GUGLIELMO III principe d'Orange, conte di Nassau, statolder delle Provincie Unite dei Paesi Bassi re d'Inghilterra, Scozia

Enciclopedia Italiana (1933)

GUGLIELMO III principe d'Orange, conte di Nassau, statolder delle Provincie Unite dei Paesi Bassi, re d'Inghilterra, di Scozia e d'Irlanda

Adriano H. LUIJDJENS
Florence M. G. HIGHAM

Nato a L'Aia il 14 novembre 1650, era figlio unico di Guglielmo II d'Orange (v.) e di Maria Stuart, figlia maggiore di Carlo I d'Inghilterra. Tristi le condizioni in cui nacque: il padre era morto otto giomi prima; nella grande confusione che regnava nel "Binnenhof" (il palazzo degli statolder), la giovanissima madre non ebbe per il bambino le cure necessarie, tanto che a stento si riuscì a salvarne la vita. È forse qui da cercare la ragione della grande debolezza fisica di G., che ne spiega parzialmente il carattere soffuso di tristezza. Infelice e triste pure la giovinezza di G.

Con la morte inattesa del padre bruscamente fu interrotto lo sviluppo storico che avrebbe consolidato la posizione dello statolder facendone un sovrano vero e proprio. Gli Stati di Groninga e di Drente nominarono Guglielmo Federico, lo statolder frisone, statolder anche nelle loro regioni: primo colpo per la sovranità nascente degli Orange-Nassau. Gli Stati di Olanda, Zelanda, Utrecht, Overyssel e Gheldria non nominarono per il momento nessuno statolder e nemmeno un capitano generale; e la città di Amsterdam decise che in avvenire non sarebbe più lecito riunire in una mano più cariche civili e militari, come avevano fatto gli ultimi Orange. La Grande Assemblea del 1651, convocata da Giovanni De Witt, approvava queste nuove direttive (v. olanda: Storia).

La principessa Maria, che rimaneva inglese e del tutto estranea al popolo olandese, non era donna da proteggere l'avvenire di suo figlio. Difesa assai più valida G. trovò nella nonna, la vedova di Federico Enrico, Amalia di Solms, donna di carattere imperioso che conosceva perfettamente gli affari olandesi. Durante la prima guerra con l'Inghilterra (1652-54) vi furono qua e là movimenti popolari in favore del principe; e perciò non sorprende che gli Stati di Olanda non esitassero a dichiarare a Cromwell, in occasione della pace, che G. non sarebbe stato nominato mai statolder né ammiraglio della loro provincia e che essi non avrebbero favorito la sua nomina a capitano generale. La sorte di G. fu così in un certo modo legata a quella della casa Stuart, cacciata dall'Inghilterra. L'iniziativa di quell'Atto di esclusione era inglese; fuori d'Olanda trovò in tutte le Provincie Unite una forte opposizione, che però non si mantenne contro la volontà decisa del De Witt. Nel marzo 1660 Luigi XIV fece occupare militarmente il principato d'Orange.

Alla corte della madre egli aveva ricevuto la prima educazione; nel 1659 fu affidato ad una commissione di educatori sotto la presidenza di uno zio (figlio naturale di Federico Enrico), Zuylenstein, e si trasferì a Leida, senza tuttavia frequentare l'università. Pur non essendo di grande prontezza d'intendimento, G. era intelligente e diligentissimo. L'Atto di esclusione decadde automaticamente con la restaurazione stuarda in Inghilterra, salutata in Olanda con forti movimenti popolari in favore del principe, tanto che gli Stati di Olanda il 28 settembre 1660 dovettero accettara la tutela e le cure per l'educazione di G. La commissione educativa però era composta da reggenti in gran parte antiorangisti, tra cui lo stesso Giovanni de Witt. Affidato suo figlio a questa commissione, la principessa Maria si affrettò a partire per l'Inghilterra, dove morì nei primi giorni del'61. Amalia van Solms seppe nel '62 far riconoscere G. "primo nobile della Zelanda"; ma ben presto anch'essa dovette piegarsi alla volontà del De Witt. La seconda guerra con l'Inghilterra (1665-67) dava al De Witt il pretesto di sciogliere tutta la corte del principe, accusata di anglofilia; il nuovo seguito fu composto da persone gradite agli Stati. G. oramai era divenuto "Bambino di stato" (Kind van Staat) e Giovanni De Witt con ammirevole tatto e grande maestria si occupava personalmente della sua educazione. Quando le altre provincie nel 1666 vollero affidare al principe il comando delle truppe, gli Stati di Olanda si opposero e con l'Editto perpetuo del 1667 abolirono la carica di statolder per la loro provincia e stabilirono inoltre che mai un capitano generale o ammiraglio generale dell'Unione avrebbe potuto essere allo stesso tempo statolder in una regione qualsiasi.

Ma poi la minacia sempre più grave di una guerra con la Francia fece sì che gli Stati di Gheldria, la provincia più esposta al pericolo, proponessero di nominare G. capitano generale. La forte opposizione dell'Olanda fu vinta e seguì la nomina, però ristretta ad una sola campagna. Poco dopo cominciava la guerra; Francia, Inghilterra, i vescovati di Colonia e di Münster assalirono insieme le Sette Provincie. L'esercito era in pessimo stato e le fortificazioni trascurate. Con meno di 20.000 uomini, G., generale novello e di scarsa educazione militare, si trovava dietro il fiume Yssel, mentre Luigi XIV invadeva, con un esercito sei volte più forte e sotto la guida di famosi generali come Condé, Turenne e Luxembourg, il territorio della repubblica. Non si venne a battaglia aperta. Le città non erano in stato di difesa e l'unica cosa da farsi era ritirarsi nella provincia d'Olanda, dove con l'inondare il paese si poteva fermare il nemico. L'Olanda fu colpita da terrore panico: il popolo credette, falsamente, che Giovanni De Witt e gli altri reggenti fossero in rapporti segreti col re di Francia per far fallire la prima impresa di G., e vi fu una ribellione violenta a favore del principe, il quale personalmente però non fece nulla per rinforzare quel movimento. In Zelanda la città di Veere e in Olanda la vecchia Dordrecht per prime abolirono l'Editto perpetuo (27 giugno 1672). Una settimana dopo gli stati d'Olanda riconobbero G. statolder e capitano generale; la Zelanda aveva fatto lo stesso già un giorno prima; seguirono le altre regioni. Gli animi si entusiasmavano e finalmente si trovava la forza di resistere al nemico.

Un tentativo del De Witt per ristabilire la pace con Luigi XIV fallì; e quando G. riuscì ad ottenere l'aiuto del grande elettore di Brandeburgo e dell'imperatore - aiuto che del resto si limitò a ben poco - rifiorì la speranza. Ma seguì l'episodio dell'assassinio dei due De Witt. Il principe non ebbe nessuna colpa in questa brutta pagina della storia olandese; ma è certo che per sua volontà i principali colpevoli non furono puniti. Tutti i posti d'importanza furono poi dati agli orangisti; e immediatamente l'esercito, che per volontà degli Stati d'Olanda era sempre tenuto debole, fu rinforzato. Ma un tentativo di tagliare le comunicazioni dell'esercito francese d'invasione con la Francia (Charleroi, dicembre 1672) fallì; e G. ritornò appena in tempo in Olanda per impedire al duca di Luxembourg di forzare la linea di difesa costituita dai terreni inondati. Nella primavera seguente la guerra ricominciò con più lena e alla fine del 1673 il principe si poté riunire con le truppe dell'imperatore e del Brandeburgo nella Renania e prendere Bonn. Con l'Inghilterra, dopo alcune delle più gloriose vittorie del De Ruyter, si venne a una pace favorevole. Münster e Colonia seguirono l'esempio: così la diplomazia di G. aveva isolato Luigi XIV, il principale nemico (1674). Nello stesso anno tutto il territorio della repubblica venne liberato; e nelle provincie riconquistate, Utrecht, Overyssel, Gheldria, G. rafforzò il suo potere; gli fu concesso infatti nelle cinque regioni lo statolderato ereditario nella sua famiglia. Fallì invece un progetto di farlo sovrano. Continuava la guerra: e anche quando l'esito delle battaglie era indeciso (Seneffe, 1674), o addirittura sfavorevole per lui (Montcassel, 1677), G. riusciva con i suoi movimenti strategici ad annullare i vantaggi del nemico. E, specialmente, dava delle amare sorprese diplomatiche a Luigi XIV. Il 10 agosto 1678 la pace di Nimega poneva fine alla guerra, in modo assai onorevole per la repubblica. Ma per quanto ufficialmente si fosse in pace, G. non tralasciò da allora di contrastare Luigi XIV e i suoi piani di monarchia universale: anzi di tale lotta fece lo scopo principale della propria vita, sacrificandole talvolta anche gli stessi interessi della repubblica. La conclusione dell'attività politica di G. fu, per questo riguardo, la lega di Augusta del 1686 (v. alleanza, guerra della grande). All'interno G. combatté spietatamente i suoi avversarî, concedendo tutte le cariche pubbliche e tutti gli onori ai suoi amici e partigiani: per ciò sussistettero gravi abusi nel governo dello stato, e la corruzione, che sempre aveva caratterizzato il governo della repubblica delle Sette Provincie, durante il suo statolderato si accrebbe in modo preoccupante.

Ma, proprio mentre la conclusione della lega di Augusta coronava la lunga e tenace propaganda antifrancese di G., si preparava in Inghilterra quel rivolgimento per cui G. sarebbe salito sul trono d'Inghilterra. Nel 1677 G. aveva sposato Maria Stuart, primogenita di Giacomo duca di York (poi Giacomo II): questo matrimonio aveva avuto un'importanza politica grandissima, giacché Giacomo non aveva figli maschi e quindi per Maria si affacciava l'eventualità della successione alla corona inglese. G. aveva persino cercato di far escludere dal trono inglese il suocero; e nel luglio 1681 s'era recato in Inghilterra, mettendosi a tale scopo in contatto con i whigs.

Tuttavia, all'ascesa al trono d'Inghilterra di Giacomo II, G. mantenne un atteggiamento corretto. Ordinò a Monmouth, pretendente alla corona inglese, di lasciare il territorio olandese; inviò in aiuto del suocero i reggimenti inglesi e scozzesi che erano a servizio dell'Olanda, e offrì sé stesso come comandante. Ma il suo ravvicinamerito non andò più oltre. Egli non riuscì ad associarsi Giacomo nei suoi piani antifrancesi; e poi la politica religiosa li divise presto. La revoca dell'editto di Nantes (1685) in Francia, e la coercizione esercitata sui suoi sudditi nel principato di Orange sdegnarono G.; ma Giacomo rifiutò di protestare presso la corte di Versailles. Anzi, in Inghilterra, egli stesso cercava di ridar forza ai cattolici contro i protestanti. Allora gli oppositori alla politica regia cercarono aiuto in G. Il vescovo Burnett venne in Olanda; G. si tenne in contatto coi malcontenti, pur facendo comprendere che non si sarebbe mosso senza un invito scritto. La crisi finale venne quando i Sette Vescovi furono processati e assolti per aver protestato contro la seconda dichiarazione d'indulgenza. Un invito cifrato, firmato da sette uomini politici inglesi, fu mandato a G., che veniva richiesto "di salvare l'infranta libertà" del paese.

Il 5 novembre 1688 G. sbarcò a Torbay, marciando poi su Londra, mentre attorno a lui s'andavano ingrossando le file dei seguaci. Giacomo, che aveva rifiutato follemente l'aiuto di Luigi XIV, si trovò ridotto alle sue sole risorse. Egli aveva raccolto il suo esercito a Salisbury e mosse per raggiungerlo; ma, allarmato dal gran numero di disertori, fra i quali era anche Giovanni Churchill (più tardi duca di Marlborough), si ritirò a Londra e in ultimo fuggì in Francia. Per la deliberazione presa da un'assemblea di notabili, convocata in fretta, G. si decise a convocare una convenzione per il 7 gennaio 1689. Il problema della successione vi fu discusso con molto ardore. I tories finirono col dichiarare che la successione doveva spettare per diritto ereditario a Maria; ma G. fece sapere che egli non si sarebbe mai adattato ad agire da principe consorte. La difficoltà fu risolta con l'accettazione della dottrina dei whigs del contratto sociale originario; e così fu adottata in ultimo la deliberazione che Giacomo II, avendo cercato di sovvertire la costituzione, violando il contratto originario fra il re e il popolo, e le leggi fondamentali del regno, aveva abdicato al governo e quindi il trono era vacante. Seguì l'altra decisione, che era incompatibile con la sicurezza ed il benessere della nazione protestante il governo di un principe papista. Il 12 febbraio 1689 la corona fu offerta a Guglielmo e Maria in comune nel Banquetting Hall a Whitehall; l'incoronazione ebbe luogo l'11 aprile. Non si ebbe tempo di redigere una costituzione scritta; ma il parlamento dichiarò G. e Maria re e regina e nella Dichiarazione dei diritti condannò seriatim i varî atti di malgoverno dei quali era stato accusato Giacomo II, e che furono specificamente dichiarati illegali.

Così in modo pacifico si compì la gloriosa rivoluzione del 1688, che ebbe conseguenze profonde (v. inghilterra: Storia). Fu necessario invece guerreggiare nell'Irlanda, rimasta fedele a Giacomo II. G si recò in persona nell'isola solo nel giugno 1690; ma già il 1 luglio riportò una decisiva vittoria sulla Boyne, e solo le truppe francesi, che sbarcarono in aiuto degl'Irlandesi, impedirono che la sconfitta degenerasse in una rotta. Giacomo fuggì in Francia. Finalmente il trattato di Limerick (1691) pose fine alla lotta. Ma esso, che aveva concesso onorevoli condizioni ai cattolici, fu presto violato dal parlamento irlandese, formato, a partire dal 1692, interamente da protestanti, che iniziarono una violenta offensiva contro i cattolici (v. irlanda: Storia). G., che aveva per unico interesse d'impedire all'Irlanda di ostacolarlo nelle guerre con la Francia, non si oppose alla bigotteria protestante della minoranza che si trovava al potere e che perseguitava i cattolici. In Scozia le cose s'erano svolte più pacificamente; la Convenzione di Edimburgo dichiarò Guglielmo e Maria re e regina.

G. che non si trovava personalmente a suo agio nel nuovo paese, di cui non gli si confaceva il clima, non riuscì a valutare esattamente l'importanza che la contrapposizione, sempre crescente, fra i due partiti dei whigs e dei tories aveva nella vita interna del paese, e le ripercussioni che dovevan derivare nei metodi di governo: egli si sforzava di scegliere i suoi ministri fra i membri dei due partiti, in base dunque a criteri prettamente personali, e solo col tempo dovette volgersi verso il governo di partito quale la situazione politica inglese ormai esigua. Ebbe così parecchi contrasti col parlamento; e fu più volte costretto a cedere, di fronte alle necessità finanziarie causate dalla lunga guerra contro la Francia.

G. d'altronde soleva passare i soli mesi dell'inverno in Inghilterra dove convocava il suo parlamento e sbrigava gli affari di stato; durante la stagione estiva egli era sul continente, occupato nelle trattative diplomatiche, o al comando delle truppe sui campi di battaglia. Durante la sua assenza, sovrintendeva al governo la regina Maria, assistita da un consiglio speciale nominato dal re; dopo la morte di lei, nel 1694, l'Inghilterra fu governata in assenza del re dai Lords Justices nominati appositamente, con poteri limitati strettamente nell'atto della loro nomina. Questo sistema di lasciare i principali ministri a casa, mentre il re partiva accompagnato da Olandesi, da amici personali e da sottosegretarî, ebbe conseguenze importanti dal lato costituzionale, poiché ritardò lo sviluppo del principio di responsabilità dei ministri, e minacciò il ripristino del governo personale di un potente sovrano, circondato dai suoi dipendenti personali. Il pericolo disparve solo alla morte di Guglielmo.

Quanto alla politica estera, G. proseguì la sua politica antifrancese, già ben congegnata nel periodo olandese; e riuscì a trascinar l'Inghilterra nella lotta. Cosicché erano infine schierati, contro Luigi XIV, l'Impero, le Provincie Unite, l'Inghilterra, la Spagna e la Savoia. La guerra ebbe fasi alterne (v. alleanza, guerra della grande). G., recatosi nel continente solo nel 1691 (prima era stato occupato dalla questione irlandese), combatté vittoriosamente a Steenkerk (3 agosto 1692); con sfavorevole esito invece a Landen (19 luglio 1693); finalmente, nel 1695, riuscì a prendere Namur. La pace di Rijswijck, nel 1697, coronava i suoi tenaci sforzi contro la Francia, ché la politica imperialistica di Luigi XIV veniva nettamente fermata. Ma in Inghilterra, G non solo non aveva accresciuto la sua popolarità, ma anzi era più inviso di prima al popolo, che lo aveva sempre considerato come un male inevitabile. La regina Maria era morta nel 1695, e con ciò era venuto meno un motivo di attaccamento del popolo per il suo sovrano, ch'era ora sempre più uno straniero. Per le stesse Provincie Unite d'altronde, la politica di G. non aveva sempre risultati lieti. Le continue guerre avevano accresciuto il prestigio, ma rovinato le finanze e il commercio; l'unione personale con l'Inghilterra impediva agli Olandesi di continuare la loro politica di concorrenza contro gl'Inglesi in imprese commerciali e coloniali. E per ciò si spiega come dopo la morte di G. il partito antiorangista rialzasse il capo.

Vi fu cosi in Inghilterra una forte reazione contro G. Il re, preoccupato del problema della successione spagnola, che gravava come un incubo sull'Europa, era impegnato in una serie di negoziati segreti col suo ex-nemico Luigi XIV per accordarsi su una divisione dei territorî spagnoli senza ricorrere alle armi. Il parlamento non sapeva nulla dei trattati; perfino molti dei ministri di Guglielmo erano tenuti all'oscuro. Ma l'opinione pubblíca reclamava la smobilitazione, mentre G. sosteneva che l'Inghilterra non poteva essere al sicuro senza un esercito. Una mozione fu presentata per sciogliere tutte le truppe messe insieme dal 1680; G. riuscì a conservare 10.000 uomini. Ma quando le elezioni in Inghilterra risultarono contrarie ai whigs, che avevano appoggiato la politica di guerra del re, i tories nella sessione del 1698-g9 risposero alla domanda di fondi, avanzata dal re, per un esercito moderato, col ridurre ancora le truppe e con l'obbligare il sovrano a disfarsi delle truppe estere. Fu un duro colpo per G.; un altro colpo fu la nomina di una commissione d'inchiesta sulle concessioni fatte dal re ai suoi amici dei beni confiscati in Irlanda, con la revoca delle concessioni stesse, effettuata da parte del parlamento nell'autunno del 1699.

Intanto la morte del principe di Baviera aveva reso nullo il primo trattato di spartizione della Spagna, concluso nel 1698 con Luigi XIV; e G. dovette ricominciare da capo. Durante l'estate del 1699 fu negoziato un secondo trattato di spartizione. Poi la politica di accordo con la Francia fallì quando morì il re di Spagna (novembre 1700), lasciando per testamento tutti i suoi territorî al nipote di Luigi XIV. Luigi decise di violare gli accordi fatti e di accettare l'offerta. G., pur essendo conscio della debolezza della sua posizione in Inghilterra, si volse allora a preparare la guerra, dimostrando la più grande abilità politica nel condurre gradatamente la nazione inglese ad accogliere il suo piano contro Luigi XIV.

Quando il parlamento si riunì nel febbraio del 1701, l'interesse della sessione era tuttavia concentrato sul problema della successione inglese, che era diventato acuto per la morte dell'unico figlio sopravvissuto di Anna, il duca di Gloucester (luglio 1700). Fu votato l'Act of Settlement che riconosceva la successione annoveriana, e limitava i poteri reali con certe clausole, che erano un deliberato biasimo del modo di agire di G. come re (giugno 1701). Guglielmo fece un giuoco di attesa con un'abilita consumata, conservando la sua calma pur di fronte all'evidente insulto dell'Act of Settlement e continuando invece il suo serrato armeggio diplomatico in Europa contro la Francia. Nel settembre morì Giacomo II e Luigi XIV riconobbe il "vecchio pretendente" Giacomo III, violando così gli impegni presi col trattato di Rijswijck. Con questa mossa sbagliata Luigi XIV fece il giuoco di G.: le elezioni del novembre in Inghilterra fecero ritornare in parlamento uomini pronti a sostenere il re in una politica vigorosa, e sul principio del 1702 G. ottenne il pieno appoggio dal parlamento e fondi sufficienti per mantenere 40.000 uomini. Ma egli non vide il frutto della sua politica. Era già molto malato nell'estate; poi si era rimesso. Ma il 21 febbraio 1702, mentre cavalcava a Hampton Court, cadde da cavallo e si ruppe la clavicola sinistra. Morì il 19 marzo 1702.

Bibl.: Su G. come statolder v.: G. Groen van Prinsterer, Archives de la Maison d'Orange-Nassau, s. 2ª, V; s. 3ª, I-III; P. L. Müller, Wilhelm III von Oranien und Georg Friedrich von Waldeck, L'Aia 1867-80, voll. 2; R. Fruin, Verzamelde opstellen, IV e V, L'Aia 1901-02; A. N. J. Fabius, Het leven van Willem III, Alkmaar 1912; M. Trevelyan, William III and the Defence of Holland 1672-74 (1930); N. Japikse, Prins Willem III de stadhouder-koning, Amsterdam 1930. Per la sua azione come re d'Inghilterra l'esposizione classica è in Th. B. Macaulay, History of England (edizione con note di Ch. Firth); inoltre L. v. Ranke, Englische Geschichte vornehmlich im 16. und 17. Jahrh., Berlino 1874 segg.; O. Klopp, Der Fall des Hauses Stuart, Vienna 1875-88; P. Grimblot, Letters of William III, Londra 1848. Per altri particolari v. la bibliografia in Dictionary of National Biography, nella Cambridge Modern History, V, e nella Political History of England, III (di R. Lodge).

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