Zwingli, Hulderich (o Huldrych)

Dizionario di filosofia (2009)

Zwingli, Hulderich (o Huldrych)


Zwingli, Hulderich

(o Huldrych) Riformatore religioso svizzero (Wildhaus, Toggenburg, 1484 - Kappel, Toggenburg, 1531). Fu il fondatore della Chiesa propriamente detta «riformata», l’espansione e il rafforzamento della quale si devono invece all’opera di Calvino.

La vita e l’attività di riformatore

Di formazione umanistica (studiò a Basilea e a Vienna, dal 1498 al 1506), fu presto seguace di Erasmo da Rotterdam, con il quale si incontrò nel 1515, e venne considerato, prima della sua attività di riformatore, come uno dei principali umanisti svizzeri. Come parroco di Glarona e predicatore al servizio pontificio (fino al 1520 percepì una pensione papale) partecipò anche alle questioni politiche e all’attività militare dei suoi Glareani (1513, 1515). Nel 1515 dovette abbandonare Glarona, dove era prevalso il partito francese da lui avversato, e fu nominato pievano presso il santuario di Einsiedeln, dove cominciò una predicazione di tipo erasmiano; pievano quindi (1519) della Grossmünsterkirche di Zurigo, vi cominciò subito a predicare secondo un preciso programma, commentando il Vangelo in vista di un rinnovamento etico-religioso della vita cristiana, e polemizzando politicamente contro la curia avida di denaro e umanisticamente contro il culto dei santi, gli ordini religiosi degenerati, il purgatorio, e per una dottrina religiosa più elevata e semplificata. In primo luogo Z. ottenne che la città di Zurigo si sciogliesse dal sistema di pensioni che legavano, in vista del servizio mercenario, i cantoni svizzeri ai grandi Stati europei, invitando tutta la Svizzera a seguirne l’esempio (1521-22); insieme con questa opera d’indipendenza politica, Z. promosse quella religiosa: nel 1520 il Senato della città ordinava ai preti di predicare unicamente su base scritturale, lasciando da parte le «aggiunte e interpretazioni e innovazioni»; nel 1522 aveva inizio anche la lotta contro le «cerimonie», con una riunione di canonici (fra i quali Z. era stato nominato dal Senato nel 1521) e cittadini per rompere solennemente il precetto pasquale. Così, nella lotta contro l’arcivescovo di Costanza, Z. ebbe sempre l’appoggio del Senato, dal quale emanarono alcune importanti misure di riforma (luglio 1522, imposizione di predicare scritturalmente anche al clero secolare; fine 1522, libertà di predicazione della Riforma; 1523, assunzione dell’amministrazione della Chiesa da parte del Senato; 1528, istituzione del sinodo). Tali misure furono da Z. ispirate, preparate dottrinalmente (Archeteles sulla dottrina come unica autorità e contro il primato del papa, 1522; disputatio di Zurigo e presentazione delle 67 conclusiones, programma di riforma eseguito poi gradualmente dal Senato, 1523; Commentarius de vera et falsa religione, dedicato a Francesco I, 1525, l’esposizione sistematica della teologia di Z.) e propagate. Z. si trovò presto, come Lutero, a dover combattere contro elementi radicali ed estremisti (anabattisti, «spiritualisti»); ma a differenza di Lutero egli cercò di avversarli sul piano politico-dottrinale (elaborando i concetti della Chiesa del popolo e dell’autorità statale, mentre la sua dottrina teologica rimaneva vicina a quella dei gruppi radicali), riuscendo a frenare con relativamente scarso uso di violenza il movimento anabattistico. Intanto anche Berna (1528) e Basilea (1529) passavano alla Riforma sull’esempio di Zurigo, mentre i cinque cantoni cattolici insieme con Friburgo e il Vallese si univano in alleanza sotto la protezione di Ferdinando d’Asburgo; così, quando Z. ebbe riunito attorno a Zurigo, oltre a Berna e Basilea, Costanza, Biel, San Gallo, Mülhausen (poi Sciaffusa e Strasburgo), si venne alla guerra, iniziata da Zurigo, e terminata in una tregua contro la volontà di Z., il quale tuttavia cercò di approfittarne per sviluppare la primitiva alleanza di città in una lega europea antiasburgica; ma il fallimento del colloquio di Marburgo e l’ostilità di Berna la fecero fallire, mentre la Fidei ratio inviata ad Augusta non vi veniva neppure presa in considerazione. Quando si ripresero le armi, gli Zurighesi si trovarono sulla difensiva contro i cantoni cattolici esasperati dal blocco del grano, del sale, del vino, del ferro, posto contro di loro da Zurigo su consiglio di Z.; la guerra finì rapidamente con lo scontro di Kappel, dove Z., ferito e trovato dai cattolici, essendosi rifiutato di confessarsi e d’invocare i santi e la Madonna, fu ucciso, e il suo cadavere squartato come quello di un traditore della Confederazione e bruciato come quello di un eretico.

Il rapporto con Lutero

Il colloquio di Marburgo (1529), che segnò il punto culminante della disputa sacramentaria, mostrò palesemente il distacco fra Z. e Lutero, rivelando l’impossibilità di conciliare la dottrina di Z. dell’eucarestia, come simbolo commemorativo della cena, con il tradizionalistico concetto che ne aveva Lutero; il che fece fallire i piani di Filippo d’Assia per un’alleanza antiasburgica di tutti i paesi e di tutte le forze della Riforma. Ma tutta la dottrina della religione e l’attività di Z. hanno un’impronta originale di fronte a quelle di Lutero: vanno rilevati il forte e persistente influsso umanistico, non solo erasmiano, ma anche di Pico della Mirandola (concetto universalistico della fede cristiana, che va al di là dello stesso scritturalismo); la concezione della maestà assoluta e unica di Dio creatore e della inanità delle opere umane, che conduce alla critica radicale dei sacramenti e delle tradizioni; e infine il concetto rigorosamente soggettivistico della fede, derivante sì solo da vocatio, destinatio et electio divina, ma consistente in un atto dell’individuo, avente valore soltanto per l’individuo interiore, e inseparabile da tutto il generale atteggiamento del suo spirito. Z. non si distaccava da Lutero soltanto nella questione dell’eucarestia (la quale poneva per la prima volta criticamente la questione dell’essenza del cristianesimo), ma anche nella cristologia, tacciando di assurdità la dottrina luterana dell’ubiquità di Cristo, e nella concezione della Chiesa come «popolo dei fedeli», che si identificava, sì, con lo Stato, teoricamente (Stato cristiano, che ha il compito di realizzare la volontà di Dio espressa dalla Bibbia), ma in partic. con lo Stato repubblicano dei Cantoni svizzeri, governato non da un principe assoluto, ma da uomini educati dalla «Chiesa del popolo» stessa. Z. subordinò sempre la politica alla religione: questo spiega come egli non esitasse a spezzare l’unità della Confederazione, e anche a rinunciare ai suoi piani di politica internazionale. Le opere di Z. sono state edite da W. Köhler e O. Farner, in prosecuzione di E. Egli, nel Corpus reformatorum (1905-91, voll. 87-101).

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