MANCINI, Henry

Enciclopedia del Cinema (2003)

Mancini, Henry (propr. Enrico Nicola)

Paolo Patrizi

Musicista e compositore statunitense, di origine italiana, nato a Cleveland il 16 aprile 1924 e morto a Los Angeles il 14 giugno 1994. Figlio di una cultura del jazz che si sarebbe riverberata in molti dei suoi lavori migliori, musicista per Orson Welles e Stanley Donen, ma soprattutto padre del tema conduttore dei film della serie della Pantera rosa, diretti da Blake Edwards. Una carriera che avrebbe portato a quattro Oscar, più varie nominations, sebbene la lunga gavetta gli avesse lasciato un certo disincanto al punto che nel 1989, ormai popolarissimo, pubblicò un'autobiografia Did they mention the music?, in cui si interrogò sul senso del suo lavoro.

Fin dall'infanzia, M. sembrò destinato a una vera carriera concertistica. Invece l'ex bambino prodigio, che a otto anni teneva i primi concerti per pianoforte, finì per suonare in una dance band. Interrotti gli studi a causa della Seconda guerra mondiale, si arruolò nell'Air Force modificando progetti e ambizioni. Dopo qualche anno di orchestre da ballo M. cominciò a lavorare nel 1951 alla Universal Pictures, per lo più come ghost composer e uscendo dall'oscurità solo in veste di arrangiatore. Notevoli, in questo senso, le collaborazioni con Glenn Miller per The Glenn Miller story (1953; La storia di Glenn Miller) di Anthony Mann e con Benny Goodman per The Benny Goodman story (1956; Il re del jazz) di Valentine Davies. I due incontri si rivelarono decisivi in quanto contribuirono ad acuire l'estro jazzistico di M. che soprattutto nello swing goodmaniano avrebbe trovato sollecitazioni per molte delle sue successive colonne sonore. Sarebbe bastato porre la dovuta attenzione a un film sfortunato come Touch of evil (1958; L'infernale Quinlan), capolavoro incompreso di Orson Welles, ampiamente manipolato dalla produzione, per aver chiaro il valore della colonna sonora. Ossessiva sotto il profilo ritmico-timbrico, estremamente composita, ricca di innesti etnici derivati dalla musica messicana: un autentico esercizio di stile. Il film invece fu trascurato, la sua musica ignorata e M. rimase, per l'Universal Pictures, il compositore di fiducia di Bud Abbott e Lou Costello (in Italia, Gianni e Pinotto): Lost in Alaska (1952; Gianni e Pinotto al Polo Nord) di Jean Yarbrough, Abbott and Costello go to Mars (1953; Viaggio al pianeta Venere), Abbott and Costello meet the mummy (1955; Il mistero della piramide), entrambi di Charles Lamont. Ma erano gli ultimi anni di anonimato: subito dopo Touch of evil M. infatti lasciò la casa di produzione e, per un gioco del destino, la prima committenza da freelance arrivò grazie a un ex redattore della Universal, Edwards, destinato a diventare il cineasta con cui si sarebbe identificata la carriera del compositore. Non ancora affermato come regista, Edwards gli commissionò la colonna sonora di un serial televisivo, Peter Gunn (1958-1960): un tema pulsante, ribattuto, minaccioso che giovò notevolmente alla popolarità della serie. Il sodalizio si ripeté con un secondo serial, Mr. Lucky (1959-1960), ma fu il passaggio al grande schermo che avviò l'irresistibile ascesa del musicista. M. assimilò il tono apparentemente frivolo ‒ in realtà raffinatissimo ‒ di Edwards, la levità del suo tocco, la capacità di contaminare più generi mantenendo un'impronta sempre riconoscibile. Nacque così un rapporto simbiotico tra regista e compositore, che trovò la sua prima concretizzazione in High time (1960; In due è un'alra cosa), per proseguire con Breakfast at Tiffany's (1961; Colazione da Tiffany): un 'classico' della commedia sofisticata, accompagnato da una musica brillante e da una canzone rimasta popolarissima ‒ Moon river ‒ grazie alle quali M. nel 1962 ottenne i suoi primi due Oscar. Un anno dopo giunse il terzo Oscar per Days of wine and roses (1962; I giorni del vino e delle rose), occasionale incursione di Edwards nel genere melodrammatico, tradotta da M. nella struggente canzone che dà il titolo al film. Il 1964 segnò il suo più grande successo: The Pink Panther (La Pantera rosa), con il suo popolarissimo leitmotiv per sassofono. Concepito da Edwards per Peter Sellers, da allora in poi quasi identificato con il personaggio dell'ispettore Clouseau, il film ebbe quattro sequels, tutti musicati da M. mantenendo il vecchio tema conduttore, cui avrebbero fatto seguito ‒ morto Sellers ‒ una quinta pellicola basata su vecchio materiale inutilizzato nei montaggi, The trail of the Pink Panther (1982; Sulle orme della Pantera rosa), e un'appendice oltre dieci anni dopo, Son of the Pink Panther (1993; Il figlio della Pantera rosa), protagonista Roberto Benigni. Tra gli altri risultati della collaborazione tra Edwards e M. meritano menzione l'esilarante The party (1968; Hollywood party), altro esercizio trasformistico di Sellers; lo spionistico-musicale Darling Lili (1970; Operazione crêpes suzette); 10 (1979); S.O.B. (1981), una partitura con virtuosistici assoli vocali di Julie Andrews; Victor/Victoria (1982), il quarto Oscar di M.; fino a Sunset (1988; Sunset ‒ Intrigo a Hollywood) e a Switch (1991; Nei panni di una bionda). Mentre tra le collaborazioni con altri registi vanno ricordate quelle con Donen per Charade (1963; Sciarada) e Arabesque (1966), con Howard Hawks per Hatari! (1962) e Man's favorite sport? (1964; Lo sport preferito dell'uomo), con Paul Newman in veste di regista per Harry and son (1984) e The glass menagerie (1987; Zoo di vetro). E infine quella con Vittorio De Sica per I girasoli (1970), occasionale incursione del musicista nel cinema italiano: una partitura sentimentale e in parte stereotipata, caratterizzata da violini in primo piano.

Bibliografia

E. Comuzio, Colonna sonora ‒ Dizionario ragionato dei musicisti cinematografici, Roma 1992, pp. 344-46; G. Rondolino, Cinema e musica, Torino 1997, p. 114.

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