AMERICANA, GUERRA

Enciclopedia Italiana (1929)

AMERICANA, GUERRA (del 1812)

Arthur Livingston

Dichiarata dagli Stati Uniti all'Inghilterra il 18 giugno 1812, si concluse con la pace di Gand (Londra, 24 dicembre 1814; Washington, 17 febbraio 1815). La "guerra del 1812" è un riflesso lontano della lotta tra l'Inghilterra e la Francia rivoluzionaria e napoleonica (1793-1815), lotta in cui ambedue i combattenti si permettevano, ora per un verso ora per un altro, di sorvegliare il ricco commercio marittimo, neutrale, degli Stati Uniti. In una prima fase (1798-1800), la repubblica americana sostenne una guerriglia irregolare col direttorio francese, per sopprimere il blocco posto alle Antille inglesi. In una seconda fase (1806-1809), il presidente Jefferson, di tendenze pacifiste, impiegò, con esito disastroso, i rimedî del boicottaggio (aprile 1806) e dell'embargo (su navi americane, dicembre 1807), per costringere l'Inghilterra ad abrogare i cosiddetti "ordini in consiglio" (decreti-legge), coi quali l'Impero britannico rispondeva al famoso blocco continentale di Napoleone. Tra i decreti di Napoleone (Varsavia, gennaio 1807; Milano, dicembre 1807; Tuileries, gennaio 1808), gli "ordini" inglesi (gennaio 1807 e novembre 1807) e le rappresaglie disgraziate di Jefferson, il commercio marittimo americano veniva quasi distrutto.

Intanto sorgevano altre questioni, che acuirono il risentimento degli Americani contro l'Inghilterra. Questa non volle riconoscere il principio di naturalizzazione dei cittadini americani di nascita inglese; e, in virtù d'un preteso "diritto di perquisizione" (legge inglese del 1707, abrogata soltanto nel 1867), esercitato perfino contro navi da guerra americane (incidenti Chesapeake-Leopard, giugno 1807; e President-Little Belt, aprile 1811), perquisiva le navi americane in alto mare e costringeva al servizio nella marina inglese molti cittadini americani (cifra inglese, 1200; cifra americana, 6000). Cresceva poi, nell'interno del continente americano, un forte impulso espansionista di pionieri verso l'ovest; movimento che la politica estera britannica tentava d'intralciare per mezzo degl'Indiani. Nel 1811, una "Lega indiana del nord-ovest", organizzata dall'indiano Tecumseh, ma sobillata, si diceva, dagl'Inglesi del Canadà, venne distrutta dal generale americano Guglielmo Enrico Harrison, nella battaglia di Tippecanoe. Agli intrighi inglesi i "pionieri" reagivano con un entusiasmo imperialistico, rappresentato a Washington da Enrico Clay e da John Caldwell Calhoun, che propugnava la conquista del Canadà e l'espulsione dell'Inghilterra dal Nuovo Mondo. Del resto gli americani, in complesso, s'interessavano assai poco alla guerra imminente, e una parte del paese, il New England, era, per ragioni economiche, recisamente pacifista e anglofilo, tanto che più tardi, al congresso di Hartford del 1814, si parlò addirittura d'una secessione dall'Unione.

Nelle operazioni militari che seguirono alla dichiarazione di guerra, si nota una schietta preponderanza della difensiva sull'offensiva, sia per le invasioni americane nel Canadà, sia per quelle inglesi in varie parti della repubblica. Il territorio lungo le frontiere canadesi era ancora mezzo selvaggio, con pochissime strade e con magre risorse di foraggio; sicché, più le offensive si allontanavano dalla loro base, e più s'indebolivano di fronte alle difensive, sempre meglio munite. L'enorme superiorità locale degli Stati Uniti sul Canadà inglese, quanto a popolazione e rifornimenti, venne meno, nelle campagne del 1812, per la mancanza d'una vera organizzazione militare nazionale e per l'incompetenza dei vecchi generali di carriera. Mentre tutti si aspettavano una facile conquista del Canadà, il generale Guglielmo Hull, incompetente e codardo, si arrese alle prime fucilate del nemico, a Detroit, con duemila uomini (16 agosto 1812). Il generale politicante Van Rensselaer non riuscì ad avanzare nell'Ontario oltre le cascate del Niagara, perché le sue truppe, democratiche, rifiutarono di battersi, non potendo approvare una campagna di conquista. Il 22 gennaio 1813 il generale americano Winchester s'arrese con poca gloria, presso Frenchtown, all'inglese Procter. Nel mese di aprile, il generale Enrico Dearborn raggiunse York (ora Toronto) con 1700 uomini; ma poi dovette ripiegare su Niagara, mentre il Wilkinson, incompetente e vizioso, si logorava invano in una marcia, che aveva come obiettivo Montreal.

Nell'estate del 1813, le cose cominciano a cambiare in meglio per gli Americani. Il commodoro Oliviero Perry, richiamato dalle acque dell'Atlantico, arriva sul lago Erie, costruisce una flotta col legname del luogo, e a Sackett's Harbor distrugge completamente (10 settembre 1813) una flotta inglese di pari forza. Intanto, il generale Harrison arriva dal sud con un manipolo di pionieri, riprende Detroit, ristabilendo le frontiere al nord-ovest, ed avanza fino al Tamigi canadese, ove il 5 ottobre batte ed uccide Tecumseh, che aveva già sconfitto tre anni prima a Tippecanoe. Nel 1814 gl'Inglesi mandano nel Canadà generali e truppe reduci dalle guerre napoleoniche. Gli Americani, da parte loro, hanno trovato finalmente un capo militare, Winfield Scott, che vince a Fort Erie (2 luglio), a Chippewa (5 luglio), e combatte a Lundy's Lane (25 luglio) una battaglia veramente seria, quantunque inconclusiva. Ma gl'Inglesi preparano una grande controffensiva. Il generale Giorgio Prevost scende la vallata del Hudson con novemila veterani agguerriti in Europa, puntando su New York; ma, ripetendo gli errori commessi dal Bourgoyne nella guerra di indipendenza, va incontro ad una clamorosa disfatta (predetta da Wellington) sul lago Champlain (11 settembre), battaglia quasi navale combattuta con navi improvvisate da ambedue le parti. Intanto, una squadra inglese risale la baia di Chesapeake, cannoneggia le città costiere e con un colpo di mano s'impadronisce di Washington con forze insignificanti: la colazione preparata per il presidente, che a stento riesce a fuggire, è servita agli ufficiali inglesi, la Casa Bianca è bruciata. La vera tragedia della guerra di terra è quella di Guglielmo Packenham, cugino di Wellington, che l'8 gennaio 1815, quindici giorni dopo la fine giuridica della guerra, appare di sorpresa davanti a New Orleans, con undicimila reduci della campagna di Spagna, e si trova di fronte, trincerato, il solo vero ingegno militare prodotto da questa guerra: il generale e futuro presidente Andrea Jackson. Gli Inglesi si lanciano all'assalto con mirabile eroismo; ma vengono massacrati, e fra i duemila morti lasciati sul campo di battaglia si trova lo stesso Packenham.

Se con la guerra del 1812 gli Americani miravano alla conquista del Canadà, le operazioni di terra devono ritenersi come uno scacco completo per gli Stati Uniti, sebbene le notevoli vittorie difensive del lago Champlain e di New Orleans costituissero la rovina definitiva di certe speranze nutrite dalla politica britannica, di poter un giorno annientare i risultati della guerra d'indipendenza. Ma la guerra per mare, benché in realtà non abbia portato a nessuna conclusione, costituì per la marina e per il popolo degli Stati Uniti una vera epopea di gloria. Nel 1795, il governo americano aveva varato, per la guerra contro i pirati barbareschi, sei potentissime fregate: la Constitution, la President, la United States, la Constellation, la Chesapeake e la Congress. L'efficienza di queste navi si era già dimostrata nella guerriglia con la Francia nel 1798. Ma gl'Inglesi non le presero sul serio, allora, né costruirono negli anni successivi nessuna nave capace di affrontarle in battaglia individuale. Quindi, non ostante l'enorme superiorità numerica della flotta inglese (97 unità, sulle coste americane, contro 22), le navi dell'Unione incrociavano a piacere nelle acque battute dal nemico; e, insieme con la Essex, la Enterprise, la Wasp, la Hornet, vinsero le migliori unità della marina inglese (trentadue duelli vittoriosi, trecento navi mercantili catturate); mentre le navi da guerra inglesi erano costrette a viaggiare raggruppate in grandi convogli, senza essere nemmeno così troppo sicure. Non mancarono certo rovesci anche per gli Americani. La Chesapeake fu battuta dalla Shannon (1° giugno 1813), al largo di Boston; la piccola Argus, spintasi fin nella Manica, s'arrese alla Pelican (13 agosto 1813); la Essex, logora da una brillante campagna nel Pacifico, soccombette alla Phoebe ed alla Cherub a Valparaiso, nel Chile, il 25 marzo 1814; la President, dopo battuta la Endymion, si arrese alle fregate Pomona, Tenedos e Majestic, riunite in gruppo al largo di New York, il 14 gennaio 1815. Ma furono queste magre consolazioni inglesi per le vittorie della Constitution su la Guerrière (Banchi di Terranova, 12 agosto 1812), la Java (Brasile, 29 dicembre 1812), la Cyane e la Levant (ambedue a Madeira il 20 febbraio 1815); per quelle della Wasp su la Frolic (18 ottobre 1812) e sulla Avon (8 settembre 1814); della Hornet sulla Peacock (24 febbraio 1813); della Enterprise sulla Boxer (5 settembre 1813), battaglie queste che, alla vigilia dell'avvento del vapore, calano la tela sull'antica storia del mare. Ci si può chiedere: che cosa sarebbe successo, se la guerra fosse durata qualche mese ancora? Perché, nel 1815, l'Inghilterra varava una flotta di navi superiori a quelle del tipo Constitution; ma allo stesso momento si varava a New York, il Demologos, il primo piroscafo armato moderno (si diceva allora "batteria galleggiante"), che raggiungeva una velocità di sette miglia all'ora e portava un armamento di un peso fino allora sconosciuto sul mare. Forse si sarebbe anticipata di un mezzo secolo quella strage delle navi di vecchio stampo, che si verificò all'apparizione delle prime corazzate, nella guerra di secessione.

Se nella guerra l'Inghilterra lottava per poter annullare a piacere la libertà dei mari, si deve riconoscere agli Stati Uniti una pienissima vittoria. Non si parlò più del "diritto di perquisizione", nè di coscrizioni forzate di marinai stranieri. Il concetto del mutamento della cittadinanza passò nel diritto delle genti; e la questione dei diritti dei neutri, in tempo di guerra, ebbe una assai larga chiarificazione, nei riguardi della teoria e della pratica. Nell'ambito dolla giurisprudenza internazionale, la guerra del 1812 ebbe così un significato mondiale.

Bibl.: Mahan, Sea Power in its relations to the War of 1812, Boston 1905; Roosevelt, The Naval War of 1812, New York 1882.

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