GOFFREDO di Monmouth

Enciclopedia Italiana (1933)

GOFFREDO di Monmouth

Angelo Monteverdi

Scrittore latino del sec. XII, nato a Monmouth di schiatta gallese, vissuto per lunghi anni (1129-1151) a Oxford presso l'arcidiacono Gualtiero, indi eletto (1151) e consacrato (1152) vescovo di Saint Asaph; morto dopo il 1153. Scrisse intorno al 1134 per il vescovo Alessandro di Lincoln le Prophetiae Merlini, che inserì poi in un'opera più vasta, l'Historia regum Britanniae terminata a quanto pare nel 1136 e dedicata originariamente a Roberto di Gloucester, figlio naturale del re Enrico I. Poco dopo il 1148 G. compose un poema dedicato al vescovo Roberto di Lincoln, la Vita Merlini.

L'Historia regum Britanniae pretende narrare le vicende della nazione bretone dai tempi remoti in cui s'era stabilita nell'isola chiamata prima Albione sino ai tempi in cui aveva dovuto cederne definitivamente il dominio agli Angli e ai Sassoni. E ha lo scopo d'integrare le scarse notizie degli storiografi, e di rivendicare contro la loro indifferenza le glorie di una stirpe a cui G. era orgoglioso di appartenere. Perciò egli risale sino al fantasticato eroe eponimo dei Bretoni primo conquistatore della grande Bretagna, cioè il troiano Bruto, nipote di Enea; e da lui, di re in re (notiamo solo un nome, quello del re Leir, padre della pia Cordelia), giunge a quelli che resistettero o s'adattarono alla dominazione romana, poi a quelli che lottarono contro gl'invasori barbari. Viene allora il regno del traditore Vortegirn, che primo ebbe a incontrare il mago Merlino e ad ascoltarne le gravi e oscure profezie, poi vengono i regni gloriosi d'Aurelio e d'Uter Pendragon, assistiti entrambi da Merlino, e il regno ancor più glorioso d'Arturo, nato (come Ercole da Giove e da Alcmena) dall'unione fraudolenta d'Uter e d'Ingerna. Delle gesta d'Arturo, liberatore della Gran Bretagna e domatore dei Sassoni, conquistatore dell'Irlanda e dell'Islanda, della Norvegia e della Gallia, vincitore dei Romani, G. fa una lunga entusiastica relazione, e circonda il gran re dei guerrieri più illustri, primo fra tutti Galvano; poi narra il tradimento di Modred, nipote d'Arturo e reggente del regno che seduce Ginevra, la regina, e usurpa il trono; Arturo ritorna, lo vince, l'uccide, ma, gravemente ferito, va a cercare la guarigione nella misteriosa isola d'Avallon. Scomparso Arturo, il regno decade, premuto dai Sassoni, e G. ne segue le tristi vicende sino all'ultimo esule re Cadvalladr.

Donde G. abbia tratto tutte queste favole, non è facile dire. Egli afferma che la sua Historia non è che la traduzione latina d'un vetustissimo libro in lingua bretone, dato a lui dal suo amico Gualtiero d'Oxford. Ma anche questa è senza dubbio una favola. Certo egli dovette attingere a tradizioni bretoni, sul valore e sul carattere delle quali i dotti però non s'accordano. È probabile tuttavia che l'elemento tradizionale nell'Historia sia scarso, e si riduca essenzialmente al ricordo d'Arturo, eroe leggendario della resistenza bretone contro i Sassoni, scomparso misteriosamente (per ritornare un giorno?) dopo una battaglia vittoriosa contro un traditore. A questo nucleo tradizionale, noto per altri testi, G. mescola un certo numero di notizie, racimolate dalle cronache dell'antichità e del Medioevo, e un gran numero d'invenzioni, suggerite dalla Bibbia e dai poeti classici, e talora da autori medievali, sacri e profani.

Piena di novità e di curiosità, piacevole a leggere, l'Historia ebbe immenso successo: fu sfruttata, non senza contrasto, dagli storiografi, continuata, versificata, tradotta in varie lingue volgari. Una traduzione poetica francese, il Roman de Brut di Wace (1155), contribuì alla celebrità di quella materia. E v'è chi crede, forse non a torto, che tutto il mondo poetico bretone, o più esattamente il mondo di re Artù e dei suoi cavalieri, quale vive nei romanzi di Chrétien de Troyes e dei suoi molti seguaci, provenga proprio da Wace e da Goffredo. Altri ritengono che questi due autori abbian solo servito ad attirare l'attenzione dei poeti e del pubblico sull'immenso tesoro di leggende che la tradizione dei popoli celtici presumibilmente custodiva. Ma, anche così ridotta, la loro funzione, e specialmente quella di G., resta nella storia letteraria medievale di primaria importanza. Né è da dimenticare che un capitolo dell'Historia è la fonte prima del Re Lear di Shakespeare.

Quanto alla Vita Merlini, volle con essa andare incontro al desiderio degl'innumerevoli lettori dell'Historia, che s'erano interessati a Merlino e alle sue profezie; e, con l'aiuto di aneddoti folkloristici e d'altri varî elementi, costruì una romanzesca biografia del mago bretone, ricca di nuovi misteriosi vaticinî. Il poema, alquanto inorganico ma non privo di meriti, non ebbe tuttavia gran fortuna; e se nella storia della letteratura profetica, così diffusa in quei secoli, G. ebbe un influsso decisivo, non fu per il Merlino della Vita, ma solo per quello dell'Historia.

Bibl.: E. Faral, La légende arthurienne: études et documents, voll. 3, Parigi 1929; A. Griscom, The Historia regum Britanniae of G. of M., Londra 1929 (entrambi dànno l'ediz. dell'Historia, la prima anche della Vita).

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