HIMALAYA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

HIMALAYA

Giuliano Bellezza

(XVIII, p. 499; App. I, p. 709; III, I, p. 813)

Nel 1988 una serie di misurazioni ha accertato che l'Everest è sempre la più alta montagna del mondo, con 8872 m di altezza. I geologi sono sicuri che l'intera catena sia tuttora in fase di accrescimento, dato che continua la spinta verso nord da parte della penisola indiana: una ridotta porzione di crosta litosferica si consuma in profondità, mentre l'orlo strutturale del continente subisce un sollevamento.

L'attività alpinistico-sportiva, una volta raggiunte tutte le vette maggiori, si è sbizzarrita in imprese quali l'ascensione all'Everest di un gruppo di sole donne o di un gruppo includente persone handicappate. All'era delle ascensioni di massa, con un sempre maggiore impiego di mezzi sofisticati e attrezzature costose, ha fatto seguito un nuovo tipo di imprese, di cui è stato iniziatore l'italiano R. Messner: l'ascensione in solitaria con il minimo impiego di mezzi possibile, rinunciando anche all'uso dell'ossigeno, ritenuto fino ad allora indispensabile a quelle altezze. Con questo sistema Messner è riuscito, negli anni Ottanta, a scalare tutti i quattordici ''Ottomila''.

Le scalate hanno importanza nella regione himalayana, essendo tuttora una delle maggiori fonti di movimento e traffico. La situazione politica infatti, pur nella mancanza di ostilità dichiarate, è sempre abbastanza tesa da impedire lo sviluppo di grandi vie di comunicazione e del commercio. L'imponente catena è indubbiamente il maggiore ostacolo fisico esistente sulle terre emerse del pianeta, tuttavia il volume potenziale di traffico tra i due enormi aggregati umani della Cina e dell'India (più di quattro decimi dell'intera umanità) potrebbe indurre a costruire, e usare intensamente, una notevole serie di vie di comunicazione. Basti considerare il gran numero di ferrovie transandine, realizzate in condizioni di traffico potenziale ben inferiore.

Alle due estremità della catena si hanno situazioni conflittuali tra i paesi confinanti, strascichi odierni di conflitti antichi di lontana periferia tra Cina e India. All'estremità occidentale della catena, al limite tra i rilievi dell'H. e del Karakorum, nella regione dei Monti Ladakh, il conflitto coinvolge India, Pakistan e Cina. A sud delle linee di cresta il Pakistan amministra il territorio di Jammu (che si estende però più nel massiccio del Karakorum che nella catena himalayana) e l'India amministra il territorio del Kaśmir, ma tutti e due i paesi rivendicano la sovranità su entrambi i territori. Sul versante settentrionale l'India rivendica nel territorio amministrato dalla Cina una parte che si spinge fino alle falde dei Kunlun Shan. All'estremità orientale dell'H. è la Cina a rivendicare la regione dell'Aruṇacal Pradeś, completamente volta a sud, e amministrata dall'India; dopo gli episodi bellici degli anni Sessanta e il mai chiarito ritiro delle truppe cinesi, tuttavia, non si sono verificati ulteriori combattimenti.

Il settore a nord della linea di cresta è quasi totalmente in territorio cinese, nell'ambito della regione autonoma del Tibet (non si può parlare di ''versante settentrionale'', perché la zona è ancora a sud rispetto alla linea spartiacque). Una volta espropriati i conventi lamaisti, la riorganizzazione agricola è stata volta ad aumentare la produzione di cereali di montagna, lottando con le severe limitazioni ambientali: altezze superiori ai 4000 m, scarsa piovosità concentrata nella breve stagione estiva e fortissime pendenze medie. I corsi d'acqua, di conseguenza, sono tutti soggetti a fortissime variazioni di portata, erodono profondamente sui versanti e nei detriti morenici, coprendo il fondo delle vallate con materiali grossolani permeabili, salvo invaderle completamente durante le piene. I raccolti permangono quindi piuttosto poveri: prevale ancora nettamente l'orzo e la produzione di riso montano è scarsa, come quella del mais che stenta ad affermarsi. Nel settore dell'allevamento lo yak rimane in pratica l'unico animale in grado di fornire una base proteica (carne e latte), pelo per il feltro, pellame per calzature (e addirittura per modeste e instabili imbarcazioni fluviali), oltre a svolgere una qualche funzione come animale da trasporto. In complesso la densità di popolazione di questo settore himalayano si mantiene inferiore ai 10 ab./km2.

La viabilità è stata migliorata, pur se la copertura artificiale è praticamente limitata ai dintorni del capoluogo tibetano, Lhasa, e a vari tratti della grande arteria che, lungo gli alti corsi del Brahmaputra e dell'Indo, percorre tutta la regione pedemontana. Non a caso i centri che hanno avuto il maggiore sviluppo demografico sono quelli posti su questa strada, in particolare nei punti dai quali partono le rarissime camionali transhimalayane: Xigazê, da dove parte la via che, per Gyanzê, giunge a Gangtok (Sikkim); Lhatse, da dove comincia la via che ha oggi il maggiore traffico, quella che, salendo per Tingri e Nyalam, scende infine verso Katmandu (Nepal). Al margine occidentale della catena, pur permanendo le tensioni prima accennate, esistono strade tra il Tibet e l'India: lungo il Sutlej da Gartok verso Śimla (Himacal Pradeś) e nei monti del Ladakh, da Cha-hsi Kang verso Leh (Kaśmir). Non altrettanto avviene al margine orientale, dove si verificarono gli scontri negli anni Sessanta e dove la valle del Brahmaputra potrebbe permettere un passaggio relativamente agevole. Nel lato tibetano una strada scende lungo il Chayu, affluente di sinistra del Brahmaputra, ma praticamente si arresta al confine con l'Aruṇacal Pradeś, la regione contesa. Il primo collegamento camionale a est di quello per il Sikkim è quello che, addirittura al di là dei bacini dell'Iravaddi e del Salvin, scende verso l'Indocina lungo la valle del Mekong, decisamente al di là dei limiti orientali dell'Himalaya.

L'estremità occidentale della catena è attualmente sotto sovranità indiana, parzialmente contestata dal Pakistan. Il settore contestato è il Kaśmir (considerando lo Jammu pakistano come facente parte del Karakorum e non dell'H.), ampio 138.995 km2 e con quasi 6 milioni di ab. nel 1981 (43 ab./km2). Indiane senza alcuna contestazione sono le regioni dell'Himacal Pradeś (55.673 km2 e 5.111.079 ab., 92 ab./km2) nel bacino del Sutlej e la parte montana dell'Uttar Pradeś, nel bacino del Gange, simile alla precedente per estensione e popolazione. La densità nelle zone volte a sud è ben superiore, per le migliori condizioni climatiche. Dal corso del Sutlej parte il grande schema irriguo del Canale del Rajasthan, diventato operativo al termine degli anni Ottanta. Agronomi locali e stranieri sono all'opera per migliorare le colture di riso montano, ma il governo persegue anche campagne demografiche per rallentare l'incremento di popolazione.

Problemi relativamente minori deve affrontare il Nepal, stato completamente himalayano, ampio 147.181 km2 e con oltre 18,9 milioni di ab. nel 1990 (134 ab./km2). Il territorio è posto nei contrafforti più meridionali della catena, con buone possibilità agricole nella valle di Katmandu. Una politica da alcuni giudicata eccessivamente liberale nei confronti degli oppiacei ha determinato un'affluenza di turisti occidentali; pur se non particolarmente benestanti, essi hanno tuttavia portato un flusso di denaro localmente considerato ingente.

Lo sviluppo, peraltro, non è stato omogeneo, in quanto molto spostato verso il settore orientale: su meno di metà del territorio vive il 70% della popolazione, e solamente pochi stranieri si recano nelle zone occidentali. Pur vantando un'assoluta autonomia dai giganteschi confinanti, il Nepal per la verità non sviluppa quanto sarebbe possibile i commerci con la Cina, proprio al fine di mantenere una specie di rapporto privilegiato con l'India.

Uno degli altri due stati completamente himalayani, il Sikkim (7299 km2 e 405.505 ab. nel 1991, pari a 56 ab./km2), è stato totalmente inglobato nell'Unione Indiana nel 1975. Il Bhutan invece, pur dipendendo dall'Unione Indiana per la difesa e la politica estera, mantiene ufficialmente uno status indipendente, che gli garantisce un seggio all'ONU. La sua superficie è di 46.500 km2, e la popolazione è stata stimata in circa 600.000 ab. nel 1991 (13 ab./km2); etnicamente gli abitanti sono nepalesi, e del tutto simile a quella nepalese è l'economia. Va rimarcato, piuttosto, che questa non ha mostrato negli ultimi anni neppure i modesti aggiornamenti constatabili nello stato totalmente indipendente del Nepal.

L'estremo settore sudorientale è la regione contesa dell'Aruṇacal Pradeś: 83.578 km2 con 858.392 ab. nel 1991, circa 10 ab./km2. La densità di tipo ''tibetano'', ma con condizioni ambientali ''indiane'', fa comprendere come, perdurando le tensioni, il governo indiano stia semplicemente mantenendo il controllo territoriale, ma senza programmare interventi di sviluppo. Nel 1986 il Congresso ha attribuito a questo territorio la qualifica di Stato dell'Unione (esattamente il 24°).

Bibl.: T. Dupuis, L'Asie méridionale, Parigi 1969 (trad. it., Milano 1973); N. J. Ngapo, Tibet, Milano 1981; G. Corna Pellegrini, L'Asia meridionale e orientale, 2 voll., Torino 1983.

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