GNOSTICISMO

Enciclopedia Italiana (1933)

GNOSTICISMO

Michelangelo Guidi

. Sotto questo nome si raggruppa un insieme assai vario di dottrine e di sette che dai tempi apostolici fino al sec. IV hanno interpretato e vissuto il messaggio cristiano, disponendolo entro categorie proprie alla religiosità, alla cultura, alla vita del mondo ellenistico-romano. Le sette gnostiche mancano pertanto di uniformità, perché sono il prodotto di una reazione non disciplinata da una direzione prevalente; ma esse dalla comunanza delle fonti principali - l'ambiente ellenistico-romano, e la figura del Cristo che in tutte giganteggia - attingono una fondamentale unità che corrisponde ad alcune delle direzioni principali del pensiero e della religione di quel periodo, le quali si manifestano in quegli elementi comuni che collegano le sette gnostiche.

Primo fra questi è quello che ha dato il nome a tutto il movimento; e a buon diritto, poiché meglio che ogni altro riassume ed esprime la disposizione d'animo alla quale risale come a maggior movente la formazione dello gnosticismo, ed è insieme la chiave di vòlta del sistema e la logica conclusione della sua concezione del mondo e dell'economia della salute. Questo elemento comune è l'anelito a raggiungere la conoscenza dei misteri divini, la gnosi, nome che gli scrittori della Chiesa hanno esteso a indicare anche il complesso del movimento (donde è stato coniato gnosticismo; mentre gnostici, γνωστικοί, è il nome che a sé attribuiscono, in alcune sette, gli iniziati ai misteri gnostici). Questa gnosi non è acquistabile con la speculazione razionale e con la contemplazione mistica e ascetica, ma solo con la rivelazione di essa che il salvatore Cristo, il Σωτήρ, che è una delle potenze celesti, dà a coloro che nell'iniziazione dei misteri son preparati a riceverla. Dai misteri scende infatti tale concezione della conoscenza liberatrice del Dio; essa diviene caratteristica della vita religiosa di quel periodo ed è comprensibile come sia stata rivissuta nel cristianesimo.

Ireneo (v.), che nel sec. II ha combattuto le eresie gnostiche definisce questa gnosi la conoscenza dell'ineffabile grandezza (τοῦ ἀρρήτου μεηέϑους). Altra idea infatti comune a tutte le forme della gnosi è quella dell'irraggiungibile perfezione e dell'ineffabilità del vero altissimo Dio, che diviene una pura astrazione; tale concezione, certo propria di scuole platoniche, divenne più tardi tipica del neo-platonismo e sempre più familiare al mondo ellenistico-romano (cfr. il Iupiter summus exsuperantissimus).

Il cosmo, di fronte a questa infinita perfezione, si erge invece grave di peccato e di morte; il contrasto è superato dagli gnostici con un sistema di emanazione di spiriti o di esseri divini (Eoni, in certo modo modello e ragione delle cose quaggiù: cfr. le idee platoniche, i λόγοι σπερματικοί) che nel loro insieme formano il mondo celeste e perfetto; l'ultimo di essi, già lontano dal primo Padre, commette il fallo (desiderio smodato di conoscenza) che con la caduta nel basso d'una parte di questo Eone stesso è la prima origine del mondo sensibile. Questo è opera di un Demiurgo a capo di 7 angeli o arconti creatori, signori dei 7 cieli che coprono la Terra; concezione che rimonta a idee babilonesi, ma che la teoria tolemaica volgeva a nuova interpretazione e valore. Il Demiurgo è generalmente identificato con il Dio dei Giudei (chiamato Yaldabaoth, anche gli altri arconti hanno nomi presi dall'Antico Testamento stranamente deformati) e ritenuto Dio inferiore, spesso cattivo, ignaro della perfezione del Dio supremo. Un sistema cioè monista di emanazione, che ha nello stesso tempo elementi di dualismo più o meno pronunciati secondo i varî sistemi, come la supposizione di un mondo inferiore in cui cade l'Eone peccatore e come la natura dei creatori che, se non sono sempre satanici, non sono neanche emanazione del sommo bene. Questi tratti dualistici sono da una direzione della ricerca moderna riferiti a influenza iranica; mentre certo si possono anche spiegare con le concezioni greche (sviluppo di idee platoniche), anche se queste in precedenti fasi sono state influenzate dall'Oriente.

La legge dell'Antico Testamento è opera di questi angeli creatori e non ha alcun valore per la salvezza; la gnosi è antigiudaica, ché infatti l'escatologia giudaica e la concezione della divinità nell'Antico Testamento non si conciliavano con le idee più diffuse nel mondo ellenistico-romano e con l'ineffabilità della potenza suprema; alcuni spunti iniziali di questa posizione antigiudaica partono forse da condizioni diverse nella gnosi samaritana.

Ma le creature del mondo hanno in sé qualche parte divina, pneumatica, dell'Eone caduto, che manca al Demiurgo e agli angeli; ed esse, secondo la parte prevalente, sono esseri pneumatici (che son pochi e salvi per natura), psichici (che sono molti, e possono raggiungere la fede e incorruttibilità o la incredulità e rovina), ilici o materiali (che sono molti e vanno perduti).

La redenzione e liberazione dell'uomo (su cui come in microcosmo rivivono le vicende del mondo) non può venire che dal mondo superiore e celeste. Cristo, che è il Salvatore, non è che un Eone celeste, e per la salvezza non ha importanza la sua passione; questa non è stata che una pura apparenza (v. docetismo). Cristo è venuto invece, secondo la formula comune agli gnostici, per sciogliere l'ignoranza e annientare la morte, quindi non per remissione di peccato né espiazione, ma per dare nella rivelazione la gnosi del sommo Dio e della genesi del mondo, affinché l'uomo sappia purificarsi dalla materialità e giungere alla liberazione della sua parte divina (cfr. a p. 448, il sistema di Valentino).

La gnosi, derivata per una sua parte dalle pratiche dei misteri e dalle conseguenze di un attivo sincretismo religioso, conservava nel suo culto molti elementi proprî della religiosità orientale. La gnosi era impartita in veri e proprî misteri: la sua dottrina era segreta, riconoscibile solo per rivelazione, l'esegesi allegorica. Sacramenti, purificazioni e simboli, avevano una gran parte nel culto complicato e appariscente delle varie sette; le fonti parlano d'iniziazioni in varî gradi, di pratiche e riti varî (come il matrimonio spirituale, il battesimo, le agapi, le unzioni, il marchio dietro l'orecchio destro) di profeti e taumaturghi; era elemento assai importante del culto il canto di inni. Tra i numerosi inni e odi ve ne sono alcuni di grande bellezza: le Odi di Salomone (v.), attribuite da alcuni a Valentino, sono sicuramente di provenienza gnostica. Le pratiche della magia erano poi familiari anche alle gnosi che possono esser considerate di carattere più spiccatamente filosofico; infatti nella varietà delle sette gnostiche è distinguibile una duplicità di direzione, secondo il prevalere dell'elemento filosofico e più altamente religioso di fronte al mitologico e al magico. Così la gnosi della setta valentiniana (che molti inclinano a chiamare scuola) aveva un carattere filosofico assai spiccato di fronte ad altre sette (quella p. es. alla quale va attribuita la Pistis Sophia). E il movimento gnostico non fu certo ristretto alle classi più alte, ma in certa misura anche esteso fra il popolo, che non gustava le sottili speculazioni filosofiche, ma era sedotto dalla promessa della sospirata salvezza, dall'apparato del culto, dalle pratiche magiche. Conseguenza del bisogno di liberare per la salvezza la parte divina dell'anima era una disposizione ascetica: o, in altri casi, un libertinaggio fondato sulla persuasione che la materia non può contaminare la parte divina.

Se si esamina il profondo carattere della religiosità gnostica, quale può apparire anche in questi pochi principî a essa comuni e da queste sue tendenze, balza fuori l'insanabile contrasto con la concezione alla quale la Chiesa ha tenuto fermo, e che fa della gnosi e della Chiesa due rivali, due valori veramente opposti, due maniere di vivere la grande novella della salvezza portata dalla dominante figura di Cristo, che dovevano necessariamente escludersi. Da una parte lo scopo finale è la penetrazione nel mistero dell'altissimo Dio, cercata nelle iniziazioni preparanti alla rivelazione del salvatore che è un Eone celeste: dall'altra è il raggiungimento della vita eterna per il merito delle sofferenze reali di un Dio che si assunse l'espiazione del peccato dell'umanità, e con il rinnovare la vita secondo il suo esempio; da una parte, l'elaborazione faticosa di idee filosofiche per inserire in categorie intellettuali la genesi del mondo e l'economia della salute; dall'altra, rivoluzione completa dei valori della vita secondo la pazzia della croce (la μωρία di S. Paolo) e tranquilla accettazione d'un racconto tradizionale. Il cristianesimo conserva sì la tradizione e la legge, ma rivoluziona la vita con il nuovo patto; lo gnosticismo, in apparenza moderno e antigiudaico, tenta in realtà un compromesso con il passato e con valori non più fecondi, e il suo sforzo è sterile.

Da questa sommaria esposizione dei principî essenziali dello gnosticismo appare che non è possibile scindere alcuni concetti di esso da posizioni tipiche della speculazione greca, diffusa nel mondo ellenistico-romano, e dalla vita di quell'ambiente; ma è anche chiaro d'altra parte che altre concezioni, elementi del culto, pratiche e riti, sono strettamente legati al mondo religioso orientale. Onde la soluzione del problema dalle fonti dello gnosticismo sta in una formula di coordinazione di queste due elementari forze, alla quale è solo possibile approssimarci con la profonda conoscenza dell'unità culturale entro la quale questa formula si è disegnata: il mondo ellenistico-romano. Occorre rilevare che dottrine o tendenze tipiche dello gnosticismo, e quella della gnosi salvatrice sono anche proprie di movimenti nati fuori dell'ambito del cristianesimo; né ciò avviene a caso, poiché le stesse aspirazioni, la stessa fondamentale disposizione non potevano non reagire su altri fatti filosofici o religiosi e produrre conseguenze in qualche parte simili. La storia religiosa parla pertanto di gnosi e gnosticismo fuori dell'ambito che a questo è segnato dalla polemica della Chiesa; ma in questo articolo è considerato solo lo gnosticismo cristiano.

Dottrine e sette gnostiche. - Le idee che permettono di attribuire allo gnosticismo una sua unità, si sono gradualmente formate e saldate insieme, in varie combinazioni, entro un grande numero di scuole e di sette che assai raramente ci sono note per diretta conoscenza delle opere originali dei loro fondatori o seguaci (le quali sono in massima parte perdute o conservate solo in qualche frammento), mentre nel caso più frequente ne abbiamo notizie attraverso la polemica antignostica della Chiesa.

Le più antiche tracce di speculazione o pratica religiosa di tipo gnostico appaiono nelle comunità giudeo-cristiane (v. giudeo cristianesimo) specialmente in Asia Minore; ed esse sono state energicamente combattute nelle loro varie forme da S. Paolo, da S. Giovanni, nella I Pietro, nella Epistola di Giuda, e più tardi da S. Ignazio e da S. Policarpo. A queste tendenze appartenne l'insegnamento di Cerinto combattuto da S. Giovanni, quello dei Nicolaiti, di cui è menzione nell'Apocalisse; al sec. III le dottrine giudeo-gnostiche riapparvero a Roma con Alcibiade che insegnava la dottrina promulgata da Elxai (v.), nata nell'ambiente ebionita-esseno anch'esso intinto di idee gnosticheggianti. Sette essene ebbero più tardi influsso sull'islamismo nascente.

Questa antica gnosi giudaizzante ci dà la prova dell'urgente impulso a rivivere una forma religiosa concreta e tradizionale secondo uno schema già fissato in qualche sua linea dagli atteggiamenti del pensiero e secondo concetti e pratiche religiose orientali. Speculazioni filosofiche e miti sottili abilmente combinati; una scienza già detta da Paolo "falsa gnosi"; pratiche di purificazione e di ascetismo, ma insieme indulgenza a impudicizia e a eccessi; docetismo e deformazione delle concezioni apostoliche, sono già elementi proprî di questa gnosi, a cui mancava ancora il carattere antigiudaico, poi proprio a tutto il movimento. Ma in Samaria, terra feconda di sincretismo e ostile al giudaismo, sorse con Simon Mago (figura sicuramente disegnata dalla tradizione degli Atti degli Apostoli e da quella posteriore, da alcuni critici tuttavia relegata nel mondo della leggenda) una religione che si atteggiò a concorrente del cristianesimo e che fu appunto antigiudaica. Il sistema cosmogonico soteriologico di essa ha tutti i caratteri dello gnosticismo incipiente, e ha il suo tratto dominante nella magia, poi propria di tutte le gnosi. Dalla "Grande Potenza" (Μεγάλη Δύναμις) sorgente del potere magico, emana l'"Intelligenza" ("Εννοια, concetto che sembra connesso con la speculazione greca), la quale crea gli angeli, autori a loro volta del mondo. Ed ecco (come la "Sapienza" dei sistemi più tardi) l'"Intelligenza" esser trattenuta dagli angeli, cader sempre più in basso di incarnazione in incarnazione, dopo essere stata impersonata in Elena di Menelao, poi, con lo stesso nome, in una prostituta di Tiro; dove la ritrova, quale la pecorella perduta, Simone che è a sua volta incarnazione della "Grande Potenza", discesa in lui per la liberazione dell'"Intelligenza". Simone ed Elena dànno la gnosi salvatrice, e sono adorati dai loro seguaci come dei; secondo Simone la legge ebraica è una ϑέσις ("imposizione") degli angeli, e non ha alcun valore per la salvezza. Simone fu singolarmente attratto dalle meraviglie del Cristo; il rifiuto del suo mercato lo spinse a farsene rivale, esercitando la sua magia, ma nel suo sistema della "Grande Potenza" inserì anche la figura di Gesù. La "Grande Potenza" è apparsa, sempre incarnata nella sua stessa persona, ai Samaritani come Padre, ai Giudei come Figlio, cioè Cristo, agli altri popoli come Spirito Santo.

Questa religione simoniana conferma con la sua reazione al giudaismo, col suo accostamento e poi opposizione al cristianesimo, l'antico modo di formazione delle gnosi, le quali applicano le idee immanenti nell'ambiente a una religione concreta, fondendosi con essa o levandosi a contrasto contro di essa; e inoltre diviene assai importante, quando, successori di Simone (come Saturnilo in Antiochia, sotto Traiano), abbandonata la pretensione di essere incarnazione della divinità, pongono al centro della loro gnosi la figura vittoriosa di Cristo e completano così la figura dello gnosticismo; nel quale ormai gli elementi costitutivi son tutti presenti: sia la parte speculativa, sia quella religiosa, grosso modo riferibili rispettivamente all'influsso greco e a quello orientale. Queste due forze elementari subivano ad Antiochia, poi ad Alessandria e a Roma, varî impulsi in varie direzioni; e la predicazione gnostica trovò in quegli ambienti un terreno singolarmente favorevole al pullulare rapido di numerosissime sette sorte prima in Siria, poi propagatesi in tutto il mondo ellenistico-romano. E pochi spunti partiti dalle prime forme dell'antichissima gnosi furon ripresi, ripensati e rifoggiati in singolare varietà, ma con analogia fondamentale.

Tale sviluppo di sette alla fine del sec. I e del II è da Ireneo posto in stretta relazione con la gnosi simoniana: egli chiama genericamente questi eretici "gnostici", ma sappiamo che essi stessi si attribuivano varî nomi, barbelo-gnostici, ofiti, cainiti, setiani, ecc., e ad essi le fonti attribuiscono numerosi libri, e anche vangeli o altri scritti apocrifi. In Egitto, dopo la Siria, la gnosi ebbe una fioritura rigogliosa, e sorsero colà le scuole di Basilide e Valentino e di numerosi loro discepoli (più scuole che sette per il loro carattere filosofeggiante), mentre le sette predette ingolfandosi sempre più nell'oscurità dei simboli, nella stranezza dei riti, nella magia, morirono con la fine della gnosi nel sec. IV. Derivano da esse (che sono classificate dal De Faye in "gnostici antibiblici", "adoratori della Grande Madre", e "gnostici licenziosi") i noti scritti gnostici copti, dei quali il più famoso è la Pistis Sophia, testo della metà del sec. III, che descrive il viaggio di Cristo attraverso gli Eoni per liberare Pistis Sophia, e la salvazione di essa, e inoltre la rivelazione dei misteri fatta da Cristo ai discepoli e a Maria Maddalena.

Basilide (v.), primo dei grandi maestri d'Egitto, professò un sistema di emanazione di 365 cieli, e in esso appaiono secondo gli Acta Archelai tratti dualistici. È sua una strana teoria delle passioni concepite come appendici materiali dell'anima, che senza esser toccata dalle colpe deve subirne le conseguenze in una delle sue incarnazioni; la gnosi di Basilide, come altre, crede nella metempsicosi. In essa era in onore la magia.

Valentino è l'altro grande maestro della gnosi egiziana e tra il 135 e il 160 deve aver insegnato a Roma. Il "Propator" (Προπάτωρ) originario, detto anche l'"Abisso", feconda la sua compagna (molti sistemi gnostici immaginano l'emanazione procedente per coppie) "Charis" o "Sigé" (eterno silenzio) e nasce da loro la coppia "Intelletto" e "Verità"; così si forma la "Tetrade". Procedono poi il "Verbo" e la "Vita", l'"Uomo" e la "Chiesa", e questi otto Eoni superiori formano l'"Ogdoade". Le due ultime coppie procreano infine rispettivamente cinque o sei coppie, onde la "Decade" e la "Dodecade"; i trenta Eoni insieme costituiscono il "Pleroma", mondo celestiale e perfetto. Il mondo sensibile nasce per il desiderio smodato di "Sofia", che con "Volontà" forma l'ultima coppia del Pleroma, e che vuole conoscere l'Abisso ormai per lei irraggiungibile. Essa, per questo disordine, si dissolve e sta per perdersi nell'infinito, quando "Horos" (il termine), che è anche simbolo della Croce, la riconduce in sé e le fa riprendere la sua esistenza. Sennonché essa nella sua passione ha concepito e non in virtù dell'Eone maschio suo compagno, e questo suo frutto irregolare ("Hachamot", cioè la concupiscenza) è gettato fuori del Pleroma; e perché in questo non avvenga più il disordine, Intelletto e Verità producono una sedicesima coppia, Cristo e lo Spirito Santo, che insegnino agli Eoni i limiti (cfr. qui sopra Horos). L'equilibrio è ristabilito, e tutti gli Eoni riconoscenti verso il Padre producono il trentatreesimo Eone, Gesù (in alcuni sistemi gnostici Cristo e Gesù sono due esseri distinti). Cristo e Gesù visitano successivamente Hachamot, che è fuori del Pleroma; e un processo complicato estrae fuori da Hachamot la sostanza materiale psichica e pneumatica, dopo di che Hachamot forma il demiurgo dalla materia psichica. La creazione operata dal demiurgo corrisponde in qualche modo al Pleroma, di cui però egli ignora l'esistenza; e in quest'ordine inferiore Hachamot corrisponde all'Abisso, il Demiurgo all'Intelletto, i sette angeli o cieli, comuni a tanti sistemi gnostici, agli altri Eoni. Gli uomini pneumatici non derivano intieramente dal Demiurgo, perché in essi è una parte della sostanza spirituale di Hachamot. La persona del Redentore apparsa in Giudea ha quattro elementi: il primo è l'apparenza della materia, il secondo è psichico e procede dal Demiurgo, il terzo è pneumatico e procede da Hachamot, il quarto è divino e procede dall'ultimo Eone. L'Eone è sceso in Gesù solo al momento del battesimo, ed è volato via quando Cristo è comparso innanzi a Pilato portando via l'elemento pneumatico, mentre l'elemento psichico nella sua apparenza materiale ha sofferto. Il mondo avrà fine quando la potenza creatice del Demiurgo sarà finita; Hachamot risalirà nel Pleroma, diverrà sposa di Gesù Salvatore, e con lei entreranno gli uomini pneumatici; il demiurgo prenderà il posto di Hachamot e sarà seguito dagli uomini psichici (cristiani) che abbiano raggiunto il loro fine. I materiali (non cristiani) periranno in un incendio finale che distruggerà la materia.

Altri grandi gnostici egiziani sono Carpocrate e suo figlio Epifane, celebri per le loro teorie comuniste. Scolari di Valentino in Occidente, furono Secondo, Eracleona, Marco e Tolomeo, autore della Lettera a Flora; in Oriente Axionico, Teodoto, ece. Alla scuola valentiniana di Oriente si riattacca il siro Bardesane, il cui sistema ebbe molta influenza sulla formazione del manicheismo. Alla gnosi è unita da qualche aspetto la dottrina di Marcione, che fondò una religione e una chiesa antigiudaica e dualistica alla metà del sec. II (v. marcione). Una forma assai importante di gnosi è quella mandaica (v. mandei), che offre visibili influssi babilonesi e orientali; essa oggi non è più generalmente ritenuta così antica da poter dare elementi di giudizio per le origini dello gnosticismo; è però di singolare importanza per precisare carattere e storia di singoli elementi delle dottrine gnostiche. Al sec. IV la gnosi era debellata dalla Chiesa, ma il suo influsso, soprattutto attraverso il manicheismo, penetrò in molte forme religiose, anche nell'Islām e in alcune manifestazioni dell'ebraismo; e l'eco non ne è spenta neppur oggi negli epigoni di antiche sette e tendenze.

Problema delle origini dello gnosticismo. - Da questa esposizione di così varî principî, dottrine, direzioni e interpretazioni, appare assai chiara l'estrema complessità degl'impulsi che hanno determinato il sorgere e lo svolgersi delle sette gnostiche. Non sorprende perciò la varietà delle opinioni di coloro che si sono accinti, con concezione spesso troppo rigida della natura degli elementi dello sviluppo religioso, a ricercare, le cause e il modo di sviluppo di questo fenomeno. Il problema infatti è stato non raramente ridotto a termini troppo semplici (alla formula: Oriente e Greeia), ciò che è in contrasto con il carattere dell'unità culturale entro la quale si è svolto lo gnosticismo. Quest'unità, il mondo ellenistico-romano, corrisponde in grado diverso, ma con analogia fondamentale, all'unità dello gnosticismo; e i problemi di queste due unità sono fondamentalmente gli stessi. Negare in quella la penetrazione, la viva e continua azione degli elementi orientali, sarebbe follia; ma follia sarebbe ugualmente chiamare orientali il neo-pitagorismo, il neo-platonismo, la filosofia di Posidonio, che sebbene profondamente segnati dall'impronta orientale, sono nella loro essenza formazione dello spirito greco. Analogamente è necessario porre il problema delle origini dello gnosticismo in modo che gli elementi di esso, i quali innegabilmente si ricongiungono con concezioni proprie dell'Oriente, non siano isolati ma considerati entro il quadro della storia culturale; questa sola insegna a determinare il valore di quegl'influssi, ne mostra l'elaborazione e l'assimilazione, e ne determina rispetto a un dato problema la cronologia, distinguendo p. es. gli elementi orientali entrati nella cultura greca in fasi anteriori e già fusi nell'armonia di credenze e dottrine che nel loro spirito si possono dire ormai greche. Così il dualismo nello gnosticismo o sue tracce, che alcune scuole vogliono ricondurre alla Persia, è giunto a quelle dottrine per via di concetti platonici, a loro volta e in altro periodo ispirati forse da conoscenza di dottrine iraniche. E occorre non dimenticare che il giudaismo ellenistico portava elementi dualistici da esso assorbiti nell'esilio (anche la pluralità delle vie d'entrata d'uno stesso influsso è possibilità da tener sempre presente). Così anche l'astrologia e le pratiche magiche divenivano parti costitutive della vita ellenistico-romana.

Il problema "Oriente od Occidente" cambia profondamente di aspetto quando sia considerato, non solo con queste riserve, ma tenendo bene in mente quale differenza passi tra uno spunto qualsiasi suggerito da un ambiente in cui s'incrocino le più varie direzioni spirituali, e il suo ripensamento e la sua elaborazione in stile diverso, che ne allontana e scolora la figura originale. Sarebbe vana pretensione voler misurare queste quantità spesso imponderabili; ma è ragionevole tenerle presenti per evitare nei giudizî di valore errori di prospettiva. Tutti questi criterî, e insieme la considerazione attenta della storia delle singole concezioni della gnosi, portano alla conseguenza già tratta giustamente da varî autori (v. qui appresso), che alcune di esse vanno interpretate quali prodotti di atteggiamenti del pensiero greco in quel periodo; esse però, nello stesso tempo, sono combinate con altri elementi dei quali non è dubbia l'origine dal mondo religioso orientale. Ora tale complesso corrisponde assai esattamente all'intima natura della vita spirituale del mondo ellenistico romano, che fu determinata da una compenetrazione dell'Oriente con l'Occidente, svoltasi simultaneamente nelle due direzioni, ed ebbe altri suoi caratteri generali che l'indagine moderna ha già fissato in armonia e in connessione con tale ritmo di fusione (v. ellenismo). È lecito perciò concludere che l'insieme delle forze, le quali assestandosi intorno ad alcuni concetti dati dal cristianesimo producono la gnosi, è proprio quello stesso che conferisce il più tipico carattere al mondo ellenistico-romano; ed è naturale mettere questo risultato a paragone con una norma alla quale la storia religiosa e culturale ha dato sufficiente rilievo, la reazione cioè che subisce una grande religione dotata di grande forza espansiva, quando penetri in un ambiente di vecchia e forte tradizione. La figura di Cristo esercitò un fascino irresistibile in quel mondo assetato di redenzione; ma l'eredità giudaica e la dottrina entro cui la tradizione apostolica collocava la missione di Cristo, non potevano essere accettate da una parte del mondo pagano senza profonde reazioni. Una reazione fu la gnosi, la quale, nella sua grande varietà di tendenze riassume appunto l'equilibrio vario, la varia misura e la figura diversa secondo le quali gli elementi costitutivi della cultura e della vita religiosa d'Occidente e d'Oriente, si armonizzavano nei diversi ambienti e nei singoli individui. La maggiore difficoltà in questo problema consiste infatti nel definire e valutare le formule di coordinamento di queste tendenze, che nei loro elementari aspetti si possono riassumere nella speculazione greca e nella religiosità orientale. Solamente il sempre maggiore progresso di discipline classiche e orientalistiche potrà dare criterî più sicuri per queste sottili ricerche.

Tale concezione della gnosi come reazione di forze dell'ambiente alla penetrazione di nuove forze, sembra essere in armonia con la storia culturale del mondo antico e con le leggi del divenire religioso, più che l'ipotesi cui è necessariamente condotto chi non voglia vedere nella gnosi che un insieme di credenze e pratiche orientali, pur così importanti per questo fenomeno, e immagina una gnosi precristiana, sincretismo orientale, proprio di oscure sette (di cui non abbiamo alcuna notizia concreta). Esse, aggregatesi in un'unione non intima al cristianesimo (i valori del quale non sarebbero, secondo questa opinione, fondamentali per la gnosi) avrebbero poi costituito quel movimento, che ebbe viceversa sì grande forza e per tre secoli fu il problema dominante per la Chiesa e fu rivale della concezione e della propaganda apostolica. Un fenomeno, invece, di sì grave portata può solamente esser frutto di reazione d'una tradizione potente, forte di pensiero e di vita religiosa, può insomma derivare solo dal mondo ellenistico-romano, di cui una parte non poteva ad un tratto abbandonare le sue idee e l'intima ragione della sua cultura, pur essendo affascinata dalla figura di Cristo. Si accenna qui appresso alle principali teorie contemporanee sulle origini dello gnosticismo.

A. v. Harnack vi ha scorto il processo di ellenizzazione acuta del cristianesimo, l'intellettualizzazione del messaggio cristiano: filosofia religiosa ellenica con utilizzazione di idee platoniche e permeata di spirito paolino. Il materiale orientale, che è proprio della gnosi, si era già fuso nella grecità. Dopo gli studî del Kessler e del Brandt, l'Anz nel 1897 ha iniziato la ricerca sistematica del materiale orientale nello gnosticismo; lo seguì il Bousset, che (1907) ha esplorato nelle singole dottrine della gnosi le fonti orientali, ed ha concluso definendo la gnosi un sincretismo di dottrine orientali già precristiano che si è amalgamato in modo non essenziale con il cristianesimo. La tendenza del Bousset ha avuto molto successo (infatti alcune sue conclusioni sono inoppugnabili, ma vanno interpretate differentemente); il Reitzenstein ha trovato nelle sue concezioni sull'ellenismo lo spunto a interessanti, ma in parte fantastiche, teorie sulle origini orientali della gnosi, le quali culminano nell'affermazione di un mito soteriologico iranico, origine della soteriologia gnostica e cristiana. Il De Faye, invece, riattaccandosi in fondo al Harnack, riporta la formazione della gnosi sia alle aspirazioni religiose del tempo in cui l'Oriente aveva sì gran parte, sia alle idee generali che gli gnostici condividevano con l'élite del loro tempo. F.C. Burkitt, infine (1932), considera lo gnosticismo come il cristianesimo spogliato dalla veste giudaica e armonizzato entro una nuova teologia, che espone l'economia della salute in termini familiari alla mentalità dell'uomo colto ellenistico; la quale era dominata dalle idee derivanti dalla teoria tolemaica, dall'astrologia, dalle credenze nell'immortalità dell'anima e della magia. Il Drews e lo Smith hanno sostenuto che il cristianesimo è derivazione dallo gnosticismo.

Per le relazioni tra gnosticismo e cristianesimo primitivi e l'influsso delle dottrine paoline sulla gnosi, come per l'atteggiamento religioso di San Giovanni rispetto ai concetti gnostici, v. paolo; giovanni; chiesa: Storia della Chiesa; gesù cristo. Egualmente per il concetto di gnosi ortodossa che appare nella sua pienezza nella scuola alessandrina, v. clemente alessandrino; origene.

Fonti: La stragrande maggioranza delle opere originali gnostiche è andata perduta, onde la nostra conoscenza dei varî sistemi ci viene piuttosto da notizie degli scrittori cristiani che hanno combattuto quel movimento. Per quanto la copia di notizie sia ragguardevole, per la natura della materia trattata e per la vivacità della polemica, la verità è alle volte deformata; ciò che in qualche caso è mostrato dal paragone tra i frammenti originali superstiti e i dati di queste opere antignostiche.

I testi originali gnostici, oltre agli apocrifi (v. apocrifi) ci sono dati anzitutto dalle citazioni testuali degli scrittori, e sono specialmente contenuti nelle opere di Clemente Alessandrino. Assai notevole tra questi frammenti, oltre quelli di Basilide e Valentino, è la Lettera di Tolomeo a Flora (v. qui sopra), ove questo maestro, la cui attività si svolse a Roma verso la metà del sec. II, spiega alla dama cristiana Flora la concezione della legge mosaica secondo la dottrina gnostica. Anche di Teodoto, del ramo orientale della scuola valentiniana, sono conservati, sotto il nome di Excerpta ex Theodoto, 86 frammenti. Sono inoltre conservati in copto alcuni scritti gnostici tra cui principali la Pistis Sophia (v. sopra), i due Libri di Jeu, ecc., risalenti alla II metà del sec. III. Per Bardesane, Mandei, Marcione, v. le singole voci.

Gli apostoli (Paolo, Giovanni, Pietro, Giuda) combatterono già violentemente le idee gnostiche incipienti, e i Padri apostolici e gli apologeti li seguirono. Giustino (v.) scrisse un Syntagma delle eresie, al quale non ci è possibile risalire attraverso le fonti posteriori. Opera di grande importanza è quella di S. Ireneo (v.). Altre fonti preziose sono gli scritti di Tertulliano, di Ippolito Romano, di Clemente Alessandrino (che negli Stromata dà molte citazioni di autori gnostici). Autori più tardivi (Epifanio, pseudo-Tertulliano, Filastrio, Agostino, Teodoreto di Ciro) i cui dati hanno però minor valore, completano le nostre informazioni. Plotino inserì nelle Enneadi un trattato contro gli gnostici.

Bibl.: Oltre ai manuali di storia del cristianesimo e agli articoli delle principali enciclopedie (assai notevole quello del Bousset, Gnosis e Gnostiker in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., vedi: E. Buonaiuti, Lo Gnosticismo. Storia di antiche lotte religiose, Roma 1907; id., Frammenti gnostici, Roma 1923; R. Reitzenstein, Das iran. Erlösungsmysterium, Bonn 1921; id., Die hellenist. Mysterienreligionen, Lipsia 1920; R. Reitzenstein e H.H. Schaeder, Studien zum antik. Synkretismus, I, ii, Lipsia 1926; W. Bousset, Hauptprobleme der Gnosis, Gottinga 1907; É. De Faye, Gnostiques et Gnosticisme, Parigi 1913 (2ª ed. 1925); F.C. Burkitt, Church and Gnosis. A study of Christian thought and speculation in the second Century, Cambridge 1932. In queste opere si trova l'indicazione degli studi di natura speciale.