HERA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

Vedi HERA dell'anno: 1960 - 1960

HERA ("Ηρα, Hera)

E. Homann-Wedeking

Una delle maggiori divinità dell'Olimpo. In età classica appare come figlia di Kronos e moglie di Zeus; simbolo della fedeltà e della castità matrimoniale, presiede alla vita del cielo atmosferico, è patrona' delle spose e loro protettrice durante i parti. Ma in origine dovette essere una delle grandi divinità preelleniche della natura, simbolo della Terra che si unisce al Cielo in un sacro connubio (ἱερὸς γάμος dal quale ha origine la vita.

Il culto greco di H. ebbe probabilmente origine ad Argo dove la dea, protettrice della città, era venerata nel vicino Heraion.

Oltre ad Argo, l'Iliade (iv, 51) ricorda Sparta e Micene come città particolarmente care alla dea; Pausania (iii, 17, 5) descrive uno xòanon di H. rubato dall'Heraion argivo e portato per breve tempo a Tirinto. Dall'Argolide il culto della dea si diffuse in tutto il Peloponneso (Ermione, Olimpia, Sicione, Corinto), in Boezia, in Eubea, a Creta, a Corinto, a Corfù, in Occidente (Selinunte, Crotone, Paestum, all'Heraion del Sele) e particolarmente a Sanio dove esisteva un famosissimo santuario della dea.

Le scoperte fatte nei santuarî di Argo e di Samo ci forniscono testimonianze della maniera in cui i Greci rappresentavano questa divinità. Ad esse si aggiungono i ritrovamenti fatti in templi di H. di altre località, le rappresentazioni delle dea su vasi, e le statue (conosciute anche da una ricca serie di copie romane).

Le figurine di terracotta più antiche rinvenute nei santuarî non si differenziano da quelle di altri idoli femminili. Specialmente notevole appare la debole accentuazione delle caratteristiche sessuali femminili. In alcune terrecotte la figura della divinità è caratterizzata da un velo che poggia sulla testa. Un velo simile è da supporre anche per le figure primitive dei templi: esso consisteva di velo tessuto e l'uso di esso assumeva speciale importanza nelle feste annuali. Siamo abbastanza informati dei riti della Hera di Samo: dopo la celebrazione delle nozze mitiche col dio del cielo, la immagine più antica della dea (un asse non dirozzato) veniva immersa nel bagno sacro e cinta di tralci. In virtù di tale rito H. riacquistava la verginità; così nel volgere di un anno ella era vergine, sposa di Giove, moglie e nuovamente vergine. La più antica statua votiva in marmo di Samo mostra H. nel tipo della cosiddetta Kore di Auxerre (v.); contemporaneo ad essa era il simulacro della divinità, opera di Smilis (v.). Una testa in calcare, proveniente da Olimpia ci dà un'idea di tale simulacro (la migliore spiegazione è sempre quella che la fa ritenere appartenente alla statua seduta di H., citata da Pausania, v, 17, i). Il resto di un attacco al di sopra della tempia sinistra rende probabile che da esso si partissero dei viticci vegetali, a ricordare la essenza antica della divinità della natura. Di qualità artistica superiore è una statua votiva di marmo, di grandezza alquanto maggiore del vero, offerta da Cheramyes alla dea nel santuario di Samo. H. è raffigurata col velo; purtroppo la testa, tronca, non e conservata. Elementi stilistici permettono di datare questa scultura verso il 550 a. C. Nello stesso momento uno scultore attico rappresenta per la prima volta H. quale sovrana dell'Olimpo in un rilievo di un frontone dell'acropoli di Atene che mostra Eracle accolto fra gli dèi. La dea troneggia quasi al centro della composizione in una severa posizione di prospetto ed appare più imponente di Zeus veduto di profilo. Questa rappresentazione della dea va intesa come una ulteriore evoluzione, dal punto di vista tipologico, della "Hera di Olimpia". Anche in alcune figurazioni vascolari si osserva la presenza di H. nella scena dell'ingresso di Eracle all'Olimpo, e qualche volta anche in quella della nascita di Atena dalla testa di Giove; in questo caso essa rimane però un personaggio secondario, il che avviene anche nelle rappresentazioni con adunate e cortei delle divinità, e in quella con la lotta dei giganti.

In modo diverso è raffigurata la dea nelle nozze sacre, lo hieròs gàmos. Come riferentesi a questo soggetto va interpretato un piccolo rilievo in terracotta trovato a Samo, unico esempio di una H. rappresentata secondo l'iconografia della divinità femminile dell'Asia Minore: la rappresentazione frontale della dea nuda e gli elementi del paesaggio indicano chiaramente una derivazione da modelli orientali, se anche non si può dubitare che le due figure vanno intese come quelle di Zeus e di H. (si confronti pure con un rilievo in legno, più recente di quello precedente sempre da Samo). Della stessa epoca è il frammento di un rilievo architettonico di Micene, di difficile interpretazione, che può forse essere senz'altro considerato come la testa ed il tronco di una H., nella rappresentazione di un hieròs gàmos. Questo tema è stato spesso trattato su metope: nella maniera più completa in una dell'Heraion di Selinunte (metopa in calcare, viso, mani e piedi di H. in marmo, ora nel Museo Naz. di Palermo). Anche i resti di una metopa del tempio di Apollo a Figalia sono stati interpretati come appartenenti ad un hieròs gàmos.

Questo soggetto è stato espresso secondo molte iconografie, alcune delle quali non sono giunte fino a noi. Una rappresentazione caratteristica è quella di una pittura dalla casa di un pompeiano, ammiratore di Omero.

Anche il Giudizio di Paride dà occasione alla presenza di Hera. La più antica raffigurazione si trova su di un pettine in avorio di Sparta. Un'anfora del Pittore di Paride della metà del VI sec. mostra H. velata; si può pensare, in questa esecuzione, che le figure rispecchino una voluta ironia da parte del pittore. Una pittura vascolare del Pittore di Meidias offre la soluzione classica e l'arricchimento di questo tipo. Malgrado la fattura artigiana, queste raffigurazioni di H. sono importanti perché permettono di farci un'idea della iconografia delle statue di H. in scultura.

Sono da considerare a tale proposito anche le raffigurazioni sui fregi con riunioni di divinità, che mostrano quasi sempre Zeus in compagnia di H. (Tesoro dei Sifnî a Delfi, Partenone ed Hephaisteion di Atene). In una raffigurazione vascolare dipinta da Oltos (v.) (dopo il 520 a. C., Tarquinia, Museo Naz.), H. manca; invece della dea appare Ganimede, dietro di lui si trova una donna seduta, rassomigliante ad H. nel tipo, ma indicata come Hestia in una iscrizione. La più bella figura vascolare del tardo V secolo rappresentante H. si trova su di un cratere a campana di Villa Giulia. Di pitture parietali in cui Zeusi, Euphranor e Asklepiodoros hanno rappresentato adunate di divinità, resta solo la menzione nelle fonti letterarie.

Il tipo matronale delle dee dell'epoca classica appare altrettanto appropriato per H. che per Latona, ma anzitutto per Demetra. Le statue della Hestia-Giustiniani (Roma, Museo Torlonia) della Demetra Cherchel-Berlino, anche dopo un accurato confronto con raffigurazioni accertate di H., non possono essere denominate con assoluta sicurezza. Proprio nel caso della Hestia-Giustiniani la particolare espressione matura, nobile e giovanile allo stesso tempo, l'atteggiamento altero della figura e il tessuto velato che poggia sulla testa, sembrano elementi decisivi per una interpretazione come Hera. Volentieri si vorrebbe riconoscere, fra i monumenti esistenti in copie di età romana, la H. di Alkamenes, che nella 2a metà del V sec. fu collocata sulla via del Falero (Paus., i, 1, 5); è molto verosimile infatti che di essa sia stata eseguita qualche replica. Il confronto col rillevo di un decreto della fine del V sec. a. C. (v. vol. ii, p. 961, fig. 1219), sul quale è probabilmente raffigurata una statua attica di H., permette di riconoscere nel tipo della statua Boboli-Berlino piuttosto una H. che una Demetra. La dea, di alta statura, è in piedi: il peplo fornito di cintura e ricoperto da un manto è reso, da un lato, in tutta l'abbondanza della stoffa, mentre dall'altro lato fa risaltare ancor più la figura. Sotto le pieghe profonde della veste la gamba sinistra è chiaramente visibile; essa è fortemente divaricata e il conseguente allargamento della parte inferiore della figura accresce la statica dell'insieme. Le pieghe pesanti che scendono nel mezzo del petto appaiono disposte in armonioso equilibrio, il velo non nasconde più il capo della dea, come nelle raffigurazioni della 1a metà del V sec., per cadere invece leggero sul dorso, sui lati delle spalle. La testa scoperta è sollevata, e il chiasmo delle membra (adottato dall'arte argiva), si esprime con molta naturalezza in questa figura attica; al braccio abbassato corrisponde la gamba tesa, al braccio attivo e sollevato che regge lo scettro, la gamba rilasciata. Considerazioni tipologiche, cronologiche e stilistiche rendono verosimile l'ipotesi che nelle repliche di questo tipo ci sia conservata la H. di Alkamenes. Al contrario, basandosi sull'aspetto iconografico, è da respingere l'identificazione con H. della cosiddetta Hera Borghese rappresentata in chitone.

Policleto eseguì, nel 420 a. C. circa, una statua seduta in oro ed avorio per l'Heraion di Argo (Paus., ii, 17, 4). Su monete del II sec. d. C. si nota una maestosa dea in trono; le raffigurazioni permettono di risalire alla iconografia, ma non allo stile del simulacro.

Il cambiamento della iconografia di H. da Alkamenes a Prassitele (autore di una statua della dea: Paus., ix, 2, 7) può essere dimostrato da un confronto fra il tipo Boboli-Berlino e una statua originale acefala di Samo (indicata in base al luogo di scavo e alla grandezza, quale H. di arte attica: è di marmo pentelico), datata negli anni intorno al 322 a. C. Nel particolare movimento del peplo, nella superficie ravvivata dal gioco di ombre delle pieghe, questa figura mostra come sia tramontata la tettonica e la semplicità degli antichi motivi La testa di questa caratteristica statua non è conservata.

Per la raffigurazione di H. dell'epoca tardoclassica può essere di aiuto la testa di Boston, anch'essa originale, di accentuata influenza prassitelica. Poiché la raffigurazione di Demetra in una statua seduta, originale di Cnido (v.), molto differisce dalla testa più grande del naturale di Boston, è più verosimile la interpretazione di questa come una Hera. Forse la sua qualità non appare tanto alta da poterla identificare con la H. di Prassitele, del tempio di Platea; essa è di un marmo pario, mentre per la statua di Platea si riferisce l'impiego di marmo pentelico.

Per il periodo propriamente ellenistico, III e II sec. a. C., esistono alcuni frammenti che, per la loro grandezza, il loro tipo e il luogo di provenienza, l'Heraion di Samo, ovviamente autorizzano ad una interpretazione come Hera. Fortunatamente uno di questi frammenti originali può esser messo in stretto parallelo con una statua con peplo da Palazzo Cesi che per questo motivo può essere identificata con molta probabilità come la copia di una statua di H. del maturo ellenismo. Le braccia sono moderne; quindi non ne conosciamo il movimento originale e gli eventuali attributi. La testa ed il corpo mostrano però che la dignità e la nobiltà della figura della dea non venivano rese da un tranquillo e statico atteggiamento, ma mediante un patetico movimento di torsione. Il rendimento delle vesti, le pieghe e le forme del corpo sono interamente subordinate a questo violento movimento così che anche nella struttura plastica della statua ne deriva una unità. Per l'età romana il tipo di H. passa alla corrispondente figura divina di Giunone (v.).

Monumenti considerati. - Testa di calcare da Olimpia: H. Riemann, inahrbuch, lxi-lxii, 1946-47, p. 30 ss. Hera di Cheramyes: E. Buschor, Altsamische Standbilder, Berlino 1934, fig. 86 ss. Frontone dell'acropoli di Atene: R. Heberdey, Altattische Poros-Skulptur, Vienna 1919, tav. i. Rilievo fittile da Samo con hierogamìa: R. Eilmann, in Ath. Mitt., lviii, 1933, p. 123, 2, fig. 69. Rilievo di legno da Samo: D. Ohly, in Ath. Mitt., lxviii 1953, p. 77 ss., Beil. 13. Rilievo da Micene: G. Rodenwaldt, in Corolla Curtius, Stoccarda 1937, p. 63 ss. Metopa da Selinunte: G. Lippold, Handbuch der Archäologie, iii, 1, Monaco 1950, p. 127. Metopa (?) di Figalia: G. Lippold, op. cit., p. 201. Dipinto pompeiano con hierogamìa: P. Herrmann, Denkmäler der Malerei d. Altertums, Monaco 1906 ss., tav. ii. Pettine di avorio da Sparta: R. Hampe, in Festschrift Schweitzer, Stoccarda 1954, p. 77 ss., tav. 12. Anfora con il Giudizio di Paride: P. Ducati, Pontische Vasen, Berlino 1932, tav. i. Pittura vascolare con il Giudizio di Paride: G. Becatti, Meidias, Un manierista antico, Firenze 1947, tav. 10. Cratere di Villa Giulia: G. Q. Giglioli, C. V. A., Italia, ii, iii, 1 d, tav. 1. Hestia Giustiniani: G. Lippold, op. cit., p. 104. Demetra Cherchel-Berlino: Staatliche Museen zu Berlin, C. Blümel, Römische Kopien griechischer Skulpturen des fünften Jahrhunderts, Berlino 1931, K. 168. Statua da Samo: M. Schede, in Abhandlungen d. Preussischen Akad. Wiss. - Phil. Hist. Klasse, 1929, tav. 14. Testa di Boston: L. D. Caskey, Catalogue of Greek and Roman Sculpture, Cambridge Mass., 1925, p. 63, n. 27. Giunone Cesi: H. S. Jones, The Sculptures of the Museo Capitolino, Oxford 1912, Stanza del gladiatore, n. 2.

Bibl.: W. H. Roscher, in Roscher, I, 2, c. 2075 ss.; Ch. Waldstein, The Argive Heraeum, I-II, Boston-New York 1902-1905, passim; Eitrem, in Pauly-Wissowa, VIII, 1912, c. 369 ss.; E. Buschor, in Ath. Mitt., LV, 1930, p. 2 ss.; D. Ohly, in Ath. Mitt., LXVI, 1941, p. i ss.; id., in Ath. Mitt., LXVIII, 1953, p. 25 ss. (si veda inoltre la bibl. indicata nell'elenco dei monumenti).