MANACORDA, Guido

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007)

MANACORDA, Guido

Benedetta Garzarelli

Nacque ad Acqui, il 5 giugno 1879, da Vittorio, insegnante, e Francesca Demartini, ultimo di tre figli.

Dopo la laurea in lettere presso l'Università di Pisa, il diploma di magistero alla Scuola normale superiore e studi di perfezionamento a Firenze e in Germania, dal 1906 il M. lavorò come bibliotecario, poi come direttore, presso la Biblioteca universitaria di Catania e, dal 1911, in quella di Pisa.

Furono anni segnati da lutti famigliari: nel 1896 scomparve il padre, nel 1903, il fratello maggiore Umberto. Nel 1906 il M. si sposò con Emma Lanterno; il figlio Tristano nacque nel 1920. Nel gennaio 1908 partecipò al salvataggio dei manoscritti della Biblioteca universitaria di Messina, distrutta dal terremoto.

In questi anni il M. pubblicò numerosi saggi di bibliografia, filologia ed erudizione letteraria, tra cui la guida bibliografica Germania filologica (Cremona 1909), che diede origine a una vivace polemica con A. Farinelli. Nel 1908 fondò la rivista Studi di filologia moderna, che guidò sino al 1914. Dal 1912 al 1914 diresse per Laterza la collana "Scrittori stranieri". Libero docente presso le Università di Catania e di Pisa, nel 1913 fu nominato professore straordinario di letteratura tedesca nell'Università di Napoli (divenne ordinario nel 1919). Nel luglio 1915 il M. si arruolò volontario.

Partecipò ai combattimenti sul Carso, sul Piave, alla battaglia di Vittorio Veneto e all'ingresso delle truppe in Trieste; nell'ultimo anno di guerra coordinò uno speciale reparto costituito all'interno della 3ª armata, chiamato La Giovane Italia, che compì missioni segrete nelle linee nemiche, le cui vicende furono ricostruite dal M. nel suo La Giovane Italia (Milano 1919; nuova ed., Brescia 1935). Fu decorato con una medaglia d'argento, due di bronzo e una croce di guerra.

Dopo la guerra il M. assunse la direzione della collana "Biblioteca Sansoniana straniera" (1920-27) e avviò la pubblicazione delle sue traduzioni, con l'uscita di Le elegie, le epistole e gli epigrammi veneziani di W. Goethe e di tre drammi musicali di R. Wagner, Rienzi, Il vascello fantasma e Tannhäuser (Firenze 1921), che segnarono l'inizio dell'impresa di traduzione dell'intero corpus drammatico wagneriano (Firenze 1921-36), portata a compimento quindici anni dopo. Nel 1922 apparve un volume di Studi e saggi (Firenze), la cui sezione Wagneriana raccoglieva i principali scritti critici su Wagner. Questi furono anche anni di viaggi all'estero: in Polonia, per ordinare la prima esposizione del libro e della stampa italiana a Varsavia, in Germania, in Francia e nei Paesi scandinavi.

Le tragedie della guerra e un dopoguerra segnato da nuovi lutti famigliari, con la morte della madre e del fratello Giuseppe, produssero nel M. una profonda crisi spirituale che lo portò a elaborare un sistema di pensiero filosofico-religioso fortemente antidealistico (Verso una nuova mistica, Bologna 1922; Mistica minore, Foligno 1926). La "nuova mistica" del M. attrasse un gruppo di giovani intellettuali che con lui condividevano il bisogno di spiritualità diffuso nella crisi di quegli anni. I "mistici di Ripafratta", come li apostrofò G. Gentile, dal nome della località toscana dove all'epoca il M. si ritirava, promossero una serie di convegni, proclami e appelli, e la rivista Giornale di poesia, il cui numero dell'aprile 1924 fu dedicato al Manacorda.

L'esperienza mistica fu anche la prima tappa di un avvicinamento alla religione, che si concluse, nel 1927, con l'adesione al cattolicesimo, in coincidenza con la pubblicazione del "dramma sacro" Paolo di Tarso (Firenze 1927). La conversione influenzò la successiva opera politico-culturale del M., che, dalla fine del 1925, era stato trasferito alla cattedra di letteratura tedesca dell'Università di Firenze.

Il M. si avvicinò al gruppo di intellettuali cattolici fiorentini schierati su posizioni antidealistiche, da G. Papini a P. Bargellini, che nel 1929 diedero vita alla rivista Frontespizio, della quale il M. condivise, in parte anche contribuendo a definirli, scopi e politica culturale, soprattutto in relazione ai rapporti tra cattolicesimo e fascismo negli anni che seguirono la conciliazione.

Prima espressione di questa nuova fase, oltre alla collaborazione con Frontespizio già dal primo numero, fu la direzione per la Libreria editrice fiorentina della collana "Testi cristiani" (1930-32). A cavallo tra gli anni Venti e Trenta avviò la collaborazione con le terze pagine de La Nazione e del Corriere della sera, che proseguì fino al 1944; in questo periodo pubblicò la raccolta poetica Sinfonie e pastelli (Bologna 1926) e il romanzo Giorgio Delgani (Milano 1930), a sfondo autobiografico.

Nel 1932 uscì la seconda grande impresa di traduzione del M.: Il Faust di Goethe (ibid.), cui seguì la raccolta di saggi La selva e il tempio. Studi sullo spirito del germanesimo (Firenze 1933), con scritti sul Faust, su Wagner, sui miti germanici e su Lutero. Per lo più ben accolto dalla stampa, il Faust del M. subì tuttavia la pesante stroncatura di B. Croce nella Critica.

Il M. rispose con il libello Benedetto Croce, ovvero Dell'improntitudine (ibid. 1932), nel quale mosse un attacco a tutto campo al filosofo, a partire dalla sua opera di traduttore di Goethe. Ultimo eclatante atto di una schermaglia iniziata già negli anni della guerra, la polemica con Croce diede visibilità al Manacorda.

Tra coloro che simpatizzarono con lui in questa circostanza fu anche B. Mussolini, come ebbe a riferirgli l'amico A. d'Alba. Da ciò nacque l'iniziativa del M. di chiedere un'udienza al duce, tramite il capo dell'Ufficio stampa G. Polverelli. L'udienza si tenne il 12 dic. 1933 e segnò l'avvio di una fase di impegno politico del M. in appoggio al regime fascista, che ebbe riflessi sulla sua attività pubblicistica, orientata all'obiettivo di promuovere la convergenza fra cattolici e fascismo.

Inizialmente il M. presentò al duce alcuni incartamenti sul razzismo tedesco e sulle organizzazioni di destra francesi. La posizione di contrasto nei confronti della dottrina nazista della razza, espressa nel suo Rosenberg e il mito della razza (in Frontespizio, novembre 1934; poi in I contrafforti. Scritti di religione e di pensiero, Brescia 1935), coincideva con l'atteggiamento del regime fascista a quell'epoca.

Alla metà del 1935 il M. cominciò a caldeggiare il progetto di un incontro con A. Hitler, che si realizzò alla fine di settembre, seguito da un secondo colloquio nel gennaio 1936.

In un passaggio cruciale quale la vigilia e il corso della campagna etiopica, i contatti del M. con Hitler, centrati sulla questione austriaca e sulla posizione tedesca verso le sanzioni, contribuirono al processo di riavvicinamento tra i due regimi. In questi mesi il M. si recò anche in Francia, Olanda e Svizzera, nell'intento di guadagnare solidarietà all'Italia. Per questo suo operato, nel giugno 1936 ebbe la tessera ad honorem del partito fascista.

In due successivi incontri con Hitler (maggio 1936 e marzo 1937) il M. si occupò della persecuzione dei cattolici in Germania, tentando una mediazione tra Terzo Reich e Vaticano. A tal scopo fu ricevuto da Pio XI, nell'ottobre 1936 e nell'aprile 1937.

In questo periodo si recò nuovamente in Svizzera, Olanda, Francia e anche in Belgio, tenendo contatti con esponenti delle organizzazioni di destra di quei Paesi. Di tutte queste missioni il M. riferì puntualmente a Mussolini, come si può ricostruire dalla ricca documentazione conservata nel suo archivio personale (Roma).

Risvolto pubblico di tale attività, dopo i corsivi pubblicati in Frontespizio a firma Opifex (febbraio-ottobre 1935) - nei quali il M. aveva espresso un punto di vista di cattolico filofascista su temi come universalità e internazionalismo, pace e guerra -, fu la sua risposta (ibid., novembre 1935) al manifesto di condanna dell'aggressione italiana all'Etiopia firmato da un gruppo di intellettuali cattolici francesi. Dopo l'accendersi della guerra in Spagna e il riavvicinamento italo-tedesco, suoi principali bersagli polemici diventarono il comunismo e le democrazie borghesi. Negli interventi sulla stampa e nei rapporti a Mussolini, si occupò spesso anche delle presunte tendenze filocomuniste di esponenti cattolici stranieri.

Dal 1938 gli incontri con il duce si diradarono, per motivi non del tutto chiari, ma probabilmente riconducibili alle posizioni del M. sul razzismo e sulla questione dei cattolici tedeschi.

Il M. rischiò addirittura di essere escluso dalle manifestazioni in occasione del viaggio di Hitler in Italia: fu invitato al ricevimento fiorentino solo dopo un'esplicita rimostranza a Mussolini. L'invio di resoconti e le dimostrazioni di fiducia al duce tuttavia continuarono; emblematica la lettera a Mussolini del 28 sett. 1938, in cui, la guerra sembrandogli imminente, il M. si offriva "a servizio Vostro e Impero", vantando "lunga esperienza comando, organizzazione, servizi Informazioni militari e politiche, più delicati e rischiosi (Giovane Italia e altre imprese)" (cit. in M. Canali, Le spie del regime, Bologna 2004, p. 291), dove evidentemente il riferimento era allo speciale corpo da lui coordinato durante la prima guerra mondiale, e non - come è stato scritto - al suo essere stato in passato al servizio della polizia politica fascista e "aver contribuito a sgominare l'organizzazione antifascista "Giovane Italia"" (ibid.). Una simile offerta fu da lui replicata nel 1940, anche questa volta senza seguito.

Tra la fine degli anni Trenta e i primi anni Quaranta il M. fu impegnato in cicli di conferenze in Germania, nell'ambito degli accresciuti scambi culturali tra i due Paesi. Sin dal 1940 lavorò, per incarico di G. Bottai, a un piano organico per lo studio comparato delle civiltà italiana e germanica, che fu avviato solo nel 1943.

Pochi mesi dopo il patto Molotov-Ribbentrop, il M. aveva pubblicato Il bolscevismo (Firenze 1940; nuova ed., ibid. 1942), uno studio sull'URSS di grande fortuna editoriale, nel quale si sottolineava la maggiore autenticità dell'anticomunismo fascista rispetto a quello del nazionalsocialismo, venuto a patti con la Russia sovietica.

Dopo l'8 sett. 1943 il M. proseguì le sue collaborazioni giornalistiche, che persero ogni connotato politico, e l'attività di conferenziere, ma non ebbe incarichi ufficiali nella Repubblica sociale italiana (RSI). Dopo la liberazione di Firenze fu sospeso dalle funzioni di docente. Sottoposto a procedimento dalla I Commissione di epurazione del personale universitario, che ne propose la dispensa dal servizio, fu collocato a riposo con decreto luogotenenziale del 22 genn. 1946, atto che pose fine al procedimento di epurazione.

Dal 1947 diresse per la casa editrice fiorentina Fussi, già Monsalvato, la collana "Il Melograno", collaborò a diversi quotidiani e si dedicò alla stesura dell'opera filosofico-religiosa Delle cose supreme, prevista in vari volumi, dei quali uscirono solo Preludio (Firenze 1950) e, postumo, Estetica del silenzio. Nuovi principî di una estetica del trascendente (Vicenza 1990).

Il M. morì a Firenze il 25 febbr. 1965.

Fra le opere del M. si ricordano ancora: Benedetto Varchi, Pisa 1903; Pietro Angeli da Barga, ibid. 1903; Della poesia latina in Germania durante il Rinascimento, in Atti della R. Accademia dei Lincei. Memorie, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, XV (1906); Hortus conclusus, Pisa 1912; Anime e paesi, Firenze 1924; Le solitudini, Milano 1933; Medaglioni. Con un autoritratto, ibid. 1941; Le nuove solitudini, Firenze 1942; La "Legenda" della B.V. Maria, ibid. 1948; Comunismo e cattolicesimo, Milano 1953; Solitudini, ibid. 1955.

Fonti e Bibl.: Roma, Università degli studi "La Sapienza", Archivio del Novecento, Guido Manacorda; Ibid., Arch. centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio ordin., f. 550.702; Ministero della Pubblica Istruzione, Dir. gen. dell'Istruzione universitaria, f. personali professori ordinari, b. 286, f. Guido Manacorda; Ministero della Cultura popolare, II vers., b. 8, f. Guido Manacorda; Ministero dell'Interno, Dir. gen. di Pubblica Sicurezza, Divisione Polizia politica, fascicoli personali, f. Manacorda prof. Guido; ibid., fascicoli per materia, b. 49, f. 6; Firenze, Istituto Stensen, Fondo Manacorda; E. Palmieri, M., Napoli 1925; L. Tonelli, M., in L'Italia che scrive, 1926, n. 11, pp. 1 s.; M. Vaussard, Sur la nouvelle Italie, Paris 1928, ad ind.; L. Tonelli, Alla ricerca della personalità. Seconda serie, Catania 1929, ad ind.; M.S. Mazza, Not for art's sake. The story of "Il Frontespizio", New York 1948, ad ind.; L. Vincenti, Gli studi di letteratura tedesca, in Cinquant'anni di vita intellettuale italiana (1896-1946), a cura di C. Antoni - R. Mattioli, II, Napoli 1950, ad ind.; C. Falconi, Le conversioni religiose degli intellettuali italiani nel Novecento, in Id., La Chiesa e le organizzazioni cattoliche in Italia (1945-1955), Torino 1956, pp. 175-184; D. Mondrone, Solitudine di un combattente: G. M., in La Civiltà cattolica, CVII (1956), vol. 3, pp. 376-390; B. Croce, Pagine sparse, III, Bari 1960, ad ind.; Il Frontespizio: 1929-1938, a cura di L. Fallacara, San Giovanni Valdarno-Roma 1961, ad ind.; A. Galletti, Storia letteraria d'Italia, Il Novecento, Milano 1973, ad ind.; L. Mangoni, Interventismo della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo, Roma-Bari 1974, ad ind.; J. Petersen, Hitler e Mussolini. La difficile alleanza, Roma-Bari 1975, ad ind.; M.A. Manacorda, Nota biografica su Giuseppe Manacorda, in G. Manacorda, Storia della scuola in Italia, I, Il Medio evo, a cura di E. Garin, Firenze 1980, pp. 15-30; D. Sorrentino, La conciliazione e il "fascismo cattolico", Brescia 1980, ad ind.; N. Tranfaglia - A. Vittoria, Storia degli editori italiani, Roma-Bari 2000, ad ind.; R. Pertici, Il vario anticomunismo italiano (1936-1960): lineamenti di una storia, in Due nazioni: legittimazione e delegittimazione nella storia dell'Italia contemporanea, a cura di L. Di Nucci - E. Galli della Loggia, Bologna 2003, pp. 278 s.

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