Gotta

Universo del Corpo (1999)

Gotta

Bernardino Fantini ed Eugenio Del Toma

La gotta primaria (il cui nome deriva dal latino gutta, in riferimento alla sovrabbondanza di liquido nella regione colpita che risulta gonfia) è una malattia del metabolismo caratterizzata da un'eccessiva presenza di acido urico, causata sia da una sintesi elevata dell'acido sia da una sua insufficiente escrezione da parte del rene, probabilmente per fattori ereditari. La gotta secondaria è conseguente ad attacchi di artrite acuta, disordini del sangue, calcoli renali e insufficienza renale, o anche trattamenti farmacologici (antineoplastici e diuretici). Un'alta concentrazione di acido urico nel sangue (iperuricemia) non è di per sé causa di patologie, tuttavia, per ragioni non del tutto chiare, in determinate condizioni locali, l'acido urico può cristallizzare sotto forma di urato di sodio; i cristalli producono una reazione infiammatoria (attacco di gotta), che può essere confermata dall'osservazione microscopica dei medesimi nelle articolazioni sofferenti.

Cenni storici

di Bernardino Fantini

Per suo diretto legame con la dieta diffusa tra le classi abbienti prima del 20° secolo - la 'dieta nobile', basata su un grande consumo di carboidrati, zuccheri e carne, soprattutto selvaggina, associato con quello di vino e bevande alcoliche -, la gotta è stata a lungo considerata una malattia dei ricchi, connotativa di un elevato status sociale, un 'disordine della civiltà', tema ricorrente nelle conversazioni, nei diari intimi, nelle opere letterarie. Furono affetti da gotta molti importanti personaggi storici e, fra questi, medici di fama come A. Paré e T. Sydenham. Anche Carlo V di Spagna soffrì di questa malattia che fu fra le cause della sua abdicazione a favore di Filippo II, anch'egli soggetto a forti attacchi, soprattutto in età avanzata. Nel Settecento e soprattutto nell'Ottocento, per alleviare gli effetti della gotta, si diffuse la pratica dei bagni termali, in particolare a Baden-Baden (Germania). A partire dalla metà del 19° secolo, in conseguenza dei cambiamenti nelle abitudini alimentari e, più specificamente, dell'adozione di una dieta più varia e bilanciata, l'incidenza della gotta è diminuita; ancora oggi tuttavia essa è tra le malattie metaboliche più diffuse, presente nel mondo occidentale in tutti gli strati sociali e in via di crescente diffusione a livello mondiale.

Anche se spesso confusa con altre patologie, la gotta acuta in senso stretto, chiamata podagra, era stata già distinta nei trattati ippocratici dall'artrite acuta: distinzione poi confermata nel 16° e 17° secolo da G. de Baillou e in particolare da Sydenham, che nel Tractatus de podagra et hydrope (1683) lasciò una magistrale descrizione della malattia, basata sulla propria esperienza di malato. Nella medicina classica è considerata come una delle malattie più violente, prodotta da un forte disquilibrio umorale, e la sua localizzazione è individuata soprattutto nei piedi e nell'alluce. Ne trattano tre aforismi ippocratici e nei tre casi essa è associata all'eccesso di cibo e al comportamento sessuale sregolato. Di qui la proposta di adottare abitudini di vita sobrie e un regime alimentare basato su 'diete povere', ricche di farine integrali, verdure e latte, ricorrendo eventualmente nei casi gravi anche a purgativi.

Nel mondo greco e romano la malattia era molto frequente e l'interpretazione offertane da Galeno non differisce da quella ippocratica, se non per l'ampio impiego del salasso nei casi gravi. Nel Medioevo si diffuse l'uso del colchicum, un estratto vegetale proveniente dal Medio Oriente, come 'specifico' contro la gotta; tale utilizzo empirico che provocava sollievo perdurò sino a quando venne sottoposto a dure critiche da parte di Sydenham. L'impiego del colchicum, tuttavia, rimase in vigore sino a tutto l'Ottocento e venne definitivamente sostituito da trattamenti farmacologici moderni solamente nel Novecento, soprattutto con prodotti ottenuti nel corso di ricerche sugli antibiotici.

Nel Seicento, A. van Leeuwenhoek descrisse la presenza nel corpo di cristalli tipici e, nel secolo successivo, K.W. Scheele isolò un acido organico nel precipitato delle urine, che chiamò acido litico. Nel 1797 W.H. Wollaston trovò lo stesso acido nei cristalli all'interno dell'organismo. Infine, nel 1798, il chimico francese A. de Fourcroy diede a tale sostanza il nome attuale di acido urico, in quanto contenuto nelle urine normali. A partire dalla metà dell'Ottocento, la podagra divenne una patologia chimica, legata alla presenza di uno specifico prodotto, causa di un'infiammazione delle articolazioni; nel 1848 A.B. Garrod scoprì tale prodotto in eccesso nell'acido urico e propose un test clinico per individuarlo nelle urine e nel sangue. Nel 1859 lo stesso Garrod stabilì la differenza fra gotta e artrite reumatoide e ipotizzò che la gotta potesse essere il risultato o di una diminuita capacità escretoria da parte del rene oppure di un eccesso di produzione di acido urico; nel 1876 avanzò l'ipotesi che l'attacco acuto di gotta fosse il risultato della precipitazione di urato di sodio nelle articolazioni o nei tessuti adiacenti; tale ipotesi sarà confermata solamente negli anni Sessanta del 20° secolo.

Alla fine dell'Ottocento, la difficoltà di determinare in laboratorio precise misure delle concentrazioni normali di acido urico nel sangue e l'apparente assenza di correlazioni causali fra tali concentrazioni, altamente variabili a livello individuale e tra individui, e gli attacchi di gotta hanno causato atteggiamenti discordanti negli ambienti medici, con forti tendenze a negare la relazione di causa ed effetto fra eccesso di acido urico e attacco acuto di gotta. Solo nel 1912 O. Folin mise a punto una tecnica colorimetrica sufficientemente sensibile per la determinazione della concentrazione normale di acido urico nel sangue; nel 1938 i risultati di laboratorio mostrarono una differenza sensibile di questi valori fra uomo e donna, spiegando in tal modo la diversa incidenza della gotta nei due sessi. Gli studi biochimici sulla sintesi delle proteine hanno permesso di associare la patologia all'anormale metabolismo delle purine. Ancora oggi i medici distinguono a livello epidemiologico fra l'iperuricemia e gli attacchi di gotta primaria, in quanto il valore predittivo di un alto livello di uricemia rispetto alla probabilità di un attacco acuto di gotta è assai limitato e sembra essere molto variabile, in conseguenza probabilmente di non ben chiari fattori genetici (v. oltre). In effetti, il tasso di metabolismo dell'acido urico sembra essere geneticamente determinato.

A livello della distribuzione mondiale della gotta e della sua gravità, l'epidemiologia mostra un cambiamento rilevante a partire dal secondo dopoguerra. Nei paesi sviluppati, a motivo dei controlli sull'alimentazione e dell'esistenza di trattamenti farmacologici adeguati, la malattia è raramente grave o disabilitante. In altre regioni, invece, per l'arricchimento delle diete, in particolare per l'aumento del consumo proteico di origine animale, la gotta si è diffusa notevolmente, con una distribuzione 'a macchia di leopardo', di cui è difficile individuare le componenti etniche o genetiche e quelle alimentari e culturali.

Aspetti clinici

di Eugenio Del Toma

I.

Eziopatogenesi e sintomatologia

La gotta è una malattia del ricambio, imputabile a un difetto eredocostituzionale, riguardante il metabolismo dei nucleoproteidi (proteine complesse che rappresentano i costituenti fondamentali dei nuclei cellulari). Il disordine metabolico, generalmente presente in più familiari, si caratterizza soprattutto per l'eccessiva presenza di acido urico, prodotto terminale di degradazione delle purine che i reni non riescono più a eliminare al ritmo imposto dalla sua superproduzione. Nella gotta, la sintesi endogena può risultare anche 20-30 volte superiore al normale, per tale motivo diventa inevitabile l'accumulo di urato monosodico nei tessuti e, in particolare, nelle articolazioni, sotto forma di microcristalli, con ricorrenti manifestazioni cliniche notevolmente dolorose, di brusca insorgenza, più spesso notturna (accessi gottosi). L'accumulo di urati (tofi gottosi) ha un'elettiva e tipica localizzazione nell'articolazione metacarpofalangea dell'alluce; esso, tuttavia, coinvolge e danneggia anche altre articolazioni, capsule, tendini, legamenti e cartilagini (frequente e visibile anche a livello del padiglione auricolare). Il tasso ematico di acido urico è generalmente ma non obbligatoriamente più alto del normale, mentre l'eliminazione urinaria (uricuria) è ridotta, almeno nell'imminenza dell'attacco gottoso. Per questa ragione le vecchie teorie assegnavano maggiore importanza patogenetica all'insufficiente smaltimento renale dell'acido urico piuttosto che all'errore metabolico e alle turbe enzimatiche a monte. La gotta si manifesta più spesso nel maschio e soltanto dopo la pubertà, più raramente può comparire nella donna in menopausa, a riprova di un'interferenza degli ormoni sessuali sul metabolismo purinico. È frequente l'associazione con l'obesità e l'iperinsulinismo. Nei soggetti gottosi è stata accertata, rispetto alla popolazione generale, una più alta prevalenza di diabete, ipertensione e infarto miocardico.

2.

Raccomandazioni dietetiche e terapia farmacologica

L'alimentazione non è un fattore eziologico della gotta, ma può comportarsi da fattore di rischio o da elemento scatenante nei soggetti portatori dell'alterazione genetica. Comunque, il controllo della dieta si è dimostrato opportuno nella maggioranza dei pazienti predisposti, dato che almeno il 15% degli urati, formati quotidianamente, proviene dall'alimentazione, mentre la restante aliquota è l'inevitabile prodotto finale del turn-over degli acidi nucleici. La restrizione dietetica delle purine, cioè adenina, ipoxantina, xantina e guanina (prodotti di scissione degli acidi nucleici e progenitori biochimici dei livelli ematici di acido urico), può ridurre l'uricemia e l'escrezione renale. I pazienti devono limitare soprattutto i cibi a più alto contenuto di purine, anche se esse influiscono in modo differente sull'uricemia (ipoxantina e adenina rialzano l'uricemia più di xantina e guanina). Gli studi sulle diete apuriniche hanno tuttavia dimostrato che la diminuzione dell'uricemia è relativamente modesta perfino con diete apuriniche (soltanto 1 mg/dl) ed è insufficiente a normalizzare uricemie superiori a 8 mg/dl. Pertanto, è ragionevole ma non determinante che il medico consigli una dieta adeguata. I gottosi devono limitarsi a contenere l'apporto proteico giornaliero nell'ambito delle raccomandazioni internazionali (0,8-0,9 g/kg di peso corporeo fisiologico), per un massimo del 15% delle calorie totali. Va suggerito anche di non eccedere con i cibi molto ricchi di fruttosio (per es., miele, datteri, frutta secca, uva ecc.), dato che questo monosaccaride è in grado di determinare iperuricemie transitorie. Altre tradizionali restrizioni (per es., carni rosse, lenticchie, fagioli, spinaci ecc.) sembrano oggi di trascurabile significato rispetto ai risultati preventivabili delle diete. Si è rivelata del tutto inutile anche la vecchia restrizione degli alimenti nervini (caffè, tè, cioccolato), i quali contengono metilxantine destinate a un diverso e non influente iter metabolico con produzione di metilurati. L'obiettivo più interessante della dieta, nella gotta, resta probabilmente quello di normalizzare il sovrappeso e l'obesità che affliggono molti pazienti; tutto ciò dovrà avvenire nel rispetto di uno stile alimentare equilibrato ma ipocalorico e privo, per quanto possibile, di quegli eccessi occasionali che potrebbero innescare l'attacco gottoso. Il ridimensionamento dell'importanza della dieta deriva anche dall'acquisizione di un prezioso sussidio medicamentoso come l'allopurinolo, farmaco capace di bloccare la trasformazione delle basi puriniche in acido urico, mediante l'inibizione dell'enzima xantinossidasi. L'allopurinolo, somministrato in dosi di 100 mg (per un totale di 300-600 mg al giorno) viene utilizzato non soltanto nel trattamento della gotta e della litiasi renale uratica, ma anche per la prevenzione delle iperuricemie secondarie ai trattamenti chemioterapici. La cura dell'attacco gottoso acuto si avvale di farmaci antinfiammatori particolarmente attivi ed eventualmente di cortisonici.

Bibliografia

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