HAIDA

Enciclopedia Italiana (1933)

HAIDA

Iliehard DANGEL
Richard DANGEL
Carlo TAGLIAVINI

. Tribù indiana che vive nelle Isole della Regina Carlotta, nella regione nord-occidentale dell'America del Nord. Con i Tlingit e Tsimshian i Haida formano il sottogruppo della cultura litorale dell'America del NO., la cui caratteristica è il matriarcato.

Essi vivevano, ancor più dei Tlingit, dei prodotti della pesca (salmoni, ippoglossi, merluzzi, aringhe), causa la mancanza di capre e pecore di montagna, come anche di selvaggina più grossa, nelle isole; anche i mammiferi acquatici venivano uccisi per mezzo di arponi. Il vestimento estivo degli uomini era originariamente assai scarso; solo durante l'inverno o in occasioni cerimoniali, portavano mantelli di pelliccia o di corteccia di cedro. Ambo i sessi si tatuavano e il disegno rappresentava l'insegna della tribù. Le donne portavano dei cavicchi alle labbra e un tempo era anche in uso di forare l'orlo degli orecchi e il setto nasale per tenervi degli anelli. Le armi offensive dei Haida erano da prima uguali a quelle dei Tlingit (v.), e per la difesa portavano la giubba di cuoio. Col fuoco, l'ascia di pietra e i cunei di legno costruivano lunghe barche scavate in un sol tronco d'albero, molto atte a tenere il mare. Con queste barche, occasionalmente munite di vele quadrate di stuoia o corteccia d'albero, facevano viaggi fino al Puget Sound (dov'è ora Seattle). È famosa l'abilità artistica dei Haida, che si manifestava nella pittura dei varî oggetti di legno, come anche nella scultura del legno e dell'ardesia. Quest'arte è del tutto irrealista; le sue caratteristiche principali sono la spartizione dell'oggetto riprodotto in due vedute di profilo che vengono proiettate sul piano, e il limitarsi della rappresentazione ad alcune parti caratteristiche del corpo. Il motivo ornamentale più frequente è quello degli "occhi" derivato però, come ha dimostrato F. Boas, dal disegno di articolazioni. Magnifici documenti di quest'arte raffinata sono le cassette di legno dipinte con le pareti laterali ripiegate e cucite insieme, recipienti di legno a forma di animali, cappelli per la danza, bastoni e raganelle di legno, pipe da tabacco fatte con l'ardesia, mentre dei veri capolavori sono i pali totem che stanno davanti alla casa e che rappresentano, sulla parte esteriore di un cedro, spaccato per metà, interi miti, o il totem e le insegne familiari del proprietario. La casa quadrangolare, con tetto a spioventi, costruita con assi di legno e destinata a più famiglie, aveva nell'interno una parte più profonda verso il focolare centrale.

I Haida si distinguevano, secondo il luogo che abitavano, in occidentali e orientali, ed erano divisi in due clan esogamici, il "corvo" e l'"aquila": ogni clan era diviso in un certo numero di parentadi, con "insegne" severamente custodite e vendute solo a caro prezzo. Entro il clan era impossibile íl matrimonio; l'appartenenza al clan era stabita secondo la discendenza matema; il rango, la casa, i diritti di pesca che appartenevano all'uomo restano invece nella sua famiglia, in quanto passavano generalmente al nipote, il quale lasciava, appena era possibile, la casa paterna per recarsi nella casa dello zio.

La ricchezza era la base della qualità di capo e dell'aristocrazia e la classe più bassa era formata dagli schiavi che erano prigionieri di guerra. Per mezzo di potlatch (in dialetto chinook "dare") si guadagnava e si manteneva il rispetto: questi venivano dati specialmente in occasione del seppellimento di un morto e dell'erezione di un palo commemorativo ed erano collegati con abbondanti doni dei partecipanti, talvolta anche con la totale distribuzione dei beni, allo scopo di fare parlare di sé.

Le usanze funebri erano identiche a quelle dei Tlingit. Gli sciamani (sgaga) chiamavano i loro spiriti guardiani per profetizzare e si credeva ogni spirito avesse una maschera propria che si portava quando veniva chiamato. Il pantheon degli esseri soprannaturali (sgana qedas), per lo più animali, ma anche esseri mitologici, culminava in uno sbiadito dio del cielo "forza del cielo luminoso" (Sins sganagwai). Il ricco patrimonio mitologico racconta le origini dei singoli parentadi, specialmente le gesta del "corvo", nel cui contrasto con il suo compagno l'"aquila" si rispecchiano le rivalità dei due clan haida. Per effetto dei loro contatti con i Bianchi i Haida sono attualmente ridotti a poche centinaia di persone.

Lingua. - Il gruppo linguistico Haida (chiamato Skittagetan nella classificazione del Powell) fa parte della grande famiglia Na-Dene recentemente costruita da E. Sapir (v. dene; XII, p. 615). Anticamente era parlato solo qelle Isole della Regina Carlotta; ma da circa due secoli. Si parla anche intorno alle baie di Cordova e di Kasaan nell'Alasca. I due dialetti principali sono: 1) lo Skedegate, parlato nella parte centrale delle Isole della Regina Carlotta; 2) il dialetto di Masset parlato nelle parti settentrionali di dette isole e a Howkan, Klinkwan, e Kasaan nell'Alasca.

Bibl.: Fr. Boas, The decorative Art of the Indians of the north Pacific Coast, in Bull. Am. Mus. Nat. Hist., IX, n. 10, New York 1897; J. R. Swanton, Contributions to the Ethnology of the Haida, in Bull. of the Jesup North Pacific Exped., V, Leida e New York 1905; L. Adam, Potlatch, in Festschr. Ed. Seler, Stoccarda 1922, p. 27 segg.; id., Stammesorganisation u. Häuptlingstum der Wakash Stämme, in Zeitschr. f. vgl. Rechtsw., XXXV (1918), pp. 105-430; J. R. Swanton, Haida Texta and Myths, in Bull. of. the Bureau of Am. Ethn., 1929. Sulla lingua, v. inoltre J. R. Swanton, Haida, in F. Boas, Handbook of Am. Indian languages, I, Washington 1911, pag. 205-282; E. Sapir, The Phonetics of Haida, in Internat. Journal of Amer. Linguistics, II (1923), pp. 141-158; H. K. Haeberlin, Notes on the composition of the verbal complex in Haida, ibid., pp. 159-162.