DI CROLLALANZA, Goffredo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 39 (1991)

DI CROLLALANZA, Goffredo

Guido Fagioli Vercellone

Nacque a Fermo (prov. di Ascoli Piceno) il 19 febbr. 1855 da Giovanni Battista e dalla sua seconda moglie Teresa Zoli di Forlì, che morirà nel 1879. Ricevette la prima istruzione dal padre e quindi in un collegio svizzero, frequentando poi il liceo della città natale e seguendo per un solo anno il corso di giurisprudenza a Pisa, facoltà che abbandonerà per dedicarsi, sulle orme paterne, alla storia, all'archeologia e alla letteratura. Era stato fin da bambino coinvolto negli specifici interessi di Giovanni Battista, il quale raccontava con compiacimento (nella lettera dedicatoria al figlio della Storia del contado di Chiavenna, Milano 1867) dello stupore ammirato della gente per "il piccolo archeologo", allora poco più che decenne, quando egli l'aveva condotto con sé per le valli, durante le ricerche preparatorie di quell'opera, sulle piste epigrafiche e archivistiche dei loro antenati.

La giovinezza del D. fu poi contraddistinta da un vorticoso susseguirsi di viaggi in tutta l'Europa, per visitare gli innumerevoli corrispondenti del padre, raccogliendo gran quantità di copie di codici e documenti, manoscritti, iscrizioni, pergamene. Perfezionò così il suo francese, già buono, facendone la sua seconda lingua. Veniva formandosi quella personalità un po' disordinata ma davvero eclettica che lo renderà un vero poligrafo moderno: giornalista, romanziere, saggista, poeta, commediografo, umorista, araldista, genealogista, storico, insegnante, e altro ancora. Cominciò a pubblicare giovanissimo: a diciassette anni dette alla luce un lavoro storico, Notizie storiche del Santuario di Maria Vergine di Gallivaggio, nel contado di Chiavenna (Imola 1872), per il quale probabilmente era stato aiutato dal padre, ma che dimostra già una soddisfacente impostazione metodologica. Seguirono alcune operette genealogiche di routine: Cenni genealogici della famiglia Sizzo de' Noris (Pisa 1874) e Appunti genealogici della famiglia Mazzaro (ibid. 1875), ma anche un Saggio di una enciclopedia cavalleresca (ibid. 1875), che preannuncia in poche pagine le sue maggiori opere in quel campo. Sempre nel 1875 a Pisa, in collaborazione con P. Arlotti, pubblicò La Margherita. Strenna per le Dame, dando inizio ad un filone che gli sarà caro.

Più importante, per quello che sarà il suo maggior merito: di rinnovare l'araldica italiana introducendo la critica moderna in quel campo, fu la Genesi e storia del linguaggio blasonico (Pisa 1876), seguito dalla sua prima opera poetica, Capricci, versi (ibid. 1876), che lo dimostra fervente ammiratore di T. Gautier, e, nello stesso anno e presso lo stesso editore Cappelli, da un altro lavoro di araldica, Il blasone della schiatta dei Capetingi, con un'edizione anche in lingua francese. In tutti questi anni aveva intanto lavorato ad un'opera di impegno e mole molto maggiori, l'Enciclopedia araldico-cavalleresca. Prontuario nobiliare (Rocca San Casciano e Pisa 1876), che fu premiata all'esposizione araldico-sfragistica di Vienna del 1878 e che, pur avendone in seguito l'autore ritrattato qualche passo, conserva la sua validità.

Contiene in ordine alfabetico una ricca esemplificazione di lessico araldico, in varie lingue, e di casistica nobiliare e cavalleresca anche giuridica, in forma criticamente vagliata, con ampi repertori di indici, di fonti e un ricchissimo corredo di note, dove si fa giustizia di innumerevoli pregiudizi, chimere e ciarlatanerie che in quel campo si erano accumulati da secoli.

Altri lavori di erudizione araldica sono: Gli emblemi dei guelfi e dei ghibellini (Pisa 1878), Memorie genealogiche della fam. d'Orgeval (ibid. 1878), Note concernant la famille Boselli de Lombardie (ibid. 1880) e Les animaux du blason-Croquis drôlatiques (Paris e Pisa 1880), dove tende alla deformazione satirica e all'interpretazione umoristica della ieratica simbologia araldica, inaugurando un genere suo specialissimo, che sembrerebbe contrastare col suo rigore in quel campo.

Già dal 1874 il D. si era stabilito a Parigi, intraprendendovi una frenetica attività giornalistica e letteraria. Iniziò qui un prolificissimo filone di romanzi d'appendice in lingua francese, che ebbero gran successo, e poi di racconti, novelle, fantasie, cronache, critiche, articoli storici e bibliografici, tutto sui più disparati soggetti. Le qualità personali del D., che pare accoppiasse "alla giovialità e affabilità patrizia una cordiale semplicità" (era un causeur più che un narratore, brioso, umorista, caustico, filosofeggiante), gli procurarono molti amici, come F. E. Godefroy, G. Barbey d'Aurevilly, C. Buet, M. Rollinet, e l'accesso a molti circoli e salotti. Divenne presto redattore di Le Gaulois, redattore capo di Le Foyer, e per qualche tempo direttore de L'Illustration pour tous, dando anche vita a Pisa a Il Prisma, rivista bilingue in italiano e francese di corta vita, e a Bari a Il Salotto, che divenne popolarissimo.

In Francia scrisse per il Paris Journal, La légende des Cenci (1878); per Le Foyer, Les emblèmes des guelfes et des gibelins (1879), Rouella (1879), Le Baron sennuie (1879), Pierreries fausses (sei racconti, 1880), Nos pères (1880), Contes mélancoliques et railleurs (otto racconti, 1882); per Le Foyer illustré, Histoire de deux poupées (1881), Le mauvais oeil (1882); per La Revue des familles, Les enseignes d'Utelleries (1879), Histoires macabres et bouffonnes (nove racconti, 1881); per L'Illustration pour tous, Un naufrage comique (1881), La sociétéfrançaise au XIII siècle (1881), Un mois à Tahiti (1882); per Les Veillées des chaumières, La Mélusine des Mortans (1881); per Feu jollet, L'homme-calepin (1880); e poi saltuariamente collaborò a Le Chat noir, La Revue du dimanche, La Minerve, Le Quartier Latin, Le Conseiller, Le Triboulet, La Seine, L'Hydropathe, tutti di Parigi; ma anche a La Vraie France di Lille, a La Gazette de l'Est di Nancy, a Hyères-Journal di Hyères, a Le Midi litteraire di Aix e a L'Album des familles di Ottawa, Canada.

A Parigi pubblicò anche alcuni romanzi al di fuori dei feuilletons, come Les compagnons de la chausse, roman historique du XVme siècle, nel 1880, che ebbe gran successo e fu tradotto in tedesco, inglese e italiano (è una macchinosa vicenda di inseguimenti, duelli, suicidi e monacazioni, con purificatrice pestilenza finale, nella Venezia delle compagnie di ventura, attraverso un incessante susseguirsi di bozzetti di genere e di caratteri); o come Le voeu du heron, roman historique du XIIIme siècle, 1881, rimasto incompiuto per il fallimento dell'editore; o Le souper rouge, 1885 o come L'esprit et la bétise, 1887.

Con dichiarati intenti patriottici volle tentare anche un altro genere, pubblicando L'Italie, notes, souvenirs et légendes, Paris 1885, sotto lo pseudonimo di Charles de Montréal. Di pseudonimi ne userà molti altri, come Baron de Frohesbert, Alboin de Montréal, Godefroy Chevalier, Eugène Dumars, Ihanegg, Pouff, Rodolphe, Muscary, Talache, e Nullus. Sempre a Parigi il filone araldico fu arricchito da Rêveries héraldiques, 1885, Armoiries énigmatiques, 1886, e Armoiries fabuleuses, 1889, tutti lavori di divertimento, lontani dai suoi più rigorosi in questo campo, cui egli tornerà appena rientrato definitivamente nell'ambito paterno in Italia. Ciò avvenne per intervalli dal 1882, divenendo definitivo nel 1884 per gli impegni di lavoro che assunse a Pisa e poi a Bari. Aveva chiuso in Francia con un genere ivi in voga, dando vita all'Almanach héraldique et drôlatique pour 1884 (Paris 1884, due ediz.) e per le due successive annate (ibid. 1885, e Pisa 1886): si tratta di un pot-pourri di erudizione e di letteratura spicciola, allora definito "un vero modello di felicissimo contemperamento dell'arguzia buffonesca di Rabelais con l'umorismo moderno"; si aggiunge che "la lettura n'è dilettevole e istruttiva, lo stile procede festoso, spigliato, vivacissimo" (cfr. Tron).

Il rientro a Pisa fu segnato da un'operetta di qualche impegno letterario, La gauloiserie e il genere gaulois nella letteratura francese, Bologna 1891 (da una conferenza tenuta nel 1885), e da uno studio fra i suoi migliori, Del patriziato napoletano e del diritto di reintegra al Libro d'oro della fam. Garofalo..., Rocca San Casciano 1892. Alla morte del padre nel 1892 il D. prese in mano il Giornale araldico, che diresse dal 1892 al 1904, trasferendone la redazione a Bari e dandogli una sua impronta, che lo trasformerà in qualche modo in uno strumento di propaganda nazionalistica, attraverso l'esaltazione delle tradizioni nobiliari italiane. Della Accademia araldica italiana divenne segretario ed archivista, e dell'Annuariodella nobiltà italiana direttore ed editore, dall'annata XIV (1892) alla XXVI (1904), trasferendolo pure a Bari. La morte del padre già in difficoltà finanziarie e la vita disordinata di Parigi avevano creato al D. qualche problema economico, che lo spinse a dedicarsi all'insegnamento: concorse così alla cattedra di lingua francese della r. scuola di commercio di Bari, divenendone titolare dal 19 ott. 1884. Essendo la scuola passata al rango universitario, divenendo istituto superiore di scienze economiche e commerciali, il D. venne nominato professore ordinario con r. d. 7 ag. 1887.

Pur continuando a scrivere, si dedicò da allora all'insegnamento con la stessa foga appassionata con cui si era dedicato al giornalismo, divenendo bibliotecario e poi direttore dell'istituto per sei anni dal 1897. Si era assai legato alla città di Bari, tanto da rifiutare vantaggiosi trasferimenti. Il 6 maggio 1890 aveva sposato a Mola di Bari Maria Giuseppa Noya dei baroni di Bitetto, da cui ebbe tre figli: Perla (n. 1891), Araldo (n. 1892), che sarà un noto uomo politico, e Gemma (n. 1894).

Nel 1894 a Bari aveva pubblicato L'art héraldique. Types, silhouettes et crayons, in cui dava prova, come in altre occasioni, di essere buon dilettante di disegno (come lo era stato di musica), mentre nel 1901 volle cimentarsi in un ennesimo genere, facendo stampare a Pisa un dramma lirico in tre atti, Dea. L'ultimo suo lavoro fu di argomento araldico, e resta importante per il contributo fornito (insieme con i lavori del barone A. Manno) alla definitiva sistemazione del linguaggio blasonico ufficiale che la Consulta araldica del Regno (con cui peraltro il D. fu spesso in contrasto) andava elaborando: si trattava di una nuova edizione, da lui riccamente provveduta di introduzione, aggiornamenti, aggiunte, correzioni e note della Grammatica araldica ad uso degli italiani di F. Tribolati (Milano 1903), dove fece uso del materiale in gran parte già da lui elaborato nel lungo articolo Glossario araldico-etimologico, pubblicato nel 1899 sul Giornale araldico, e soprattutto di quello usato in L'araldica ufficiale, Pisa 1891.

Questo lavoro, considerato il più preciso dei suoi manuali, fu "lodato dai dotti europei e da monarchi", ed il grande araldista svizzero A. Gautier ne pubblicò la traduzione in francese, limitatamente ai quattro capitoli generali, esclusa la parte specifica relativa all'Italia. Con esso il D. dava una definitiva sistemazione alla materia, che voleva riportare alla sua funzione di disciplina ausiliaria della storia, della numisinatica, della sfragistica e della storia dell'arte, definendone i nuovi canoni quali da allora sono stati generalmente accettati, pur fra molte polemiche.

Console della Repubblica argentina a Bari e membro di numerose accademie, il D. morì improvvisamente a Bari, nel pieno della sua attività d'insegnante, il 17 genn. 1905.

Nel 1928 il r. commissario provinciale di Bari acquistò dalla famiglia Di Crollalanza la raccolta di libri rari e di manoscritti del D. e ne fece dono alla Biblioteca di quella città.

Fonti e Bibl.: Necrol., in Annuario d. R. Scuola sup. di commercio in Bari per il 1904-05; A. De Gubernatis, Diz. biogr. d. scrittori contemporanei, Firenze 1879, p. 327;Id., Piccolo diz. di contemp. ital., Roma 1895, p. 340; E. Tron, G. D., in Annuario d. R. Scuola sup. di commercio in Bari per il 1906-07, pp. 169-183; A. Valentini, G. D., cenni sulla sua vita e le sue opere, Bari 1928 (con ritratto fotografico); M. Viterbo, Discorso ufficiale commemorativo di G. D., in Annuario d. R. Ist. sup. di sc. econ. e comm., anno XLIV, Bari 1929-30, pp. 113-126; V . Spreti-G. Degli Azzi Vitelleschi, Saggio di bibl. araldica ital., Milano 1936, pp. 53 s., nn. 1216, 1219 ss., 1224 s.; S. La Sorsa, G. D., lo storico dell'araldica, Roma 1942.

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