GRANADA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1996)

GRANADA

P.A. Galera Andreu

(arabo Gharnāṭa)

Città della Spagna meridionale in Andalusia, capoluogo della prov. omonima e capitale dell'omonimo regno - ultima roccaforte della dominazione musulmana in Spagna - che si estendeva da Algeciras a O fino ad Almería a E.La città di G. si sviluppò su di un antico municipio romano, il Municipium Florentinum Iliberritanum - portato alla luce dagli scavi nell'od. quartiere dell'Albaicín -, il cui nome fa riferimento al nucleo dei colonizzatori autoctoni iberici: Iliberis (Tolomeo, Geographia, II, 3) o Iliberri (Plinio, Nat. Hist., 3, 10). Situato strategicamente ai piedi della Sierra Nevada su una serie di colline che dominano la fertile pianura irrigata dai fiumi Darro e Genil, l'insediamento assunse importanza politica nel sec. 11°, dopo la caduta del califfato di Córdova, quando i discendenti di Zāwī b. Zīrī, di origine berbera, impadronitisi del territorio orientale dell'Andalusia, l'antica kūra ('distretto rurale') di Elvira, vi stabilirono la capitale.Al momento della conquista ziride G. era abitata prevalentemente da cristiani ed ebrei, tanto da essere nota all'epoca come G. degli ebrei; con i nuovi monarchi essi giunsero infatti a ricoprire alti incarichi, come nel caso del visir Yūsuf b. Nagralla. Dopo la dominazione degli Almoravidi e degli Almohadi (1090-1238), quando l'Andalus fu teatro di lotte, Ibn al-Aḥmar, originario di Arjona, si impadronì di G., dando origine alla dinastia nasride, che dominò durante l'ultimo regno islamico fino alla definitiva conquista della penisola iberica nel 1492 da parte dei Re Cattolici. Quest'ultima fase fu quella decisiva per le grandi opere architettoniche ancora conservate, realizzate per gran parte nel sec. 14° a opera dei sultani Yūsuf I (1333-1354) e Muḥammad V (1354-1359; 1362-1391).La G. musulmana è in una posizione particolare, su due alture separate dalla valle del fiume Darro. A destra del corso d'acqua è il quartiere dell'Albaicín, a sinistra il monte della Sabīka, dove sorge l'Alhambra e, ancora oltre, separato da un'altra depressione, il Mauror con la fortezza di Torres Bermejas, alle cui pendici si estendeva il quartiere ebraico. Quasi a collegare le colline, nella parte pianeggiante, si sviluppava la città propriamente detta, Madīna Gharnāṭa, con sobborghi all'esterno delle mura e, per un ampio raggio, poderi con abitazioni.L'Albaicín, così chiamato a partire dalla fine del periodo nasride, comprende diversi quartieri che erano i sobborghi extra muros formatisi in seguito a successive espansioni del nucleo fortificato iniziale, noto come Alcazaba Cadima (al-Qaṣabat qadīma), che inglobava la Iliberis romana e cristiana e aveva il proprio centro nell'od. piazza di San Nicolás. La cinta fu forse iniziata già prima dell'arrivo degli Ziridi; tra le parti più antiche, risalenti al sec. 11° e poste sul lato settentrionale, si trovano quattro torrioni semicircolari e otto rettangolari. La Puerta Monaita a O, costituita da due archi in pietra a ferro di cavallo in successione, sormontati da un architrave in laterizio, e la Puerta del Ensanche o Puerta Nueva a E sono entrambe da annoverare tra le più antiche porte con passaggio a gomito note in Spagna. All'interno dell'Alcazaba ziride si trovano due spazi principali, la già citata piazza di San Nicolás e quella di San Miguel Bajo a O, dove si trovava l'ormai scomparsa residenza del sultano Bādīs (1038-1073); questi fu, insieme al padre Ḥabūs il Grande, l'artefice di tale sistemazione urbanistica, di cui fanno parte inoltre una strada che unisce le due piazze e un'altra che lungo il lato occidentale scende verso S, la Calle Real o Calle de la Mezquita de los Morabitos, che deriva il proprio nome dalla moschea degli Almoravidi, della quale si conserva il minareto. Attraverso la Puerta del Ensanche si accedeva al sobborgo dell'Albaicín propriamente detto (Rabaḍ al-bayyāzīn), o quartiere dei falconieri, creato in epoca almoravide o almohade a N insieme ad altri sobborghi a formare un'ampia demarcazione che sarebbe stata circondata da una nuova cinta in muratura nel 14° secolo. In questa zona, notevole è la Grande moschea, di cui si conserva il patio (ṣaḥn), insieme a resti di alcune terme situate nei pressi. Sul lato opposto, a S dell'Alcazaba, si trova il quartiere di Axaris, la cui arteria principale era la Calle Real de Axaris. Qui erano collocati la moschea dei Conversi, di cui resta il minareto, e più in basso, vicino al fiume, i bagni del Nogal, comunemente detti Bañuelo. Sul fiume sono ancora visibili i resti di un arco a ferro di cavallo, identificato per molto tempo con il ponte del Cadì, ma che è in realtà la Puerta de los Tableros, così chiamata per le saracinesche di legno destinate a trattenere la corrente, aperte in determinati momenti per la pulizia dell'alveo nel suo percorso urbano; essa serviva inoltre da collegamento con la coracha, il muro di protezione che partiva dall'Alcazaba Cadima, e dall'altro lato doveva essere collegata con un altro muro all'Alhambra. In epoca nasride venne costruito in questo quartiere il māristān, l'ospedale, sfruttando parte della coracha, ormai priva della sua funzione a seguito dell'ampliamento della cinta difensiva verso E.Il nucleo della parte di città posta in pianura, un tempo delimitato da mura, coincide con il centro storico della città moderna. La cinta fortificata scendeva da Puerta Monaita fino a Puerta Elvira, l'unica ancora in situ di questo circuito murario; se ne conserva solo il grande arco esterno a ferro di cavallo, cui seguivano in origine altri due interni, oltre a due torri aggettanti. Da questo punto la cinta volgeva verso S-E fino a raggiungere il Darro, in prossimità del quale si trovava il centro che includeva la Grande moschea, l'Alcaicería (mercato della seta) e la madrasa, di fronte alla cattedrale che sostituì la moschea. Di questo complesso rimangono soltanto parte della madrasa e l'Alcaicería, frutto di un pastiche successivo all'incendio del 1843. Di fronte all'Alcaicería, sull'altro lato del fiume, si trova l'unico funduq rimasto, attualmente noto come Corral del Carbón. Il limite della città era indicato dalle mura che salivano al Mauror fino a Torres Bermejas.Estesi sobborghi completavano quest'area urbana; notevoli tra essi quello di Bibarambla, intorno all'attuale piazza omonima in cui si affaccia l'Alcaicería, e il sobborgo dei vasai, dove si trovano il palazzo del Cuarto Real de Santo Domingo, importanti case private e terme databili intorno al 13° secolo. Questi sobborghi, soprattutto in epoca nasride, furono racchiusi all'interno di successive cinte murarie di cui si conservano alcune porte, come quella di Bibarambla, oggi trasferita nel bosco dell'Alhambra. Infine l'Alhambra, dominata dalla straordinaria fortezza, conserva interamente la sua cinta, all'interno della quale si trovano i palazzi nasridi e la città, Madīna al-ḥamrā, attualmente oggetto di scavo, delimitata dalla Calle Real Alta, dalla Calle Real Baja e dalla Calle de Ronda che costeggia la cinta. Oltre agli edifici di abitazione, la città possedeva la sua moschea, oggi trasformata in chiesa, alcune terme e concerie (fabbriche per tinture).Il monumento più antico di G. è probabilmente il minareto della moschea degli Almoravidi nell'Albaicín, noto oggi come Torre de San José, perché adattato a campanile di questa chiesa. Di forma prismatica, la sua caratteristica è l'archetto a ferro di cavallo analogo a quelli di epoca califfale, così come l'apparecchio dei suoi muri, costituito da pietre poste alternatamente di taglio e di testa, che caratterizzava anche il minareto ormai scomparso della Grande moschea, databile, per confronti con altri edifici della città, a epoca non anteriore all'11° secolo. Al contrario, il minareto della moschea dei Conversi, o San Juan de los Reyes, riflette i modelli almohadi dell'Africa settentrionale e della Giralda di Siviglia, sia nella decorazione esterna, con pannelli di arabeschi in laterizio e fregio a traforo, sia all'interno, dove la scala, voltata a botte, è formata da rampe che girano intorno a un nucleo quadrato.Nell'Albaicín l'edificio religioso più significativo era la Grande moschea, sulla quale venne costruita la collegiata dedicata al Salvatore, di cui si conserva il patio, costituito da una galleria di archi a ferro di cavallo a sesto acuto in laterizio, incorniciati da alfiz e appoggiati su pilastri anch'essi di laterizio; sono stati però rinvenuti anche frammenti di colonne. La moschea aveva nove navate, di cui la centrale più ampia, separate da archi in laterizio su colonne; tale schema, insieme al tipo di membrature e di materiali, rivela affinità con l'architettura degli Almoravidi e degli Almohadi, benché la costruzione risalga all'epoca della dinastia nasride.Al centro della città si trovava la madrasa fondata da Yūsuf I nel 1349 e trasformata in epoca cristiana, quando l'edificio venne adibito a sede municipale. Della costruzione originaria è rimasto soltanto l'oratorio, una sala quadrata in asse con l'entrata che dà sul patio e sul cui muro di fondo si trovava il miḥrāb. Della copertura, un'armatura lignea ottagonale con lanterna, scomparsa in un incendio, sono ancora visibili muqarnas, elemento ricorrente nell'arte nasride, realizzati in stucco nei pennacchi d'angolo. Nonostante i restauri, la madrasa di G. indica chiaramente la propria origine merinide, rivelando l'africanizzazione del regno nasride. Un ultimo esempio di architettura religiosa è l'od. Ermita de San Sebastián, l'antico oratorio all'esterno della madīna. È a pianta quadrata, coperta da una cupola decorata da sottili nervature che convergono nella chiave formando una stella; il passaggio dalla pianta quadrata a quella circolare avviene mediante pennacchi angolari. Notevole è il portale, con arco a ferro di cavallo a sesto acuto e tetto di tegole a quattro spioventi.Tra gli edifici civili, numerosi sono i bagni pubblici legati alle moschee, tra i quali l'esempio più antico e importante è quello del Nogal o Bañuelo (Ḥammām al-jawza). L'edificio, a pianta rettangolare, diviso in tre sale precedute da un piccolo patio con annessa abitazione per il guardiano, segue lo schema classico delle terme romane. Dal vestibolo, perpendicolare al resto del complesso, si accede a una corte quadrata centrale con portico provvisto di archi su tre dei lati e due sale rettangolari alle estremità. Gli archi, sostenuti da colonne prive di base, hanno un profilo a ferro di cavallo e poggiano su capitelli di reimpiego, tra cui uno romano, uno visigoto e diversi di epoca califfale e dell'11° secolo. I muri sono di materiale cementizio, mentre le volte, a botte alle estremità e a crociera al centro, sono in laterizio. Di maggiori dimensioni, solo in parte conservati, sono i bagni della Calle del Agua, nell'Albaicín, non lontano dalla moschea, risalenti al sec. 13°, ma in pianta molto simili ai precedenti, secondo quanto era ancora possibile osservare nel secolo scorso (Gómez Moreno Gonzalez, 1892). Del complesso resta la sala centrale, coperta da una volta a padiglione poggiante su archi a ferro di cavallo a sesto acuto e illuminata da lucernai. Capitelli di spoglio di epoca visigota e califfale provenienti dall'edificio si conservano nel Mus. Arqueológico Provincial.Altri bagni sono recentemente venuti alla luce al centro della città, nelle cantine del Colegio de las Mercedarias. L'ambiente centrale, il tepidarium, privo di volta, con otto colonne e archi a ferro di cavallo, permette di ipotizzare che essi avessero un'organizzazione simile a quella dei bagni della Calle del Agua. Per l'approvvigionamento idrico furono costruite numerose cisterne (aljibes), venticinque delle quali sono state individuate. Di diversa capacità, esse potevano avere varie tipologie: alcune a pianta rettangolare, con una o più navate, altre a pianta centrale, coperte con volte a botte e a crociera. In ambedue i casi l'apertura è un semplice arco a ferro di cavallo incorniciato da alfiz.Specifici caratteri architettonici contraddistinguevano il funduq, destinato a ospitare sia persone sia merci, di cui il Corral del Carbón, restaurato nel 1933, è l'esemplare più integro conservato in Spagna. A pianta quadrangolare, su tre piani, esso si articola intorno a un patio porticato che presenta su ogni lato una serie di ambienti affacciantisi verso l'esterno, ciascuno con la propria porta e con una finestra in alto. L'elemento di maggiore interesse è la facciata con il corpo d'ingresso sporgente in cui si apre un grande arco a ferro di cavallo, con la ghiera decorata ad archetti e gli spazi di risulta ornati da motivi fitomorfi, un fregio con iscrizione cufica e, al piano superiore, una finestra geminata con pannelli laterali di arabeschi in laterizio. All'interno il portico presenta un ricco soffitto a muqarnas che conferma la sua appartenenza al periodo nasride (inizi del sec. 14°) e richiama i grandi portici orientali. Legato a questa tipologia architettonica è il māristān, di dimensioni notevoli (m. 38,3026,50), del quale sono stati recentemente individuati alcuni elementi architettonici (García Granados, Salvatierra Cuenca, 1989). L'edificio, risalente al sec. 14°, era costituito da gallerie architravate e disposte su due piani, che si aprivano su un portico. Le ali dell'ospedale erano suddivise in sale, comunicanti dalla parte interna tramite un corridoio. In seguito alla distruzione dell'edificio, avvenuta nel 1843, alcuni frammenti del portale sono stati sistemati nel Mus. Arqueológico Nac. di Madrid, mentre i leoni di pietra della vasca del patio passarono ai giardini del Partal nell'Alhambra.Il capitolo più importante e notevole dell'architettura civile di G. è rappresentato dalle residenze private di tipo palaziale. Tra queste va menzionato il magnifico Cuarto Real de Santo Domingo, possedimento della famiglia reale in città, nel quartiere dei vasai, donato dopo la conquista al convento dei Domenicani. La struttura e la distribuzione dello spazio hanno tratti comuni con l'Alhambra: un portico ad arcate preceduto da una vasca e all'interno il Salón Regio, ambiente quadrato, riccamente decorato, coperto da un soffitto artesonado al di sopra di pareti concluse da lucernai costituiti da serie di finestre. Strutturalmente affine alla tipologia della qubba, esso contiene due ampi ambienti ai lati, le alcove, e un altro più piccolo in fondo, che assume l'aspetto di un mirador, incorniciato da un arco inflesso ornato da muqarnas, con basi e colonnine rivestite di piastrelle ceramiche. Ricchissimo è il repertorio di elementi architettonici e ornamentali, poi utilizzato anche nei palazzi della fortezza: archi oltrepassati e polilobati, pannelli di stucco che coprono le pareti con motivi di arabeschi in laterizio, iscrizioni cufiche e temi fitomorfi, finestre a tutto sesto con gelosie di gesso, muqarnas, motivi a intreccio che formano ruote, rivestimenti ceramici che disegnano anch'essi ruote nei colori azzurro, nero e verde, azulejos di ceramica invetriata. Tuttavia piccole differenze nei particolari, come i pochi capitelli di fattura almohade, i radi intrecci di stucco e l'assenza del motto adottato dal primo sultano nasride nel suo scudo ("Solo Dio è vincitore"), tante volte ripetuto sui muri dell'Alhambra, indicano una data precedente al 1238, anche se a essa vicina. Il carattere prenasride dell'edificio, sostanzialmente risalente a un'epoca che va dalla fine del sec. 12° agli inizi del 13°, è confermato sia dai ritrovamenti archeologici nelle sue vicinanze sia dalla presenza di molti dei motivi visibili nella Casa de los Girones, anch'essa nei pressi del complesso (Pavon Maldonado, 1991).Oltre all'Alhambra, per l'epoca nasride si conservano due residenze reali: l'Alcázar Genil, splendida villa suburbana realizzata all'epoca di Yūsuf I, che era circondata da vasche nelle quali si organizzavano naumachie e della quale rimane soltanto una sala quadrata - un padiglione del tipo a qubba -, e il Palacio de la Daralhorra, più tardo, della metà del sec. 15°, situato nell'Albaicín, edificio in cui visse la madre di Boabdil, ultimo re di Granada. Esso riprende la struttura del Palacio de Comares, nell'Alhambra, in scala ridotta e con meno ricchezza di particolari. Case di minor lusso, ma con impianto simile a quest'ultimo, si possono vedere nella parte posteriore del convento di Santa Catalina de Zafra, noto come Casa de Zafra, risalente al sec. 14°, interessante per i dipinti murali conservati nella galleria superiore del patio. Addossato a un'estremità di questo edificio religioso si trova un portale che potrebbe essere appartenuto a una moschea della metà del sec. 14° (Gómez Moreno Gonzalez, 1892).

Alhambra

Benché già citata nel sec. 9° e nonostante la sua Alcazaba fosse attestata nel sec. 11° come spazio fortificato, l'Alhambra fu completata e trasformata solo dopo l'arrivo dei Nasridi, ai quali si deve il suo definitivo aspetto di 'nave ancorata' (Torres Balbás, 1953).L'Alhambra è una complessa 'città palatina' che ha filtrato e conservato tutti gli ideali di poesia, religione e sensualità dell'Islam intorno alla residenza del sultano per creare il più grande complesso palaziale islamico del Medioevo. Ciò nonostante, pur essendo l'area residenziale la più importante e centrale, non devono essere dimenticate le altre due funzioni dell'Alhambra, quella militare e quella urbana al servizio della prima.L'area militare è circoscritta all'Alcazaba o cittadella, posta all'estremità occidentale, e alla cinta muraria (m. 1700 di lunghezza), caratterizzata da torri e porte poste a brevi intervalli. L'Alcazaba ha forma di un triangolo alla cui base sono allineate tre torri - delle quali la Torre del Homenaje è la più alta - e al cui vertice è la Torre de la Vela, anch'essa di grandi dimensioni, collegate da diversi tratti di muro sovrapposti, il più interno dei quali è dell'11° secolo. Destinato a ospitare la guarnigione, il patio delle armature conserva la struttura di una piccola città con case intorno a una corte, una strada al centro e al termine i bagni. Da entrambi i lati dell'Alcazaba partivano le mura che collegavano la cittadella alla città bassa. Sul tratto settentrionale, andato perduto, si apriva la Puerta de las Armas, attraverso cui accedevano all'Alcazaba coloro che dovevano occuparsi dell'amministrazione del palazzo; si tratta di una porta a doppio gomito con arco esterno a ferro di cavallo e ghiera decorata con archetti, simile agli archi almohadi, il cui passaggio è coperto all'interno da volte dipinte con motivi di finti mattoni. Sul tratto meridionale delle mura, ma già all'esterno dell'Alcazaba, se ne trova un'altra analoga alla prima, ma più monumentale, la Puerta de la Justicia (Sharī῾a), realizzata secondo lo stesso schema; datata 1348, si deve a Yūsuf I e si distingue per il grande arco oltrepassato, per il variare delle coperture nei diversi ambienti (volte a padiglione, a crociera, cupole) e per l'ampiezza degli spazi, che ricordano una sala di preghiera (muṣallā). In realtà non era questa la porta principale, ma la Puerta de Siete Suelos, oggi semidistrutta. Tutta la cinta, costruita con la terra rossa della collina - da cui la fortezza prende il nome (al-ḥamrā 'la rossa') - era rivestita con uno strato di intonaco.L'area palaziale si estende parallelamente al lato nord della cinta ed è costituita da vari edifici, tradizionalmente considerati palazzi, sorti in momenti diversi, ma trasformati quasi tutti dal sultano Muḥammad V al suo ritorno dall'esilio (1362). A questi e al padre Yūsuf I si deve la parte più importante del complesso, il Palacio de Comares e il Palacio de Leones, mentre un terzo palazzo, quello del Partal, è precedente e risale all'epoca di Muḥammad III (1302-1309). I primi due, benché contigui, sono tra loro perpendicolari, circostanza che ne accentua l'indipendenza (a un livello inferiore essi sono comunque collegati dai bagni); tuttavia l'intervento di Muḥammad V e il poco che si sa della funzione e del significato di tali palazzi permettono di considerarli parti di un unico complesso, suddiviso in quelle unità che nel sec. 16° venivano definite cuartos (de Comares e de Leones) e che erano parte integrante della Casa Real Vieja, per distinguerla dalla Casa Real Nueva o Palacio de Carlos V.Dalla Puerta de las Armas si accedeva a una piazza ubicata nella depressione, oggi colmata, che separava l'Alcazaba dall'area circostante, dalla quale si saliva attraverso due patii a gradinate, oggi trasformati in giardini. Dal primo, tipologicamente affine alla madrasa, si passava a un secondo patio, che conduceva alla sala nota come Mexuar, luogo di riunione dei visir, del quale non è conosciuta la forma primitiva - forse quella di un portico - perché l'ambiente venne trasformato dopo la conquista cristiana. Al centro quattro colonne di marmo sostenevano un corpo quadrato che probabilmente serviva da tribunale. Gli edifici di tale area, che appare destinata a funzioni amministrative, seguono una disposizione diversa da quella che si ritrova nei cuartos. A E del Mexuar un piccolo patio conduce negli ambienti privati del palazzo, tramite una sontuosa facciata - commissionata da Muḥammad V per celebrare la vittoria sui cristiani nella battaglia di Algeciras nel 1369 -, la cui monumentalità ha fatto ritenere che fosse stata spostata da un altro luogo. Vi si aprono due porte uguali che conducono l'una agli ambienti di servizio, l'altra, a gomito, alla zona di rappresentanza. Su di esse corre un'iscrizione dal significato enigmatico: "La mia porta è biforcazione di strade e per essa l'Est invidia l'Ovest"; la facciata, interamente coperta di stucchi, è sormontata da uno splendido fregio e da un cornicione ligneo aggettante, con funzione di tettoia. Benché nel complesso il patio funga da diaframma tra il Mexuar e la parte privata, la presenza di una stanza sul lato opposto alla facciata, preceduta da una galleria d'archi, anticipa la formula compositiva più comune dell'area residenziale. È interessante inoltre il fatto che conservi due dei tre capitelli almohadi esistenti nell'Alhambra.Il Patio de Arrayanes o de la Alberca costituisce il nucleo del Cuarto de Comares, che deriva il proprio nome dall'enorme torre che chiude il lato nord. Si tratta della più compiuta espressione della tipologia consueta di residenza di corte, in parte anticipata dal Cuarto Real de Santo Domingo: patio rettangolare con vasca circondata da piante e sui lati brevi arcate di gesso da cui si accede al salone principale, costituito da un ambiente quadrato sui cui lati si aprono vani di minori dimensioni, affine tipologicamente alla qubba.Le pareti sono rivestite da piastrelle e stucchi, ampiamente descritti nella poesia aulica di Ibn Zamraq, in cui si esaltano la monarchia nasride e la fede islamica (García Gómez, 1943). All'interno della torre vi è il Salón de Comares o degli Ambasciatori, identificato in via ipotetica con la sala del trono, il cui sfarzo è accentuato dalla volta a padiglione, con stelle a traforo, simbolo dei sette cieli dell'escatologia musulmana, culminante in una chiave poligonale di muqarnas, l'ottavo cielo, in cui risiede Allāh. Il pavimento presentava un magnifico rivestimento di ceramica invetriata con lo stemma nasride al centro del salone. Profondi recessi aperti nella parete avevano allo stesso tempo funzione di balconi e di alcove. La torre, ai piani alti, era occupata da stanze private, il cui ingresso, nascosto in parte, si trova di fronte a un piccolo oratorio, situato in un breve passaggio tra la qubba e la vasta sala rettangolare che la precede, la Sala de la Barca. Sui lati lunghi del patio si aprono quattro appartamenti.Anche il Cuarto de Leones si articola intorno a un patio longitudinale, dove però la vasca è sostituita da una fontana centrale sorretta da dodici leoni di pietra a cui giungono e da cui partono quattro canali che arrivano fino all'interno delle quattro sale, disposte simmetricamente: la Sala de Dos Hermanas e la Sala de Abencerrages, sull'asse N-S, di forma quadrata, mentre sull'asse E-O se ne trovano due rettangolari, la Sala de Mocárabes e la Sala de los Reyes, quest'ultima divisa in più ambienti. In corrispondenza della Sala de los Reyes e della Sala de Mocárabes si aprono sul patio due padiglioni quadrati. Sebbene si sia generalmente ritenuto che le prime due sale fossero adibite a funzioni private e le rimanenti alla vita ufficiale, ciò non può essere accertato con sicurezza, anche se un'ulteriore indicazione in tal senso è data dalla presenza, al secondo piano della Sala de Abencerrages, di un patio interno con lo zoccolo ornato da pitture.Nell'insieme, il Cuarto de Leones costituisce l'apice dell'arte nasride, sia per quanto riguarda la raffinatezza degli elaborati motivi ornamentali sia per gli effetti illusionistici dello spazio. Ciò è particolarmente evidente nelle gallerie che circondano il patio, dove si ritrovano diverse tipologie di archi (a tutto sesto, sorpassato acuto, inflesso con decorazione a muqarnas) che poggiano sulle caratteristiche colonne 'granadine', che si distinguono per la base con modanatura concava, il fusto con vari anelli al di sotto del collarino e i capitelli compositi: tutti elementi non nuovi di per sé, ma disposti in modo originale in gruppi di arcate che, creando un ritmo vario e complesso, dilatano lo spazio. La raffinatezza della decorazione raggiunge il proprio culmine nelle sale dell'asse N-S, in particolare nelle superbe coperture poligonali a muqarnas, che si impostano su robusti pennacchi angolari decorati con gli stessi elementi. Il carattere geometrico della decorazione a muqarnas - elementi prismatici a tre facce, policromi - rafforza l'effetto di trascendenza verso un cielo stellato, un concetto a cui senza dubbio si allude. Tutte le soluzioni ornamentali del complesso vengono riproposte in scala ridotta nel piccolo balcone, sull'asse della Sala de Dos Hermanas, il Mirador de Daraxa, che si affaccia su un giardino posto a un livello inferiore.La Sala de los Reyes deve il suo nome all'inusuale rappresentazione pittorica di un gruppo di personaggi arabi nei quali si sono voluti vedere i sultani nasridi. Si tratta di pitture su cuoio che rivestono una volta a crociera; altre due di identiche dimensioni e fattura, in alcove laterali, rappresentano scene di vita di corte, con cacce e tornei tra arabi e cristiani. Questi dipinti, di cui restano incerte la cronologia e l'identificazione dei personaggi, mostrano uno stretto rapporto tecnico e stilistico con l'arte del Gotico internazionale.In tutto il suo complesso la costruzione del Cuarto de Leones rivela il desiderio di magnificenza che pervade l'opera di Muḥammad V; vi si ritrova il gusto per i simboli, per la scienza e la poesia che contraddistingue l'ultima fase di splendore del regno di G.; è lo stesso gusto espresso dallo storiografo Ibn al-Khaṭīb nella narrazione della grande festa del Mawlīd del 1362, avvenimento che ebbe come scenario proprio questo luogo (García Gómez, 1988). La fontana dei leoni, con la sua iscrizione in versi che parla dell'acqua che sgorga da essa e a essa ritorna, un elemento chiave della composizione spaziale, può anche avere un profondo intento simbolico di carattere autocelebrativo, poiché riprende, anche se non in modo diretto, un esempio del palazzo del visir ebreo Yūsuf b. Nagralla (Bargebuhr, 1968) e pertanto potrebbe evocare il Mare di bronzo del Tempio di Gerusalemme, confermando così il prestigio tradizionalmente goduto da Salomone presso gli Arabi.Il Partal, parzialmente conservato, rientra per la sua organizzazione degli spazi nel tipo del Cuarto de Comares, utilizzando - come quello - una torre delle mura, la Torre de las Damas, come zona residenziale. La splendida copertura poligonale lignea della torre, con base ottagonale e cupola a sedici lati, decorata con ruote a traforo su un fregio di muqarnas, attualmente a Berlino (Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Mus. für Islamische Kunst) è stata sostituita da una copia. A lato della torre si trovano alcuni piccoli edifici di abitazione, detti del principe, fatti costruire da Yūsuf I, che conservano interessanti pitture murali con scene di paesaggio relative a una spedizione. Sul lato opposto, al di sopra delle mura, lo stesso sultano costruì un piccolo oratorio, restaurato in questo secolo.L'ultimo e più recente degli edifici residenziali dell'Alhambra è l'interno della Torre de las Infantas, dell'epoca del sultano Sa῾d (1445-1461), a più piani con diverse sale distribuite intorno all'apertura del patio interno, che nella decorazione riprende gli splendidi esempi del 14° secolo. Dalla parte della madīna l'elemento superstite più importante è la Puerta del Vino, costruita da Muḥammad V per il controllo fiscale sulla Calle Real Baja. Tale porta, a differenza di quelle esterne a gomito, è a passaggio rettilineo ed è formata da un arco a ferro di cavallo a profilo acuto sui due fronti, alfiz e finestra geminata in alto; all'interno vi sono banchi laterali per le guardie.Di fronte all'Alhambra, sul lato est, si innalza il Cerro del Sol, sul cui fianco si trova la villa più completa che si conservi dei sultani granadini: il Generalife, collegato al palazzo tramite due passaggi protetti da mura. Fu costruito da Muḥammad III e Ismā῾īl I con un sistema di terrazze coltivate a orti e giardini in mezzo ai quali è situato l'edificio, come lo descrive l'autore di un trattato di agricoltura dell'epoca, Ibn Luyūn. La costruzione riproduce la consueta tipologia del Cuarto de Comares, con padiglioni alle estremità di un patio molto allungato, attraversato da un canale con getti d'acqua; si è potuto però dimostrare che la sua forma originale era quella di un giardino suddiviso in quattro parti con una fontana circolare al centro, secondo un modello che precorre il Patio de los Leones e che si ritrova anche in un patio almohade dell'Alcázar di Siviglia. Nell'area intorno all'Alhambra, adibita a riserva di caccia e ai giardini zoologici per il divertimento dei monarchi, si trovano ancora vestigia di altre residenze (Dār al-῾Arūsa, Alijares).Nonostante il conservatorismo evidente nelle sue strutture architettoniche e nei sistemi ornamentali - o proprio per questo -, l'Alhambra offre un compendio non solo dello sviluppo artistico dell'Islam in Occidente, ma anche di tutta la tradizione architettonica residenziale del Mediterraneo e del Vicino Oriente. Di particolare rilevanza sono sia la squisita elaborazione dell'ambiente, in cui gli elementi naturali dell'acqua e della vegetazione vengono sfruttati con estrema perizia tecnica, sia la ricchezza dei motivi decorativi.Nel Mus. Nac. de Arte Hispanomusulmán dell'Alhambra si conservano molti frammenti di decorazione e diversi oggetti, tra cui va menzionato il vaso noto come Jarrón de las Gacelas, in ceramica a lustro, con rappresentazioni stilizzate di gazzelle affrontate in bianco e oro su fondo azzurro - i tre colori caratteristici di tale ceramica -, iscrizioni e motivi floreali.Anche l'arte del legno ebbe uno straordinario sviluppo con le tecniche di incrostazione, sia di legno su legno, per grandi porte, come quella conservata nella Sala de Dos Hermanas, sia di osso, avorio e argento su legno, in oggetti di dimensioni minori tra cui bauli e sportelli di armadi.Per la produzione in metallo va segnalata una lampada di bronzo proveniente dalla moschea dell'Alhambra (Madrid, Mus. Arqueológico Nac.), datata 1305, con paralume traforato di forma conica, pendente da uno stelo con tre sfere ugualmente traforate. Di particolare rilevanza nella produzione suntuaria nasride sono le spade, soprattutto quelle di rappresentanza o espadas de jineta, uniche nell'ambito delle analoghe armi medievali e conosciute per la lavorazione a intarsi d'argento dorato, avorio e smalto, i cui esemplari più pregiati si trovano nella Bibliothèque Nationale di Parigi, nel Mus. del Ejército di Madrid e nelle Staatl. Kunstsammlungen di Kassel.

Bibl.:

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