GUGLIELMO IX il Giovane, duca di Aquitania

Enciclopedia Italiana (1933)

GUGLIELMO IX il Giovane, duca di Aquitania (VII di Poitiers)

Georges BOURGIN
Giulio BERTONI

Discendente di Guglielmo v, differisce da questo per l'immoralità della sua vita, nella quale sembra essersi riflesso il libertinaggio della società meridionale del sec. XI. Nato il 22 ottobre 1071, dal duca Guglielmo VIII e da Ildegarda, figlia di Roberto I, duca di Borgogna, succedette a suo padre nel 1087. Sposato a Ermengarda, figlia del conte d'Angiò Foulques le Réchin, la ripudiò per conviverc con la moglie del visconte di Châtellerault. Censurato per questo nel 1114 dal vescovo di Poitiers, lo cacciò dalla sua sede. Risposatosi con Filippa Matilde, figlia di Guglielmo IV, duca di Tolosa, ne ebbe sei figli; ma ripudiò anche questa, e il papa Callisto II lo invitò a presentarsi al concilio di Reims nel 1119. G. con un pretesto non comparve e continuò a convivere con la sua amante. Nel 1100 egli protestò contro il concilio di Poitiers che aveva pronunciato la scomunica contro il suo sovrano feudale, Filippo I re di Francia; nel 1124 fece parte dell'esercito raccolto da Luigi VI il Grosso per respingere l'invasione tedesca; ma nel 1126 egli aiutò il suo vassallo conte di Auvergne, attaccato dal re di Francia. Per due volte, nel 1098 e nel 1114, mise le mani sulla contea di Tolosa, ma per due volte dové abbandonarla. Crociato a Limoges prese parte alla prima crociata. Partito nel 1101 per la Terrasanta, perdette presto il suo esercito e i suoi bagagli, e continuò il suo cammino chiedendo l'elemosina. Imbarcatosi per ritornare, fu gettato dalla tempesta sulla costa asiatica, prese parte al tentativo del re Baldovino contro Ascalona, e ripartì per l'Aquitania. Morì nel 1137 a Poitiers.

Dell'attività poetica di Guglielmo IX rimangono scarse testimonianze, perché non assommano che a undici i componimenti che gli si possono attribuire a buon diritto. Ma non si può dubitare che le sue poesie siano state più numerose, prima di tutto perché un cronista, Orderico Vitale (morto intorno al 1145), ci ha lasciato ricordo di certi "versi ritmici" che egli avrebbe composti dopo il suo ritorno da Gerusalemme e poi perché Guglielmo di Malmesbury (sec. XII) ci narra di lui alcune storielle, che paiono essere fraintendimenti di alcune sue liriche perdute. Tale il racconto della fondazione a Niort, sul modello dei monasteri cisterciensi, di un'abbazia di meretrici; tale la narrazione riguardante la pittura, fatta eseguire sul suo scudo, del ritratto di una viscontessa, sua concubina. Tutte cose stravaganti, che procederanno forse da incomprensioni di poesie licenziose, di cui G. si compiaceva e di cui ci ha lasciato qualche esempio.

Questo carattere salace è quello che più ci colpisce nella poesia di questo antichissimo fra gli antichi trovatori. Ma, in pari tempo, ci interessa in lui il ricorrere di motivi che ricompaiono nella lirica trovadorica dell'età seguente in una lingua già aulica e fermamente costituita, tanto da permettere e giustificare la supposizione che Guglielmo, pur stando agl'inizî della poesia provenzale a noi pervenuta, rappresenti una tradizione invidiataci dal tempo. Questo corifeo dei trovatori pare continuare l'epigono di una poesia perduta, nella quale si erano già fissati i tratti più salienti e caratteristici della lirica cortese, come la timidezza dell'amante, la sdegnosa alterigia della donna amata, l'omaggio e la servitù a quest'ultima, la pazienza nell'attenderne i favori, ecc. Insomma, alcune usanze feudali, col loro cerimoniale, figurano già, in questo verseggiatore abile e arguto, trasportate nella poesia amorosa, con quasi identico frasario, e trasfigurate in consuetudini e norme, a cui l'amante ligio doveva attenersi come agli articoli di un codice rigoroso d'amore. D'altronde, questa assunzione del cosiddetto "servizio" feudale a "servizio" amoroso non giunge in G. sino a un'identificazione vera e propria, come avverrà più tardi, quando la poesia dei trovatori correrà il rischio di cadere nel convenzionalismo e vi cadrà, se non sarà salvata da una dolce ispirazione pari a quella di Bernart de Ventadorn o dall'impeto di un Bertran de Born o dalla vivace vena di un Peire Vidal. A squarciare questo incipiente manierismo, ecco nel nostro trovatore espressioni turgide, sensuali e scatti di passione quasi brutale. L'amore non è platonico, ma sentito nel sangue ed espresso talora crudamente. A ciò si aggiunga un certo tono d'ironia e di scherzo che distingue G. dagli altri trovatori e gli conferisce una personalità lieve, se si vuole, ma indubitabile: c'è vivacità e c'è freschezza sotto una tecnica elaborata.

Bibl.: Cl. de Vic e Vaissète, Histoire de Languedoc, II, Parigi 1730-45; A. Richard, Hist. des comtes de Poitou, I, Parigi 1903, L. Halphen, Le comté d'Anjou au XIe siècle, Parigi 1906; sulla poesia di G. v.: F. Diez, Leben u. Werke der Troubadours, 1829, pp. 3-16; P. Rajna, in Romania, VI; A. Jeanroy, Les chansons de Guillaume IX duc d'Aquitaine, 2ª ed., Parigi 1927; P. Rajna, Guglielmo conte di Poitiers trovatore bifronte, in Mélanges de linguistique et de littérature offerts à M. A. Jeanroy, Parigi 1928, p. 349 segg.

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