CHIESI, Gustavo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980)

CHIESI, Gustavo

Bruno Di Porto

Nato il 26 febbr. 1855 a Modena da Guglielmo, capostazione, e da Isabella Marchi, lavorò dapprima come telegrafista nelle Ferrovie mediterranee, per dedicarsi ben presto ad una intensa attività di giornalista e scrittore (pubblicò a 18 anni i due brevi romanzi storici Onoria e Buoso da Doaro, Genova 1873), iniziata a Genova, dove si era trasferita la famiglia.

Collaborò tra l'altro all'inchiesta agraria di A. Bertani, ed a molti giornali tra cui L'Italia irredenta di M. R. Imbriani, il settimanale Pensiero e azione (fondato a Genova nel 1876), il settimanale La Commedia umana (fondato a Milano nel 1884 e diretto da A. Bizzoni), il settimanale Il Ventesimo secolo (pubblicato a Torino dal 1891 al 1893), ilmensile Il Pensiero italiano (pubblicato a Milano dal 1891 al 1898), il quindicinale La Terra (organo delle Leghe contadine di resistenza repubblicane, pubblicato a Forlì nel 1903).

Fu redattore capo de Il Popolo, diretto dal Bizzoni, pubblicato a Genova per qualche anno dal 1874, quotidiano repubblicano federalista con accentuate simpatie per l'Internazionale. Fondò, con F. Piccinelli, e diresse il settimanale Il Crepuscolo, pubblicato dal 1878 al 1881 sempre a Genova, dove pure diresse L'Epoca, che abbandonava, dopo la vendita della testata, per contrasto politico coi nuovi proprietari, fondando L'Epoca democratica durata pochi numeri. Importante fu la collaborazione al quotidiano milanese Il Secolo.Nel 1887 si recava come corrispondente del giornale in Eritrea, qualificandosi da allora come esperto di questioni coloniali ed africane, ed esprimendo una opposizione coerente con le linee politiche del partito repubblicano, nel quale militò fin da prima dell'ufficiale fondazione, con un apporto alla tendenza federalista.

Toni critici si riscontravano infatti verso la componente mazziniana del repubblicanesimo nel suo opuscolo precongressuale La democrazia fossile ed il partito repubblicano (Genova 1878), che contrapponeva il principio federativo all'unitario, l'indirizzo positivistico ai toni spiritualistici (diffusi sia nel circolo romano di G. Nathan sia tra i fedeli mazziniani di Genova), un più fluido ed unitario rapporto coi socialisti all'antagonismo delineatosi in seguito alle polemiche sulla Comune di Parigi. Tra i dirigenti, ad A. Saffi contrapponeva F. Campanella. Sviluppava poi la tesi federalista nello studio La tradizione federale in Italia (Milano 1881).

Nel 1882 aveva pubblicato a Genova il volume R. Rubattino, elogiativa biografia dell'armatore; poi, nel 1886, a Milano con l'editore Sonzogno, il romanzo storico Giovanni da Ravenna. Storia del secolo X, che, già comparso in appendice su L'Epoca, aveva destato risentimenti negli ambienti ecclesiastici. Nello stesso anno, durante un viaggio di giornalisti in Spagna, aveva conosciuto D. Papa, al cui giornale L'Italia collaborò assiduamente, accentuandone l'intonazione repubblicana fino a provocare la rottura tra la direzione e la proprietaria ditta Manzoni. Seguirà allora il Papa nella fondazione del quotidiano milanese L'Italia del popolo (1890), succedendogli alla morte nel 1897 come direttore; ma per la sua linea favorevole all'intesa tra i partiti popolari, in particolare coi socialisti, che accettava tra i collaboratori, e probabilmente per personali rivalità, si trovò in crescente dissidio con l'ambiente repubblicano-massonico milanese di G. B. Pirolini, che sul settimanale Il Popolo sovrano teneva una linea differente e che cercò d'impadronirsi della stessa Italia del popolo, di cui possedeva azioni. Solo i fatti del 1898, ridestando la solidarietà di partito, appianarono momentaneamente il contrasto, che riprese più violento quando si fece risorgere il soppresso quotidiano.

In tema coloniale, già nella fase iniziale dell'espansione in Eritrea il C. aveva scritto l'articolo Un errore sull'Epoca del 6-7 febbr. 1885, criticando aspramente la posizione possibilista dei deputati dell'Estrema, i quali, in un ordine del giorno dopo una riunione del gennaio, avevano dichiarato di non disconoscere le ragioni politiche ed economiche di stabilimenti in Africa, purché impiantati in modo corrispondente agli interessi del paese ed ai fini della civiltà. Osservando da vicino, come corrispondente del Secolo, le operazioni in Africa, ne trattò sul giornale e quindi nel volume Otto mesi d'Africa (Milano 1888), composto in collaborazione con G. Norsa.

Uscito dopo il massacro di Dogali, il libro spiccava per la denuncia dell'impreparazione e degli errori strategici, pagati col sacrificio e le sofferenze delle truppe. Ma la posizione anticolonialista era attenuata dall'ammissione (concessa a titolo di preferibile ipotesi) di una conquista alternativa in più appetibili ed accessibili regioni dell'Africa settentrionale, di cui l'incapacità dei governanti non avrebbe afferrato le occasioni.

Il contrapposto all'espansione coloniale era indicato col volume Italia irredenta (Milano 1889), di cui la prima parte era dedicata al Trentino, la seconda a Trieste e all'Istria, e un'appendice trattava di Nizza, della Savoia, della Corsica e del Canton Ticino, adducendo le ragioni per cui questi territori potevano restare alla Francia ed alla Svizzera, considerate con simpatia politica per la libertà lasciata alle espressioni nazionali e per i vincoli con cui avevano saputo unirsi quelle popolazioni.

Nel Secolo del 20 e 25 ott. 1890, con l'articolo Democrazia ed operai, il C. espose le diversità di posizione tra democrazia e classismo socialista, discutendone le divergenze. Toni critici verso i socialisti comparivano ancora sul giornale l'anno successivo per il loro silenzio sulla questione coloniale, inducendo F. Turati a prender posizione. Al problema africano il C. ritornava nello stesso anno, sul mensile Il Pensiero italiano (fasc. 1, pp. 47 ss., e 4, pp. 147 ss.) con l'articolo Cinque anni di politica coloniale.

Curò la prefazione al volume di F. Cavallotti, Per la storia. La questione morale su F. Crispi nel 1894-1895 (Milano s. d.), con cui culminava, l'offensiva anticrispina del fronte radicaldemocratico. Attivo anche nel lavoro di organizzazione politica, nel 1892 aveva fondato, col Papa, L. De Andreis ed E. Chiesa, l'Associazione repubblicana lombarda, che si opponeva sia all'intransigentismo mazziniano. sia alla corrente dei repubblicani collettivisti. Questa attività in Lombardia, convergendo con altre iniziative specialmente in Emilia, si configurò in un decisivo contributo alla fondazione del Partito repubblicano italiano nel 1895.

Nel 1897 una serie di articoli del C. e di F. Mosconi su L'Italia del popolo (30-31 marzo, 2-3 aprile, 7-8 aprile, 2-3 ottobre, 5-6 ottobre, 7-8 ottobre, 8-9 ottobre, 9-10 ottobre, 11-12 ottobre, 18-19 ottobre, 20-21 ottobre, 16-17 novembre) accusava di molteplici malefatte l'industriale F. Perrone, e ne seguì un processo per querela. Questo però si svolse quando già il C. era detenuto per una condanna a sei anni del Tribunale militare (sarà amnistiato nel giugno 1899) per un duro articolo antigovernativo dal titolo N'erano assetati sul numero del 7-8 maggio 1898, che portò alla soppressione del giornale nel quadro della repressione dei tumulti milanesi del maggio 1898. Questa esperienza rafforzò nel C. l'idea di un largo schieramento di sinistra tra radicali, repubblicani e socialisti, capace di accentuare in senso progressivo la svolta che venivano operando G. Giolitti e G. Zanardelli in campo liberale. Il perseguimento di questa linea gli valse l'elezione alla Camera per la XX legislatura, e a essa il C., che nel 1900 entrava nel Comitato centrale del Partito repubblicano, si attenne nella direzione (2 ag. 1901-13 apr. 1902) del quotidiano milanese Il Tempo. Rieletto nella successiva legislatura, per contrasti col partito sul tema delle colonie si dimetteva il 17 marzo 1904.

Presentato dapprima come candidato di protesta nel collegio di Massa-Carrara, riuscì eletto nel marzo 1899 coi voti dei repubblicani, e dei socialisti in quello di Forlì (vacante per l'annullamento del mandato per incompatibilità al liberale T. Pasqui). Avendo però la giunta annullato il 3 giugno la sua elezione per incapacità (la condanna non era stata cancellata dall'indulto), il C. fu rieletto ancora a Forlì nell'agosto, elezione confermata questa volta per l'assoluzione del C. con formula piena in seguito alla ripetizione del processo. La rinnovata coalizione dei repubblicani e socialisti forlivesi contro la candidatura liberale di A. Fortis riportò il C. in Parlamento. Il suo programma elettorale era uscito su Il Crepuscolo del 31 maggio 1900.

Nell'articolo di fondo Un gran sogno morto, del 21 ag. 1900 sul Tempo, denunciava un'incipiente involuzione del governo (che desisteva dalla progettata abolizione dei dazi di consumo), imputandola specialmente alla carente compattezza dell'Estrema: il governo Zanardelli-Giolitti non poteva essere che la "media proporzionale" tra forze reazionarie e rivoluzionarie, stava al realismo delle seconde di condizionarlo nel modo per loro più vantaggioso, puntando su significative riforme, come quella tributaria, proposta da L. Wollemborg e non a caso ostacolata dai conservatori. Il successivo articolo Schiarimenti del 28 agosto ristabiliva l'equilibrio nel giudizio sul ministero, col riconoscimento che esso manteneva sostanzialmente fede alle promesse di libertà, mentre il 3 febbr. 1902 il giornale lo attaccava per la vertenza coi ferrovieri. L'andamento pendolare di critiche e di sostanziale sostegno al governo si riscontra ancora ad esempio nei numeri del 16 e 19 marzo 1902 (articoli La reazione battuta alla Camera e La paura vera), che spiegavano i motivi dell'astensione repubblicana nel voto di fiducia posto dall'o.d.g. Gorio, valutando i rischi dell'alternativa conservatrice di Sonnino.

Emergeva nel complesso, sul Tempo diretto dal C., una linea repubblicana relativamente filogiolittiana che, a differenza dall'orientamento di S. Barzilai, non ammorbidiva ancora l'intransigenza per la spinta di motivi nazionalistici, bensì per una prospettiva progressista vastamente riformistica, che si allargava ai socialisti. Di qui lo sforzo del C. per appianare i sanguinosi contrasti tra i due partiti in Romagna (Lotte caine, nel Tempo del 10 dic. 1901, e Per la pacificazione delle Romagne, 12 dicembre). Ma la prospettiva unitaria dell'opposizione di sinistra venne indebolendosi per un processo di scollamento dell'Estrema (Anno di rinsavimento, nel Tempo del 1º genn. 1902), e un effetto ne fu il passaggio del giornale stesso sotto la direzione di C. Treves, con conseguente del prevalere del solo indirizzo socialista riformista.

Quanto alle colonie, il C. contrapponeva alla diretta occupazione militare la "pacifica" penetrazione commerciale, tecnologica e culturale (Le due colonizzazioni, nel Tempo del 7 genn. 1902); ventilò però un eventuale consenso ad una azione in Libia (Se si andasse a Tripoli, 28 marzo), tornando poi cautamente sui suoi passi nell'articolo Alla conquista del mondo (3 aprile). Era di questo periodo il volume Militarismo,Triplice e monarchia (Napoli 1901), composto in collaborazione con R. Mirabelli.

Intervenendo alla Camera sul disegno di legge relativo alla colonia Eritrea, nella tornata del 18 dic. 1902, il C. criticava l'entità delle spese sostenute, le avvenute speculazioni, gli errori diplomatici e militari nei confronti dell'Abissinia. Nella tornata del 19 maggio 1903 si associava all'o.d.g. Ciccotti per la riduzione delle spese militari alle sole necessità di difesa del territorio nazionale. Nelle tornate del 2 marzo e 2 apr. 1903 aveva presentato una interpellanza sul commercio degli schiavi nel Benadir, che si appuntava particolarmente contro la Società anonima commerciale per il Benadir, succeduta nell'amministrazione del territorio, nel 1896, alla Società V. Filonardi e C., prima concessionaria. Sul Tempo il C. aveva già affermato che la schiavitù gli sembrava difficilmente estirpabile dalle primitive strutture sociali dell'Africa orientale (La tratta degli schiavi nell'Eritrea, 26 ag. 1901). Alla Camera era tornato a trattare l'intera politica coloniale italiana, protestando tra l'altro per il coinvolgimento nella guerra inglese contro il Mahdï, che portava ad atti di arbitrio contro il protetto sultano di Obbia, sospettato di aiutare gli insorti antibritannici (tornate del 10 febbraio e 11 maggio 1903). Ma a questo punto la Società, chiamata in causa, offriva, a sue spese, allo stesso C. lo svolgimento di un'inchiesta, parallela alle due ordinate dal governo, per giungere a eliminare le denunciate infrazioni alle convenzioni internazionali vietanti il commercio degli schiavi. La Società accettava anche le condizioni poste dal C.: il secondo commissario da lui designato nell'avv. E. Travelli; l'estensione dell'inchiesta a tutto l'andamento e a tutto il personale dell'amministrazione; l'attribuzione di facoltà esecutive oltre che inquirenti, sicché il C. poté tra l'altro destituire il governatore. Se il C. riuscì nel complesso a persuadere la federazione repubblicana romagnola (cfr. la lettera di spiegazione sul Pensiero romagnolo del 31 genn. 1904), fu invece violentemente attaccato da quella lombarda, nella quale era iscritto e dove aveva avuto motivi, anche personali, di dissenso, acuiti nell'ultimo tempo da nuove polemiche sulla politica comunale, sulla partecipazione al lutto per il regicidio, sulla candidatura parlamentare di E. Chiesa (da lui proposta), sulla questione dell'Albania (dove era contrario all'invio di volontari repubblicani) e della Cina (che difendeva dagli interventi europei dopo la rivolta dei Boxers).

Nel contrasto tra le federazioni intervenne il Comitato centrale del partito, che il 2 marzo 1904, pur attenuando l'asprezza dei toni usati a Milano e riconoscendo la buona fede, condannò l'operato del C. inducendolo a dimettersi dal seggio di deputato.

Non si presentò più candidato, né si collocò esplicitamente in altri gruppi politici; sciolto dai vincoli del partito, divenne un ardente fautore della colonizzazione, con un rovesciamento di posizioni rispetto al suo passato che suscitò reazioni nel campo repubblicano.

Nelle critiche che infuriarono contro la posizione filocolonialista del C. non mancò l'accusa di interesse personale, che sottolineava il compenso ricevuto per l'inchiesta: assai duro fu, in proposito, sul suo settimanale milanese La Folla, P. Valera, che già lo aveva elogiato, come compagno di prigionia, nel volume Dal cellulare a Finalborgo (Milano 1899, pp. 291-296). Severo fu anche A. Ghisleri(Nascita,vita e miracoli della Società del Benadir, in Vita italiana [Milano], 1º marzo 1904, pp. 62-72), che aveva avuto stretti rapporti nel quindicinale Educazione politica col C. e i suoi fratelli Gastone e Giovanni (ma ne parlò più tardi con indulgenza in una lettera indirizzata a G. Conte). A spingere il C. contribuì anche il suo attivismo, non soddisfatto del ruolo di costante oppositore, ora che veniva fallendo il disegno unitario di una larga Sinistra: ad esso sembravano adeguarsi le dimensioni e il fascino dell'Africa. La constatazione dei limiti e delle carenze della presenza italiana nel continente nero si risolveva ormai in proposte di potenziamento e razionalizzazione, sull'esempio delle nazioni che vi avevano più consolidate radici.

Agli atti dell'inchiesta, pubblicati nel 1904 a Milano col titolo La questione del Benadir, seguirono le Note per lo sfruttamento agricolo,commerciale,industriale del Benadir (Milano 1905), quindi La potenzialità economica della Somalia (Roma 1908), ed infine l'opera di maggior respiro, dal titolo La colonizzazione europea nell'Est-Africa (Torino-Milano-Roma-Napoli 1909), che, nel contesto della illustrazione storico-geografica, prospettava l'espansione europea come un grandioso fenomeno di vitalità, destinato a svilupparsi nel XX secolo.

Il C. morì, dopo un travaglioso viaggio, il 29 apr. 1909 in Addis Abeba, da dove si accingeva a raggiungere la stazione di Dolo, ceduta dal negus con un recente accordo, per un'indagine sulle possibilità di sfruttamento economico della zona affidatagli dall'Istituto coloniale italiano.

In subordine e in concomitanza all'espansione in Africa, il C. si era interessato anche all'emigrazione negli Stati Uniti, che proponeva di incanalare nell'agricoltura, verso il Texas, con l'acquisto di terreni da parte di una società sorta negli stessi ambienti di quella per il Benadir: si veda La nostra emigrazione agli Stati Uniti e la colonizzazione italiana nel Texas, in Rivista coloniale, III (1908), pp. 177-194.

Scrisse un'abbondante serie di romanzi, novelle, racconti, bozzetti: letteratura di appendice, di relativa validità, che ebbe però una certa fortuna di lettori, come indica il continuo getto sul mercato fatto dagli editori Sonzogno e Aliprandi. Ricordiamo: Nel tempo che fu (Milano 1883), Junia: storia e leggenda (ibid. 1891), Quei di Valmasio (ibid. 1893), Amore malato,Ultime lettere di Giulio Pippi (ibid. 1895), Tra i monti: scene della vita alpina (ibid. 1896), Monaca (ibid. 1897), Pompeia (ibid. 1897), A Barcellonetta,Impressioni di Spagna (ibid. 1897), La savoiarda (ibid. 1897), I marchesi di Argina (ibid. s.d.), La conquista della gloria (ibid. 1900), Il corpo di ballo:scene della vita di teatro (ibid. 1903).

Pubblicò a dispense, con l'editore Aliprandi, profili divulgativi e sommari di Italiani illustri. A parte si può ricordare un volume di impegno sociale, in uno sfondo di descrizione geografica ed ambientale, Nei paesi della malaria. Note ed impressioni (Milano 1900), cui si collegano articoli ed interventi parlamentari sulle zone depresse.

Fu assai unito ai fratelli minori. Gastone (nato ad Arena Po, presso Pavia, il 2 sett. 1868, e morto ad Intra sul lago Maggiore nel 1923), redattore de La Sera, diretta da A. Rossi, e de L'Italia del popolo, pubblicò nel 1898 a Lugano (dove era esule per i fatti di quell'anno) un opuscolo Per la libertà di stampa, indirizzato al Congresso internazionale dei giornalisti in Lisbona. Direttore de L'Isola di Sassari e collaboratore de La Nuova Sardegna, s'interessò ai problemi sardi, particolarmente con gli scritti In Sardegna:note ed impressioni di un delegato della Cooperativa agricola italiana (Bergamo 1893) e Un'intervista coi banditi Derosas,Delogu ed Angius:note ed appunti (Sassari 1894), composto in collaborazione con S. Satta. Attivo collaboratore all'Educazione politica del Ghisleri, specialmente come articolista e corrispondente di politica estera, si occupò del conflitto anglo-boero, pronunciandosi a favore dei Boeri (in polemica, sulle colonne dello stesso periodico, con altri repubblicani, tra cui R. Mirabelli), e del nascente movimento sionistico, di cui previde i successi. Collaborò anche alla Nuova Antologia, in particolare con una corrispondenza su L'Esposizione internazionale di Glasgow (16 ag. 1901, pp. 683 ss.).

Giovanni (1863-1925), funzionario delle ferrovie, fu segretario di D. Papa, ai cui giornali collaborò senza firmare, e si dedicò poi alacremente alla redazione ed amministrazione dell'Educazione politica.

Fonti e Bibl.: Necr. in Il Messaggero, 1º maggio 1909, e Il Tempo, 3 maggio 1909. Oltre i docum. raccolti dalla sorella Eugenia (1860-1946), ancora conservati nella casa di famiglia di Campogalliano (Modena), si veda: Roma, Museo centrale del Risorg., b. 595, 1-3; Pisa, Arch. della Domus Mazziniana, A III f 6/1-25, A III f 7/1-40, A III g 1/1-208, A III g 3/1-12; Modena, Museo civico del Risorg., fascicoli con articoli, messaggi di condoglianze per la morte del C., commemor.; Atti parlamentari. Camera,Discussioni, legislature XX-XXI, ad Ind.; P. Valera. Diario di un condannato polit. nel reclusorio,di Finalborgo, Milano 1899, passim.; Memoriale sui dissensi tra i fratelli G., Giovanni e Gastone Chiesi con alcuni uomini del Partito repubbl. in Milano, Milano, 18 marzo 1904; F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, I.Torino 1949, pp. 12, 165, 251, 280, 288, 304 ss., 313, 319, 337, 345 s., 352, 359, 363, 390, 420, 423, 448, 465, 505; Bibl. del socialismo e del movimento operaio ital. Periodici tratti dalle raccolte della Bibl. naz. di Firenze, Roma-Torino 1956, pp. 192, 228, 282, 392, 665, 879, 928; L'Italia radicale. Carteggi di Felice Cavallotti: 1867-1898, a cura di L. Dalle Nogare-S. Merli, Milano 1959, p. 74; V. Pareto, Lettere a MaffeoPantaleoni, I, (1890-1896), a cura di G. De Rosa, Roma 1960, p. 420; I periodici di Milano. Bibliogr. e storia, I, Milano 1961, pp. 24, 26, 125, 133 s., 138, 214, 222, 241 s., 245; I documenti diplomatici italiani, s. 3, 1896-1907, III, 24 giugno 1898-29 luglio 1900, a cura di G. Perticone, Roma 1962, p. 89; O. Majolo Molinari, La stampa period. romana dell'Ottocento, Roma 1963, p. 503; G. Salvemini, Carteggi(1895-1911), I, a cura di E. Gencarelli, Milano 1968, pp. 128, 143, 166; G. C., a cura dell'Ist. coloniale ital., Roma 1909; N. Colajanni, G. C., in Riv. popolare di politica..., XV (1909), 8, p. 201; A. Morselli, Una tomba modenese in Addis Abeba, Modena 1937; S. Cilibrizzi, Storia parlam., politica e diplom. d'Italia da Novara a Vittorio Veneto, III, Napoli 1939, pp. 378, 382; R. Colapietra, Correnti anticolonialiste nel primo triennio crispino(1887-1890).L'atteggiamento di G. Bovio, in Belfagor, IX (1954), pp. 560-574; O. Zuccarini, L'uomo politico. Quaranta anni di rapporti con A. Ghisleri, in Gioventù libera, II(1955), 7-8, pp. 115-120; B. Montale, Pensiero e Azione,Genova 1876, in Il pensiero mazziniano, XI (1956), 3, pp. 3 s.; L. Lotti, I repubblicani in Romagna dal 1894 al 1915, Faenza 1957, pp. 178 ss., 182 s., 186, 192, 194, 196 s., 232, 277, 290 ss.; R. Battaglia, La prima guerra d'Africa, Torino 1958, p. 461; R. Colapietra, L'Italia in Africa da Assab ad Adua, in Belfagor, XIV (1959), 3, pp. 261-285; G. Spadolini, I repubblicani dopo l'Unità, Firenze 1960, pp. 72 s., 86; M. Razzini, Pubblicisti lombardi, in Aspetti e figure della pubblicistica repubblicana italiana, Genova-Milano-Torino 1962, pp. 67-77; D. 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