GRAMMATICA GENERATIVA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

GRAMMATICA GENERATIVA

Giulio Lepschy

. La g. g. (di cui la g. trasformazionale è il tipo più importante) costituisce la maggiore novità nella linguistica teorica contemporanea. È stata ideata e costruita da N. Chomsky a partire dall'elaborazione che il suo maestro, Z. Harris, aveva fatto delle nozioni, usate nella linguistica strutturale, di sostituzione e di espansione. Secondo Chomsky la g. g. nasce dalla confluenza di due componenti: l'intuizione idealistica dell'infinita creatività della lingua (si ricordi l'affermazione di Humboldt che la lingua deve "fare un uso infinito di mezzi finiti") e gli studi compiuti nel nostro secolo sulla teoria matematica della computabilità e della ricorsività (A. M. Turing, E. Post, ecc.) che consentono di dare una formulazione precisa a tale intuizione. Il termine "generativo" si riferisce non alla produzione concreta di singole frasi ma, secondo l'accezione matematica del verbo "generare", a un dispositivo astratto che specifica, enumera certe strutture. La linguistica non studia i testi, o un corpus di frasi effettivamente usate, ma ciò che consente a chi usa la lingua di produrre e capire un numero potenzialmente infinito di frasi diverse. Chomsky usa le due nozioni di esecuzione e competenza, che non possono non richiamare la dicotomia saussuriana di parole e langue; ma mentre nella langue prende rilievo l'aspetto della socialità, la competenza si riferisce a un "parlante-ascoltatore ideale in una comunità linguistica completamente omogenea", e non solo a ciò che egli sa coscientemente, ma anche a ciò che egli deve sapere, anche se non se ne rende conto, per potersi servire della lingua. Analogamente, possiamo dire che l'aritmetica non mira a descrivere una serie di operazioni effettivamente compiute, ma a specificare le regole che consentono di compiere un numero infinito di operazioni diverse: che esse siano state compiute, possano essere compiute a mente, o richiedano carta e penna, o una macchina calcolatrice, non è pertinente per l'aritmetica più di quanto lo sia per la g. il fatto che una frase sia o non sia stata usata, o sia troppo ingombrante o ambigua per potersene servire di fatto (così la g. deve poter generare una frase come la seguente, anche se essa non è probabilmente stata mai usata, e forse non è usabile per la sua ambiguità: lo studente sostiene il professore che conosce il saggio sulla teoria linguistica di Chomsky che afferma che non è l'utilizzabilità il criterio per giudicare una frase grammaticale: chi è il soggetto di sostiene? e di conosce? e di afferma? il saggio è di Chomsky o su Chomsky? grammaticale è attributo o complemento predicativo?). Sarebbe evidentemente assurdo costruire regole che rendessero conto di frasi lunghe, poniamo, meno di cento parole ed escludessero le frasi più lunghe perché di fatto non si usano.

In opposizione ai postulati della psicologia comportamentistica, coi suoi meccanismi di associazione e di stimolo e risposta, Chomsky sottolinea che caratteristica dell'agire umano, e del linguaggio in particolare, è proprio di sottrarsi a tali meccanismi. Non è tipico che delle frasi vengano ripetute (come nelle formule di saluto); al contrario, tipico è che ogni frase sia nuova. Una frase viene usata e capita non in quanto essa sia stata già incontrata e memorizzata prima, ma se se ne possiede internamente la g., cioè appunto il sistema astratto delle regole che specificano tutte e solo le frasi di una lingua. Questo dispositìvo dev'essere di una complessità tale che non è possibile che venga elaborato partendo da zero, dal bambino, sulla base del materiale linguistico inevitabilmente difettivo con cui viene a contatto (l'esecuzione, per il suo carattere non solo finito, ma anche accidentale e di solito accidentato non può essere pienamente rappresentativa della competenza). Questo apparato dev'essere in gran parte ereditario e universale, sostiene Chomsky, riprendendo, con radicale originalità di visione storica, le ipotesi innatistiche e universalistiche della filosofia sei-settecentesca.

La g. chomskiana offre un'interpretazione nuova della tradizionale dicotomia di significante e significato e dell'arbitrarietà del loro rapporto. Il suono e il senso delle frasi sono talmente eterogenei che ogni tentativo di saldarli l'uno all'altro senza mediazioni è destinato al fallimento. La mediazione è offerta, secondo Chomsky, dalla sintassi. Ogni frase ha due strutture sintattiche diverse: una è la struttura profonda, che riceve un'interpretazione semantica ed è portatrice del significato; l'altra è la struttura superficiale, che viene dotata di una realizzazione fonetica. La struttura profonda e la struttura superficiale sono collegate da operazioni matematiche particolari: le trasformazioni. Questo è oggi il nucleo teorico centrale della g. trasformazionale; vediamo come ad esso si è arrivati, illustrando la nozione di g. g. nel suo aspetto non trasformazionale.

Nelle Strutture della sintassi (1957) Chomsky presentava tre modelli di g. g.: a stati finiti, a struttura sintagmatica, e trasformazionale, e sosteneva che solo il terzo era adeguato per le lingue naturali.

Il primo modello è costruito secondo i criteri della teoria dell'informazione; una macchina può trovarsi in un numero finito di stati diversi, e produce un simbolo (poniamo una parola) nel passare dall'uno all'altro; il diagramma di stati (fig.1) rappresenta la g. di una lingua che ha solo le due frasi il giovane parla e il vecchio tace; a è lo stato iniziale, e lo stato finale; se aggiungiamo un circuito chiuso che comincia e finisce in c, e produce la parola sciocco, otteniamo tante frasi diverse quante sono le volte che si può ripetere la parola sciocco, cioè infinite. I circuiti chiusi rappresentano il carattere ricorsivo della lingua. Ma una g. a stati finiti non può generare una lingua come (I), a cui appartengono le frasi ab, aabb, aaabbb, ...anbn, perché non può allo stesso tempo garantire la ricorsività (cioè che un simbolo possa essere ripetuto n volte), e soddisfare l'esigenza che, qualunque sia il valore di n per a, esso sia lo stesso anche per b: il numero di volte che viene percorso un circuito non può essere fatto dipendere dal numero di volte che è stato percorso un altro circuito. Ma le lingue naturali stabiliscono appunto delle dipendenze fra elementi non contigui, e perciò non possono essere generate da g. a stati finiti. In italiano possiamo avere frasi come F1 del tipo a+F2+b dove c'è una dipendenza fra a e b e dove F2 può essere rappresentata da c+F3+d, dove c'è una dipendenza fra c e d, e così via, ottenendo appunto frasi che si sottraggono a una g. a stati finiti; per esempio: FI -= Se Ugo si agita perché F2, Ada si preoccupa; F2 = quando Leo dice che F3, Ida si arrabbia; F = chi non lavora, quando F4, non mangia, e così via. Il secondo tipo di g. è quello sintagmatico. In questo modello Chomsky riformula in termini generativi l'analisi in costituenti immediati caratteristica della linguistica strutturale. Partendo da un simbolo iniziale F (per Frase), e usando regole di riscrittura (in cui la freccia indica che il simbolo che la precede va sviluppato nei simboli che la seguono; GN = Gruppo Nominale; GV = Gruppo Verbale; Art = Articolo; N = Nome) potremo avere la seguente grammatica: F GN + GV; GN Art + N; GV Verbo + GN; Art il, un; N gatto, cane; Verbo graffia, morde, che ci consentirà di generare frasi come il cane morde un gatto, il gatto graffia un cane, ecc., la cui struttura è rappresentabile con esattezza in un diagramma con etichette come quello di fig. 2. Il modello sintagmatico è più potente di quello a stati finiti: riesce per es. a generare la lingua (I) partendo da una stringa iniziale Z e dalle regole di riscrittura Z ab; Z aZb. Esso resta però inadeguato alla descrizione delle lingue naturali. Questo è stato dimostrato da Chomsky con una serie di argomenti (anche se non semplici e decisivi come quelli addotti contro le g. a stati finiti); per es., è certamente possibile generare le frasi passive con una g. sintagmatica, introducendo regole relative all'uso di essere e dei GN preceduti da da; ma abbiamo certe restrizioni nella scelta del verbo, rispetto al soggetto e all'oggetto, nelle frasi attive, che dovrebbero essere ripetute indipendentemente, in senso inverso, per le frasi passive che ad esse corrispondono, in maniera antieconomica e controintuitiva (poiché il parlante 'sente' che si tratta delle stesse restrizioni).

A tale inadeguatezza cerca di ovviare il terzo modello, quello trasformazionale. Si possono eliminare le difficoltà citate, introducendo una regola di questo tipo (dove Aus sta per Ausiliare e specifica tempo e modo del verbo): se F è una frase grammaticale di forma GN1 - Aus - V - GN2, allora la stringa corrispondente GN2 - Aus - essere - -to - V - da - GN1 è anch'essa un frase grammaticale (i valori di Aus serviranno a coniugare essere, e -to indica che V andrà al participio passato). Questa è la trasformazione passiva. La g. ha una componente sintagmatica e una componente trasformazionale; le trasformazioni obbligatorie servono a produrre frasi semplici dichiarative affermative attive, che costituiscono il nucleo della lingua; le trasformazioni facoltative, come quella passiva, e quelle generalizzate, che collegano le strutture sottostanti di due o più frasi semplici, producendo frasi composte, e incorporano l'elemento ricorsivo della g., servono a generare tutte le altre frasi. Le regole sintagmatiche hanno caratteristiche formali diverse da quelle delle regole trasformazionali: le prime, per es., possono sostituire (sviluppare) solo un simbolo, in ogni regola, a sinistra della freccia di riscrittura, e non possono riprodurlo alla sua destra, né avere, a destra, una stringa nulla (non si ha cioè cancellazione); le seconde possono avere una serie di simboli a sinistra della freccia, e possono eliminarne, aggiungerne, e mutarne l'ordine nella stringa a destra della freccia.

Negli anni successivi alla pubblicazione di Strutture della sintassi divenne sempre più chiaro che nello studio della g. era necessario tener conto della semantica, e Chomsky offrì nel 1965, in Aspetti della teoria della sintassi, un modello più completo e sistematico di teoria linguistica (chiamato la teoria standard), con tre componenti: la componente centrale è quella sintattica, unica creativa, che consta di due parti: la base, con regole sintagmatiche e lessico, incorpora ora l'elemento ricorsivo (il simbolo F può ricomparire a destra della freccia, e cade così la necessità di trasformazioni generalizzate), e genera le strutture profonde; la parte trasformazionale genera le strutture superficiali. Le altre due componenti (che qui non cercheremo di descrivere) sono quella semantica, che interpreta le strutture profonde, e quella fonologica che produce l'interpretazione fonetica delle strutture superficiali. Le trasformazioni non possono ora introdurre modificazioni nel significato, per cui il simbolo che indica per es. che una frase è interrogativa, o negativa, e fa scattare le relative trasformazioni, dovrà essere presente già nella struttura profonda. La struttura profonda di una frase passiva potrà essere rappresentata come nella fig. 3, e la trasformazione avrà questa forma: GN1 - Aus - V - GN2 - essere - -to - da GN2 - Aus - essere - -to - V - da - GN1. Il processo di sviluppo che ha portato dal modello delle Strutture della sintassi al modello degli Aspetti è stato proseguito da linguisti come G. Lakoff, J. McCawley, Ch. J. Fillmore e altri che hanno criticato la nozione di struttura profonda sintattica da sottoporre a un'interpretazione semantica, proponendo di partire direttamente da configurazioni semantiche; nel rispondere alle loro obiezioni altri linguisti, fra cui Chomsky, hanno modificato il modello degli Aspetti, arrivando a una estensione della teoria standard. Questi sviluppi sono ancora in fase di elaborazione; daremo solo un esempio semplificato: in frasi come l'attiva (a) molti studenti non hanno sentito la lezione e la passiva (b) la lezione non è stata sentita da molti studenti non abbiamo il rapporto di parafrasi che normalmente intercorre fra attivo e passivo. Mentre i difensori della teoria standard estesa ricorrono a regole d'interpretazione basate sul diverso dominio della negazione (qui non) e dei quantificatori (qui molti) nelle strutture superficiali, i fautori della semantica g. ricorrono a strutture profonde (o a configurazioni semantiche) diverse per le due frasi: per (a) avremo: molti (studenti (Neg (sentire (studenti, lezione)))) (cfr. fig. 4), e per (b) avremo: Neg (molti (studenti (sentire (studenti, lezione)))) (cfr. fig. 5).

Bibl.: Oltre 800 numeri di bibliografia sono elencati in due rassegne di G.C. Lepschy, in Studi e saggi linguistici, 4 (1964), pp. 87-114, e 6 (1966), pp. 171-91; i lavori di Harris a cui si è accennato sono raccolti in Z. S. Harris, Papers in structural and trasformational linguistics, Dordrecht 1970; N. Chomsky, Syntactic Structures, L'Aia 1957 (trad. it. Le strutture della sintassi, introd. di F. Antinucci, Bari 1970); i principali lavori successivi di Chomsky sono stati tradotti nei tre volumi dell'edizione italiana dei suoi Saggi linguistici, Torino 1969-70 (Aspects of theory of syntax, Cambridge, Mass., 1965, è contenuto nel vol. 2); v. anche: N. Chomsky, Current issues in linguistic theory, L'Aia 1964 (trad. it. Problemi di teoria linguistica, Torino 1975); id., Topics in the theory of generative grammar, ivi 1966; id., studies on semantics in generative grammar, ivi 1972. Per la fonologia generativa il testo principale è N. Chomsky, M. Halle, The sound pattern of English, New York 1968. Per la semantica e gli sviluppi recenti si veda: Universals in linguistic theory, a cura di E. Bach, R. T. Harms, New York 1968; Studies in linguistic semantics, a cura di Ch. J. Fillmore, D. T. Langedoen, ivi 1971. In italiano: N. Costabile, Le strutture della lingua italiana, Bologna 1967; A. Puglielli, Strutture sintattiche del predicato in italiano, Bari 1970; M. Saltarelli, La grammatica generativa trasformazionale, Firenze 1970; A. Bonomi, G. Usberti, Sintassi e semantica nella grammatica trasformazionale, Milano 1971; N. Costabile, La flessione in italiano, Roma 1973; D. Parisi, F. Antinucci, Elementi di grammatica, Torino 1973 (proposta teorica originale ispirata alla semantica g.); F. Lo Piparo, Linguaggi, macchine e formalizzazione: sugli aspetti logico-matematici della grammatica generativa-trasformazionale di Noam Chomsky, Bologna 1974; la descrizione più ampia della sintassi italiana secondo il modello degli Aspetti è offerta da M. Cârstea-Romaşcanu, Corso di sintassi della lingua italiana contemporanea, Bucarest 1973 (testo ciclostilato). Dal 1976 si pubblica a Padova la Rivista di grammatica generativa, a cura di F. Antinucci e G. Cinque.

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