ASCOLI, Graziadio Isaia

Enciclopedia Italiana (1929)

ASCOLI, Graziadio Isaia

Pier Gabriele Goidànich

Nacque in Gorizia il 16 luglio del 1829, e morì in Milano (dove, dal 1861, aveva occupato con grandissimo lustro la cattedra di linguistica) il 21 gennaio 1907. "Il più grande glottologo d'Italia e forse del mondo" lo disse il Parodi in una commossa necrologia (Marzocco, 7 febbraio 1907). E infatti per l'opera sua varia, vasta, profonda e in gran parte duratura, frutto insigne di versatilità, genialità e tenacità eccezionali, la sua figura di scienziato grandeggia sovrana non solo sulla folla dei mediocri, ma pure fra i valenti, e pareggia in statura i pochi sommi che più onorarono il secolo XIX.

"Per l'autore di queste righe", scrive egli di sé stesso nella prefazione al vol. XI dell'Arch. glott. ital., p. viii, nota, "in quanto egli abbia comunque promosso le nostre discipline per via della stampa, la carriera non s'intende incominciare se non col lavoro intorno al sscr. kh, ch'egli ha pubblicato nel XVI volume del Giornale di Kuhn (1866)".

Così l'Ascoli stesso divideva la storia della sua carriera scientifica in due periodi: nel primo egli coltivò molti campi linguistici (oltre all'indoeuropeo, il semitico, il turco, il cinese, le lingue dravidiche), nel secondo andò sempre più limitando l'attività sua all'indoeuropeo e quindi al neolatino e al celtico. E non si può negare che tale limitazione dell'orizzonte scientifico abbia contribuito al grande successo delle sue ricerche.

Poco più che trilustre, egli esordì con una breve nota Sull'idioma friulano e sulla sua affinità colla lingua valacca. Schizzo storico-filologico (Udine 1846), dove già troviamo in germe la dottrina delle reazioni allogene, che, solidamente ripresa più tardi, per incentivo anche del Cattaneo (cfr. Nuova Antol., 16 giugno 1900), formerà un grande vanto dell'Ascoli e della scienza italiana.

Nel 1854 e '55, dopo un lungo raccoglimento, pubblicava il 1° e 2° fascicolo degli Studj orientali e linguistici. Contenevano o traduzioni, con commenti, di testi indiani, o articoli di carattere prevalentemente informativo ma molto eruditi, con i quali egli intendeva mettere al corrente gli studiosi italiani sui risultati cui già allora, nel primo cinquantennio del sec. XIX, eran giunti gli studî di glottologia, specialmente in Germania (II, p. 262). La grande erudizione e la conoscenza diretta di molte lingue di vario ceppo, da lui conseguita, era confermata poco più tardi dall'articolo Docum. orientali riguardanti l'Italia, in Arch. stor. ital., n. s., X (1859), pp. 51-66, contenente una lettera di Solimano il Grande a Federico II Gonzaga, pubblicata nell'originale turco e tradotta in italiano (l'unico lavoro dell'Ascoli riguardante direttamente il turco); e inoltre da due altri studî: l'uno negli Studj orientali e linguistici, III, n. 9 (1861): Intorno ai recenti studj [del padre Camillo Tarquini e del prof. J. G. Stickel dell'università di Jena] diretti a dimostrare il semitismo della lingua etrusca, ivi, XI (1860), p. 1 e segg. (confutazione); l'altro intitolato Uber Banū 'l aṣfar, in Zeitschr. der deutschen morgenl. Gesellsch., XV (1860), pp. 143-144.

Maggiore originalità presenta un lavoro, ch'egli prima pubblicò negli Studi orientali e linguistici (fasc. 3) e quindi nei suoi stupendi Saggi critici (I, Milano 1861): una critica di cinque degli Studi linguistici che il Biondelli aveva raccolti in un solo volume stampato in Milano nel 1856 (pp. xlvi e 379). L'Ascoli vi si dimostra molto superiore al Biondelli, tanto per la preparazione e la conoscenza di molte lingue, quanto per il vigore della mente.

Oltre a qualche osservazione speciale esatta, come per esempio quella sulla genesi del kj da kl, tl e pl, degni specialmente di rilievo sono la genesi del passaggio di ku̯ e gu̯ a p e b, lo studio comparativo, condotto in base a nuovi materiali da lui stesso raccolti, tra il romeno d'Istria e il romeno di Dacia e di Macedonia, lo studio sui gerghi.

Nel 1862 e 1863 la sua produzione scarseggia. È del 1862 la sua Prolusione (in Politecnico, XII, p. 289 e segg.); del 1863 varie noterelle etimologiche nella Zeitschrift für vergleich. Sprachforschung. Nel 1865 pubblica in tedesco un volume sulla lingua degli zingari (Zigeunerisches, Halle 1865) e i suoi Studj ario-semitici (I, 9 marzo 1865, II, 6 luglio 1865, in Mem. Ist. lomb., s. 3ª, cl. 2ª, X), preceduti nel 1864 da una lettera al Kuhn (Politecnico, XXI, pp. 190-216) e da un'altra al Bopp (Politecnico, XXI, pp. 121-151) sullo stesso argomento. Questi studî tendono a dimostrare la comune origine dell'indoeuropeo e del semitico; l'Ascoli si fonda su un'analisi della flessione nominale e dei pronomi, e su un'interpretazione glottogonica delle radici e del sistema verbale. Doveva seguire un terzo articolo lessicale, il cui contenuto è indicato dall'Ascoli stesso in Zeitschr. d. deutschen morgenländ. Gesellschaft, XX, p. 433 ("statistiche und etymologische Data über die semitischen Lexicalwurzeln"), ma non fu pubblicato mai. Forse anche per amore della sua razza, questa tesi dell'affinità genetica ariosemitica fu sempre cara all'Ascoli e più volte egli tornò a insistervi (Studj crit., II, pp. 51-61,1876; Arch. glott. ital., X, 1886, p. 49, n. 2). Sono ancora del 1864 un articolo Lingue e nazioni, in Politecnico, XXI, p. 77 (combatte l'opinione che gli Arî venissero a occupare le loro sedi preistoriche e storiche a piccoli rivoli), alcune noterelle etimologiche in Zeitschr. für vergl. Sprachforsch., XIII, e in Beiträge z. vergl. Sprachwissenschaft, V, pp. 81-96; e qui pure gli Sprachwissenschaftliche Fragmente ecc., che aveva pubblicati, in italiano, nei Rend. d. Ist. lomb. (cl. 2ª, I, p. 185). Nel primo di questi egli studia fra l'altro un fenomeno fonetico del neopersiano (šu > kh), e dichiara nel secondo quale una forma invocativa la 2ª sing. imper. di tipo lege e la forma in -mini, che in origine sarebbe stata pur essa un imperativo. Sono del 1865 un acuto articoletto Sprachliches aus italienischen Kartenspielen e una lettera al prof. Fleischer su un'iscrizione sardo-punica, in Zeitschr. der deutschen morgenländ. Gesellsch., XX, p. 433 (in tedesco); sono del 1866 gli Studi irani: Sfaldature dell'antica aspirata, in Mem. Ist. lomb., X, scritto viziato dall'idea allora dominante di Federico Müller e del Lagarde dell'iranità dell'armeno; alcune note etimologiche nella Zeitschrift f. vergl. Sprachf., XVI, pp. 119-126, 196-212, e due di carattere glottogonico, ibid., pp. 213 e 216.

Nel 1867 comincia veramente a grandeggiare la figura dell'Ascoli come scienziato. Di quest'anno, oltre a scritti minori, sono gl'importantissimi studî: Zur lateinischen vertretung der indog. Aspiraten, in Zeitschr. für vergl. Sprachforsch., XVII, p. 241 segg., 321 segg.: Le figure italiche del derivato ariano d'istrumentale [-clo-da -tlo-], in Riv. orient., fasc. IV, e Die entstehung der sanskr. tenuis palatalaspirata, in Zeitschr. für vergi. Spracnf., XVI, p. 402 segg., questione che in più chiara luce gli apparirà quando avrà risoluto genialmente il problema generale delle gutturali indoeuropee nei Corsi di glottologia. Ai quali manifestamente egli si andava preparando, perché nel 1867 non abbiamo di lui che i Frammenti linguistici, in Rend. Ist. lomb., cl. 2ª, IV, p. 150, e nel 1868 brevi memorie. I Corsi di glottologia dovevano avere ben più vasto svolgimento (v. la prefazione). La pubblicazione invece ne fu interrotta al primo volume e limitata alla storia delle sole consonanti gutturali.

Altri classici capitoli di fonologia indoeuropea sono contenuti nel secondo volume degli Studj critici; e precisamente, oltre ai già pubblicati studî sul suffisso -tro -tlo e sulle aspirate, e alla polemica con il Corssen, due Saggi indiani e il terzo dei Saggi greci ("I prodotti ellenici delle combinazioni fondamentali in cui j sussegue a un'esplosiva", pp. 410-472).

Per tali ricerche l'Ascoli passava dal novero dei grandi cultori in quello dei grandi maestri della scienza. I Corsi di glottologia ebbero l'onore del premio dell'Académie des Inscriptions et belles lettres di Parigi.

Ma fin dal 1870 l'attività dell'Ascoli dovette essersi indirizzata di proposito alla storia degl'idiomi neolatini e del celtico. Perché, dopo un nuovo ristagno della sua produzione scientifica, nel 1873 pubblicava il primo volume dell'Archivio glottologico italiano con i celebri Saggi ladini, con un'ampia prefazione in cui trattava della questione della lingua, abbozzava il piano generale del periodico e preannunziava la pubblicazione e l'illustrazione delle glosse iberniche del Codice ambrosiano.

Nell'ultimo trentennio piuttosto raramente egli rivolgerà la sua mente ai campi prima coltivati. Sono questi lavori per ordine di tempo: 1876, La genesi dell'esponente greco -τατο e il rammollimento delle tenui con ἕβδομος e ὄγδοος, in Rivista di fil. cl., IV, pp. 565-584; 1880, Iscrizioni inedite o mal note, greche, latine, ebraiche, di antichi sepolcri giudaici del Napolitano, Torino, pp. 120 (lavoro molto importante in quanto con i nuovi documenti l'Ascoli riusciva quasi a colmare interamente la grande lacuna fra la tradizione epigrafica ebraica dei primi secoli dell'era nostra e quella del tardo Medioevo); 1881, Dodici monete con leggende pelviche del r. museo di Napoli, in Atti del IV Congresso degli Orient. in Firenze, 1882 (nella prima lettera glottologica), Le combinazioni originali del tipo tjá continuate per combinazioni greche del tipo τειό, τεό, in Riv. fil. class., X, pp. 53-70; 1891, Sulla storia generale delle funzioni del suffisso -tero, con ispeciali considerazioni del riflesso irlandese, in Suppl. Arch. glott. ital., I, p. 53 e segg.; mellĭnus mĕlĭnus "flavus", ibid., VIII, pp. 71-74.

I Saggi ladini sono una descrizione storico-comparativa di "quella serie d'idiomi romanzi, stretti tra loro per vincoli di affinità peculiare, la quale, seguendo la curva dell'Alpi, va dalle sorgenti del Reno anteriore in sino al Mar Adriatico". L'eccezionale valore di quest'opera dell'Ascoli fu subito riconosciuto: per essa, egli meritò il conferimento del premio della Fondazione Bopp. Come gli Studj ario-semitici, i Corsi di glottologia e più tardi il Glossario celtico, così anche i Saggi ladini restarono incompiuti; e solo alcuni parerga (nei volumi II, IV e particolarmente nel VII dell'Archivio) servirono in parte a integrarli, secondo il piano primitivo. Grande notorietà e importanza ebbe anche il Proemio al vol. I dell'Archivio, in cui opponeva in pagine robuste e solenni la sua teoria a quella del Manzoni (cfr. Arch. glott. it., VIII, pp. 125 segg., e v. italia: Lingua e dialetti).

Secondo il piano prestabilito, l'Archivio era destinato a promuovere l'esplorazione scientifica dei dialetti italiani ancora superstiti e ad accogliere "studî speciali anche sulle varie lingue dell'Italia antica e pur sulle estranee che alla loro immediata illustrazione possan giovare"; fra queste estranee era compreso il celtico (Proemio, p. xxxv, xxxix e segg.). Più tardi, per un piano più lato, fondava l'Ascoli anche i Supplementi periodici all'Archivio. Nel proemio dava anche norme per la trascrizione e altre avvertenze, che servirono a conferire uniformità esteriore all'Archivio e furono un utile modello a quanti in quel periodico o altrove si occuparono poi di linguistica in Italia. Altre indicazioni del genere s'aggiunsero poi in fine alla prefazione del volume XI. Dell'Archivio l'A. fu un direttore esemplare, tutto rivedendo o rifacendo o inducendo a rifare anche più volte (cfr. Novati, in Corriere della Sera, 30 genn. 1907, e una lettera al Morosi, in Classici e neolatini, 1903, p. 389 segg.).

Anche i frutti dell'operosità dall'Ascoli rivolta a problemi neolatini o generali sono così cospicui che a volerne trattare per filo e per segno occorrerebbe troppo spazio.

I volumi V e VI dell'Archivio sono dedicati alla pubblicazione e illustrazione delle glosse celtiche. Si tratta di un gran numero di chiose, in lingua celtica d'Irlanda, apposte ad alcuni codici dell'età carolingia. "Esse sono l'istrumento principalissimo, mercé il quale è dato di raffigurarci gli antichi parlari così dei Galli come dei Celti in genere". Per avere un'idea della grandiosità di quest'opera, bisogna aver presente che il celtico è la lingua più alterata fra le indoeuropee, tanto che solo assai tardi la sua origine indoeuropea fu riconosciuta; che inoltre queste glosse sono scritte in carattere minuto e spesso ben poco decifrabile ai margini dei codici o fra linea e linea o nell'intervallo fra le due colonne del testo latino; che sono una copia e spesso una non buona copia da altro codice; che la divisione delle parole è spesso tutt'altro che esatta. Furono perciò necessarie molte "Integrazioni e emendazioni". Fa seguito alle glosse un Glossarium palaeohibernicum, ordinato etimologicamente, e con intenti comparativi, sebbene "l'opera comparativa qui stia come in potenza e non si traduca ancora in atto". Purtroppo quest'opera grandiosa restò incompiuta.

Al celtico dedicò l'Ascoli anche altre cure.

A questioni particolari spesso molto importanti concernenti dialetti italiani o altri idiomi romanzi, escluso il ladino, spettano molti articoli, quasi tutti pubblicati nell'Archivio o nei Supplementi. Degna di particolarissima nota la seconda lettera glottologica Di un filone italico diverso dal romano, che si avverte nel campo neolatino (Arch., X, pp. 1-17).

Spettano alla classificazione dei dialetti neolatini, oltre che i Saggi ladini, gli articoli: Del posto che spetta al ligure nel sistema dei dialetti italiani, Arch., II, p. 111 segg.; Schizzi franco-provenzali, ibid., III, p. 61 segg.; L'Italia dialettale, ibid., VIII, p. 98 segg.

Esaminati i rapporti delle condizioni fonetiche tra il ligure e i dialetti dell'italia settentrionale, l'Ascoli concludeva che "il genovese ha fisonomia sua e deve tenere un posto distinto nel sistema dei dialetti italiani; ma deve insieme annoverarsi tra i gruppi gallo-italici... Coincide coi dialetti isolani in parecchi importanti fenomeni, per il fatto che tra i dialetti sardi e i corsi si determina una transizione dal tipo della favella italiana del mezzodì a quello della favella italiana del nord" (Arch., II, p. 160). Anche la classificazione dei dialetti italiani ha per principale fondamento il criterio delle condizioni fonetiche. Sempre su criterî fonetici fondava l'Ascoli la classificazione del franco-provenzale, cioè di quei gruppi di dialetti che son parlati in Val d'Aosta, nell'alto Delfinato, in Savoia, in parte del Lionese, della Borgogna e nella più gran parte della Svizzera francese, in un territorio, come vide poi il Morf (Bull. de dialectologie rom., I, p. 10 segg.), corrispondente alle antiche diocesi di Lione e Vienna.

La toponomastica è un genere d'indagini prevalentemente storico e filologico, ma, come dalla glottologia essa riceve spesso lume, così al glottologo essa può fornire la nozione di fatti e fenomeni linguistici antichi e di parlate omogenee o eterogenee sopraffatti da fenomeni o da parlate più recenti. L'Ascoli esplicò il suo interessamento per questa disciplina in due modi: col promuovere il lavoro, filologicamente e linguisticamente sicuro e, per l'ordinamento, classico, del Pieri (La toponomastica delle valli del Serchio e della Lima, in Arch. glott., Suppl. IV), e con l'organizzare un'imponente raccolta di materiali e suggerire il piano di lavori per la redazione di un Dizionario istorico dei nomi locali dell'Italia (v. Per la Toponomastica italiana, in Arch. glott., Suppl. III, pp. 97-104, e Ricordi concernenti la Toponomastica italiana, in Studj romanzi, III, pp. 7-15).

Non scarso numero di pagine sapienti dedicò l'Ascoli a questioni generali o a vittoriose rivendicazioni d'insigni meriti suoi nell'avanzamento dei metodi che portarono al rinnovamento della scienza del linguaggio per quanto concerne le indagini fonetiche. Una polemica con Paul Meyer relativamente al franco-provenzale portava l'Ascoli a dare questa classica definizione di un determinato tipo di dialetto: "I singoli caratteri di un dato tipo si ritrovano naturalmente, o tutti o per la maggior parte, ripartiti in varia misura fra i tipi congeneri; ma il distintivo necessario del determinato tipo sta appunto nella simultanea presenza o nella particolare combinazione di quei caratterì"; la definizione fu difesa dal Gauchat, e non si saprebbe come mai si possa impugnare se non confondendo i due punti di vista del de dialecto condenda e del de dialecto condita. Cara fu sempre all'Ascoli, fin dall'età giovanile, la tesi dei motivi etnologici delle alterazioni dei linguaggi: v. specialmente il II capo della citata prima lettera glottologica in Riv. di filolol., X, dove son poste in rapporto le condizioni fonetiche degl'idiomi moderni a sostrato celtico con simili caratteristiche degl'idiomi celtici, e se ne deduce un rapporto di causa ed effetto. Carattere più o meno vivamente polemico hanno la lettera glottologica Dei neogrammatici, in Arch., X, 10-108, e la prefazione del volume XI. Il motivo dominante di questi scritti è la rivendicazione dei meriti suoi e della scuola italiana nell'avviare la scienza del linguaggio a una maggior severità metodologica; "È pur vero che le innovazioni, alle quali di qua dall'Alpi siam riusciti, importavano un rimutamento del metodo" (XI, p. VII).

Dottissimo e autorevole com'era, l'Ascoli ebbe da corpi accademici incarichi di relazioni su memorie o temi relativi alla scienza o all'istruzione, e più volte spontaneamente interloquì in fatto d'istruzione pubblica; intervenne talora anche in questioni d'interesse nazionale o politico.

Fu senatore del regno, cittadino onorario della città di Milano, più volte membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione, socio delle principali accademie d'Europa e d'America, acclamato presidente del Congresso degli orientalisti in Roma nel 1899, insignito di grandi onorificenze italiane e straniere, coronato d'alti premî accademici.

Bibl.: Indicazioni sull'attività e gli scritti dell'Ascoli si troveranno in una bibliografia, diligente, ma non senza mende, di P. E. Guarnerio, in Rivista di filol. e istr. class., XXXV, p. 246 segg.; v. ora la Silloge linguistica dedicata alla memoria di G. I. Ascoli, Torino 1929.

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