GYPSARIUS

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

GYPSARIUS

I. Calabi Limentani

L'operaio del gesso era chiamato a Roma anche gypsarius e gypsoplastes: il primo termine si trova in alcune iscrizioni non di Roma, a Narbona (C. I. L., xii, 4479) e a Firmum Picenum (C. I. L., ix, 5378), il secondo è menzionato nell'Edictum de pretiis di Diocleziano, ove ha fissata la paga giornaliera a 50 denari al giorno; eguale cioè a quella del muratore (lapidarius structor) e del mosaicista ordinario da pavimenti (tessellarius) e di altri operai costruttori. Gypsoplastes è nominato in autori tardi (Cassiod., Var., vii, 55), in Zonara (1651) γυψεμτλάστης.

Il g. poteva essere considerato uno degli operai specializzati delle costruzioni, vicino al colorator (v.) il dealbator, cioè l'operaio che copriva le pareti di gesso sia liscio sia con motivi di decorazioni plastiche, oppure un operaio ausiliario degli scultori, che preparava le forme per i lavori in bronzo: sia dal modello di creta o di cera dell'artista creatore, sia da altre opere già esistenti per farne copie.

Doveva esistere un largo commercio di questi ultimi gessi, esportati dai maggiori centri artistici alle più lontane parti dell'Impero (cfr. i modelli di gesso alessandrini trovati recentemente nell'Afghanistan; v. begram).

Le sole due iscrizioni di gypsarii restateci, sono di liberti,; ma il nome è leggibile in una sola: P. Usulenus Hila(rius) ? l. Anoptes (C. I. L., xii, 4479).

Bibl.: H. Blümner, Die Römischen Privataltertümer, Monaco 1911, p. 596 e n. 4; id., in Pauly-Wissowa, VII, 1912, cc. 2092-2100, s. v. Gypsum; id., Technologie und Terminologie der Gewerbe und Künste bei Griechen und Römern, II, Lipsia 1879, p. 146; G. Kuehn, De opificum Romanorum condicione privata quaestiones (diss.), Halle 1930; De Ruggiero, Diz., III, p. 587, s. v. Gypsarius.

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