ictus
Evento cerebrovascolare acuto caratterizzato dalla comparsa improvvisa di segni o sintomi neurologici focali, con una durata superiore a 24 ore o con esito infausto. Si distingue dall’attacco ischemico transitorio, la cui sintomatologia dura meno di 24 ore, di solito meno di 1 ora. Il termine deriva dal latino col significato di «colpo». Un tempo veniva anche detto apoplessia e colpo apoplettico. Tutte queste dizioni ben descrivono la repentinità dell’esordio e la gravità del quadro clinico.
L’i. costituisce la seconda causa di morte a livello mondiale e la terza causa nei Paesi industrializzati dopo le malattie cardiovascolari e i tumori; inoltre è la seconda causa di demenza e la prima causa di disabilità nell’anziano. La sua incidenza manifesta un andamento crescente con l’allungamento della vita media, raggiungendo nei Paesi occidentali 8,72 nuovi casi per 1.000 abitanti oltre i 65 anni di età. È, pertanto, non solo un’emergenza medica in fase acuta ma un rilevante problema sanitario e sociale.
L’i. può essere determinato sia da un’ischemia (infarto) di un territorio encefalico, correlata all’occlusione di un’arteria (80% dei casi), sia da un’emorragia cerebrale (20%). Nell’ischemia cerebrale, l’occlusione arteriosa si verifica nel 75% dei casi per alterazioni arteriosclerotiche dei vasi che portano il sangue all’encefalo (i. trombotico o tromboembolico), nel 20% in seguito a embolia a partenza cardiaca (i. cardioembolico) e nel 5% per altre cause. La gravità clinica dipende dal tipo di vaso interessato e conseguentemente dall’ampiezza e dalla sede dell’area ischemica. Nella maggior parte dei casi l’emorragia cerebrale ha ugualmente come causa l’arteriosclerosi ed è frequentemente correlata all’ipertensione arteriosa. Il quadro clinico è spesso più grave rispetto all’ischemia. Una piccola quota di emorragie cerebrali, le emorragie subaracnoidee, è invece secondaria alla rottura di malformazioni vascolari (aneurismi e angiomi) spesso congenite; in questo caso l’evento colpisce soggetti più giovani (con un acme tra i 20 e i 40 anni), con alta mortalità.
La diagnosi di i. è nella maggior parte dei casi facile già all’osservazione clinica; la diagnosi di natura si avvale delle tecniche di neuroimmagine, prime fra tutte la TAC, che consente rapidamente di differenziare le emorragie dagli infarti cerebrali. La risonanza magnetica permette di precisare l’estensione e le caratteristiche della lesione e lo studio dei vasi. Altro esame cardine per la diagnosi è l’ecodoppler dei vasi sopraortici.
Fino a pochi anni fa l’i. era considerato incurabile; nell’ultimo decennio, la creazione di unità di terapia subintensiva dedicate (le cosiddette stroke units) e l’introduzione della terapia trombolitica endovenosa e di tecniche interventistiche hanno modificato positivamente la prognosi.