FONDA, Henry

Enciclopedia del Cinema (2003)

Fonda, Henry (propr. Henry Jaynes)

Valerio Caprara

Attore cinematografico statunitense, nato a Grand Island (Nebraska) il 16 maggio 1905 e morto a Los Angeles il 12 agosto 1982. All'esordio a Hollywood nel 1935, dopo un lungo tirocinio a Broadway, F. ripropose con successo il fascino delle sue radici midwestern da timido e integro ragazzo 'della porta accanto'. Il fisico slanciato, la camminata flessuosa, lo sguardo di un azzurro pensoso, la capacità di comunicare un senso di virilità e, insieme, di vulnerabilità, trascesero rapidamente l'archetipo del pioniere-contadino circonfuso di etica puritana in film memorabili come You only live once (1937; Sono innocente) di Fritz Lang, Young Mr. Lincoln (1939; Alba di gloria), Grapes of wrath (1940; Furore) e, nel dopoguerra, My darling Clementine (1946; Sfida infernale) e Fort Apache (1948; Il massacro di Fort Apache), tutti di John Ford. Questo sobrio e schivo modello di eroismo si perfezionò in seguito nei ruoli che ne hanno fatto una nobile icona dell'americano liberal, tollerante e garantista, sempre pronto a schierarsi a favore della libertà e del rispetto del prossimo. Tornato a più riprese e con riscontri prestigiosi al teatro, 'Hank' F. è stato un divo per circa quarantacinque anni e in più di ottanta film, al servizio di registi come Lang, William Wyler, Ford, Otto Preminger, Alfred Hitchcock o Billy Wilder e soprattutto del pubblico, con il quale istituì un inossidabile rapporto di credibilità e naturalezza. Nel 1981 gli fu conferito, con colpevole ritardo, un Oscar onorario e curiosamente l'anno successivo, pochi mesi prima della sua morte, anche il primo Oscar come migliore attore per On gold-en pond (1981; Sul lago dorato) di Mark Rydell, in cui recitò a fianco della figlia Jane.

La storia artistica di F. ha radici nelle sue origini familiari: gli antenati olandesi di suo padre fondarono la città di Fonda nello Stato di New York e i nonni intrapresero la strada del Far West per insediarsi nel piccolo centro di Grand Island nelle praterie del Nebraska. Primo di cinque figli, Henry si trasferì a Omaha dove il padre William gestiva una tipografia e accarezzò a lungo l'intenzione di diventare giornalista o scrittore. La svolta arrivò nel 1925, quando si vide proporre dalla mitica Dorothy Brando (la madre di Marlon) il ruolo di attor giovane in una commedia della sua compagnia, l'Omaha Community Playhouse: per i tre anni successivi F. alternò la recitazione a ogni sorta di mansione nel backstage. Poi venne la scelta altrettanto cruciale di unirsi agli University Players, un gruppo di studenti di Harvard e Princeton ‒ tra cui i futuri attori Joshua Logan, Margaret Sullavan e, più tardi, James Stewart ‒ che affinavano il talento allestendo una specie di teatro estivo a beneficio dei laureandi. Nel 1934 F. divenne primo attore a Broadway nella romantica commedia rurale The farmer takes a wife di F.B. Elser e M. Connelly e venne messo sotto contratto dal produttore Walter Wanger. Le repliche durarono tredici settimane, la Fox ne acquistò subito i diritti cinematografici e Wanger accettò di prestare alla major l'apprezzato protagonista, che l'anno successivo venne diretto da Victor Fleming nell'omonimo film: l'incursione doveva essere provvisoria, ma di fatto il trentenne attore fu da quel momento letteralmente monopolizzato da Hollywood.Il ruolo dell'agricoltore, idealizzato durante gli anni della Depressione dagli umori anti-industriali e anti-metropolitani, gli fu tanto congeniale che il disegnatore Al Capp s'ispirò alla sua interpretazione in The trail of the lonesome pine (1936; Il sentiero del pino solitario) di Henry Hathaway per creare Li'l Abner, il personaggio guida dei suoi comic. Rispetto a una galleria interessante ma anche stereotipata, non è un caso che la vera rivelazione del suo talento avvenne grazie a You only live once, dove incarna il piccolo malfattore Eddie Taylor, condannato alla pena capitale per un crimine che non ha commesso. Il film, uno dei primi ispirato alla vicenda di Bonnie e Clyde, radicalizza il pessimismo di Lang accentuandone lo stile ossessivo e claustrofobico, e permette a F. di mostrare una gamma molto sofisticata di espressioni che vanno dalla lieve insicurezza alla furtiva ostilità, dalla violenza aperta all'amarezza disperata e sfociano nello smarrimento privo di riscatto dell'uomo, vittima di una società crudele e dei capricci del destino. Dopo avere sperimentato generi diversi ‒ dal melodramma Jezebel (1938; Figlia del vento) di Wyler alla commedia gialla The mad miss Manton (1938; Il terzo delitto) di Leigh Jason ‒ e partner prestigiosi ‒ da Bette Davis a Barbara Stanwyck, da George Raft a Tyrone Power ‒ iniziò la decisiva collaborazione con Ford, dando vita al suo primo personaggio 'immortale' in Young Mr. Lincoln. Scritto da Lamar Trotti e dallo stesso Ford (non accreditato), il ritratto giovanile del futuro presidente è imperniato sull'interpretazione di F. che, al di là della verosimiglianza fisica, vi combina sensibilità e autorità, forza e tenerezza, realismo e ironia sino a rievocare con superlativo equilibrio gli avventurosi, goffi e innocenti primordi della nazione americana. Adattato da un romanzo di J. Steinbeck, il successivo Grapes of wrath, che inaugurò una duratura amicizia tra Ford e l'attore, concentra nel personaggio di Tom Joad la presa di coscienza degli Oakies (i contadini dell'Oklahoma), espropriati dal rapace potere finanziario e costretti a intraprendere una biblica marcia per raggiungere la fantomatica terra promessa. Ford, con la collaborazione dello sceneggiatore Nunnally Johnson e del fotografo Gregg Toland, si esaltò nei passaggi in cui la vibrante denuncia sociale si scioglie nelle maestose cadenze dell'esodo, scontando qualche verbosità e rallentamento di ritmo negli intermezzi più 'ragionati' e rooseveltiani; mentre F. seppe conferire al rude pragmatismo di Joad preziose sfumature di un risentimento più umano ed esistenziale che di classe. Prima di diventare mitico, il film ottenne un enorme successo e sette nominations all'Oscar (tra cui quella a F.), ma solo due premi al regista e all'attrice non protagonista Jane Darwell.Nell'agosto del 1942, dopo aver consolidato la propria fama con film imperfetti o di routine come The male animal (1942; L'uomo, questo dominatore!) diretto da Elliott Nugent e The big street (1942; Dedizione) di Irving Reis o con nuovi classici come l'eccentrica e trascinante commedia The lady Eve (1941; Lady Eva) di Preston Sturges e il commosso apologo progressista The ox-bow incident (1943; Alba fatale) di William A. Wellman, si arruolò in marina. Terminata la guerra, si ritrovò con Ford per interpretare My darling Clementine, la leggendaria vicenda dello sceriffo Wyatt Earp che sbaraglia all'O.K. Corral di Tombstone, con l'aiuto del medico alcolizzato Doc Holliday (Victor Mature), la banda degli spietati fratelli Clanton: uno dei western più coerenti e compiuti della storia del cinema, in cui lo 'stato nascente' di una civiltà si materializza nei panorami grandiosi, nelle ferme motivazioni dei personaggi, nelle scene di puro lirismo come il ballo all'aperto dove sorgerà la chiesa o il saluto finale alla donna amata sul limitare della città in formazione. Earp è un cowboy anomalo, ansioso di cancellare la dinamica wilderness del passato e di restituire alla comunità serenità e pace: l'aspetto forte e consapevole, i gesti essenziali e ieratici, il modo di parlare pacato e laconico di F. ‒ che si era già distinto in altri western come Jesse James (1939; Jess il bandito) di Henry King, Drums along the Mohawk (1939; La più grande avventura) di Ford, The return of Frank James (1940; Il vendicatore di Jess il bandito) di Lang ‒ ne fanno un personaggio shakespeariano nella sua immediatezza simbolica e nella sua eloquente storicità. Al contrario, appare forzato e retorico l'ambiguo prete cattolico di The fugitive (1947; La croce di fuoco) tratto, sempre da Ford, dal romanzo The power and the glory di G. Greene: un film tutto giocato sui chiaroscuri barocchi creati dal fotografo Gabriel Figueroa, ma eccessivamente schematico per liberare l'energia dell'attore. Il binomio si riformò con ben altro nerbo per realizzare Fort Apache, apoteosi negativa del fanatico colonnello Thursday, ricalcato sul noto profilo di G.A. Custer, che conduce i suoi cavalleggeri a farsi massacrare dai pellerossa nel cuore della Monument Valley: l'abilità affabulatrice del grande regista fu quella di lasciare al protagonista, 'al di qua' dell'altezzosa follia esibizionistica, un residuo delle doti di dedizione, onore e temerarietà inscindibili dai personaggi di Fonda.La sua carriera cinematografica si arrestò, a quel punto, per ben sette anni, nel corso dei quali il frustra-to amore per il palcoscenico sembrò prendere finalmen- te il sopravvento. In effetti Mr Roberts di Th. Heggene J. Logan e The Caine mutiny court-martial di H. Wouk, portati in scena rispettivamente nel 1948 e nel 1954, gli procurarono le migliori critiche mai ottenute, ma nel frattempo la vita privata fu sconvolta dal suicidio, nel 1950, della moglie Frances Seymour Brokaw, dalla quale aveva avuto i figli Jane e Peter, futuri attori. Fu proprio la versione per lo schermo di Mister Roberts (1955; Mister Roberts o La nave matta di Mr Roberts) a far ritornare l'attore sui suoi passi, ma le riprese suscitarono imprevedibili quanto durissimi contrasti con Ford, che alla fine venne sostituito da Mervyn LeRoy, e sancirono una definitiva rottura artistica con il vecchio mentore, anche se la stima reciproca non venne mai meno, come dimostra la solenne testimonianza resa da F. nel documentario di Peter Bogdanovich, tributo al genio del regista, Directed by John Ford (1971). Comunque, la commedia dal melenso retrogusto patriottico ‒ nella quale al marinaio interpretato da F., ansioso di partecipare in prima persona alla guerra nel Pacifico e invece assegnato alla routine di una nave da carico, si affiancano le invadenti maschere di James Cagney, William Powell e Jack Lemmon ‒ appare oggi datata e non giustifica il trionfalismo con cui fu accolta da pubblico e critica. Alternando da allora in poi il set alla ribalta (senza disdegnare la televisione, per la quale lavorò già dal 1955 per il telefilm The clown), F. fu un sin troppo attraente Pierre Bezukhov in War and peace (1955; Guerra e pace) di King Vidor, l'indimenticabile uomo medio Balestrero precipitato nell'incubo kafkiano di The wrong man (1956; Il ladro) di Hitchcock, l'insinuante ma poco convincente impresario playboy di Stage struck (1958; Fascino del palcoscenico) di Sidney Lumet e il nomade con il grilletto facile e la nomea di killer di Warlock (1959; Ultima notte a Warlock) di Edward Dmytryk. Nel momento in cui i registi tendevano a immedesimarlo in una rassicurante figura paterna (esemplare, a questo proposito, è il rapporto che il suo eroe tolstoiano stabilisce con la Natasha-Audrey Hepburn in War and peace), l'efficace prova d'esordio di Lumet 12 angry men (1957; La parola ai giurati) gli consentì di recuperare i valori degli inizi in un moderno contesto impegnato e polemico. La battaglia del probo giurato che si oppone agli undici colleghi, tutti decisi a condannare un giovane mulatto accusato di omicidio, inaugurò una serie di interpretazioni che fece di F. il padre nobile della cosiddetta altra America sempre propensa a capire le ragioni del 'diverso'. In una successiva e significativa escalation, fu un candidato alla carica di segretario di Stato in Advise and consent (1962; Tempesta su Washington) di Preminger, un idealista e indeciso aspirante presidente, ispirato alla figura storica di A. Stevenson, in The best man (1964; L'amaro sapore del potere) di Franklin J. Schaffner e, infine, il presidente degli Stati Uniti costretto a fronteggiare il pericolo di una guerra atomica scatenata per sbaglio in Fail safe (1964; A prova di errore) di Lumet. In effetti, le sue interpretazioni furono sempre all'altezza del suo talento, anche se nel clima della contestazione universitaria e delle lotte per i diritti civili registi meno autorevoli utilizzarono la sua figura ai limiti del cliché.

Non è casuale, peraltro, il fatto che la poliedrica misura espressiva del divo si dispiegò con maggiore intensità nelle parti più fosche, indocili e ambigue: il poliziotto individualista sempre ai ferri corti con i superiori di Madigan (1968; Squadra omicidi, sparate a vista!) di Donald Siegel, il gelido killer prezzolato dal magnate ferroviario di C'era una volta il West (1968) di Sergio Leone, il direttore della prigione di There was a crooked man (1970; Uomini e cobra) di Joseph L. Mankiewicz, il burbero e sboccato patriarca oppositore dei sindacati di Sometimes a great notion (1971; Sfida senza paura), secondo film diretto da Paul Newman, lo stoico e predestinato pistolero di Il mio nome è Nessuno (1973) di Tonino Valerii. L'evento più importante, tra le sue frequenti rentrée teatrali, fu però nel 1974 Clarence Darrow, il dramma di D.W. Rintels che ricapitolava i momenti salienti della vita del celebre penalista votato alla causa delle minoranze oppresse. Restando in solitudine per oltre un'ora e mezzo sul palcoscenico, con un unico spot a illuminargli il volto, F. finiva per ricongiungersi artisticamente con l'eroe di Young Mr. Lincoln. Malgrado i seri problemi di salute, la sua attività non mostrò segni di rallentamento dopo i settant'anni, anche se confinata in una serie di cammei più o meno prestigiosi (Midway, 1976, La battaglia di Midway, di Jack Smight; Home to stay, 1978, Una casa per sempre, film per la televisione di Delbert Mann; Fedora, 1978, il testamento artistico di B. Wilder; Wanda Nevada, 1979, di Peter Fonda) o nella crepuscolare prova di On golden pond.

Bibliografia

J.S. Springer, The Fondas, New York 1970; J. Brough, The fabulous Fondas, New York 1973; M. Kerbel, Henry Fonda, New York 1975 (trad. it. Milano 1976).

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