CASTELLINI, Gualtiero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)

CASTELLINI, Gualtiero

Riccardo Merolla

Di famiglia di origine trentina, nacque a Milano il 13 genn. 1890 da Orsini ed Emma Sighele.

Il nonno paterno, Nicostrato, nato a Rezzate (Brescia) il 17 ott. 1829, era maggiore garibaldino quando cadde in combattimento a Vezza d’Oglio il 4 luglio 1866: volontario nel ’48, aveva poi partecipato alla difesa di Venezia nel ’49; nel 1860, raggiunto Garibaldi con la spedizione Medici, s’era distinto nelle battaglie di Milazzo, Caiazzo e del Volturno; aveva seguito Garibaldi nel ’62 (ma era in missione il giorno di Aspromonte). A Milano, dove si era stabilito nel ’53, ebbe parti di rilievo in numerosi organismi garibaldini, e fu promotore e dirigente della società di Tiro a segno; collaborò con L. Luzzatti nella promozione e creazione di istituti cooperativi.

Di un interesse non puramente documentario risultano pertanto alcuni dati biografici essenziali del C.: non è del tutto casuale, infatti, che una delle prime opere, Pagine garibaldine, tenti una ricostruzione di quell’arco di tempo tenendo direttamente presenti le memorie del nonno paterno Nicostrato. In realtà doveva trattarsi di un episodio tutt’altro che marginale ed isolato, e non solamente in quanto la sua produzione annovera anche altre pagine “garibaldine”, ma soprattutto perché la sua particolare biografia contribuì in qualche misura a configurare quella presunta filiazione risorgimentale del nazionalismo italiano, che fu centrale nelle formulazioni teoriche come nelle posizioni politiche del Castellini.

Significativa da questo punto di vista è una sua più tarda biografia di Francesco Crispi, cui si deve, almeno in parte, la ripresa di quel mito crispino che fu proprio di certi settori dell’opinione pubblica e degli schieramenti ideologici italiani. Nell’ex garibaldino il C. poté indicare, fra l’altro, uno dei precursori delle sue ferme convinzioni colonialiste e imperialiste, le quali erano venute maturando dall’opera giovanile Nell’Africa romana, frutto delle impressioni di un suo breve viaggio scolastico nel Nordafrica, fino alle posizioni più compiute e articolate delle sue corrispondenze giornalistiche dell’inizio dei 1911 (ora in Tunisi e Tripoli) e di quelle inviate direttamente dal fronte libico alla Gazzetta di Venezia (ora in Nelle trincee di Tripoli).

Lo zio materno era il sociologo bresciano Scipio Sighele, seguace della scuola positiva di diritto penale del Lombroso, tenace irredentista, onde fu processato ed espulso dalle autorità austriache, e infine uno tra i più noti teorici e fondatori del nazionalismo italiano.

L’irredentismo e l’antitriplicismo furono anche gli elementi costitutivi di maggior rilievo e i motivi più costanti della formazione dello stesso C. ed indubbiamente caratterizzarono, insieme ad una particolare posizione sulla questione adriatica, anche la sua adesione al nazionalismo (per tutti questi aspetti cfr., fra l’altro, le corrispondenze di guerra del 1911 dal fronte balcanico per L’Illustrazione italiana, ora in I popoli balcanici nell’anno della guerra, e Trento e Trieste, l’irredentismo e il problema adriatico).

Dopo aver collaborato a Il Carroccio di Roma e a La Grande Italia di Milano, che nel 1910 doveva diventare l’organo ufficiale dell’Associazione Trento e Trieste, il C. fu poi fra i collaboratori principali del più importante foglio nazionalista, L’Idea nazionale, il cui primo numero uscì il 1° marzo 1911, quindicesimo anniversario della disfatta di Adua, e che nell’ottobre 1914 doveva trasformarsi da settimanale in quotidiano. Aderì quindi all’Associazione nazionalista italiana fin dalla sua costituzione con il congresso di Firenze del 1910, dei cui atti egli stesso curò la pubblicazione, e, nonostante alcune sue divergenze dall’ala che faceva capo a Corradini, riuscì sempre a mantenere posizioni di un certo rilievo nell’ambito dell’Associazione, venendo riconfermato come membro del Comitato centrale anche dai successivi congressi di Roma (1912) e di Milano (1914).

Del resto il C. doveva consegnare il complesso delle sue posizioni ideologiche e politiche a un volumetto, Fasi e dottrine del nazionalismo italiano, che veniva ad essere contemporaneamente un interessante consuntivo degli sviluppi e delle trasformazioni del movimento.

Egli vi sosteneva la tesi che il nazionalismo italiano, quale si era venuto configurando agli inizi del secolo nell’esperienza del Regno di Corradini, aveva avuto un carattere prevalentemente teorico e intellettuale, sostanzialmente ridotto ad ambiti assai limitati. La reazione nazionalista aveva invece cominciato a conseguire i suoi primi risultati concreti, a giudizio del C., solo a partire dall’annessione austriaca della Bosnia-Erzegovina nel 1905 e dall’incontro con l’irredentismo di Sighele, che aveva contribuito non poco a trasferire le precedenti teorizzazioni nel campo operativo e a trasformare, quindi, il nazionalismo italiano in concreta azione politica. Per cui il C., pur ammettendo che la soluzione triplicista poteva essere stata tatticamente proficua ai fini degli interessi italiani nel Mediterraneo, finiva col concludere tuttavia, magari all’intemo di una posizione molto articolata, che al congresso di Firenze le indicazioni nazionaliste in materia di politica estera erano risultate sostanzialmente irredentiste e che urgeva ormai muoversi apertamente nella direzione della guerra all’Austria per la restituzione dei territori nazionali.

Riprova dei ritardi e delle incertezze di alcuni settori del nazionalismo italiano, rimasti legati ad una visione politica ancora retorica e risorgimentale, il libretto dimostra anche la scarsa consapevolezza del C. relativamente alle trasformazioni sostanziali verificatesi all’interno stesso del movimento, dopo la scissione dell’ala “democratica” di Arcari e Sighele e la prevalenza del gruppo corradiniano prima e di A. Rocco poi, entrato nella direzione dell’Associazione nel 1914. Tuttavia, se si tiene presente la data di pubblicazione del volume (1915), l’appello irredentista che vi si lanciava poté giocare ancora almeno un ruolo contingente nell’ambito del variegato fronte interventista, in cui confluirono, dopo qualche residua esitazione triplicista, i nazionalisti stessi.

Dopo aver partecipato attivamente alla campagna per l’intervento, il C. partì per il fronte, passando in un battaglione alpino poco dopo la dichiarazione di guerra. Medaglia d’argento al valor militare sul campo, ebbe anche tre encomi solenni e due promozioni per merito di guerra, in seguito alle quali raggiunse il grado di capitano.

Lasciò consegnate le proprie impressioni ad un diario (Tre anni di guerra) e a un folto carteggio (Lettere), che, pur riconfermando alcuni principi ed atteggiamenti della sua complessiva formazione precedente, lasciano trapelare assai spesso una disposizione riflessiva, e perfino dolorosa e realistica, nei confronti degli avvenimenti di cui il C. fu testimone oculare.

Già prima contrario alla esaltazione corradiniana della guerra, egli ne deriva ora, in alcuni momenti, una vera e propria impressione di languore e di smarrimento, “un senso grande di tristezza”. In particolare confessa di soffrire principalmente per la lontananza dal consorzio civile e per la scarsa occupazione dell’intelligenza, che lo rendono sufficientemente consapevole di una sorta di regressione e di contrazione della sfera della coscienza, fino a giungere a uno stato fatto di pacata animalità quotidiana, di tic e automatismi mentali. In conclusione, pur permanendo costante un atteggiamento nutrito di rigoristiche tensioni morali e civili, di frequenti e quasi fideistiche riaffermazioni di doveri e valori patriottici, si fanno comunque sempre meno ricorrenti, con il passare dei mesi, le espressioni-spia di fanatismo sciovinista e bellicista, e si giunge fino alle soglie di un ripensamento più equilibrato di taluni motivi precedenti e di certi presupposti.

Distintosi durante la ritirata di Caporetto, il C. fu proposto per la nomina a maggiore, ma, aggregato nel frattempo al corpo di spedizione francese. morì di polrnonite a Saint-Imoges il 15 giugno 1918, in seguito ad un’influenza contratta al fronte.

Fra le opere del C. si ricordano: Nell’Africa romana, Trento 1908; Pagine garibaldine (1848-1866), Torino 1909; Eroi garibaldini, I-II, Bologna 1910; Tunisi e Tripoli, Torino 1911; Nelle trincee di Tripoli, Bologna 1912; G. C. Abba, in Nuova Antol., 16 marzo 1912; I popoli balcanici nell’anno della guerra osservati da un italiano, Milano 1913; F. Crispi, Firenze 1915; Fasi e dottrine del nazional. ital., Milano 1915; Trento e Trieste, l’irredentismo e il problema adriatico, ibid. 1915; Tre anni di guerra, diario, ibid. 1919; Lettere (1915-1918), ibid. 1921.

Curò inoltre le seguenti pubblicazioni: Il nazionalismo italiano: atti del Congresso di Firenze, Firenze 1911; G. C. Abba, Ritratti e profili, Torino 1912; G. C. Abba, Pagine di storia, I-III, ibid. 1912-13; S. Sighele, Letteratura e sociologia, Milano 1914.

Fonti e Bibl.: Necrol., in Il Marzocco, 23 giugno 1918; Illustraz. ital., 23 giugno 1918, p. 505; Almanacco ital., XXIV (1919), p. 669; G. Papini-G. Prezzolini, Vecchio e nuovo nazionalismo, Milano 1914, passim; I. Minunni, Uno dell’avanguardia, in La Stampa, 20 maggio 1918; L. Albertini, Epistolario, a cura di O. Barié, I, Milano 1968, pp. 167 ss.; U. Fracchia, Il diario di C., in L’Idea nazionale, 15 maggio 1919; T. Rovito, G. C., in Letterati e giornalisti ital. contemporanei, Napoli 1922, p. 90; G. A. Borghese, G. C., in Tempo di edificare, Milano 1923, pp. 198-207; E. Cozzani, G. C., Piacenza 1925; A. Omodeo, Momenti della vita di guerra, in La Critica, XXVII (1929), p. 345; XXX (1932), pp. 274-79; P. M. Arcari, Le elaboraz. della dottrina pol. naz. fra l’Unità e l’intervento (1870-1914), I-III, Firenze 1934-39, ad Ind.; I. de Begnac, Gualtiero alla guerra, in Gazzetta del Popolo, 2 marzo 1937; A. Panzini, La cicuta, i gigli e le rose, Milano 1950, p. 148; F. Gaeta, La stampa nazionalista, Rocca San Casciano 1965, pp. XII, XVI, XXVI, XXVIII, 549; Id., Nazionalismo ital., Navoli 1965, passim (in partic. pp. 11 ss.); R. De Felice, Mussolini il rivoluz., Torino 1965, p. 78; R. S. Cunsolo, Libya, Italian nationalism, and the revolt against Giolitti, in The Journal of Modern History, XXXVII (1965), 2, pp. 186-207; R. Molinelli, Per una storia del nazionalismo ital., Urbino 1966, ad Ind.; B. Vigezzi, L’Italia di fronte alla prima guerra mondiale, I, L’Italia neutrale, Milano-Napoli 1966, pp. LVIII, 257, 499, 554, 660 ss., 851, 960; Il cinquantenario di G. C., in Corriere della sera, 15 giugno 1968; M. Isnenghi, in Il mito della grande guerra, Bari 1969, pp. 54, 60 s., 286; V. Castronovo, La stampa ital. dall’Unità al fascismo, Bari 1973, p. 194; V. Turri-U. Renda, Diz. stor.-critico della letter. ital., pp. 234 s.

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