PRUSSIANO-DANESE, GUERRA

Enciclopedia Italiana (1935)

PRUSSIANO-DANESE, GUERRA

Aldo Romano

. Fu l'epilogo di complesse vicende che travagliarono la Danimarca per tutta la prima metà del sec. XIX e per circa tutto il successivo quindicennio. Dopo la cessione della Norvegia, il territorio della monarchia danese comprendeva il regno propriamente detto di Danimarca (formato dallo Jutland e dalle isole), l'Islanda, paese considerato alla stregua di un possedimento coloniale, e i tre ducati di Lauenburg, di Schleswig e del Holstein: questi due ultimi erano etnicamente tedeschi e invano la monarchia danese, distruggendo o tentando di distruggere gli statuti speciali che consentivano soltanto un'unione formale, aveva cercato di assimilarli. La nazione danese veniva a poggiare così su basi assai vacillanti, giacché all'interno era travagliata da lotte di fazioni, in conati di autonomia regionale e in conflitti di popoli poco amalgamati, mentre all'estero la Confederazione germanica cercava di rincrudire la situazione esercitando una specie di protezione sulle popolazioni del regno di razza tedesca. La Confederazione tendeva inoltre specialmente al possesso della baia di Kiel, destinata in seguito a diventare la prima base navale della nuova Germania; e le ragioni di un conflitto non tardarono a sorgere.

Già nel 1848 le forze prussiane avevano invaso i ducati a protezione dell'elemento tedesco. Poi il partito liberale danese, assumendo il ministero, aveva cercato di sanare la spinosa questione adottando una soluzione mista: rinunziare al Holstein, paese prevalentemente tedesco, ma conservare interamente lo Schleswig e fonderlo in un solo stato con la Danimarca. Questo partito, che si chiamava dei "Danesi dell'Eider" (Eiderdänen) perché lo Schleswig aveva per suo confine a sud la riva dell'Eider, ebbe a lottare in seguito coi deputati favorevoli alla Prussia, perché questa soluzione implicava la rottura dell'unione tra lo Schleswig e il Holstein, e quindi la perdita irreparabile dello Schleswig per la Prussia. Nel 1852 fu concluso un trattato a Londra con cui la Danimarca s'impegnava a rispettare l'autonomia dei ducati, a non unire lo Schleswig al suo regno: con esso si ebbe una tregua armata per dieci anni.

Le cose, dopo che il conflitto non s'era del tutto sanato, precipitarono alla fine del '63, quando, morto Federico VII di Danimarca, si aprì la successione. Cristiano IX fu eletto in Danimarca e nei ducati. Egli forse non avrebbe voluto sanzionare la costituzione nuova, comune ai due paesi, ma ne fu costretto dalla popolazione di Copenhagen che tumultuò innanzi al suo palazzo nel novembre del '63. Nei ducati fu eletto anche, dalle popolazioni avverse all'annessione, l'erede in linea maschile, Federico d'Augustenburg. Si presentavano insieme, adunque, tre questioni: l'unione dello Schleswig, la costituzione comune, la successione legittima. La soluzione dipendeva, più che dal giudizio dei diversi popoli interessati, dal contegno delle potenze straniere. I Tedeschi dei ducati si rivolsero alla dieta germanica, che già aveva deciso d'inviare un corpo di spedizione; i Danesi contavano invece sugli stati europei che avevano garantito nel 1852 l'integrità della monarchia.

La dieta federale di Francoforte protestò a tutela del germanesimo; il Bismarck, presidente del consiglio prussiano, intimò che fosse abolita entro l'anno la nuova costituzione di Cristiano IX. Con mossa abilissima egli, rimanendo fedele agli accordi di Londra, accettò e riconobbe la successione di Cristiano IX, ma nello stesso tempo chiese che fosse abrogato uno statuto col quale si venivano a violare i patti internazionali di Londra. Non avendo nulla ottenuto, ai primi di gennaio 1864 i Prussiani invasero il Holstein e nel febbraio irruppero nello Schleswig. La vittoria, già ai principî di questo mese, si delineò certissima per i Prussiani: l'armata danese, forte di 35 mila uomini, col suo generale De Meza fu costretta a sgombrare il Danevicke e a ritirarsi dietro i fortilizî di Düppel, che furono presi d'assalto dai Prussiani il 18 aprile, e conquistati.

Intanto il Bismarck isolò diplomaticamente la Danimarca neutralizzando le simpatie inglesi per essa. Poi si guadagnò la collaborazione dell'Austria, riuscendo perfino a farla intervenire come potenza autonoma e non per delegazione della dieta tedesca. L'Austria fu irretita e accettò, commettendo l'errore di respingere la solidarietà dei piccoli stati tedeschi, e aprendo la strada alla prossima formazione della Germania unificata. Intanto i Danesi vinsero, presso Helgoland, una grande battaglia navale sulla squadra austriaca.

Nei ducati una riunione dei rappresentanti di molte associazioni tenuta a Redsburg aveva già proclamato il diritto dei ducati alla propria autonomia sotto Federico VIII d'Augustenburg. Una commissione del congresso protestò contro tutte le decisioni prese senza il consenso delle popolazioni. Il Monrad, che aveva sostituito al principio della guerra l'antico presidente danese Hall, cercò invano di arrivare a un accordo nella conferenza di Londra, che fu tenuta dagli stati europei dal 25 aprile al 25 giugno: la Prussia e l'Austria esigevano la separazione completa dei ducati, che dovevano formare un solo stato, ma il governo danese, che avrebbe consentito a una divisione dello Schleswig, rifiutò. La guerra fu ripresa e le truppe prussiane il 29 giugno 1864 passarono ad Alsen, occuparono tutto lo Jutland e minacciarono le isole. Caduto il ministero Monrad, il Bluhme che ne assunse l'eredità fu costretto a venire a patti.

Con la pace di Vienna (30 ottobre 1864) la Danimarca cedeva alla Prussia i ducati di Schleswig, Holstein e Lauenburg. La sconfitta danese provocò una forte irritazione contro i nazionali-liberali, ritenuti responsabili della guerra, ma fece sì che le forze vive della nazione danese si tendessero con nuovo impulso per un assestamento interno, mentre rendeva assai difficili le relazioni tra i vincitori e fu origine prima del dissidio austro-prussiano del 1866.