GUSTO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

GUSTO

Giuseppe Luzi

(XVIII, p. 282)

Gli studi di microscopia ottica ed elettronica, di microelettrofisiologia e in particolare la messa a punto di tecniche che permettono di osservare, isolatamente l'uno dall'altro, il funzionamento di singoli distretti di una cellula (tecniche di patch clamp; v. neherer, Erwin, in questa Appendice) hanno chiarito gli aspetti strutturali e funzionali delle cellule gustative.

Anatomia. − La microscopia ottica ha messo in evidenza che un calice gustativo è costituito da cellule basali, da cellule gustative vere e proprie e da cellule di sostegno. La struttura che ne risulta è un corpicciolo di forma sferica situato fra le cellule epiteliali delle differenti papille linguali, con esclusione di quelle corolliformi, che sono in rapporto con la sensibilità generale alla quale provvede il ramo linguale del nervo trigemino. Le gemme gustative sono situate in una specie di nicchia affacciantesi sulla mucosa linguale per mezzo di un canalicolo (canale gustativo) e di due forellini (pori gustativi, interno ed esterno). La cellula gustativa ha scarso citoplasma e presenta una forma allungata: alquanto rotondeggiante e slargata a un estremo, in prossimità del quale è situato il nucleo ellissoidale; sfinata, cilindroide all'altro estremo che raggiunge il canale gustativo ed entra in contatto con la saliva e le sostanze sapide che essa contiene; inoltre, sul fondo delle papille circumvallate sboccano ghiandole salivari sierose, il cui secreto si mescola con la saliva prodotta dalle ghiandole maggiori, permettendo un contatto più esteso e più intimo con i recettori.

Le osservazioni di microscopia elettronica hanno confermato la funzione recettoriale delle cellule gustative, dimostrando che la membrana citoplasmatica, in corrispondenza del polo bagnato dalla saliva, si risolve in espansioni digitiformi a tipo di microvilli, mentre in altri distretti presenta connessioni a tipo sinapsi. Peraltro alla base di ciascuna gemma gustativa è presente un plesso nervoso, le cui fibre da un lato si distribuiscono sul contorno e nello spessore del bottone gustativo, partecipando alla strutturazione delle anzidette connessioni sinaptiche, mentre dall'altro lato, con decorso centripeto, raggiungono il ganglio nodoso inferiore del nervo vago, o quello petroso inferiore del glossofaringeo, oppure il ganglio genicolato inferiore del nervo facciale, essendo dette fibre, in realtà, le espansioni periferiche delle cellule pseudo-unipolari dei suddetti gangli.

Fisiologia. − Come già premesso, gli studi di microelettrofisiologia e in particolare la messa a punto di tecniche che permettono di osservare il funzionamento di singoli distretti di una cellula isolatamente uno dall'altro (tecniche di patch clamp; v. anche farmacologia: La farmacologia molecolare, in questa Appendice) hanno chiarito vari aspetti funzionali delle cellule gustative. Il senso del g. deriva da un meccanismo d'interazione fra i quattro sapori fondamentali (acido, amaro, dolce, salato), la componente olfattiva e stimoli aggiunti termici e/o meccanici; tuttavia il primum movens dello stimolo gustativo è l'interazione fra i microvilli delle cellule gustative e le sostanze disciolte nel mezzo ambiente.

Il ricorso agli ultramicroelettrodi per lo studio dei recettori gustativi ha dimostrato che un significato specifico, cioè di reagire a uno solo dei quattro sapori fondamentali, può essere attribuito solo ai recettori per il dolce e per l'amaro, ma non agli altri due (acido, salato), e che il momento conclusivo della loro attivazione (cioè l'abbassamento del potenziale negativo esistente allo stato di riposo all'interno della membrana citoplasmatica: depolarizzazione [v. App. III, ii, p. 239]) è raggiunto con meccanismi differenti, che o diminuiscono il deflusso o aumentano l'afflusso di ioni positivi (K+, Na+, Ca++). Nel caso della genesi di un impulso ''acido'' sembra che l'input sia legato a un decremento del flusso di ioni K+ dall'interno all'esterno della membrana cellulare, con diminuzione della negatività del potenziale di membrana stesso; le sostanze acide riducono la permeabilità dei canali per il K+ situati nella zona apicale delle cellule gustative e ne diminuiscono in tal modo il deflusso. In tale meccanismo gioca un ruolo essenziale l'assenza di canali per il K+ nelle zone baso-laterali, non esposte all'azione della saliva; altrimenti, essendo essi voltaggio-dipendenti, la depolarizzazione incrementerebbe al loro livello il deflusso di K+, annullando gli effetti dell'inibizione nella regione apicale.

Un meccanismo concettualmente analogo, ma più complesso, si verifica sui recettori della lingua per l'input ''dolce'', dove però la ridotta polarizzazione di membrana è correlata all'intervento di un mediatore chimico (AMP ciclico) che blocca i canali di K+ a cui consegue la depolarizzazione stessa. In pratica i recettori per il dolce sono suscettibili di stabilire con le varie sostanze (per es. saccarosio e affini) un legame chimico che determina la liberazione dell'enzima adenil-ciclasi e quindi di AMP ciclico; questo a sua volta attua una fosforilazione che riduce il deflusso di K+ da canalicoli che (differentemente da quanto sembra verificarsi per il sapore acido) non sono sensibili alle variazioni di voltaggio e sono localizzati nelle zone baso-laterali. Nella transduzione del sapore salato la depolarizzazione è determinata dall'afflusso di Na+ attraverso canalicoli della zona apicale, insensibili alle variazioni di voltaggio. Essi possono essere bloccati da un particolare farmaco, l'amiloride. Un meccanismo enzimatico (ATP-asi) inoltre sembra intervenire per moderare il conseguente squilibrio elettrochimico, favorendo l'espulsione degli ioni K+ e Na+ da canalicoli situati nelle zone baso-laterali.

Per completezza dev'essere fatto presente, in primo luogo, che penetrazione di Na+ attraverso canali con analoghe caratteristiche avviene anche in cellule non eccitabili corto-circuito; in secondo luogo, l'azione di blocco esercitata dall'amiloride è confermata dalla mancata trasmissione di potenziali a livello dei nervi gustativi: il fatto che talora detta trasmissione non si verifichi, autorizza a presumere per il salato l'esistenza di un meccanismo di transduzione alternativo. Per il sapore amaro, infine, i risultati solo parziali delle ricerche sinora esperite non consentono un'interpretazione globale del meccanismo di transduzione; è stato accertato che esiste un recettore specifico che stabilisce un legame con le sostanze amare, il quale induce la liberazione di un ''secondo messaggero'' che a sua volta determina, dalle riserve intracellulari, una liberazione di Ca++ approdante alla depolarizzazione.

In realtà non tutto è stato delucidato nella genesi dei sapori e per quanto riguarda la possibilità di discriminare fra diversi stimoli gustativi. Infatti gli studi di elettrofisiologia dimostrano anche che numerosi recettori fanno capo a una medesima fibra afferente, confermando la non omogeneità del segnale che primitivamente si forma sulla superficie dei recettori stessi. Esistono inoltre un problema di soglia dello stimolo, piuttosto bassa nell'uomo, e una serie di fenomeni riflessi che si generano senza che gli stimoli periferici ascendano al cervello (questi servono per stimolare in situ la salivazione e costituiscono veri e propri circuiti riflessi). Va anche sottolineato come consistenti variazioni nella natura dei sapori dipendano o possano dipendere da alcune caratteristiche genetiche. Questo capitolo della fisiologia non è ancora completo, ma esiste un esempio molto interessante e molto ben conosciuto: nella specie umana un particolare composto chimico (la feniltiocarbammide) induce in circa 2/3 della popolazione un sapore di tipo acido, mentre in 1/3 (circa il 20% secondo altre stime) non causa stimolo gustativo. Questa incapacità di stimolare il g. acido con feniltiocarbammide è trasmessa come stato autosomico recessivo ed è dovuta a una particolare interazione di sostanze contenute nel secreto salivare, che modificano il grado di solubilità della feniltiocarbammide stessa.

La fisiopatologia del g. è correlata a una serie di condizioni patologiche che possono indurre disturbi di tipo qualitativo e quantitativo.

Nell'ambito delle alterazioni del g. di tipo quantitativo vengono incluse le disgeusie (ipogeusie e ipergeusie) riguardanti la presenza o assenza di uno o più sapori, mentre i disturbi qualitativi includono il capitolo delle parageusie di tipo organico o psichico. Esistono molte situazioni locali della lingua che possono dar luogo a una molteplicità di alterazioni (candidiasi orale, abitudine consolidata al fumo di sigaretta, uso di particolari sostanze farmacologiche come l'aspirina, carenza di alcune vitamine tra cui in modo specifico la vit. A); è noto inoltre come alcune sostanze usate da tossicodipendenti (cocaina in particolare) possano modificare la soglia del gusto. Accanto a situazioni di patologia locale si hanno le alterazioni indotte da lesioni dei nervi periferici che includono le vie gustative e le loro specificità topografiche: per es. l'interessamento della corda del timpano (interventi chirurgici, infiammazioni, tumori) causa disturbi mono o bilaterali localizzati nei 2/3 anteriori della lingua, mentre la patologia del glossofaringeo riguarda la parte posteriore dell'organo. Non infrequentemente vengono descritte gravi perturbazioni in corso di psicosi (a volte si riscontrano vere e proprie allucinazioni gustative) e alterazioni della soglia di eccitabilità durante le più diverse endocrinopatie (distiroidismi, iposurrenalismo, diabete).

La conoscenza della fisiopatologia dei fenomeni gustativi è estremamente importante per l'ausilio che può fornire nell'assistenza ai malati, nella regolazione di diete per varie esigenze ed età, nell'approccio allo studio dei fenomeni che controllano i rapporti omeostatici dell'organismo (senso della fame, obesità, magrezze patologiche).

Bibl.: N.J. Mizeres, Human anatomy (A synoptic approach), New York 1981; Review of medical physiology, a cura di F.W. Ganong, Los Altos (California) 1983; C.S. Kimamon, Taste transduction: a diversity of mechanisms, in Trans. in Neuroscience, 11 (1988), pp. 491-96.

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