ESTOUTEVILLE, Guillaume d'

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 43 (1993)

ESTOUTEVILLE (Tuttavilla), Guillaume (Guglielmo) d'

Anna Esposito

Nato in Normandia verso il 1412 da una nobile famiglia imparentata con la casa reale di Francia, fu creato cardinale da Eugenio IV il 18 dic. 1439 e l'8 genn. 1440 ebbe il titolo di S. Martino ai Monti.

Aveva già da tempo cominciato a collezionare benefici e prebende: nel 1428, all'età di circa 16 anni, ottenne il canonicato nella chiesa di Evreux nella diocesi di Rouen per poter proseguire gli studi universitari a Parigi, nel 1432 fu nonunato canonico di Lione, l'anno seguente canonico ad Angers e quindi vescovo di questa Città il 27 febbr. 1439 (Reg. Vat. 365, c. 222r), e non il 20 come indica l'Eubel (Hierarchia, II, p. 87), titolo contestatogli dal re di Francia Carlo VII in base alla prammatica sanzione, ma che egli continuò a mantenere fino al 1447, anche se non prese mai possesso della diocesi. Sempre nel 1439 ottenne la commenda del vescovato di Digne e quindi quella della chiesa di Conserans.

Anche negli anni immediatamente seguenti al cardinalato prese, cedette, riprese una grande quantità di benefici in terra di Francia: ebbe nel 1440 la commenda del vescovato di Mirepoix, l'anno seguente quella della Chiesa di Nimes, nel 1444 la commenda di Béziers e quindi la nomina ad abate del monastero di Mont-Saint-Michel ed il priorato di SaintMartin-des-Champs, nel 1450 Lodève, nel 1453 Saint-Jean-de-Maurienne e il 20 aprile dello stesso anno l'arcivescovato di Rouen, da cui gli derivò l'appellativo di cardinale Rotomagense con il quale è comunemente indicato nelle fonti contemporanee.

Dopo la sua nomina a cardinale l'E. trascorse quasi tutta la sua vita a Roma, fatta eccezione per brevi viaggi, soprattutto al seguito dei pontefici, e per due legazioni in Francia su incarico di Niccolò V. La prima, la più importante, aveva come scopo ufficiale la stipulazione definitiva della pace tra Francia e Inghilterra, ma in realtà al papa stava a cuore ottenere l'abrogazione della prammatica sanzione di Bourges del 1438 o almeno la sua attenuazione. Al cardinale erano anche conferiti poteri per riformare l'università di Parigi, problema molto sentito dal re, e per avviare il processo di riabilitazione di Giovanna d'Arco. Oltre a questi incarichi ufficiali, l'E., molto legato a Francesco Sforza e a Cosimo de' Medici, aveva come scopo personale di favorire l'alleanza che Milano e Firenze avevano intenzione di stringere con il re di Francia. Partito da Roma il 16 sett. 1451 (vi farà ritorno solo il 13 genn. 1453), si fermò dapprima presso il duca di Milano, che lo accolse trionfalmente, poi presso i duchi di Savoia. Il 14 dicembre era arrivato a Lione da dove, dopo aver vinto la resistenza del re francese, poco soddisfatto di questa legazione, fu con tutti gli onori accompagnato alla sua corte di Tours.

Per quanto riguarda gli obbiettivi primari della missione, la pace con l'Inghilterra e l'abolizione della prammatica sanzione, la legazione dell'E. fu un completo fallimento, mentre venne attuata la riforma dell'università di Parigi con una minuziosa revisione dei vecchi statuti, poi noti come Statuts d'Estouteville (1° giugno 1452) e fu avviato il processo di riabilitazione di Giovanna d'Arco, in vista del quale l'E. aveva condotto al suo seguito due famosi canonisti, Teodoro de Letti e Paolo Pontano. Successo ebbe invece la sua mediazione per la lega tra Milano, Firenze e la Francia (accordo del 21 febbr. 1452) e pure il suo intervento per la pace tra la Francia e la Savoia (trattato di Feurs del 27 ott. 1452).

Nella seconda legazione (16 maggio 1454-12 sett. 1455) l'E. doveva indurre Carlo VII a prendere parte alla crociata indetta da Niccolò V, ma non riuscì nell'impresa. Andò quindi a Rouen a prendere possesso del suo vescovato. Rimase in questa città circa un anno e fu veramente munifico verso la cattedrale e le altre istituzioni religiose cittadine. Ritornò a Roma dopo l'avvenuta elezione del nuovo papa Callisto III e partecipò sempre più attivamente alla vita della Curia e alle vicende politiche italiane. Sul ruolo svolto dall'E. soprattutto nei rapporti con il duca di Milano, con la Signoria di Firenze, ma anche con le altre potenze della penisola, si può per il momento solo rinviare alla documentazione conservata negli archivi, in particolare nell'Archivio di Stato di Milano e nell'Archivio di Stato di Firenze.

Nel primo, nel fondo Autografi ecclesiastici, si trova un gruppo di lettere inviate dall'E. agli Sforza; una di queste, inviata a Francesco Sforza, è stata edita dal Pastor (1904, I, pp. 35 s.), un'altra, interamente autografa, per Galeazzo Maria, è riprodotta in Esposito, Testamento, tav. 24. Nell'Archivio di Stato di Firenze si conserva invece un fitto carteggio tra il cardinale e vari membri della famiglia Medici (particolarmente Lorenzo), dal quale appare evidente l'intensità delle loro relazioni, durate più di trent'anni. Tra le lettere conservate (di molte rimane solo il ricordo nei Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico), circa 75 sono quelle scritte dal cardinale, mentre una decina sono quelle a lui inviate. Quelle speditegli da Lorenzo sono state pubblicate da R. Fubini.

Nominato nel 1454 da Niccolò V vescovo di Porto, pur mantenendo il titolo di S.Martino ai Monti, nel 1461 ottenne da Pio II il titolo di vescovo di Ostia e Velletri, considerato prima inter cardinales dignitas. Questo pontefice nel 1459 gli aveva già concesso, in cambio del titolo cardinalizio di S. Martino ai Monti, quello di S. Pudenziana, che da quel momento fu legato all'arcipretura della basilica di S. Maria Maggiore, proprio per le molte benemerenze del cardinale verso di essa. Fu per 37 anni protettore dell'Ordine agostiniano, che ebbe da lui "excellentissima beneficia" e in difesa del quale non risparmiò "indefessos labores" durante tutta la sua vita, ma fu ugualmente munifico nei confronti dell'Ordine benedettino - di cui aveva in commenda molti monasteri, tra cui quello della b. Maria del Cerreto in Lombardia. I benedettini lo considerarono, sulla base di una indicazione errata fornita dal Ciacconio, un cluniacense, mentre, come ha dimostrato il Denifle, l'E. restò sempre un secolare.

Come cardinale, fu spesso presente in concistoro e più volte venne nominato camerlengo del S. Collegio, del quale divenne decano nel novembre 1472. Partecipò a diverse commissioni cardinalizie istituite per le più disparate circostanze: per la canonizzazione di Bernardino da Siena, per la crociata contro i Turchi durante il pontificato di Niccolò V; per il mantenimento dell'ordine pubblico a Roma nel 1458; per sentenziare nella controversia interna all'Ordine francescano tra conventuali ed osservanti; per mettere ordine tra le truppe al seguito di Pio II nel viaggio verso Ancona. Soprattutto da Paolo II ebbe numerosi incarichi, tra cui l'esame della questione ecclesiastica della Boemia e l'amministrazione, insieme coi cardinali Bessarione e Carvajal, dei beni della crociata, cioè i proventi delle indulgenze e delle decime che si riscuotevano per la causa turca e quelli dello sfruttamento delle miniere d'allume di Tolfa. Dopo aver risolto l'annosa controversia tra i Velletrani e la famiglia Colonna per il possesso del territorio di Lariano, da papa Barbo fu investito del protettorato della città di Velletri, in cui poteva esercitare contemporaneamente sia l'attività spirituale che temporale.

Fu molto vicino a salire sul soglio pontificio dopo la morte di Callisto III, ma gli venne preferito Enea Silvio Piccolomini, che di questo contrastato conclave scrisse un dettagliato, anche se parziale, rapporto nei suoi Commentarii. Qui l'E. viene descritto come un uomo senza scrupoli, un vero e proprio simoniaco, mentre in realtà era stato il timore che l'influenza francese in Italia divenisse troppo forte ad ostacolare la sua elezione. Anche nel' successivo conclave, dove fu eletto Pietro Barbo, l'E. era considerato tra i favoriti. Persa definitivamente la speranza di diventare pontefice, concentrò i suoi interessi sia politici sia privati a Roma e nello Stato pontificio, soprattutto dopo la nomina da parte di Sisto IV a camerlengo di Santa Romana Chiesa, carica che mantenne dal 1477 fino alla morte.

I cronisti romani contemporanei lo ricordano soprattutto per la sua eccezionale ricchezza ("nummosissimus heros" è chiamato da Andrea Fulvio), il lusso di cui si circondava, le molteplici opere che intraprese a Roma e nelle località dove ebbe benefici ed incarichi. Per quanto riguarda queste ultime, sono da segnalare i lavori eseguiti nella basilica di S. Maria Maggiore, giudicati mirabili sia dal Platina sia da Gaspare da Verona, in particolare il ciborio commissionato a Mino del Reame; il suo palazzo presso la chiesa di S. Apollinare, definito sempre da Gaspare "excelsuni palatiuni ... ut etiam rex quivis inhabitare honorifice posset"; e soprattutto la chiesa di S.Agostino, che fece riedificare dalle fondamenta a partire dal novembre 1479 ad opera del famoso architetto Giacomo da Pietrasanta, con una spesa non inferiore a "centuni millibus aureorum". Ad Ostia fece eseguire importanti restauri delle mura di cinta della cittadella e nel palazzo vescovile, per una spesa non inferiore ai 6.000 ducati d'oro. Anche a Velletri fece restaurare le fortificazioni e costruire il palazzo vescovile, mentre a Frascati, oltre agli ampliamenti del palazzo della Camera apostolica, fece costruire un acquedotto sotterraneo che portava l'acqua da Grottaferrata.

Della sua potenza finanziaria sono una testimonianza indicativa anche i numerosi prestiti che accordò, e per somme cospicue, in particolare a Paolo Il e Sisto IV. Al primo venne in aiuto soprattutto per i finanziamenti al re di Ungheria Mattia Corvino, mentre sovvenzionò in molte occasioni papa Della Rovere. Per l'allestimento della flotta contro i Turchi gli prestò 6.000 fiorini d'oro, ricevendo come pegno il territorio di Monticelli, di cui venne anche nominato governatore; nel 1472 anticipò 1.565 fiorini, che gli verranno restituiti dalle entrate della dogana del Patrimonio (Intr-ex. 487, c. 83). Il prestito più cospicuo venne concesso a Sisto IV nel 1478, quando, per soccorrere la popolazione romana colpita dalla carestia, il pontefice ricorse all'E. per un mutuo di 20.000 fiorini, che garantì con i territori di Frascati, Soriano, Gallese, Corchiano, Cerveteri, Vico, Casamala e Sasso. Di Soriano, Monticelli e Frascati sarebbe stato nominato vicario a vita nel 1479. Quest'ultima località gli sarebbe stata venduta dalla Camera apostolica nel 1482.

Anche la nobiltà romana, baronale e non, ricorse spesso alle finanze dell'E. per mutui garantiti da beni immobili, di cui percepiva i diritti di sfruttamento e che a volte gli venivano in seguito alienati. È il caso di Onorato Caetani, che cedette all'E. prima le peschiere del lago di Fogliano e la tenuta di Tivera, poi quelle di Cisterna e Castelvecchio e quindi Ninfa e San Donato, in cambio di prestiti che superavano i 5.000 ducati d'oro. Anche i Colonna ricorsero all'E., non per vendite a tempo, come per il Caetani, ma per cessioni vere e proprie: dal 1479 gli vennero venduti da Giovanni Colonna prima Nemi e Genzano per 12.000 ducati d'oro (acquisto approvato da Sisto IV il 14 sett. 1480); quindi da Lorenzo Oddone Civita Lavinia per 10.500 ducati d'oro (Marino sarebbe stato ceduto sempre da Lorenzo Oddone nell'ottobre 1480 con patto di retrovendita per 5.000 ducati). Con l'acquisto di Frascati dalla Camera apostolica nel 1482 a nome dei figli Girolamo e Agostino, cui aveva donato il 10 ag. 1481 anche Nemi, Genzano e Civita Lavinia, l'E. riusciva a costituire un insieme territoriale ben definito nella zona dei monti Albani ed importante per la sua posizione strategica di controllo sulle vie d'accesso al Regno di Napoli.

Dal suo testamento, rogato dal notaio Camillo Beninbene (Benembene) il 14 genn. 1483 (Archivio di Stato di Roma, Coll. Not. Capit. 175, cc. 371r-376r), cui seguirono, tra il 16 ed il 22 gennaio, 4 codicilli (ibid., cc. 384, 4013 405, 409), viene ulteriormente evidenziata l'immensa fortuna di questo potente cardinale, di cui beneficiarono in primo luogo i suoi due figli maschi, ancora minorenni, i suoi familiari, e quindi una moltitudine di istituzioni religiose, romane e non. Le sue tre figlie Caterina, Margherita e Giulia, avute - come del resto Girolamo e Agostino - dalla nobildonna romana Girolama Tosti, furono da lui dotate con somme cospicue (3.000 ducati per ognuna) e vennero maritate con illustri esponenti della nobiltà romana: Caterina con Saba di Ludovico Mattei, Margherita con Mario di Francesco Massimi, Giulia con Giorgio di Camillo Beninbene (ibid., cc. 314r-315v, 318r-320v, 361r-363v).

Pochi giorni dopo la redazione del testamento, nella notte tra il 22 ed il 23 genn. 1483, l'E. venne a mancare nel suo palazzo presso la chiesa di S. Apollinare. Fu sepolto con grande pompa nella chiesa di S. Agostino, dove Silvestro da Bagnoregio. procuratore dell'Ordine agostiniano, recitò l'orazione funebre. Durante il funerale accaddero incidenti tra i canonici di S. Maria Maggiore e i frati di S. Agostino per dividersi le ricche spoglie del cardinale. Per speciale disposizione di Sisto IV l'E. aveva ottenuto che, dopo , morto, il suo cuore fosse prelevato dal Corpo e portato nella cattedrale di Rouen, cosa che effettivamente avvenne.

Per quanto riguarda gli interessi culturali dell'E. Michele Canensi, nella prefazione della seconda redazione della vita di Paolo II, nel dedicargli l'opera, sottolinea il suo mecenatismo verso "oinnes litteratos bonarumque artium studiosos" e Gaspare da Verona ricorda la cura del cardinale nel mantenere nella basilìca di S. Maria Maggiore precettori di grammatica e musica, canonici dottissimi e predicatori famosi. L'E. stesso si reputava molto esperto di diritto canonico, disciplina in cui si era laureato all'universita di Parigi e che in qualità di notaio e protonotaio aveva professato nei primi tempi della sua attività. Della sua preparazione di carattere giuridico rendono testimonianza gli inventari dei libri da lui raccolti. La sua biblioteca comprendeva 249 opere in 269 volumi (finora sono stati identificati 30 codici nella Biblioteca Vaticana e meno di una decina nella Biblioteca Angelica di Roma), che rispecchiano molteplici interessi, ma dove i testi di diritto civile e soprattutto canonico sono in grandissima maggioranza. Nella sua raccolta poco numerosi sono i libri a stampa, nonostante l'aiuto, anche economico, accordato dall'E. a molti editori, come Giovanni Andrea Bussi, Giovanni Filippo De Lignamine, Oliviero Servio, che lo ricordano nelle prefazioni delle opere stampate con il suo contributo e a lui dedicate.

Non sembra però che l'E. abbia partecipato alla vita culturale della corte pontificia o abbia elaborato qualche scritto dì carattere letterario o politico. Questa estraneità al mondo della scienza è considerata negativamente da Paolo Cortesi, che anzi in ciò individua la causa dell'oblio in cui era caduto ai suoi tempi il nome dell'E., pur tanto famoso solo qualche decennio prima.

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