GROPPELLI

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GROPPELLI

Maria Elena Massimi

Famiglia di scultori veneziani, attivi fra la fine del XVII e la prima metà del XVIII secolo.

Il capostipite va individuato in Giovanni Battista senior, nato a Venezia o a Modena intorno al 1640 (Vio; Turello), che dalla moglie Adriana Pago ebbe i figli Marino, Giuseppe e Paolo.

Resta aperto il problema del rapporto di Giovanni Battista con il Marino Groppelli veronese citato da G. Campori (Gli artisti italiani e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, p. 272), nato nel 1595, attivo a Modena a servizio del duca Francesco I d'Este e ivi morto nel 1648. Sulla base di un documento dell'ottobre 1661, nel quale Giovanni Battista risulta essere figlio di un Marino scultore da Modena, Turello ha ipotizzato una diretta parentela fra i due.

L'unica opera nota, ma assai rovinata, di Giovanni Battista è l'Immacolata della facciata della chiesa veneziana di S. Samuele, databile al 1685. Amico, e forse collaboratore, di G. Sardi, C. Molli e G. Le Court, non ebbe mai una bottega propria (Vio; Turello). Visse stabilmente nella parrocchia di S. Samuele, dove morì l'8 maggio 1714.

Marino, scultore e architetto, nacque a Venezia il 28 luglio 1662 ed ebbe per padrino C. Molli. È assai probabile, benché non provato, che il padre gli fosse maestro durante l'apprendistato giovanile (Turello). Aveva ormai ottenuto la qualifica di scultore quando ventenne prendeva in moglie Francesca Leali, dalla quale ebbe i figli Giovanni Battista iunior, Nicolò e Francesco.

Marino si affermò come "altarista" e decoratore specializzato in soggetti sacri: i primi esemplari noti della sua produzione sono le sei figure in marmo realizzate tra 1691 e 1692, su commissione della badessa Cecilia Correr, per l'altare maggiore di S. Croce alla Giudecca (due Angeli e quattro Putti oggi divisi fra l'altare del Crocifisso e quello di S. Giovanni Battista nella parrocchiale di S. Antonio Abate a Lussingrande: Guerriero, 1998).

Nel giugno 1701 venne nominato capo della contrada di S. Benedetto dagli esecutori contro la Bestemmia (Vio; Turello).

Al 1704 va datato il bassorilievo con la Veduta di Grado e dell'isola di Barbana dalla Laguna posto sul paliotto dell'altar maggiore del santuario di S. Maria di Barbana a Grado, eseguito sotto la supervisione di L. Torresini, pregevole per l'effetto di schiacciato e la resa naturalistica del paesaggio.

Tra 1704 e 1705 scolpì l'Angelo per l'altar maggiore dell'arcipretale di Fratta Polesine, nel quale sono già intuibili la suggestione del clima classicista di primo Settecento e, pur nella permanenza di motivi lecourtiani nel panneggio, l'attenzione ai modi di P. Baratta, A. Tarsia e G. Torretti.

Degli inizi del 1706 è il rilievo, firmato, con l'Allegoria della vittoria dei Dardanelli del monumento Valier ai Ss. Giovanni e Paolo, letterale trasposizione su piano dell'Angelo di Fratta, condotto con cura minuziosa per il particolare e gradazione sapiente dello spessore materico. Nell'estate dello stesso anno Marino si trasferiva in Dalmazia, accettando l'invito del Consiglio dei rogati di Ragusa a riedificare la locale chiesa di S. Biagio. Nell'edificio, a croce greca con cupola centrale e cupolette angolari, Marino adottò un linguaggio barocco con forte propensione esornativa, più attento ai dettagli che al concetto spaziale generale (Prijatelj, 1961). Durante il soggiorno dalmata (1706-15), oltre ad attendere anche alla decorazione esterna e interna della chiesa (Putti e Cherubino sul portale; S. Biagio, la Fede e la Speranza sul coronamento; doccioni a testa di tritone sui fianchi dell'edificio; statue dell'altar maggiore), Marino curò l'erezione della loggia della Guardia principale (l'edificio della Guardia militare cittadina: 1707-08), dotandola di un grande portale con al centro una testa di guerriero; si dedicò inoltre a singoli interventi scultorei per il duomo di Ragusa (dove eseguì il Monumento funebre del vescovo Toma Antun Scitti nella sagrestia e collaborò alla costruzione dell'altare di S. Bernardo, oltre che all'ornamentazione della sala del Tesoro), per la chiesa dei gesuiti (ove lasciò l'Angelo reggistemma del portale) e per la cappella del palazzo dei Rettori (dove nel 1715 collocò un Sepolcro di Cristo oggi perduto).

Su base stilistica Marković assegna a Marino anche il ninfeo - vicino al portale della loggia - e alcune decorazioni scultoree all'esterno e all'interno di villa Bozdari a Rijeka Dubrovačka (nei pressi di Ragusa).

Nel 1715 l'artista si congedava dalle autorità ragusane con una lettera in cui dava conto del lavoro svolto e chiedeva un attestato di benemerenza; nell'ottobre di quell'anno il Consiglio dei rogati gli concesse un premio in denaro e una medaglia d'oro (Prijatelj, 1961).

Al suo rientro a Venezia si stabilì con la famiglia nella parrocchia di S. Pantalon, in corte della Malvasia. Forte di un'esperienza ormai decennale e del recente credito acquisito in Dalmazia, partecipò ad alcune imprese collettive affidate ai maggiori scultori veneziani. Tra 1716 e 1717 realizzò due delle trenta statue destinate al Giardino d'estate di San Pietroburgo, la Verità e la Sincerità, spedite in Russia nell'aprile del 1717.

Con P. Baratta, F. Cabianca, A. Corradini, A. Tarsia e G. Torretti, sotto la direzione di D. Rossi, lavorò ai due monumenti Manin nel presbiterio del duomo di Udine, realizzando il gruppo allegorico La forza militare della Repubblica e la sua amministrazione (monumento a sinistra), messo in posa nel settembre 1718, e due vasi decorati (probabilmente quelli del monumento a destra: Turello).

Marino morì a Venezia il 10 giugno 1728 (Vio).

Dei suoi tre figli, due - Giovanni Battista iunior (morto nel 1756) e Francesco - esercitarono il mestiere paterno; l'altro, Nicolò, fu un semplice tagliapietra. Turello ipotizza che Marino associasse a sé Giovanni Battista e Francesco nei lavori al duomo di Udine, dove alcuni cali qualitativi farebbero pensare all'intervento di mani meno esperte. Giovanni Battista partecipò al concorso indetto dal Senato veneziano per il restauro della scala dei Giganti di palazzo ducale (1724); con il fratello Francesco realizzò l'altare maggiore della parrocchiale di San Giorgio al Tagliamento e quello di S. Giovanni Battista nel duomo di Latisana.

Giuseppe e Paolo nacquero a Venezia l'11 febbr. 1675 e il 6 luglio 1677, ed ebbero per padrini di battesimo rispettivamente G. Sardi e G. Le Court. Appresero il mestiere dal fratello maggiore, nonché dal padre Giovanni Battista. Con ogni probabilità, gestivano insieme una bottega nella parrocchia di S. Giovanni Grisostomo, intestata a Giuseppe (Turello), che visse in pianta stabile nella casa paterna di S. Samuele. Alla mano del solo Giuseppe non sono riconducibili altre opere, oltre al S. Grisogono (firmato) del 1712, posto originariamente a Zara sull'altar maggiore della chiesa di S. Donato e ora conservato nel Museo nazionale della città.

Il 12 maggio 1716 Giuseppe sposava Angela Zanchi; e tra 1718 e 1721, in veste di intagliatore, affiancava G. Torretti nei lavori all'altare maggiore della chiesa dei gesuiti di Venezia. Nel sodalizio con il fratello sembra aver avuto più che altro compiti esecutivi, limitando il suo intervento alle figure meno impegnative e ai particolari decorativi (Turello).

Giuseppe morì a Venezia l'8 febbr. 1735.

Per Paolo, capace di rielaborare gli stimoli degli anni di formazione in un linguaggio scultoreo più completo, è possibile ricostruire, parallelo a quello comune, un catalogo personale.

Nel 1708 licenziava il gruppo marmoreo della Beata Vergine del Rosario per S. Croce alla Giudecca (oggi sull'altare di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Antonio Abate a Lussingrande: Guerriero, 1998), opera ambiziosa e di buona fattura. Nello stesso anno e nel successivo lavorava con il fratello all'altare della sagrestia di S. Michele in Isola, su richiesta di Pierfrancesco Gallici, abate e generale della Congregazione camaldolese; per la biblioteca del convento annesso i due fratelli eseguirono un Busto di s. Pier Damiani andato perduto (Meneghin). Tra il 1709 e il 1711 Paolo scolpiva il Busto di Girolamo Foscarini nella cappella omonima della chiesa veneziana di S. Stae, nella cui decorazione erano contestualmente impegnati P. Baratta, A. Tarsia e G. Torretti. Nel 1712 circa, insieme con Giuseppe, partecipava ai lavori del cantiere della facciata di S. Stae, diretto da D. Rossi: ai due fratelli dovrebbe spettare l'Angelo reggicartiglio del portale principale (Turello). Il 29 apr. 1714 sposò Angela Pattella, con la quale, qualche anno dopo, prendeva dimora nella parrocchia di S. Giovanni Grisostomo. Nell'agosto del 1714 gli veniva corrisposto il compenso per l'altare del Ss. Sacramento del duomo di Pirano (eseguì gli angioletti della cimasa, la decorazione a stucco della volta, i cherubini della cornice, delle colonne e del paliotto). In coppia con Giuseppe, scolpì la Ninfa dell'Aria e la perduta Ninfa della Terra, destinate al Giardino d'estate di San Pietroburgo (1716).

Dalla fine del secondo decennio i due fratelli dovettero soddisfare una serie crescente di commissioni, a Venezia e nell'entroterra. La mano di entrambi è stata riconosciuta da De Grassi in alcune sculture del presbiterio e della navata della chiesa veneziana degli Scalzi, da collocare intorno al 1717 (tra le altre: le sibille Ellespontica e Tiburtina, i santi Pietro, Paolo, Bartolomeo, Giovanni Evangelista). Nello stesso anno, per i Manin, curavano gli intagli dell'altare (festoni con fiori e frutta) nella cappella della Sacra Famiglia della veneziana S. Maria di Nazareth.

Nel 1720 Paolo venne convocato dal patriarca di Aquileia Dionisio Dolfin nel duomo di Udine, dove si dedicò, con altri scultori, all'altare dei Ss. Nicolò e Girolamo (oggi smembrato). Nel 1723 realizzò l'altare di S. Maria del Rosario nel duomo di Pirano, con medaglioni marmorei dei Misteri. L'anno dopo i fratelli parteciparono, in competizione con il nipote Giovanni Battista iunior, al concorso per il restauro della scala dei Giganti, con un progetto di alta qualità artistica ma dal costo eccessivo; non ottennero l'incarico neppure nella riedizione della gara d'appalto (1726).

All'atto della fondazione dell'arte degli scultori (maggio 1724), Giuseppe e Paolo entrarono a far parte della nuova corporazione, coprendo negli anni successivi alcune cariche amministrative (Turello). Intorno al 1724-25 furono entrambi coinvolti, insieme con P. Baratta, F. Cabianca, A. Tarsia e G. Torretti, nella decorazione della facciata di S. Maria Assunta dei gesuiti, il più imponente cantiere veneziano del momento, diretto da D. Rossi: vi realizzarono il S. Matteo collocato in una nicchia in basso a destra (è probabile che l'intervento di Giuseppe si limitasse all'angelo che accompagna il santo) e il S. Iacopo Minore posto sul coronamento (Turello).

Contemporanee alle statue per i gesuiti sono le figure di Talia, Euterpe, Tersicore e Polimnia (perduta), eseguite da entrambi, acquistate per il giardino d'estate di San Pietroburgo e qui inviate nel 1725. Tra il 1727 e il 1728 si collocano le statue della parrocchiale di Torviscosa, dove, su commissione di Francesco e Antonio Savorgnan, i fratelli firmarono il S. Francesco d'Assisi dell'altare maggiore, a pendant del S. Antonio di G. Torretti, nonché la Madonna del Rosario dell'altare omonimo, che, pur tenendo a modello la Madonna col Bambino concepita da G. Le Court per l'altar maggiore della chiesa veneziana della Salute, è risolta con compostezza ed eleganza pienamente classiciste. Per lo scalone di villa Giovanelli a Noventa Padovana scolpirono e firmarono le due allegorie del Tatto e della Ragione, databili dopo il 1728; sempre a Noventa Padovana sono loro attribuibili la Sapienza e la Magnanimità, collocate sui pilastri del cancello d'ingresso di villa Giustinian, l'Abbondanza e la Carità (sul coronamento della facciata), databili alla prima metà del quarto decennio.

Dopo la morte di Giuseppe, Paolo proseguì l'attività autonomamente: sono suoi il S. Paolo dell'altar maggiore del duomo di Pozzuolo del Friuli, pendant del S. Pietro di G. Torretti (1741); il S. Girolamo (1741 circa) dell'altar maggiore del duomo di Sacile; il S. Zenone della torre dell'Orologio di Finale Emilia, collocata in situ nel novembre del 1745. Guerriero (1996) gli ha riferito la Gloria dell'altare di S. Nicolò in S. Andrea della Zirada a Venezia (1741 circa).

Paolo morì a Venezia il 29 maggio 1751.

Fonti e Bibl.: T. Temanza, Zibaldon (1738), a cura di N. Ivanoff, Venezia-Roma 1963, pp. 45, 53, 64; K. Prijatelj, Opere poco note di architetti veneziani del Seicento e del Settecento, in Arte veneta, XV (1961), pp. 127 s.; V. Meneghin, S. Michele in Isola di Venezia, I, Venezia 1962, pp. 265, 345; C. Semenzato, La scultura veneta del Seicento e del Settecento, Venezia 1966, pp. 43, 110 s.; K. Prijatelj, Contributi per la scultura barocca a Ragusa, in Arte veneta, XXIV (1970), pp. 238-240; A. Alisi, Pirano. La sua chiesa, la sua storia, Villa Opicina s.d. (ma 1972), pp. 135, 142; A. Niero, Precisazioni e ricuperi sul patrimonio artistico della chiesa veneziana di S. Samuele, in Arte veneta, XXXII (1978), p. 343; G. Vio, Appunti per una migliore conoscenza dei G. e dei Comin, ibid., XXXVII (1983), pp. 223-225; P. Goi, Scultura in Friuli fra Sei e Settecento: appunti, in Nicola Grassi e il rococò europeo, Udine 1984, pp. 214, 227; V. Marković, Ljetnikovac Bozdari u Rijeci Dubrovačkoj i Marino Groppeli (La villa estiva Bozdari a Rijeka Dubrovačka e Marino G.), in Prilozi Povijesti Umjetnosti u Dalmaciji, XXX (1990), pp. 231-266; P. Goi, Sculture settecentesche nella chiesa dei gesuiti di Venezia, in I gesuiti e Venezia. Momenti e problemi di storia veneziana della Compagnia di Gesù, Venezia 1994, pp. 731 s.; S. Guerriero, Episodi di scultura veneziana del Settecento a S. Andrea della Zirada, in Venezia Arti, 1996, n. 10, p. 59; D. Turello, Gli scultori Marino, Paolo e Giuseppe G., tesi di laurea, Università degli Studi di Venezia, facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1996-97 (con bibl.); M. De Grassi, Giovanni Marchiori, appunti per una lettura critica, in Saggi e memorie di storia dell'arte, 1997, n. 21, pp. 139-141; S. Guerriero, Sculture di Marino e Paolo G. a Lussingrande, in Arte veneta, LII (1998), pp. 120-129; Istria, città maggiori. Capodistria, Parenzo, Pirano, Pola. Opere d'arte dal Medioevo all'Ottocento, a cura di G. Pavanello - M. Walcher, Trieste 2001, ad indicem; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 90; Hrvatski biografski leksikon (Lessico biografico croato), V, Zagreb 2002, pp. 234 s.

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