Homo oeconomicus

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

homo oeconomicus


Individuo astratto, definito per la prima volta da J.S. Mill (➔), del cui agire nella complessa realtà sociale si colgono solo le motivazioni economiche, legate alla massimizzazione della ricchezza. Secondo Mill, tramite la nozione di h. o. l’economista non deve prendere in considerazione la realtà umana nella sua complessità, ma solo le ragioni economiche del suo agire, sgombrando il campo da tutte le irrazionalità, le convenzioni, i costumi morali e le altre regole di condotta che pure incidono nelle sue decisioni. In questo senso, questa figura teorica si pone come universale, in quanto le scelte dell’h. o. non sono condizionate dall’ambiente in cui si trova.

Nella teoria economica attuale, il concetto di h. o. si identifica semplicemente con il principio di razionalità (➔) dell’agente economico, nel senso che il suo comportamento, volto a raggiungere dati obiettivi sotto determinati vincoli, rispetta criteri di coerenza interna a partire da certi assiomi. Questa ipotesi è posta a fondamento della teoria microeconomica delle decisioni individuali, in un modello del tutto astratto. In esso, l’operatore sceglie tra un insieme di alternative possibili in base ai propri gusti, sintetizzati da una relazione di preferenza, la quale costituisce la caratteristica primitiva degli individui e rispetta gli assiomi di razionalità: completezza e transitività (➔ preferenze, assiomi sulle p). In particolare, una relazione di preferenza si dice completa se essa è ben definita per ogni possibile coppia di alternative; è, inoltre, transitiva, se non può accadere, per es., che l’individuo preferisca una mela a una banana e una banana a un’arancia, ma anche un’arancia a una mela. Queste ipotesi, per quanto intuitive, sono piuttosto forti e possono non essere verificate in casi pratici. Un esempio in questo senso è dato dall’effetto di framing (➔ framing effect) proposto da D. Kahneman e A. Tversky, secondo cui le scelte degli agenti possono cambiare al variare del modo di formulare un problema. È possibile, tuttavia, fare a meno degli assiomi sulle preferenze individuali, definendo direttamente il comportamento di scelta degli agenti come la caratteristica primitiva individuale. L’ipotesi base di questo approccio è data dal cosiddetto assioma debole delle preferenze rivelate (➔ rivelate, preferenze), che impone una proprietà di coerenza al comportamento decisionale che ricalca i precedenti assiomi di razionalità, ma lascia anche spazio, in linea di principio, a forme più generali del comportamento individuale e, soprattutto, evidenzia che una teoria delle scelte degli agenti può essere fondata su basi unicamente comportamentali, e non necessariamente su un processo di introspezione.

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