KLEIST, Heinrich von

Enciclopedia Italiana (1933)

KLEIST, Heinrich von

Giuseppe Gabetti

Poeta tedesco, nato a Francoforte sull'Oder il 18 ottobre 1777, morto, suicida, sulle rive del Piccolo Wannsee presso Berlino il 21 novembre 1811. Temperamento ricco e veemente, e al tempo stesso malato d'interni contrasti insolubili: ossessionato da febbri di sensibilità e instancabilmente proteso verso un puro dominio della volontà morale; egocentrico e smanioso di donarsi alla vita; sensitivo e violento; visse una vita esternamente povera, internamente turbinosa, passando senza tregua da uno a un altro stato di estremo eccitamento, con una tensione di spirito che è forse il suggello supremo della sua personalità. E ogni esperienza nella vita fu per lui uno sprofondarsi in sé medesimo in cui rischiò di perdersi: da quella giovanile crisi sessuale che lo spinse a un avventuroso viaggio a Würzburg (1799), su cui tanto a lungo vanamente si accanì la ricerca dei biografi, fino a quel fidanzamento con Wilhelmine von Zenge, che riempì la sua giovinezza risolvendosi in una furia di passione predicatoria pedagogica, e finì, com'era fatale, in una rottura; da quella lettura della Critica della Ragion pura (1800), che, fraintesa come semplice negazione di ogni possibilità di conoscenza della verità oggettiva, lo piombò in uno stato di smarrimento interno, che interamente non riuscì più a superare mai; a quella esperienza rousseauiana, in cui la verità fu da lui ricercata in un ingenuo ritorno alla natura, quando, tornando da Parigi, invece di ritornare in patria, si stabilì sul lago di Thun con la sorella per condurvi vita di contadino (1801); dall'esperienza di esaltazioni e di accasciamento, attraverso cui passò quando lavorava al Robert Guiscard, fino al giorno che a Parigi, dopo una vita girovaga che lo aveva condotto da Berlino a Jena, a Weimar, a Ginevra, distrusse il manoscritto sintesi dei suoi sogni di arte e di vita, così intensamente soffrendone da dover esser ricoverato in una casa di cura (1803); dalla personale tragedia che fu, per lui, la disfatta di Jena, onde fu gettato nella politica, così agitandosi che nel 1806 i Francesi lo arrestarono come spia a Berlino, mandandolo a Pontarlier nel forte di Joux, all'accanimento della passione politica che nel 1810, mentre faceva parte a Berlino del gruppo di opposizione a Hardenberg insieme con A. Muller e A. von Arnim, lo spinse a un tuttora oscuro viaggio a Praga, fino al proposito seriamente meditato di uccidere Napoleone; tutta la sua vita fu come un succedersi di vortici, finché stanco, malato, uccise prima l'amica, Henriette Vogel, una donna anch'essa malata e stanca e desiderosa di morire, che egli non sembra nemmeno avere amato, e poi, con un colpo di pistola in bocca, sé stesso.

Ogni volta, nell'eccitamento della fantasia, la sensibilità in lui si esalta così da rendere impossibile la vita; e la vita trova il suo solo possibile senso nel tradursi in parola: cosicché di pochi altri poeti si può osservare così come per Kleist che la poesia gli fu necessaria per vivere. Passata la giovinezza, quando anche Wieland si mostrò preso per lui da ammirazione - e volentieri forse gli avrebbe anche data in moglie una delle sue figlie - la sua opera restò senza risonanze: Goethe lo respinse, per quell'istinto che l'induceva sempre a ritrarsi dinnanzi a ogni eccesso o squilibrio; la rivista Phöbus che pubblicò nel 1808, rimase senza seguito; anche nell'attività di poeta - come nella vita - si trovò sempre solo; e si affannò da solo verso il raggiungimento dei suoi sogni d'arte, senza trovare mai né presso i classici né presso i romantici quel consenso che dà sicurezza a chi crea; e solo nell'interna necessità di artistica liberazione ebbe, anche come uomo, la sua forza di rinnovamento, dopo ogni catastrofe.

E fu come poeta in una posizione tutta sua: primo in Germania tra i poeti i quali diedero espressione a un mondo di accese sensazioni e fantasie ed estreme passioni, che dovevano diventare più tardi una delle grandi sorgenti della poesia del secolo; e al tempo stesso tragico interprete della germanica volontà d'assoluto che crea fra individuo e realtà un abisso, chiudendo l'individuo entro la barriera di un'invalicabile solitudine, cosicché non nel comporsi di un'interna armonia i conflitti umani possano giungere alla loro soluzione, ma nel rigido imporsi di una disciplina accettata senza resistenze e quindi nello sciogliersi e insieme ingrandirsi della volontà dell'individuo nell'impero della legge e nella volontà dello stato. Poeta d'un mondo unitario, pertanto, malgrado i contrasti che singole opere possono sembrare offrire fra loro, con motivi e temi e immagini e persino espressioni verbali singole che incessantemente ritornano come nello svolgersi di un'unitaria composizione sinfonica. Già la prima opera Die Familie Schroffenstein (1802: il titolo è di Wieland; il titolo originario era Die Familie Gonorez) più che per l'azione centrale - ispirata a Romeo e Giulietta: amore e odio fra due famiglie rivali - ha la sua originalità e bellezza nel vulcanico accendersi di un'immaginazione che, mentre porta le situazioni a un massimo d'intensità, ne trae lo spunto a un succedersi di visioni in cui la vita stessa del poeta direttamente si trasfonde con le sue febbri di desiderio e con i suoi accasciamenti, con le sue tenerezze e con le sue smanie, con la sua ansia di vivere e con le sue prostrazioni. Nella sua produzione posteriore non c'è quasi motivo che già non compaia in germe in questa prima opera. In Robert Guiscard (1803) è il conflitto dell'individuo col mondo che lo circonda, dove il mondo è cieca materia in cui lo spirito, dibattendosi, è infine destinato a soccombere. Lo sviluppo dell'azione drammatica non si può più, per mancanza d'indizî, dopo il rogo del manoscritto, integralmente ricostruire; ma l'impostazione è grandiosa, con una potenza di poetica creazione che fa dell'unico frammento rimasto - il 1° atto riscritto da K. nel 1808 per la rivista Phöbus - una delle più grandi pagine di poesia della letteratura drammatica moderna: dove la figura del comandante, che sulla soglia del trionfo la peste atterra nei suoi uomini e nella sua stessa persona, senza riuscire a piegare la sua volontà e il dominio di sé, grandeggia con una semplicità e evidenza, che forse non sono state più raggiunte. Nel Zerbrochener Krug (1803; ispirato a una nota stampa, La cruche cassée) la poesia di K., conscia della sua potenza espressiva, irrompe in una risata, che tutto travolge, da capo a fondo, azione e personaggi e se - non nella sola figura del giudice Adam - deforma violentemente la comicità in caricatura, in tal modo tuttavia crea il tipo della commedia germanica alla quale la prorompente comicità della commedia carnascialesca è stata sempre più confacente che la realistica commedia di costumi. La rielaborazione dell'Amphitryon di Molière (Amphitryon, 1807) in senso tragico-mistico reintroduce nel mondo poetico kleistiano l'elemento erotico, che già si era riversato nel primo dramma e che ora si sviluppa verso profondità più complesse, dove la sensualità si confonde col sentimento del mistero. Lo stesso elemento erotico, non più vincolato alla trama d'azione e di parole d'un altro poeta, ma affrontato in pieno, direttamente, con la illimitatezza di sviluppi che è propria delle esperienze disperate quando l'uomo tocca il più oscuro fondo di sé medesimo, irruppe infine, travolgendo ogni ostacolo di coscienza e di ragione, nell'immaginazione di Kleist, con la Penthesilea (1806-08): nella cui ebbrezza e nel cui furore d'amore e di annientamento, si può bensì riconoscere una rappresentazione simbolica della passione d'arte, che aveva condotto Kleinst a distruggere il manoscritto della sua opera; ma non si può anche non riconoscere un'atmosfera che va al di là di tale episodio, e. in verità, è la sostanza della personalità del poeta nella sua voluttuosa sensibilità e nella sua sensualità malata, nella sua ricchezza d'amore e nella sua incapacità di poterla altrimenti vivere che in un mondo d'immaginazione. Il Kätchen von Heilbronn (1810) oppone all'incarnazione dell'amore come ebbrezza di possesso, l'incarnazione dell'amore come totalità di dedizione - dove la dedizione, come già prima l'esaltazione, sono portate giù fin nelle sfere dell'incosciente. Superato il momento di violenta passione espresso nella Herrmannsschlacht (1808), il Prinz von Homburg (1810-11), infine, raggiunse nella serenità della coscienza del dovere e nella volontà del dovere spinta fino alla volontaria accettazione della morte, la sola spirituale soluzione che un mondo umano così tempestoso, eroico e malato poteva avere. E dal punto di vista dell'armonia della composizione e della elevatezza spirituale dell'ispirazione il Prinz von Homburg è indubbiamente la più alta espressione che la poesia di Kleist abbia avuto. Ma la poesia di Kleist, per la sua stessa natura, non può essere giudicata e valutata a questa stregua: è una poesia che non vive sopra tutto nella linea ma nella vibrazione inimitabile, nel calore e colore dei particolari. E anche nelle novelle, tanto nelle minori, scritte più per sfogo d'immaginazione, come Die Marquis von O., Das Erdeben im Chili, Die Verlobung in St. Domingo, quanto nelle maggiori, come Michael Kohlhaas, potente creazione di un carattere e serrata, visionaria narrazione di un tanto più profondo quanto più semplice dramma umano, la poesia di K. conserva questo stesso stile. Nata da un'interna disperata solitudine, trae direttamente da quell'esclusiva inferiorità la sua immediatezza lirica e la sua potenza visionaria.

Opere: Gesammelte Schriften, ed. L. Tieck, voll. 3, 1826; fra le molte ediz. moderne v. l'ed. critica di G. Minde-Ponet, R. Steig e Erich Schmidt, voll. 5 - compreso l'epistolario -, Lipsia 1904 segg.; da completarsi con le ediz. in facsimile dei Berliner Abendblatter, voll. 2, Berlino 1922; del frammento Zeitgenossen, Berlino 1926; e del manoscritto della Familie Schroffenstein, Berlino 1927. Della Pentesilea esiste una trad. italiana a cura di V. Errante, Firenze 1922.

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