Idrogeno

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Elemento chimico, simbolo H, peso atomico 1,008, scoperto da H. Cavendish nel 1766. Il suo nome deriva dal fr. hydrogène, termine coniato come aggettivo («che genera l’acqua») dal chimico francese G. de Morveau, con A.-L. Lavoisier e altri, nel 1787.

Caratteristiche

Sono noti tre isotopi: il protio, o i. propriamente detto, 11H, il deuterio, o i. pesante, 2 1H, e il tritio, 3 1 H; l’i. ordinario è costituito essenzialmente (98,98%) dal primo. In natura si trova allo stato libero in diversi gas naturali; nell’atmosfera è contenuto soltanto in tracce, ma a grandi altezze (sopra i 100 km) è presente in quantità maggiori. Allo stato combinato è, dopo l’ossigeno e il silicio, l’elemento più abbondante: costituisce l’11,19% (in massa) dell’acqua ed è contenuto in percentuale più o meno elevata in tutte le sostanze organiche. È l’elemento più diffuso nell’universo, sia nella materia già condensata in stelle (in alcune fino al 70%) sia nella materia diffusa interstellare (fino al 90%), dove è stato osservato direttamente (1939).

A temperatura ordinaria è un gas inodore, incolore, insaporo, infiammabile; è il più leggero dei gas conosciuti (14,39 volte meno denso dell’aria). Poco solubile in acqua, possiede la proprietà di diffondere attraverso sottili lamine metalliche (platino, ferro ecc.) riscaldate al rosso. La sua temperatura critica è −240 °C, la pressione critica 13,0 bar. L’i. liquido è incolore, limpido, bolle a −252,7 °C a pressione atmosferica e solidifica a −259,1 °C.

La molecola dell’i. è biatomica; le molecole sono molto stabili e soltanto a temperatura elevata si dissociano parzialmente in atomi; tale dissociazione si realizza facendo passare un getto di i. nell’arco elettrico fra due elettrodi di tungsteno; gli atomi così liberati si ricombinano quasi subito, specialmente in contatto con superfici metalliche; nella zona prossima all’arco si raggiungono temperature molto elevate per l’elevato calore di ricombinazione degli atomi in molecole (430,7 kJ/mol).

L’i. si combina direttamente con gli alogeni, con lo zolfo, con il selenio, con l’azoto, con il carbonio; con l’ossigeno si combina a formare acqua secondo la reazione esotermica 2H2+O2 ⇄ 2H2O. La reazione avviene lentamente sotto 550 °C, ma con andamento esplosivo a temperatura più elevata (da qui il nome di miscela tonante per la miscela ossigeno-i.). Con i metalli alcalini e alcalino-terrosi e con alcune terre rare l’i. forma idruri salini; con diversi elementi di transizione forma vere e proprie leghe. L’i. è un energico riducente (riduce a metallo diversi ossidi e tanto più facilmente quanto minore è il loro calore di formazione).

Impieghi

Grandi quantità di i. sono utilizzate nell’industria chimica: per la sintesi dell’ammoniaca, del metanolo, per la produzione di idrocarburi con il processo Fischer-Tropsch, per la produzione di alcoli superiori con il processo di ossosintesi, per l’ottenimento di glicoli da aldoli, di alcoli da esteri (soprattutto gliceridi), di ammine da nitrili, di cicloparaffine da idrocarburi aromatici (di particolare importanza la produzione di cicloesano da benzene), per l’idrogenazione di oli e grassi vegetali e animali al fine di produrre margarine (e altri prodotti commestibili) e anche saponi, lubrificanti, vernici, appretti per l’industria tessile. Nell’industria petrolifera l’i. è impiegato per trattamenti di idrocracking e di idroraffinazione.

Nell’industria metallurgica è usato per la riduzione diretta di alcuni ossidi metallici: per tale via già si estraggono il tungsteno e il molibdeno e si tenta di ottenere il ferro e il rame a un costo competitivo con quello dei processi tradizionali di estrazione; l’i. è impiegato anche per creare particolari ambienti riducenti indispensabili in taluni trattamenti; si usa inoltre nella saldatura con fiamma ossidrica e in quella all’i. atomico.

Nell’industria chimica, l’i. viene consumato negli stessi impianti di produzione o in impianti vicini, collegati con condotte che trasportano il gas a pressioni di 20-40 bar. In altri casi, invece, per il trasporto, lo stoccaggio e l’impiego si è diffuso l’uso di i. liquefatto. La liquefazione si ottiene sottraendo calore attraverso il passaggio in una successione di refrigeranti a temperature decrescenti. L’i. liquido viene raccolto e trasportato in recipienti di tipo Dewar di grandi dimensioni

L’i. come vettore energetico

Nel campo aerospaziale l’i. è impiegato allo stato liquido come propellente per missili, dove è destinato a bruciare con ossigeno, anch’esso immagazzinato allo stato liquido. Il successo dell’utilizzazione di i. liquido nei motori per razzi ha suscitato l’interesse dei costruttori di aerei da trasporto, i quali hanno avviato ricerche per saggiare la possibilità d’impiego dell’i. liquido in turbine per aerei sub- e supersonici. Tale impiego richiede turbine più piccole, di più facile controllo, di maggiore durata; la sottrazione di calore dovuta all’evaporazione dell’i. si sfrutta per raffreddare il lubrificante; il calore dei gas di scarico si utilizza per preriscaldare il carburante prima di iniettarlo nel bruciatore. L’elevato potere calorifico (circa 2,8 volte superiore a quello del cherosene) consente la riduzione del carico di carburante rispetto al carico pagante, risulta favorevole nella fase di decollo, favorisce l’autonomia di volo a parità di carico totale; inoltre l’impiego dell’i. è meno inquinante. Molto studiata è anche la possibilità di sfruttare l’i. come carburante alternativo per l’alimentazione delle automobili, con i conseguenti vantaggi ambientali (la combustione dell’i. produce vapor d’acqua, con piccole quantità di ossidi di azoto); inoltre i motori richiederebbero solo poche modifiche per funzionare con idrogeno. Le difficoltà riguardano il modo di rifornire il carburante: la soluzione di ricorrere a i. gassoso sotto pressione richiede serbatoi pesanti, che contengono modeste quantità di i. (le bombole ne contengono meno dell’1% in peso) e quindi consentono autonomie limitate; inoltre tale soluzione comporta la necessità, date le pressioni relativamente elevate, di adottare sistemi di sicurezza complessi. L’uso dell’i. liquido presenterebbe vantaggi ma anche difficoltà tecniche (per le basse temperature richieste, per i dispositivi di sicurezza, per il rifornimento ecc.), tali da renderne inattuabile l’adozione (con l’eccezione, forse, degli autobus per città, che potrebbero avere un rifornimento centralizzato e sopportare un peso relativamente elevato per i contenitori).

Produzione industriale dell’idrogeno

I metodi di produzione che trovano applicazione su scala industriale sono basati sulla conversione ossidante degli idrocarburi, sulla distillazione secca dei carboni fossili, sull’elettrolisi dell’acqua e sulla gassificazione del coke a gas d’acqua. Quantità sempre crescenti di i. vengono recuperate per separazione (tramite l’impiego di idruri, processi criogenici, operazioni con membrane, adsorbimento su setacci molecolari ecc.) da miscele gassose che residuano da grandi processi industriali e che contengono i. in elevata percentuale (gas di cokeria, gas di raffineria, gas di spurgo da sintesi dell’ammoniaca ecc.).

Conversione ossidante degli idrocarburi. - Grande importanza hanno le reazioni che avvengono fra il vapor acqueo e gli idrocarburi. Come materie prime si adottano combustibili liquidi e gassosi disponibili a un costo conveniente: benzine a basso numero d’ottano, oli combustibili, gas naturali, gas di raffineria, miscele di propano e butano. Si ottiene un gas costituito essenzialmente da i. e da ossido di carbonio (➔ gas).

Distillazione secca dei carboni fossili. - Il gas ottenuto dalla distillazione dei litantraci in una cokeria, dopo l’allontanamento del catrame, dell’ammoniaca, degli oli leggeri e dell’idrogeno solforato, contiene i. (50-60%), metano (20-25%), ossido di carbonio (5-10%), altri idrocarburi (fino al 5%), azoto e anidride carbonica. Per separare l’i. si esegue una liquefazione frazionata, preceduta dall’assorbimento dell’anidride carbonica per evitarne la solidificazione nelle tubazioni degli impianti di liquefazione.

Elettrolisi dell’acqua. - In luogo di acqua pura, assai poco conduttrice, si usano soluzioni acquose di idrossido potassico (al 30%) alla temperatura di almeno 80-90 °C; le celle hanno anodi di ferro nichelato e catodi di ferro; gli elettrodi vengono rivestiti di un sottile strato di materiale contenente agenti catalizzatori che riducono le sovratensioni e favoriscono così lo sviluppo dei gas agli elettrodi (per il catodo si usano metalli nobili o nichel sintetizzato; per l’anodo perowskiti contenenti ossidi di cobalto, lantanio ecc.). Si adottano soluzioni di cloruro di sodio quando si vuol produrre soda caustica e cloro; l’i. in tal caso è un prodotto secondario. I due elettrodi sono separati da un diaframma a bassa resistenza elettrica costituito da polimeri (polisolfoni ecc.) additivati con sostanze capaci di diminuirne la idrofobicità; il diaframma divide la zona anodica, dove si libera ossigeno, da quella catodica, dove si libera idrogeno. L’altra via è quella dell’elettrolisi del vapor d’acqua ad alta temperatura. Per potere innalzare la temperatura fino a 800-1000 °C sono state realizzate celle nelle quali l’elettrolita è un solido (ossido di zirconio) e gli elettrodi sono costituiti da un cermet di nichel (catodo) e da perowskite contenente manganese (anodo).

Gassificazione del coke a gas d’acqua. - Dal processo si ottiene un gas che contiene, oltre all’i., anche ossido di carbonio e anidride carbonica (➔ gas), eliminabili con gli usuali sistemi (conversione catalitica dell’ossido e successivo assorbimento dell’anidride).

Criteri di scelta del processo produttivo. - La produzione industriale dell’i. per elettrolisi dell’acqua può diventare conveniente soltanto quando si dispone di energia elettrica a costo relativamente basso (ottenuta, per es., dallo sfruttamento di grandi dighe) e quando si può trovare un impiego utile dell’ossigeno (si recupera un volume di ossigeno ogni due volumi di i.). Prima del 1940 almeno il 90% della produzione mondiale di i. era ottenuto con i processi di distillazione secca e di gassificazione: tale percentuale è ormai discesa a valori inferiori al 20% in quanto i carboni fossili e il coke hanno un costo che non è più competitivo con quello degli idrocarburi. La conversione ossidante degli idrocarburi è pertanto il metodo di produzione dell’i. attualmente più adottato, anche perché tale processo negli impianti più moderni è realizzato sotto pressione (anche 40 bar) rendendo così disponibile un gas ricco in i. sul quale il successivo lavoro di compressione atto a raggiungere le pressioni di sintesi (dell’ammoniaca, del metanolo ecc.) risulta molto inferiore a quello che sarebbe necessario partendo da un gas a pressione atmosferica.

Metodi innovativi. - Interesse crescente riveste la produzione di i. per le celle a combustibile in quanto comporta la messa a punto di sistemi semplici e di bassa potenzialità, come quelli basati sull’ossidazione parziale di gas naturale in presenza di catalizzatori dotati di elevata attività (così da consentire tempi di contatto molto brevi).

Fra i sistemi di produzione dell’i. di tipo innovativo particolare attenzione ha suscitato il processo biotecnologico, che già in fase di ricerca esplorativa è apparso destinato a sviluppi di grande interesse. Il primo stadio del processo consiste nella fermentazione acidogenica di materiali organici di scarto (frazione organica dei rifiuti solidi urbani, fanghi di depurazione, acque di rifiuto ad alto carico organico), con produzione di acidi organici a bassa complessità molecolare (per es., acido lattico). Gli acidi così prodotti sono utilizzati da particolari batteri fotosintetici (per es., Rhodobacter sphaeroides) che, sotto l’azione dell’energia solare, possono produrre i. con rese elevate. Oltre che attraverso sistemi in vivo, il processo biotecnologico può essere realizzato anche con sistemi in vitro, in cui l’i. viene prodotto da enzimi estratti da microrganismi e accoppiati con semiconduttori e con composti chimici capaci di trasportare gli elettroni. In ogni caso, è stato previsto che un sostanziale miglioramento del processo biotecnologico possa discendere dall’applicazione delle tecniche dell’ingegneria genetica.

Purificazione dell’idrogeno

L’i. prodotto deve subire, per la maggior parte delle applicazioni, una purificazione che può essere realizzata con vari sistemi, la cui scelta dipende dal metodo di produzione e dal grado di purificazione che si vuole raggiungere, in funzione dell’impiego al quale l’i. è destinato. La separazione criogenica operata sull’i. ottenuto tramite conversione ossidante degli idrocarburi fornisce i. anche fino al 99% di purezza; tale processo, accoppiato a una successiva purificazione mediante setacci molecolari, consente di ottenere i. a purezza ancora più elevata. L’eliminazione di alcune impurezze si può conseguire anche mediante trattamenti catalitici specifici: per es., piccole quantità di ossido di carbonio possono essere trasformate in metano mediante la cosiddetta metanazione.

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