INGHIRAMI, Iacopo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 62 (2004)

INGHIRAMI, Iacopo

Marco Gemignani

Nacque a Volterra nel luglio 1565 da Giovanni, di famiglia volterrana di lontane origini tedesche, e da Lucrezia Falconcini.

L'I., rimasto presto orfano di entrambi i genitori, si dedicò agli studi umanistici e alla musica, ma, indirizzato verso la professione delle armi, entrò nell'Ordine dei cavalieri di S. Stefano, milizia creata da Cosimo I de' Medici nel 1562 con lo scopo di combattere gli Ottomani nel Mediterraneo. Ricevette l'abito di cavaliere il 13 giugno 1581, per mano del commendatore maggiore M. Sforza, e iniziò il triennio di addestramento teorico-pratico previsto per i giovani membri della milizia. Terminato il corso, iniziò a navigare sulle galere stefaniane, prendendo parte a numerose crociere. Dopo alcuni anni divenne comandante di una compagnia di fanteria imbarcata. Nell'autunno 1590 ebbe per la prima volta il comando, seppure per un solo mese, della galera "S. Giovanni".

Nel 1593 lasciò temporaneamente il servizio nella marina stefaniana per andare a battersi in Francia, sconvolta dalle guerre di religione, nell'esercito della Lega cattolica allora sotto la guida di Philippe Emmanuel de Lorraine duca di Mercoeur. Rientrato in Toscana all'inizio del 1596, il 25 aprile fu nominato dal nuovo granduca e gran maestro dell'Ordine stefaniano Ferdinando I de' Medici comandante della "Livornina", la più piccola nave della Marina dell'Ordine. Distintosi in numerose crociere compiute isolatamente oppure insieme con altre unità, il 2 apr. 1599 l'I. divenne capitano della "Padrona", la seconda galera della flotta per importanza. Questa promozione suscitò il rancore di M.A. Calefati, comandante della flotta, che avrebbe gradito che tale prestigioso incarico fosse affidato al nipote C. Angelini.

Dopo un fallito attacco contro l'isola di Chio e un'abortita operazione anfibia contro il borgo di Djidjelli (oggi Jijel) in Algeria, la squadra dell'Ordine il 9 luglio 1599 effettuò uno sbarco per conquistare il vicino abitato di Al Kholl. I musulmani però resistettero all'attacco, obbligando i reparti di Ferdinando I a ritirarsi; durante la delicata fase del reimbarco l'I. fu ferito al petto da un'archibugiata. A Messina, dove era riparata la flotta, l'I. ebbe un alterco con Calefati e i due arrivarono quasi al duello; sull'episodio fu aperta un'inchiesta, al termine della quale l'I. fu riconfermato al comando della "Padrona". Nell'autunno del 1600, in occasione del viaggio per condurre Maria de' Medici in Francia per le nozze con Enrico IV, l'I. ebbe il temporaneo comando della "Capitana" stefaniana, l'ammiraglia della flotta. In seguito alla morte di Calefati, avvenuta l'8 nov. 1601, Ferdinando I decise di affidare le navi stefaniane all'I., a C. Angelini e a L. Pitti, ognuno dei quali avrebbe retto il comando per una crociera, avvalendosi della collaborazione degli altri due. Il primo cui spettò tale incarico fu l'I., che nel 1602 con sei unità remiere compì una crociera in Levante della durata di oltre tre mesi. I risultati conseguiti in questo viaggio furono eclatanti (vennero addirittura catturate le galere capitana e padrona di Alessandria d'Egitto), specialmente se confrontati con quelli raggiunti nel corso delle due successive crociere, nelle quali il comando della squadra fu assegnato ad Angelini e a Pitti.

Per tutto il 1603 le navi furono dirette dall'I., che il 18 ottobre rimase nuovamente ferito durante il combattimento che portò alla cattura della capitana di Tunisi. A seguito della scomparsa degli altri due cavalieri con i quali si alternava al comando della flotta, il 27 luglio 1604 fu nominato viceammiraglio e il 30 maggio 1605, dopo il vittorioso attacco a Prevesa, venne promosso ammiraglio per la durata di tre anni. In tale veste prese parte a parecchie crociere nel Mediterraneo e nell'Egeo (di solito tre o quattro l'anno) e compì ardite operazioni contro centri rivieraschi musulmani. Obbedendo alle disposizioni di Ferdinando I, si unì sovente con le galere dell'Ordine all'armata navale cattolica, che di solito si concentrava a Messina e in una di queste occasioni, il 27 sett. 1606, ebbe modo di mettersi in luce per avere costretto alla resa la padrona di Biserta, sebbene il successo gli fosse costato una seria ferita a una gamba. Le ripetute vittorie fecero riconfermare l'I. per ben tre volte di seguito ammiraglio della squadra stefaniana nei capitoli generali dell'Ordine che si tenevano con cadenza triennale, e per i suoi meriti, oltre a ricevere alcune commende, il 23 giugno 1616 fu creato marchese di Montegiovi e il 23 luglio priore di Borgo Sansepolcro.

Nel 1617 ebbe contatti con Galileo Galilei riguardo alcuni esperimenti fatti con un particolare cannocchiale concepito per essere utilizzato dalle vedette delle navi. Il 2 febbr. 1618 fu nominato governatore di Giustizia del presidio, della città e del porto di Livorno e in tale veste ebbe modo di battersi per evitare speculazioni sul cambio delle monete, per ridurre le pretese dei navicellai e per istituire un corpo di pompieri.

Il 7 apr. 1621 fu richiamato a comandare la squadra navale stefaniana con il grado di generale delle galere, titolo che mantenne sino al giorno della sua morte, avvenuta a Volterra il 3 genn. 1624 probabilmente per una terzana.

La salma fu inumata nel duomo nella cappella di S. Paolo, fatta costruire dallo stesso I. in omaggio al santo protettore della sua famiglia.

Fonti e Bibl.: Volterra, Arch. Inghirami, filza 58; Arch. di Stato di Firenze, Carte Ceramelli Papiani, filza 2626; Carte Strozziane, s. 1, filze 144-148; Deputazioni sopra la nobiltà e la cittadinanza, filza 42; Mss., filze 131-133; Notarile moderno, Protocolli, filze 6539, 9575; Arch. di Stato di Livorno, Comune e preunitario, filza 20; Confraternite, filza 79; Governatore e auditore, filze 2602, 3168; Narrazione delle solenni esequie fatte in Volterra nella chiesa cattedrale nella morte dell'illustriss. sig. marchese I. I. generale delle galee del serenissimo granduca di Toscana da' signori suoi fratelli il dì 16 di febbraio 1623, Siena 1624, pp. 5-38; F. Fontana, I pregi della Toscana nell'imprese più segnalate de' cavalieri di S. Stefano, Firenze 1701, pp. 95-140, 145-170, 191-201, VII, XIV, XVI; C. Manfroni, La Marina da guerra del Granducato mediceo, in Rivista marittima, XXIX (1896), pp. 61-64, 66 s., 69, 71-81, 83, 85-91, 93 s., 506-517, 526, 528-530; M. Battistini, L'ammiraglio I. I. e le imprese dei cavalieri dell'Ordine di S. Stefano contro i Turchi nel 1600, Volterra 1912, pp. 12-25, 27, 29-37; G. Guarnieri, Storia della Marina stefaniana (1562-1859), Chiavari 1935, ad ind.; Id., I cavalieri di S. Stefano, Pisa 1960, ad ind.; L. Inghirami, Un ammiraglio in versi, in Volterra, XVII (1978), 6, pp. 7-10; P. Castignoli, I. I. governatore di Livorno (1618-1621), in Studi per Enrico Fiumi, Pisa 1979, pp. 465-470, 472-477; R. Galli, La religiosità dell'ammiraglio I., in Quaderni stefaniani, III (1984), pp. 45-48; L. Inghirami, La macchina "per scoprire e conoscer vasselli in mare navigando" ovvero Il "celatone" di Galileo, ibid., IV (1985), pp. 157, 160 s.; C. Ciano, S. Stefano per mare e per terra, Pisa 1985, pp. 37-48, 65-70, 72, 77 s.; M.T. Leoni Zanobini, La cappella Inghirami nel duomo di Volterra, in Quaderni stefaniani, IX (1990), suppl., pp. 25, 27, 29-31, 40-42; B. Casini, I cavalieri lucchesi, volterrani, e samminiatesi membri del Sacro Militare Ordine di S. Stefano papa e martire, ibid., X (1991), suppl., pp. 41 s.; E. Barletti, Note di architettura volterrana del primo Seicento: il palazzo dell'ammiraglio J. I., in Rassegna volterrana, LXVIII (1992), pp. 133-138; M. Gemignani, La crociera primaverile delle galere stefaniane nel 1613, in Quaderni stefaniani, XII (1993), suppl., pp. 49, 51, 53, 55-61, 65, 68 s., 71; Id., La conquista di Bona, in Quaderni della Società di storia militare, II (1994), pp. 9, 15-21, 27, 30 s.; R. Bernardini, Breve storia del Sacro Militare Ordine di S. Stefano papa e martire dalla fondazione a oggi e dell'istituzione dei cavalieri di S. Stefano, Pisa 1995, pp. 53-62; M. Gemignani, Esempi di collaborazioni in seno all'Armata navale cattolica, in Quaderni stefaniani, XIV (1995), suppl., pp. 94-109; Id., L'attacco a Prévesa, in Rivista storica, VIII (1995), 3, pp. 25-31; Id., L'ultimo ruggito del vecchio leone, ibid., 9, pp. 43-51; Id., Impiego di una nave rifornitrice nel XVII secolo, in Rivista marittima, CXXVIII (1995), 4, pp. 78-86; Id., Il cavaliere I. I. al servizio dei granduchi di Toscana, Pisa 1996; Id., L'attività della squadra stefaniana nelle acque sarde fra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, in Quaderni stefaniani, XV (1996), suppl., pp. 103-109; D. Barsanti, Organi di governo, dignitari e impiegati dell'Ordine di S. Stefano dal 1562 al 1859, Pisa 1997, pp. 122-125, 192; M. Gemignani, L'attività navale del Sacro Militare Ordine di S. Stefano p.m. nel primo trentennio del XVII secolo, in Boll. d'archivio dell'Ufficio storico della Marina militare, XV (2001), 4, suppl., pp. 32-43, 50-52, 54, 56-69, 71, 73-83, 85 s., 88, 93-122, 124 s., 137-152, 154-161, 163.

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