MANKIEWICZ, Herman J.

Enciclopedia del Cinema (2003)

Mankiewicz, Herman J. (propr. Herman Jacob)

Patrick McGilligan

Commediografo e sceneggiatore statunitense, di origine tedesca, nato a New York il 7 novembre 1897 e morto a Hollywood il 5 marzo 1953. Nel corso della sua carriera durata oltre un ventennio M. scrisse numerose sceneggiature per film di prestigio, anche se il suo nome resta, a ragione, indissolubilmente legato al capolavoro Citizen Kane (1941; Quarto potere) di Orson Welles, per la cui sceneggiatura ottenne l'Oscar nel 1942.

Figlio di immigrati tedeschi, dopo essersi laureato alla Columbia University, M. lavorò come cronista per "The New York tribune". Dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale nei marines, visse in Europa (Parigi, Berlino), lavorando come corrispondente per il "Tribune" di Chicago e, per un periodo, come direttore organizzativo della tournée europea della ballerina Isadora Duncan. Tornato negli Stati Uniti nel 1922, collaborò con George F. Kaufman come responsabile della rubrica teatrale del "The New York Times", divenendo in seguito redattore di quella del "The New Yorker". Come socio fondatore del cosiddetto Circolo dell'Algonquin ‒ un gruppo di brillanti esponenti del mondo letterario tra cui Kaufman, Robert Benchley, Dorothy Parker e Robert Sherwood ‒ ebbe modo di affilare il suo celebre spirito caustico. Nello stesso periodo iniziò a scrivere per il teatro, ma solo due sue pièces furono rappresentate a Broadway. Tra il 1926 e il 1930 M. lavorò alla Paramount Famous Lasky Corporation scrivendo didascalie per i film muti, e si distinse ben presto per il suo stile conciso e ironico. Nel 1926 scrisse con Tod Browning, che ne fu anche regista, la sceneggiatura di The road to Mandalay (Il capitano di Singapore), ma la sua carriera decollò a tutti gli effetti con l'avvento del sonoro. M. sceneggiò, e talvolta produsse, circa venti film tra il 1929 e il 1935, tra cui alcuni musical e numerose commedie considerate dei classici. In questo periodo, tra gli altri, scrisse The dummy (1929) di Robert Milton, tratto da un racconto di H. Ford e H.J. O'Higgins; produsse per i fratelli Marx i surreali Monkey business (1931) e Horse feathers (1932), entrambi di Norman Z. McLeod, come anche il bizzarro Million dollar legs (1932) di Edward F. Cline, basato su un suo soggetto ideato per W.C. Fields; e infine elaborò i prestigiosi adattamenti di due commedie di Kaufman e di Edna Ferber, The Royal family of Broadway (1930) di George Cukor e Cyril Gardner, realizzato in collaborazione con Gertrude Purcell, e Dinner at eight (1933; Pranzo alle otto) sempre di Cukor, scritto con Frances Marion. Passato alla Metro Goldwyn Mayer nel 1933, M. si trovò coinvolto in una serie di film mediocri, e la sua carriera subì una battuta d'arresto dovuta ai rapporti burrascosi con i produttori e all'irregolarità con cui si dedicava al lavoro. Tornato a New York nel 1936, lavorò a un dramma, mai prodotto, sulla figura di John Dillinger, ricostruita attraverso le persone che avevano conosciuto il famoso criminale, secondo un approccio che sembra prefigurare la sceneggiatura di Citizen Kane. La genesi di questo film fu influenzata anche dall'amicizia con il magnate della stampa William Randolph Hearst, che M. frequentò assiduamente per un certo periodo, dapprima nutrendo ammirazione nei suoi confronti e poi provando disgusto per le sue posizioni politiche ed editoriali conservatrici (Kilbourne 1984).

Nella seconda metà degli anni Trenta M. riuscì a dare il proprio contributo soltanto a un limitato numero di film: curò i dialoghi (anche se non accreditato) per The emperor's candlestick (1937; I candelabri dello zar) di George Fitzmaurice, collaborò a John Meade's woman (1937) di Richard Wallace, scrisse il soggetto di My dear miss Aldrich (1937) di George B. Seitz e, con Ben Hecht, quello di It's a wonderful world (1939; Questo mondo è meraviglioso) di W.S. Van Dyke; ma venne infine licenziato dalla MGM per i suoi eccessi nel gioco d'azzardo. Fu quindi contattato da Orson Welles, insieme al quale cominciò a sviluppare l'idea di un film su un tirannico magnate della stampa ispirato proprio alla figura di Hearst. La sceneggiatura vinse l'Oscar, che fu assegnato a entrambi gli autori, ma la ripartizione dei meriti nell'indiscusso e imperituro capolavoro che ne risultò, Citizen Kane, è oggetto di aspre controversie, anche se la nota critica P. Kael (1971), sulla base di un'approfondita analisi della sceneggiatura, attribuisce a M. un ruolo determinante. Il film comunque ridiede lustro alla sua fama e fu seguito da The pride of the Yankees (1942; L'idolo delle folle) diretto da Sam Wood, una biografia romanzata del giocatore di baseball Lou Gehrig interpretato da Gary Cooper, che ottenne un notevole consenso di pubblico e valse a M. e a Jo Swerling una nomination all'Oscar per la migliore sceneggiatura. Tra gli altri film del periodo: The enchanted cottage (1945; Il villino incantato) di John Cromwell, scritto in collaborazione con DeWitt Bodeen e tratto dalla pièce teatrale di A.W. Pinero, e A woman's secret (1949; Hai sempre mentito), un noir minore ma serrato e interessante diretto da Nicholas Ray. L'ultimo film da lui sceneggiato fu The pride of St. Louis (1952) di Harmon Jones, stereotipa biografia del giocatore di baseball Dizzy Dean.

Oltre ad aver attirato a Hollywood numerosi scrittori di New York, M. diede avvio a una vera e propria dinastia familiare, i cui esponenti hanno continuato a lavorare nel mondo del cinema e della televisione, a partire dal fratello minore Joseph L. Mankiewicz, che ne eguagliò i meriti. Il figlio di Herman, Don (n. 1922), fu anch'egli sceneggiatore, e ottenne una nomination all'Oscar per il film (scritto in collaborazione con Nelson Gidding) I want to live! (1958; Non voglio morire) di Robert Wise. Tom (n. 1942), figlio di Joseph, ha collaborato alla sceneggiatura di alcuni film della serie di James Bond e di Superman negli anni Settanta.

Bibliografia

P. Kael, The Citizen Kane book: raising Kane, Boston 1971; R. Meryman, Mank: the wit, world and life of Herman Mankiewicz, New York 1978; D. Kilbourne, Herman Mankiewicz, in Dictionary of literary biography, 26° vol., Detroit 1984, ad vocem.

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