht (Maastricht, museo): E. Espérandieu, Rec. Gen. bas-reliefs, vi, 1913, n. 3999; L. Robert, in Hellenica, vii, p. 147 s., tav. xxi. Rilievi a zone sovrapposte in Oriente: L. Robert, op. cit., p. 52 ss., nn. 46, 101, 107, 114, 128, 224, 228, 231. Rilievi dalla Via Appia (Roma, Museo Nazionale): D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1949-1950, p. ‛3 5., note 13 e 37, figg. 2, 3 (ivi bibliografia precedente). Rilievi da via Arenula (Roma, Museo Nazionale): D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1949-50, p. 8 ss. Rilievo del Museo Nuovo Capitolino: D. Mustilli, Il Museo Mussolini, Roma 1938, p. 105, tav. lxiii, 249; L. Robert, in Hellenica, iii, 1946, tav. xlv; id., op. cit., p. 120. Rilievo di Venafro (Venafro): R. Garrucci, Venafro illustrata con l'aiuto delle lapidi antiche, Roma 1874, n. 66, p. 78 ss.; C. I. L., x, i, 1883, n. 4920; A. Mau, art. cit., in Röm. Mitt., 1890, p. 34 e passim; D. Faccenna, art. cit., in Bull. Com., 1956-58, p. 44 ss., fig. 3. Mosaico di Reims: Ch. Loriquet, La mosaïque des promenades et autres trouvées à Reims, D. 1862; S. Reinach, Rép. Peint., p. 289. Mosaico di Nennig: v. Wilmowsky, Die römische Villa zu Nennig und ihr Mosaik, 1865, fig. 9; S. Reinach, Rép. Peint., p. 285, i, 2; p. 288, 4, 5. Mosaico di Kreuznach: S. Reinach, Rép. Peint., p. 288, 2. Mosaico di Coo (Istanbul, museo): L. Robert, op. cit., n. 191 a; Hellenica, v, 1948, p. 98 ss., tav. viii e ix, i. Mosaico di Astianax (Madrid, museo): S. Reinach, op. cit., p. 285, 3. Mosaico di Symmachius (Madrid, museo): S. Reinach, Rép. Peint., p. 285, 4; J. H. Oliver, Symmachi, Homo felix, in Mem. Am. Acc. in Rome, 1957, p. 9 ss.; A. Blanco Freijeiro, Mosaicos romanos con escenas de circo y anfiteatro en el Museo Arqueoldgico Nacional, in Archivo Español de Arquelogia, 1950, p. 132 ss. Mosaico di Zliten: s. Aurigemma, op. cit., p. 131 ss., fig. 151 ss. Mosaico Borghese (Roma, Museo di Villa Borghese): G. Henzen, Explicatio Musivi Burghesiani, in Dissert. Acc. Pont., xii, 1852, p. 107, tav. xi; M. E. Blake, Mosaics of the Late Empire in Rome and Vicinity, in Mem. Am. Acc., xvii, 1940, tav. 30 (ivi bibliografia precedente).

Bibl.: Opere fondamentali: Dict. Ant., s. v. Gladiator; P. J. Meier, De gladiatura romana quaestiones selectae, Bonn 1881; F. Drexel, in Friedländere Darstellungen aus der Sittengeschichte Roms, vol. IV, 1921, 10a ed., p. 258-268, cap. XVII, Kostüm und Bewaffnung der Gladiatoren; L. Robert, Les Gladiateurs dans l'orient grec, fasc. 278, della Bibl. École des Hautes Études, 1940.