LONGFELLOW, Henry Wadsworth

Enciclopedia Italiana (1934)

LONGFELLOW, Henry Wadsworth

Gian Napoleone Giordano Orsini

Poeta americano, nato a Portland nel Maine il 27 febbraio 1807, morto a Cambridge nel Massachusetts il 14 marzo 1882. La sua fu una vita tranquilla e prospera di professore e uomo di lettere celebre e sempre fortunato (se si eccettuano le due sventure familiari). Discendente di puritani, trascorse nella natia cittadina puritana una fanciullezza serena, su cui lasciò viva impressione la battaglia navale svoltasi nel 1812 nella baia davanti al porto, durante la guerra angloamericana. Compì gli studî universitarî nel 1822-25 al Bowdoin College di Brunswick (Maine); tra i condiscepoli c'era N. Hawthorne. Non appena laureato, fu nominato professore di lingue moderne (bisogna ricordare che il padre era uno dei "trustees" del College) e mandato a studiare per tre anni in Europa.

Viaggiò in Francia, Italia, Spagna, Germania, Olanda e Inghilterra, apprendendo lingue e letterature con grande facilità. Ritornò nel 1829 e tenne per sei anni la cattedra a Bowdoin. A ventiquattro anni (1831) sposava la prima moglie, Mary Potter, che doveva poi morire in Olanda durante il suo secondo viaggio in Europa (1835). Nel 1833 pubblicava i suoi primi libri di versioni dal francese e dallo spagnolo; nel 1835 passava alla Harvard University, succedendo a G. Ticknor nella cattedra di letterature moderne, e partiva per il suo secondo viaggio in Europa, dedicato particolarmente ai paesi scandinavi e alla Svizzera. Nel 1836 si stabiliva nella città di Cambridge, ove ha sede l'università Harvard, e dove l'ambiente e l'atmosfera ricordano più da vicino le città medievali della vecchia Europa, tanto care al poeta.

Nel 1839 pubblicò il suo primo volume di versi originali, Voices of the night, che contiene il celebre A Psalm of life; nel 1841 il volume di ballate (Ballads and other poems) che conteneva quella poesia Excelsior che doveva subito divulgarsi e renderlo celebre nei due continenti. A queste raccolte di versi fecero seguito molte altre, fino agli ultimi anni di vita del poeta.

Nel 1842 L. faceva un terzo viaggio in Europa, conoscendovi il Dickens e il Carlyle, e la bella e ricca Francesca Appleton, da lui sposata nel 1843. Nel 1854 guadagnava tanto con le sue opere che si ritirò dall'insegnamento per dedicarsi tutto alla letteratura. Nel 1861 accadeva la seconda e più straziante tragedia della vita di L.: la moglie moriva bruciata viva. Il poeta si immerse allora nello studio di Dante, da cui trasse la sua maggiore consolazione, e nel 1867 pubblicò la sua traduzione della Divina Commedia.

Nel 1868, venuto per la quarta volta in Europa, fu ricevuto con grandi onori in Inghilterra, ebbe lauree ad honorem dalle università di Oxford e di Cambridge, accoglienze ufficiali dalla regina, dal Gladstone, ecc. Ritornato alla Cambridge americana, fondava insieme con Lowell e Norton il Dante Club.

L'opera voluminosa del L. comprende liriche, traduzioni in versi, drammi, poemetti, romanzi. I romanzi (Outre-Mer, Hyperion, Kavanagh, 1834-49) deboli e disorganici, sono ormai caduti nell'oblio. Il talento lirico-idillico del poeta era non meno inadatto al dramma; persisté tuttavia in ambiziosissimi tentativi: una trilogia Christus che vorrebbe rappresentare tre momenti storici: il primo (Cristo) è rappresentato nella Divine Tragedy (1871-72), dove prende a materia, nientemeno, l'intero Nuovo Testamento; il secondo nella Golden Legend del 1851 per cui trasse lo spunto da Der arme Heinrich di Hartmann von der Aue e non esitò ad imitare elementi del Faust goethiano; il terzo nelle New England Tragedies (tragedie del periodo puritano in America) del 1851. Ugualmente artefatto e posticcio è il dramma The Spanish Student (1843) imitato dalla Gitanella del Cervantes.

Deboli sono in sostanza anche i poemetti, pur tanto celebrati nel secolo scorso: Evangeline (1847), in esametri, imitazione dell'Arminio e Dorotea del Goethe, narra anch'essa la storia di due amanti separati dalla cacciata di un'intera popolazione per un tirannico decreto; in L., Evangelina ritrova solo nella vecchiaia lo sposo, morente in un ospedale dove essa è infermiera. The Courtship of Miles Standish (1858), pure in esametri, narra il dilemma in cui si trova un giovine americano dei tempi puritani quando, andato a chiedere per un suo amico la mano di una fanciulla, si sente rispondere da lei: "ma perché non parlate per voi, Giovanni?"; (vecchio aneddoto di casa L.). In Hiawatha (1855) la materia è data dalle leggende dei pellirosse intorno all'eroe culturale Hiawatha (un personaggio di origine divina che insegna le arti, l'agricoltura, ecc., e parte misteriosamente, scomparendo nel tramonto): tentativo di epopea indigena americana, dove tuttavia la forma (metro: ottonario e stile: parallelismo) sono imitati dal Kalevala finnico, nello stesso modo che i due poemetti precedenti raccontano storie americane in metro classico (esametri). Ma in Hiawatha, dove il poeta non è costretto ad analisi psicologiche che gli sono estranee, raggiunge riusciti spunti nel genere idillico e pittorico.

Resta sempre memorabile la sua attivissima operosità di grande traduttore. Innamorato della poesia europea, delle tradizioni e delle leggende del vecchio mondo occidentale, e specialmente del Medioevo, egli ne sfoglia per tutta la vita il grande libro istoriato, traducendo i racconti più pittoreschi e le liriche più elevate con vivezza e fedele aderenza allo spirito. Le sue versioni dal francese, tedesco, spagnolo, anglosassone, latino non sono meno numerose e felici dei suoi rifacimenti, o rievocazioni poetiche: la saga di re Olaf (in Tales of a Wayside Inn, 1863) è un capolavoro di virtuosismo prosodico, per la varietà dei ritmi e la ricchezza di rime; note sono anche le sue imitazioni delle antiche ballate inglesi.

Dall'italiano tradusse sette sonetti e una canzone di Michelangelo, e il più celebre dei sonetti del Filicaia all'Italia. La sua Divina Commedia è una diligente e amorosa versione, ma inevitabilmente priva di quell'energia e concisione che mancavano al L. In buon italiano scrisse egli stesso un sonetto Il Ponte Vecchio di Firenze ("Gaddi mi fece; il ponte vecchio sono"). Raccontò di nuovo la storia del falcone di ser Federigo (Decameron, g. 5, n. 9), che ispirò anche il Tennyson, e la leggenda di re Roberto di Sicilia (ambedue nelle Tales cit., il cui schema a sua volta imita lo schema del Decameron e di Chaucer), rievocò il calabrese abate Gioacchino (The Abbot Joachim), scrisse una serie di scene drammatiche intorno alla vita di Michelangelo, e numerose liriche ispirate a paesi o figure d'Italia (San Francesco, Santa Filomena, Dante, Vittoria Colonna, Venezia, Firenze, Amalfi, Montecassino).

Ma quello che egli ha fatto per l'Italia lo ha fatto anche un po' per tutte le grandi letterature europee, rievocando e ricantando miti, leggende, eroi: da Carlomagno a Carlo V, da Lutero a Scanderbeg, dal barone normanno al pirata olandese, da Ermete Trismegisto a Simon Mago, da Walter von der Vogelweide al poeta Oliver Basselin, inventore del vaudeville; e giù giù, attraverso episodî poco noti o dimenticati, da Gaspar Becerra a Victor Galbraith, dalla battaglia della flotta francese all'eroismo americano della Cumberland. L. è un poco anch'egli un "poeta commosso della storia"; certe sezioni della sua opera poetica si configurano come le herderiane "voci dei popoli nei canti". Dal romanticismo ha derivato anche il gusto per la leggenda e per il Medioevo; egli stesso si rappresenta come uno che vada errando per il "vasto, oscuro, maestoso cimitero del passato" (Hermes). Anche per lui "sol nel passato è il bello"; la sua anima vive di là dall'Atlantico, tra le ombre e le memorie d'Europa. Onde il motivo lirico nostalgico, che è l'accento più vivo e più profondo della poesia di L.: quel sentimento di tristezza e desiderio che non è affine alla sofferenza, e che rassomiglia al dolore solo come la nebbia rassomiglia alla pioggia (The day is done). Lontano dalla sua vera patria, l'Europa, egli fantastica davanti al focolare viaggi per l'Italia solatia e "castelli di Spagna". La riviera di Amalfi gli ritorna come la visione di un paradiso perduto, e il mare infinito diventa segreto e misterioso, pieno del fascino di un'antica ballata spagnola (The Secret of the Sea). "Vecchio", "antico" sono gli epiteti più frequenti e più affettuosi, nell'opera di questo poeta del nuovo mondo. La sua stessa vita passata assume valore nostalgico: egli rievoca con infinita dolcezza e delicatezza, in quella che è forse la sua lirica migliore, "la mia giovinezza perduta" (cfr. anche Palingenesis). In un'altra lirica melanconica (The fire of driftwood) un fuoco improvvisato con rottami di naufragio diventa il simbolo del consumarsi dei naufragi del cuore, relitti di imprese che non torneranno più. La poesia è una Fata Morgana che sempre ci sfugge, e il poeta sente d'aver detto solo la metà del segreto (Prelude). Il vecchio mondo, così ricco di poesia e di fede, sta tramontando per sempre (Monte Cassino; cfr. The Bells of San Blas).

Si vede bene come questi motivi siano assai più ricchi di poesia che non le liriche di carattere didascalico tanto celebrate nel secolo scorso, e composte per lo più secondo uno schema fisso: prima la parabola, il simbolo, l'allegoria, poi, esplicitamente dedotta con un "così, analogamente", la morale, la sentenza, la massima (The Bridge, The Arrow and the Song, Seaweed, ecc.; più originali quelle in cui parte da una leggenda: The beleaguered city, King Trisanku, Vox Populi). In altre l'elemento didascalico è presentato nudo e crudo (A Psalm of life, Resignation, The Builders, ecc.). Di Excelsior nessuno è riuscito a capir bene la morale (vedi la discussione in E. A. Poe, recensione delle Ballads, 1842, dove è messo in piena luce il difetto d'origine delle poesie didascaliche). Alquanto ristretto è questo mondo etico piccolo-borghese, dove tutto assume un tono idillico, persino le poesie sulla schiavitù. Non si nega con ciò efficacia e delicatezza alle poesie d'indole familiare (Children, The Children's hour, The old clock, Haunted Houses, ecc.), in cui ritorna spesso il motivo nostalgico (ogni cuore ha la sua camera infestata).

Edizioni e traduzioni: Works, Riverside Edition, Boston, 1886-90. Poetical Works, Oxford 1906. Esistono anche edizioni Tauchnitz, Treves (Selected Poems, 1918), ecc. Una scelta delle poesie sull'Italia a cura di L. Pratesi, Milano 1931. Traduzioni italiane: sono elencate nel Saggio di V. G. Galati, preposto alla traduzione della Divina Tragedia di R. Cardamone, Torino 1928, e nella bibliografia della Cambridge History of American Literature, II, Cambridge 1919.

Bibl.: Biografie numerose: del figlio Samuel L. nella Riverside Ed. cit.; di E. S. Robertson, Londra 1887; di T. W. Higginson, Londra 1902 (2ª ed., 1914), ecc.; O. Smeaton, L. and his poetry, Londra 1913, fornisce una breve biografia e una scelta delle poesie.

Studî: P. Morin, Les sources de l'øuvre de H. W. L., Parigi 1913, con bibliogr.; H. S. Gorman, H. W. L. a Victorian American, New York 1926; I. L. Whitman, L. on Spain, New York 1927. Il miglior lavoro italiano è il citato saggio del Galati. Per i più vecchi studî italiani (F. Rodriguez, Roma 1902; I. Tosi, L. e l'Italia, Bologna 1906, ecc.) si veda il Galati (a cui si aggiunga F. Chimenti, Note sulla letter. amer., Bari 1894).

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata