Lorentz, Hendrik Antoon

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Fisico (Arnhem 1853 - Haarlem 1928). Svolse importanti ricerche nell'ambito dell'elettrodinamica classica, rifondandola sulla base del principio secondo cui l'etere è il supporto dei campi elettromagnetici, mentre le cariche elettriche e l'elettrone rappresentano le sorgenti e i corpi su cui i primi agiscono, sia allo stato libero, nei conduttori, sia in quello legato, nei dielettrici. Fornì importanti contributi allo sviluppo della teoria della relatività con la sua teoria della contrazione dei corpi in rapido movimento ed elaborando le trasformazioni, dette appunto "di L.", delle coordinate spazio-temporali tra due sistemi di riferimento inerziali. Nel 1902 gli fu assegnato il premio Nobel per la fisica insieme a P. Zeeman.

Vita

Conseguì il dottorato all'università di Leida nel 1875 con una tesi "Sulla teoria della riflessione e rifrazione della luce", in cui riduceva le leggi dell'ottica ondulatoria di Ch.-A. Fresnel alla teoria elettromagnetica di J. C. Maxwell. Poiché la fisica teorica cominciava in quegli anni ad avere un suo riconoscimento istituzionale, la validità dell'opera di L. poté essere riconosciuta solo qualche anno dopo, con la sua chiamata all'università di Leida, per la cattedra di fisica teorica, una delle prime in Europa e la prima nei Paesi Bassi. Nello stesso anno in cui ricevette il premio Nobel per la fisica divenne anche socio straniero dei Lincei. Lasciata nel 1912 Leida, fu curatore del gabinetto di scienze naturali della Fondazione Teyler di Haarlem e segretario dell'Associazione olandese delle scienze. Socio delle più importanti accademie scientifiche, presiedette dal 1911 al 1927 i congressi internazionali Solvay, dove si svolsero i più importanti dibattiti sulla nuova fisica. Dopo la prima guerra mondiale fu membro della commissione internazionale per la cooperazione intellettuale della Lega delle nazioni.

Attività

Con le sue teorie, L. operava una sintesi di quasi un secolo di ricerche che avevano privilegiato ora gli aspetti particellari (con A.-M. Ampère, W. E. Weber, H. L. F. Helmholtz) ora quelli di campo (con M. Faraday, Maxwell, H. R. Hertz). Molte delle sue vedute erano già state esposte nella tesi di dottorato e le successive ricerche si possono considerare una sorta di vasta elaborazione di quella tesi. I risultati di tali ricerche, esposti in tre memorie (1892) e in un opuscolo (Versuch einer Theorie der elektrischen und optischen Erscheinungen in bewegten Körpern, 1895), rifusi poi in forma definitiva, costituiscono la cosiddetta teoria elettronica. L. spiegò con la sua teoria importanti fenomeni ottici, fra cui la dispersione, e anche effetti magnetottici ed elettrottici. Dopo la scoperta sperimentale dell'elettrone (1897), che conferì un sostegno alla sua ipotesi, si impegnò nel tentativo di dedurre tutti i fenomeni elettrici dal moto degli elettroni. Questo programma di ricerca, che coinvolse importanti fisici dell'epoca (M. Abraham, W. Kaufmann), era destinato a essere superato, anche per l'affermarsi, dopo il 1905, della relatività di A. Einstein e per i primi successi della meccanica quantistica. Il contributo a cui L. deve la sua maggiore fama riguarda la spiegazione del risultato negativo dell'esperimento di Michelson-Morley, cioè dell'impossibilità di evidenziare il moto della Terra attraverso l'etere. Mentre la teoria della relatività, a partire dal 1905, avrebbe risolto il problema in modo radicale abolendo l'etere, L., attraverso un uso sapiente delle trasformazioni che portano il suo nome, riuscì a inquadrare nella sua teoria dell'etere immobile quei fenomeni che sembravano implicare un apparente trascinamento parziale o totale dell'etere. Pur ammettendo la maggiore semplicità della teoria di Einstein, L. non accettò mai pienamente la relatività, non intendendo con essa rinunciare ad alcuni principi fondamentali su cui si erano basati due secoli di fisica classica.

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