CAMINO, Guecellone da

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CAMINO, Guecellone da

Johannes Rainer

Figlio di Gherardo del ramo dei Caminesi "di sotto", signore di Portobuffolé, e di Maddalena de' Rossi, nacque nel secondo ventennio del sec. XIV: quando il padre morì (prima del 1350), infatti, egli era ancora minorenne, e la madre ne assunse la tutela.

Scarse le notizie in nostro possesso sulla vita e l'attività politica di questo feudatario veneto: è certo soltanto che egli, a seconda della situazione del momento, doveva volgersi ora all'una ora all'altra delle due grandi potenze che allora si contendevano il predominio sul Friuli, Venezia e il re d'Ungheria. In un armistizio del 1356 tra il re Luigi I d'Ungheria e la Serenissima il C. è nominato come un ottimo alleato del sovrano magiaro. Nel trattato di pace del 1358 viene egualmente indicato come tale. Allo stesso titolo aveva partecipato nel 1357, insieme con prominenti cittadini trevigiani, all'assedio posto dagli Ungheresi a Treviso in mano ai partigiani di Venezia. La risposta della Serenissima fu immediata, perché il doge vietò l'esportazione dei cereali verso il Friuli.

Nel 1380 Gherardo e Rizzardo da Camino e il C. aderirono alla lega promossa dalla Repubblica di Genova contro Venezia, lega alla quale avevano aderito Luigi I d'Ungheria, il patriarca d'Aquileia, il duca d'Austria e Francesco I da Carrara, e che si misurò con la Serenissima in quella che fu detta la guerra di Chioggia. Sembra che anche in questa occasione il C. abbia fatto il doppio giuoco. Secondo la Cronaca di Galeazzo e Andrea Gatari, nel dicembre del 1380, mentre Treviso veniva assediata dagli alleati, il C., sebbene avesse aderito alla lega antiveneziana, su richiesta dei Trevigiani avrebbe inviato nottetempo vettovaglie a Oderzo, a Conegliano, a Serravalle, alla stessa Treviso giacché nella Marca infieriva una violenta carestia. Questo era un atto di tradimento nei confronti degli altri membri della lega, i quali non lo potevano certamente lasciare impunito.

Il signore di Padova, Francesco I da Carrara, infatti, non appena ebbe ricevuto la notizia di questo incredibile grave avvenimento, "subito mandò a conferire co' Consoli della lega" (Federici): venne quindi inviato in tutta fretta a Portobuffolé un reparto di cavalleggeri ungheresi i quali, giacché là non si sospettava di nulla, poterono entrare indisturbati nella fortezza ed impadronirsi del C. e di uno dei suoi figli. La piazzaforte fu quindi posta alle dirette dipendenze del comando della lega, con una guarnigione della stessa. Quanto ai due prigionieri, furono tradotti in Ungheria e là tenuti prigionieri. Nell'agosto del 1381 si giunse poi finalmente al noto accordo di pace tra gli alleati e Venezia, grazie alla mediazione del conte Amedeo VI di Savoia: in seguito al trattato di Torino il C. riottenne la libertà, e il castello di Portobuffolé gli fu restituito grazie alla mediazione di Pantaleone Barbo. Poco dopo fu coinvolto nella guerra accesasi fra il duca Leopoldo III d'Austria e Francesco I da Carrara, il quale si impadronì di alcune fortezze del C.; per queste operazioni il signore di Padova ebbe l'appoggio militare dei Trevigiani (1383).

Sono queste le ultime notizie a noi note sul conto del C., che si spense con ogni probabilità a Portobuffolé, non sappiamo esattamente quando, ma certo prima dell'anno 1392.

Il C. sposò in prime nozze Elena di Prata, una sorella del famoso cardinal Pileo vescovo di Treviso e poi di Padova che si era reso celebre per la sua partecipazione allo scisma di Urbano VI. In un documento del 12 genn. 1369 citato dal Federici (pp. 108 s.), Elena risulta risiedere in Portobuffolé "qual signora e sovrana, e tanto con ducale dello stesso anno confermasi essendosi lamentata colla Veneta Repubblica per alcune violenze usate da' soldati di quel Castello". Da Elena di Prata il C. con ogni probabilità non ebbe figli, "poiché non è probabile", argomenta il Federici (p. 109), "che se Elena avesse lasciata discendenza di sé, il Cardinal suo fratello non avesse lasciato eredi i figli di sua sorella, piuttosto ché lasciare i suoi beni ad altre persone". Morta Elena di Prata, ignoriamo quando, il C. si era sposato una seconda volta con una nobildonna, una Carrarese di cui non conosciamo il nome. Da lei ebbe due maschi, Gherardo e Carlo, e due femmine, Beatrice e Rizzarda.

Fonti e Bibl.: Parlamento friulano, I, a cura di P. S. Leicht, Bologna 1917, pp. 293 ss.; Galeazzo e Bartolomeo Gatari, Cron. carrarese..., in Rer. Ital. Script., 2 ed., XVII, 1, pp. 196 s.; P. M. Federici, Notizie storico-genealogiche della famiglia de' signori da Camino, Venezia 1788, pp. 108 ss.; P. Paschini, Storia del Friuli, II, Udine 1954, p. 177; F. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce, Camino.

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